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Veronica, va bene la lettera, però…

17 Dicembre 2009

Marcello Veneziani è stato limpido e chiaro (qui, il grassetto è mio):

“Al di là della campagna d’odio e d’insulti contro Berlusconi che ha l’alibi di essere reciproca, c’è un motivo preciso e unilaterale che basta da solo a legittimare la violenza contro il premier: è l’accusa, rivolta da Di Pietro, un pezzo di sinistra, varia stampa, tv e intellettuali, di essere un tiranno. D’ora in poi dev’essere chiara una cosa: chiunque definisce tirannide o regime fascista il governo di Berlusconi si assume la responsabilità politica e civile di mandante morale delle aggressioni subìte da Berlusconi e di ogni altro eventuale attentato.
Perché si sa che per abbattere il tiranno è ammesso anche il tirannicidio, lo dice anche la giurisprudenza liberale e democratica.”

Non poteva essere detto meglio. Non sono mesi, ma anni, che un cieco antiberlusconismo va ammorbando l’aria di questo nostro Paese insinuando dappertutto – e anche all’estero, dando un’immagine deteriore dell’Italia – che noi viviamo in una dittatura e che la libertà di stampa è minacciata.

Veneziani continua:

“L’evidenza della realtà smentisce che siamo anche vagamente in una dittatura.”

Io dico di più: chi continua ad affermare  calunnie e bugie  di questo genere è in malafede. La solidarietà espressa a Berlusconi per il vile attentato non è tutta sincera, una parte è ipocrita. Gravemente ipocrita;  e proprio perché è  intrisa di ipocrisia  ha una qualche responsabilità e connivenza con l’agguato.

Il corteo pacifico del No B-Day – si dice organizzato spontaneamente dalla rete di internet –  in considerazione degli esponenti politici che vi hanno preso parte e in pratica ne sono stati i testimonial (mi riferisco, ad esempio, a Di Pietro, alla Bindi e a Franceschini, questi ultimi due addirittura in dissenso con la linea adottata per la circostanza dal loro partito), può assumere, dopo quanto  è successo a Berlusconi, una valenza diversa. Essa rischia, infatti,  di apparire più come la prova generale di una specie  di marcia  su Roma, finalizzata ad abbattere il governo e a instaurarvi un potere non democratico, ossia non scaturito da regolari elezioni.

Sarebbe peraltro interessante (ciò che tecnicamente mi pare impossibile fare) poter analizzare quanti tra quelli che hanno aderito al No B-Day abbiano sottoscritto, dopo l’attentato,  la loro adesione anche ai siti che auspicavano una violenza più feroce contro Berlusconi, e inneggiavano all’aggressore come a un eroe.

Il periodo che attraversiamo è torbido; le acque stentano a tornare limpide e noi ci stiamo abituando a guardarci intorno avvolti da una insana nebbia che ci impedisce di vedere e di capire.

Oggi, la notizia che Veronica Lario ha scritto al marito una lettera, dispiacendosi di quanto gli è accaduto (qui), mi ha fatto tornare in mente il giorno in cui rilasciò alla stampa quella improvvida dichiarazione contro di lui.

Sebbene è da anni che l’opposizione e i media si accaniscono contro Berlusconi, usando tutti i mezzi a loro disposizione per eliminarlo dalla scena politica, va notato, tuttavia, che l’incrudimento della campagna denigratoria e accusatoria contro di lui si è avuto dal momento in cui, mi pare il 28 aprile 2009, Veronica Lario lasciò all’Ansa quella terribile ed irresponsabile, a mio avviso, dichiarazione.

La donna, o meglio la First Lady –  che per la verità non ha mai reso facile la vita politica del marito (qui) – non tenne nel debito conto il ruolo che lei stessa   rappresentava di fronte agli italiani e al mondo intero. Quella dichiarazione fece il giro del mondo e dette, del premier e del nostro Paese, un’immagine squallida che gli italiani non meritavano.

Doveva prevedere (e forse lo aveva previsto e voluto?) che a quella dichiarazione si sarebbe aggrappato il cieco e bieco antiberlusconismo e la posta si sarebbe fatta sempre più alta, come infatti è stato, fino a sfociare in pochi mesi all’agguato del 13 dicembre.

Veronica Lario certamente non immaginava (voglio sperare di no) che si potesse arrivare fino a questo punto, ma sta di fatto che, ad una analisi attenta, tutto è precipitato da quel momento.

Ignoro ovviamente che cosa abbia scritto al marito; se la lettera sia composta da poche righe formali, o contenga un qualche sentimento per l’uomo che l’ha molto amata. Ma ciò che oggi dovrebbe fare Veronica Lario è un esame di coscienza per chiedersi se una qualche responsabilità possa farsi risalire anche a lei per quel suo improvvido gesto.

Io – che come italiano mi sentii offeso da lei che  non si era minimamente preoccupata di mettere  alla berlina  il mio Paese   – penso di sì.

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“Veronica e Silvio all’atto finale. Cinque ore in tribunale a Milano” di Oriana Liso. Qui.

“Silvio Berlusconi e la Lario separati. Una stretta di mano per dirsi addio” di Paolo Colonnello. Qui.


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4 Comments

  1. Commento by Ambra Biagioni — 17 Dicembre 2009 @ 07:39

    …”…come italiano mi sentii offeso da lei che  non si era minimamente preoccupata di mettere  alla berlina  il mio Paese …”

    Ed io, come donna, che Dio ha creato con viscere di madre, mi sentii doppiamente offesa e pensai prima di tutto al figli.

    Quella madre ha fatto uno sfregio che rimarrà indelebile nell’anima di quelle tre creature, a prescindere da ogni altra considerazione o ricerca di giustificazioni.

  2. Commento by Ambra Biagioni — 17 Dicembre 2009 @ 07:41

    Qui i commenti sul Legno

  3. Commento by goffredo — 24 Dicembre 2009 @ 18:03

    …io invece come italiano mi sento molto offeso ad avere un presidente di così alta levatura morale! complimenti…..

  4. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 24 Dicembre 2009 @ 18:29

    Sulla levatura morale, goffredo, ci andrei cauto. Chi non ne ha, di peccati, scagli la prima pietra…

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