Vergogna! Dov’è la sinistra che difende la libertà di stampa?
2 Luglio 2010
Il giornale a cui anch’io collaboro, il Legno Storto, ha ricevuto tre querele, due delle quali firmate da magistrati che si sono ritenuti minacciati (Palamara) o diffamati (Davigo). Anche il sindaco di Montalto di Castro, del Pd, ha sporto querela per diffamazione.
Non credo di andare lontano dalla verità se colloco i tre querelanti nell’area di sinistra. Allora mi domando, che cosa scendono a fare in piazza quelli di sinistra, se un giornale non vicino all’area di sinistra subisce querele senza che sia stato commesso alcun reato. Se leggete gli articoli e anche i commenti, vedrete che non differiscono dai soliti toni presenti nei grandi quotidiani.
La verità è che per certa sinistra invocare la libertà di stampa è pura retorica, e se si tenta di far chiudere un giornale di sinistra allora si parla di bavaglio, se invece si tenta di far chiudere un giornale che non è di sinistra, allora tutto è ok. Non c’è bavaglio. Di nuovo: due pesi e due misure.
Starò a vedere che cosa farà la FNSI: se si muoverà ossia in difesa di un piccolo giornale che non ha i soldi per reggere querele con risarcimenti così pesanti e del tutto ingiustificati. La richiesta di risarcimento poteva anche essere simbolica, ammesso e non concesso che il querelante abbia ragione.
Vi prego di leggere attentamente la lettera, perciò, e di farla circolare. Sarà interessante vedere chi ne prenderà le difese.
LETTERA DA DIFFONDERE
Carissimi lettori de Il Legno Storto, con grandissima amarezza vi annunciamo che in questi giorni il nostro giornale sta correndo il pericolo di essere chiuso.
Negli ultimi tempi, infatti, ben due magistrati, cioè il dr. Luigi Palamara e il dr. Pier Camillo Davigo, ci hanno querelato. Per l’esattezza la Procura di Roma ci ha comunicato (attraverso il quotidiano la Repubblica, divenuto ormai il “postino” e il “megafono” delle procure) che ha aperto un fascicolo per le minacce che noi avremmo formulato con questo articolo nei confronti del dr. Palamara. Sono in corso indagini (siamo stati già chiamati dalla Digos di Milano) che, al momento, non sappiamo come e quando finiranno: ma è facile immaginare il peggio…
Giorni fa abbiamo poi ricevuto una citazione dal dr. Davigo che ci chiede 100.000 € per risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa per quest’altro articolo, pubblicato da noi il 21 giugno 2009.
Per completare il quadro di quella che a noi pare una manovra per farci fuori dalla rete, circa due mesi fa abbiamo ricevuto un’altra querela dal sindaco di Montalto di Castro – Salvatore Carai del Partito Democratico – che si è sentito diffamato da questo articolo che abbiamo pubblicato su il 27 ottobre 2009.
Al di là di ogni considerazione sul merito degli articoli, che agli occhi di chiunque li legga senza volontà punitive riterrebbe duri, certo, ma sempre nell’ambito del diritto di critica, la cosa che lascia esterrefatti è la rapidità con la quale sono state notificate le querele e/o l’avvio di indagini, quando si tratta di magistrati. Una denuncia per diffamazione di un qualunque cittadino verso qualcuno che non appartenga alla casta della magistratura, in Italia, impiegherebbe sicuramente anni per giungere a destinazione. Noi invece siamo chiamati a giudizio (querela del dr. Davigo) il prossimo 28 luglio per un articolo pubblicato il 21 giugno 2009. La giustizia insomma, quando vuole – cioè quando si tratta di uno di “loro” – dà prova di grande celerità ed efficienza: poco più di un anno. Nell’atto di notifica del dr. Davigo c’è applicata un’etichetta con la scritta: “Urgente”. Chiaro il concetto: visto che si tratta di un “pezzo da novanta” della casta (la citazione del dr. Davigo comincia così: «L’odierno attore, attualmente in servizio presso la II sezione della Suprema Corte di Cassazione in qualità di Consigliere… ») la giustizia deve fare il suo corso in tempi rapidissimi…
Sappiamo bene che, se il nostro giornale fosse schierato sul fronte delle Sinistre, a questo punto, davanti ad un episodio analogo, sarebbe già partita una crociata in nostra difesa, a sostegno della libertà di stampa e di opinione. L’Ordine dei Giornalisti farebbe fuoco e fiamme, il Sindacato minaccerebbe sfracelli. Ma noi non apparteniamo a questo schieramento, e dobbiamo aspettarci che in nostra difesa insorgano, forse, solo i nostri lettori, e qualche singolo amico e compagno di avventura. Chi si straccia le vesti per i provvedimenti in discussione intorno alle intercettazioni ed alla “libertà” negata tenga conto del fatto che qui su Il Legno Storto si cerca di difendere la libertà di discutere e di criticare, di contribuire alla crescita di una società politicamente “adulta”. Là si lotta per il diritto di pubblicare gossip o accuse ancora tutte da dimostrare.
Questa è la situazione. E siccome non possiamo permetterci di confrontarci – a nostre spese – con forze tanto preponderanti, indipendentemente dalla ragione che pensiamo di avere non ci resta che valutare l’ipotesi di chiudere. Con buona pace di chi ancora ritiene che davvero il monopolio mediatico sia nelle mani di Silvio Berlusconi.
In questi anni abbiamo cercato sempre di offrire ai nostri lettori materiale utile per un approfondimento dei dibattiti e delle idee. Abbiamo cercato di evitare sciocchi appiattimenti e adesioni acritiche, ma ci siamo anche sforzati di combattere quella cultura dominante del conformismo di sinistra, che tanto nuoce al nostro Paese.
Da domani il Web potrà avere una voce libera e liberale in meno, e l’ordine regnerà ancor più indisturbato intorno a una Magistratura che non ammette critiche. È una sconfitta per noi, certo, ma è anche un colpo per tutti coloro che ritengono sacrosanta la raccomandazione di Voltaire: battersi per consentire, a chi la pensa diversamente da noi, di esprimere liberamente la propria opinione. Oggi gran parte della magistratura combatte, non applica la legge, in omaggio al principio etico-politico che spetta ai magistrati il compito di raddrizzare il Legno Storto dell’umanità.
Adesso è arrivato il nostro turno. Il motivo principale per il quale nel 2002 aprimmo Il Legno Storto fu proprio tentare di denunciare e arginare, (nel nostro piccolo) la deriva giustizialista ormai dominante nel nostro Paese. Ora siamo cresciuti, e cominciamo davvero a dar fastidio. Le denunce che abbiamo ricevuto in questi giorni hanno come obiettivo principale di farci scomparire dal web. E più in fretta possibile.
A voi, nostri affezionati utenti ed amici, chiediamo di dare, come faremo anche noi, la massima diffusione alla notizia. È l’unica cosa che possiamo fare per difenderci.
Un cordiale saluto,
Antonio Passaniti
Marco Cavallotti
Articoli correlati
Intervista Cossiga. Qui.
“Se Legno Storto fosse stato di sinistra il sindacato avrebbe fatto fuoco e fiamme” di Gianluca Perricone. Qui.
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Commento by Mario Di Monaco — 3 Luglio 2010 @ 09:26
Io invece starò a vedere soprattutto cosa faranno gli esponenti del PDL per scongiurare quella che considero un grave minaccia alla libera espressione del pensiero.
Commento by gianni cerqueti — 3 Luglio 2010 @ 18:55
Fanno bene,se li avete diffamati fanno bene a denunciarvi, ormai si è capito che la destra campa sulle calunnie e va bene tutto pur di fermare questo sconcio, anche le querele
Commento by Mario Di Monaco — 5 Luglio 2010 @ 08:12
Lei confonde le critiche con le calunnie. Questo accade normalmente nei regimi totalitari, ma qui siamo in democrazia.
Pingback by Stampa e querele « letturalenta — 7 Luglio 2010 @ 07:07
[…] Leggo sul blog del mio amico Bartolomeo Di Monaco che il giornale online «il legno storto » rischia di chiudere per via di tre distinte azioni legali avviate nei suoi confronti a partire da altrettanti articoli apparsi sulla testata: […]
Commento by Giuseppe Ierolli — 7 Luglio 2010 @ 11:25
Caro Bart,
stavolta dissento nettamente da te. La libertà di stampa, o meglio la libertà tout-court, come tu sai bene, non significa “libertà di ognuno di fare ciò che vuole”. I giornali devono essere liberissimi di scrivere ciò che vogliono (per me questa è la libertà di stampa) ma i soggetti degli articoli hanno altrettanta libertà di protestare, querelare o quant’altro. Sarà poi la magistratura a decidere se si trattava di libertà di informazione o di calunnia, diffamazione ecc., e questo vale per tutti, senza nessuna distinzione di destra o sinistra, che in questo caso non mi pare c’entri nulla.
Commento by giuliomozzi — 8 Luglio 2010 @ 09:21
Una mia riflessione in vibrisse, qui.
Accusare una persona di aver torturato altre persone, è accusarla di un delitto gravissimo.
E c’è una bella differenza tra fare un’analisi storico-politica e accusare una persona di un delitto gravissimo.
Ho l’impressione che questo ti sfugga, Bart; come sfugge ai redattori de Il legno storto.
Pingback by Dare una raddrizzata al legno storto? | arte — 9 Luglio 2010 @ 08:56
[…] Bartolomeo Di Monaco, collaboratore de Il legno storto, scrive nel suo blog: Non credo di andare lontano dalla verità se colloco i tre querelanti nell’area di sinistra. Allora mi domando, che cosa scendono a fare in piazza quelli di sinistra, se un giornale non vicino all’area di sinistra subisce querele senza che sia stato commesso alcun reato. Se leggete gli articoli e anche i commenti, vedrete che non differiscono dai soliti toni presenti nei grandi quotidiani. La verità è che per certa sinistra invocare la libertà di stampa è pura retorica, e se si tenta di far chiudere un giornale di sinistra allora si parla di bavaglio, se invece si tenta di far chiudere un giornale che non è di sinistra, allora tutto è ok. Non c’è bavaglio. Di nuovo: due pesi e due misure (qui). […]
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 10 Luglio 2010 @ 16:12
Replico qui quanto ho scritto da te, Giulio, su vibrisse.
Ciò vale anche come risposta a Giuseppe Ierolli.
______________
Giulio, torno ora da una breve vacanza, trascorsa, ahimè, con un po’ di febbre. Ti ringrazio delle riflessioni che hai dedicato al caso Legno Storto, che trae il titolo da una frase di Kant riportata sotto lo stesso titolo, allo steso modo che un giornale, magari di tendenze contrarie, può trarre il suo titolo da una frase di Celine.
E ringrazio anche Luca Tassinari per le sue riflessioni fatte nel suo blog letturalenta.
Il mio sdegno è motivato dal fatto che chi sembra di voler difendere la libertà di stampa, compie atti così perentori da minacciarla.
Non so dove ho scritto che Pier Camillo Davigo avrebbe anche potuto chiedere un risarcimento simbolico, ben sapendo che un piccolo giornale non è in grado di pagargli euro 100 mila.
Ma, per non farla lunga, è la conclusione che trai dalla tua riflessione che condivido: “Credo che se i tre querelanti rinunciassero alla querela, chiedendo piuttosto precise rettifiche sui fatti al querelato, farebbero bene.”
Fosse accaduto a me, io avrei scritto, infatti, al giornale precisando i fatti e chiedendo le rettifiche, lasciando poi all’articolista di prenderne o meno atto.
Questo, secondo me, vuole dire rispettare un giornale (di qualunque tendenza, e soprattutto se piccolo) e rispettare la libertà di stampa (che non significa, ovviamente, che si può scrivere ciò che si vuole, fregandose della dignità altrui.)
Negli articoli non ho ravvisato accuse tali che non potessero essere chiarite in modo molto aperto e semplice.
Nella querela di Davigo mi dà anche fastidio quell’indicazione della carica che ricopre. Per una querela basta presentarsi con nome e cognome.
Per quanto riguarda il mio articolo, mi vien da ridere se Palamara vi abbia davvero rintraciato delle minacce. Mi farebbe piacere mi indicasse dove le ha trovate. Non ci sono. Se la Digos vuol venire a casa mia, venga pure, la porta è aperta. Non troverà manifestini, spranghe, bottiglie molotov, grimaldelli e quant’altro possa far parte del bagaglio di un attentatore. Può trovare solo libri, tanti.
Io di minacce, ahimè, ne ricevo ogni tanto per i miei articoli, ma non mi permetto mai di farne a nessuno.
Quello che è vero, invece, è che a me Palamara non piace affatto, e mi domando del perché l’intervista famosa che vede coinvolto Palamara con Cossiga sia sparita di circolazione. Eppure ha circolato per molto tempo diventando patrimonio culturale e politico. Appare la scritta che il video è stato ritirato dal proprietario del copyright, ossia, immagino, la Rai.
Eppure si tratta di un fatto accaduto. Vero. Sparito, e chi voglia farvi riferimento, se ne vede impedito.
Commento by giuliomozzi — 13 Luglio 2010 @ 18:03
Vedi, Bartolomeo, c’è un caso particolare nel quale non ha senso scrivere al giornale “precisando i fatti e chiedendo le rettifiche”.
E il caso è: quando non c’è nessun fatto da precisare. Ovvero quando l’articolo diffamatorio (e l’articolo concernente Davigo è, secondo me, davvero diffamatorio) non fa riferimento ad alcun fatto preciso (e l’articolo concernente Davido non fa riferimento a nessun fatto preciso).
Immagina che io faccia un articolo scrivendo: “Bartolomeo Di Monaco è uno che senza neanche rendersene conto fa gli interessi di certe persone”.
Come potresti, tu, rispondere “precisando” qualcosa? C’è forse qualcosa da precisare? C’è qualcosa che potrebbe essere smentito?
Purtroppo no. C’è solo l’insulto.
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 13 Luglio 2010 @ 20:50
Ho scritto, Giulio, che Pier Camillo Davigo avrebbe potuto querelare, se proprio non poteva farne a meno, chiedendo un risarcimento simbolico.
La richiesta perentoria di 100 mila euro di risarcimento rivolta ad un piccolo giornale, si può spiegare in un solo modo: vi è l’intento di voler far chiudere un giornale che non è mai stato tenero con la magistratura.
Poi quei titoli, all’uso spagnolesco, che fa seguire al suo nome!
Non è stato il suo un bell’agire, secondo me.
Comunque, vedremo come andrà a finire e se ci troveremo in presenza di un giudice che saprà dare alla faccenda la giusta dimensione.
Grazie, di nuovo, per le tue riflessioni.
Commento by giuliomozi — 15 Luglio 2010 @ 08:36
Bart, non rinnegare le tue stesse parole.
Ora scrivi: “Ho scritto, Giulio, che Pier Camillo Davigo avrebbe potuto querelare, se proprio non poteva farne a meno, chiedendo un risarcimento simbolico”.
Certo. Lo so che hai scritto questo.
E so che hai anche scritto: “Fosse accaduto a me, io avrei scritto, infatti, al giornale precisando i fatti e chiedendo le rettifiche, lasciando poi all’articolista di prenderne o meno atto”.
E questa tua affermazione io sto discutendo. Non quell’altra.
Ripeto la domanda, più dettagliata:
Immagina che io faccia un articolo scrivendo: “Bartolomeo Di Monaco è uno che senza neanche rendersene conto, perché gliene manca lo spessore intellettuale, fa gli interessi di certe persone”.
Come potresti, tu, rispondere “precisando” qualcosa? C’è forse qualcosa da precisare? C’è qualcosa che potrebbe essere smentito?
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 15 Luglio 2010 @ 10:26
Vedi, Giulio, nella frase che porti ad esempio, secondo me non c’è niente di diffamatorio per quanto riguarda la tua valutazione sul mio spessore intellettuale. E’ un libero giudizio che ti spetta.
Il punto invece è l’altro: l’insinuazione che io faccia, inconsapevolmente o meno, gli interessi di certe persone.
In questo caso, sarebbe bastato che il sottoscritto indirizzasse al giornale una lettera nella quale chiedere che siano fatti i nomi delle certe persone per le quali, inconsapevolmente o meno, farei i loro interessi.
Querelare un piccolo giornale e chiedergli 100 mila euro, significa, a mio avviso, non cercare di tutelare la propria onorabilità, ma puntare alla chiusura del giornale.
Commento by giuliomozi — 15 Luglio 2010 @ 12:57
Perfetto!
E cosa aspetta, dunque, Il legno storto, a dire precisamente per quali persone, aziende, banche, eccetera, il pool di Milano inconsapevolmente lavorava?
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 15 Luglio 2010 @ 14:23
Non credo che Davigo abbia voluto imbastire un dialogo con il Legno Storto. Non mi risulta. La sua intenzione è solo perseguirne la chiusura.
Comunque, c’è qui un’intervista al suo direttore Marco Cavallotti, pubblicata su L’Occidentale.
Commento by giuliomozi — 16 Luglio 2010 @ 07:52
Ma cosa aspetta, dunque, Il legno storto, a dire precisamente per quali persone, aziende, banche, eccetera, il pool di Milano inconsapevolmente lavorava?
Commento by Bartolomeo Di Monaco — 16 Luglio 2010 @ 09:05
Mi sono andato a rileggere l’articolo querelato da Davigo per comprendere se ci sono davvero accenni a precise persone. L’articolo ha una chiara finalità, che è quella di denunciare un caso preciso di mala giustizia, e riporta la lettera di una magistrato preso di mira da un pm poi dichiaratosi colpevole di depistaggio, ed ancora al suo posto.
L’articolo si apre con una denuncia che raccoglie ormai una voce largamente diffusa e condivisa anche da me: ossia che l’operazione Mani pulite si configurò come una operazione prettamente politica, mirante a colpire Craxi e il pentapartito.
Anche sulla detenzione abusiva fatta a fini di estorcere la confessione degli arrestati ormai c’è una ampia letteratura.
La frase, a mio avviso del tutto innocua, che immagino sia stata presa a motivo di querela da parte di Davigo, dovrebbe essere questa (perché altre non ne trovo):
“E’chiaro che un Borrelli, un Di Pietro, un Davigo, un D’Ambrosio, ecc, non possono avere nessuno spessore culturale per organizzare il golpe e nemmeno il regista Violante che ha il compito di girare le piazze italiane e le procure per indicare di volta in volta il nemico da abbattere. Evidentemente, poteri forti industriali e bancari italiani ed anglo-americani sono i veri organizzatori della rivoluzione.
Faccio notare che fra i tanti nomi citati uno solo, Davigo, si è ritenuto diffamato. Secondo me, perché, visti i titoli spagnoleschi che fa seguire al suo nome, deve avere una esagerata stima di sé, e dovrebbe invece essere assai più modesto. Un consigliere di Cassazione, ad esempio, non va in giro a presentare il libro di Travaglio e con l’occasione ad ironizzare sul Cavaliere, presidente del Consiglio, sottolineando quelle che lui ritiene le sue contraddizioni, in assenza di contraddittorio.
C’è un video in proposito, qui.
Infine l’espressione sui poteri forti è grosso modo equivalente a quella usata giorni fa da Veltroni nell’intervista al Corriere della Sera:
«nessuno mi convincerà mai che Provenzano e Riina sono i veri capi della mafia. Sono i bracci operativi, ma un’associazione criminale che ha un giro di affari di 130 miliardi all’anno vuol dire che in essa ci lavorano persone che stanno nell’alta finanza e nella grande industria e non è diretta da chi sta in campagna e manda pizzini ».
Sono espressioni di carattere generale che non fanno riferimento a precise persone che non abbisognano di essere esplicitate con nomi e cognomi.
Se qualcuno dunque ha definito Davigo di non: “avere nessuno spessore culturale per organizzare il golpe”, non solo ha, a mio avviso, il diritto di dirlo (come tu hai diritto di dire che io sono un asino), ma gli ha fatto anche un favore, estromettendolo dai possibili sospettati di golpe.
Commento by Lorenzo Pegoraro — 24 Agosto 2010 @ 00:46
Non entro nel merito dei 3 procedimenti aperti nei confronti di Legno Storto, dico solo – per esperienza personale – che Legno Storto non è un giornale-sito web dove è possibile confrontarsi liberamente, ma di un giornale fortemente orientato al cui interno spadroneggia proprio Marco Cavallotti che è, al contempo, direttore, moderatore e forumista (tanto a destra i conflitti d’interesse fanno un baffo). Lo stesso Cavallotti mal tollera le opinioni difformi a quelle della linea editoriale del giornale e banna spesso e volentieri chi le manifesta, alla faccia della libertà di espressione che, a parole, difende a spada tratta.
Cordiali saluti.