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VARIE: Antisionismo e antisemitismo

25 Giugno 2020

di Bartolomeo Di Monaco

Intanto cominciamo con le definizioni:

1 – “L’antisionismo è l’atteggiamento di coloro che si oppongono al sionismo, cioè al movimento politico fondato nel 1897 volto alla costituzione di uno Stato nazionale ebraico in parte di quello che fu il Mandato britannico della Palestina e, prima ancora, la Palestina ottomana.”

2 – “Antisemitismo. Avversione nei confronti dell’ebraismo, maturatasi in forme di persecuzione o addirittura di mania collettiva di sterminio da una base essenzialmente propagandistica, dovuta a degenerazione di pseudoconcetti storico-religiosi o a ricerca di un capro espiatorio da parte di classi politiche impotenti.”

In questi giorni un post mi ha dato l’occasione di esprimere il mio convincimento che chi è antisionista, sotto sotto è anche antisemita, e che il nascondersi dietro l’antisionismo è un modo di camuffare il proprio antisemitismo, verso cui si ha vergogna di ammettere la simpatia. L’antisionismo, insomma, è una fragile e vile foglia di fico.

Se ce ne fosse bisogno (ma è già di per sé molto evidente), ciò lo si può dimostrare col fatto che chi prende partito in favore dei Palestinesi non prende mai le distanze dalla loro violenza, e che perciò condivide, seppure tacitamente, il loro disegno eversivo che, con l’appoggio esplicito dell’Iran, vuole la cancellazione dello Stato di Israele.
L’antisionismo è, dunque, la giustificazione formale di una ragione sostanziale, che è l’antisemitismo.

Essere davvero e soltanto antisionista significa non chiudere le porte alle trattative di pace, così come fecero Arafat, Peres e Rabin, i quali furono insigniti nel 1994 del Premio Nobel per la pace.
Appoggiare invece chi vuole la cancellazione di Israele e la cacciata degli ebrei, come i Palestinesi di Hamas, che hanno sempre ostacolato ogni trattativa con lancio di bombe e di missili, significa essere un antisemita.

Mi domando dove vogliano costoro che gli ebrei abbiano una casa, e se si propongano di fatto di relegarli di nuovo in qualche lager hitleriano.
Ricordo anche che dopo la guerra il popolo ebreo, massacrato dalla Shoah, chiese di potere avere un proprio Stato per accogliere tutti gli ebrei del mondo che non si sentissero sicuri altrove. Gli fu concesso e fu scelta una terra dove da sempre sono vissuti in pace insieme con i palestinesi.
Perché li si vuole allora cacciare? Perché non si vuole pervenire alla nascita di due Stati indipendenti?

Ho dovuto ripercorrere la Storia e ricordare che il conflitto ancora irrisolto ebbe origine con la guerra dei sei giorni (5-10 giugno 1967) quando Egitto, Siria e Giordania attaccarono Israele, e furono battuti dall’esercito comandato dal generale Moshe Dayan (quello con la benda all’occhio).
A seguito della vittoria, Israele occupò la penisola del Sinai e la Striscia di Gaza all’Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme Est alla Giordania e le alture del Golan alla Siria.
Nel 1993 a Oslo, Yasser Arafat e Shimon Peres, alla presenza in veste di garanti di Warren Christopher per gli Stati Uniti e Andrei Kozyrev per la Russia, e del Presidente statunitense Bill Clinton e del Primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, raggiunsero un accordo di pace che fu mandato all’aria dal gruppo terroristico di Hamas con lancio di bombe e di missili su Israele. Stessa cosa è avvenuta ogni qualvolta si stava per arrivare alla pace.
Qui è possibile trovare una scheda riassuntiva del conflitto.


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Bart