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I moniti di Napolitano

8 Ottobre 2012

di Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”, 8 ottobre 2012)
ripreso da Dagospia

Finora i moniti di Napolitano, che costituiscono ormai un genere fantaletterario a sé, come la space opera o il cyberpunk, erano contraddistinti da tre caratteristiche: banalità, cerchiobottismo e inutilità. L’altroieri se n’è aggiunta una quarta: l’ermetismo. Abbiamo letto e riletto l’ultimo monito, anzi “affondo” (Corriere), anzi “nuovo fermo richiamo” (Repubblica), piovuto direttamente da Assisi, un tempo patria dei poverelli di San Francesco e ora viavai di sottane cardinalizie e loden di tecnici e blazer di banchieri (ieri pontificava Passera, noto francescano).

“Serve – monita il capo dello Stato – una ripresa di slancio ideale e senso morale” contro la “inadeguatezza del quadro politico a offrire punti di riferimento e prospettive” e una “convergenza di iniziative” contro i “fenomeni di degrado del costume”. Parole che vagamente stonate, in bocca a chi di questa classe politica fa parte da 70 anni, che per tutti gli anni 80 tentò di alleare il Pci con Craxi, bacchettò Berlinguer quando osò porre la “questione morale”, ha firmato quasi tutte le leggi di B., ha nominato ministri gente come Brancher e Romano. Poteva dirlo un anno fa a Mancino, quando gli telefonava per piagnucolare sull’inchiesta Stato-mafia, che ci vuole “uno slancio ideale e morale”. E poi evitare di impicciarsi nelle indagini.

Invece fa la predica a noi italiani, come se fosse appena atterrato da Saturno. E con parole di cui sfugge il senso, perché non specificano il destinatario. Chi dovrebbe darlo, lo “slancio ideale e morale”? Chi dovrebbe fornirli, i “punti di riferimento e prospettive”? Il governo dei Grilli e dei Passera? Il Pdl dei B., dei Dell’Utri, dei Formigoni e dei Batman? Il Pd dei Penati? L’Udc dei Cesa e dei Cuffaro? Il Parlamento dei 100 condannati-imputati-indagati? E come dovrebbero manifestarsi lo slancio ideale e la convergenza di iniziative? Con la riforma elettorale che non si fa? Col bavaglio Gasparri-Chiti alla stampa e al web? Con la norma salva-Ilva? Con l’anti-corruzione degradata a pro-concussione?

Sono mesi che scriviamo che il pacchetto Severino è per metà acqua fresca e per metà acqua sporca, visto che ignora il falso in bilancio, la frode fiscale, l’autoriciclaggio e soprattutto derubrica la “concussione per induzione” in un reato minore, con pene più basse e prescrizione più breve per la gioia di B., Penati, Tedesco & C. Ora Repubblica – che ha raccolto 250 mila firme a favore di questa roba – rivela che il Pd s’è svegliato e ha qualche dubbio perché – testuale – “questo regalo a Grillo non lo possiamo proprio fare”.

Cioè: salvare B., Penati, Tedesco & C. non è sbagliato in sé, ma solo perché favorirebbe Grillo. Del resto salvare B.&C. è una vecchia abitudine: figurarsi ora che Pdl e Pd sono alleati. Ma nessuno combatte la corruzione delle menti e i furti di verità, molto più gravi di quelli di denaro. Il governo continua ad aumentare le tasse (magari autorizzando comuni e regioni a farlo, così si sputtanano loro). Ma, sia chiaro, Monti “non esclude di individuare un percorso” per abbassarle. E Passera vuol “creare le condizioni per ridurle”. Beninteso, “dall’anno prossimo”.

Come ai tempi del Cainano, c’è sempre un “anno prossimo”, un “piano B”, una “fase 2”, una “ripresa”, un’arma segreta, un’età dell’oro da attendere fiduciosi. Intanto chi può paga e chi non può si spara. Questi tecnici ricordano il tipaccio che taglia le gomme dell’auto al disabile perché gli impediva di parcheggiare in divieto, poi però chiama il gommista per riparare il danno. Il governo aumenta le tasse, ma non esclude di abbassarle e intanto prepara il percorso. Come dire: per ora ti infilo l’ombrello lì dietro, ma poi non escludo di sfilartelo. Nella fase 2.


Ingroia spacca la magistratura, contro di lui pure le toghe rosse
di Anna Maria Greco
(da “il Giornale”, 8 ottobre 2012)

Se Silvio Berlusconi ha avuto il dono di compattare la magistratura (contro di lui), Antonio Ingroia ha quello di spaccarla.

Chi avrebbe detto che il «super Pm » palermitano potesse essere accusato di «culto della personalità » dai colleghi? A cominciare dalle toghe rosse della sua corrente, Magistratura democratica, proseguendo con i fratelli del Movimento per la giustizia (che fanno parte del cartello di sinistra Area), fino ai centristi della maggioritaria Unità per la costituzione e ai moderati di Magistratura indipendente.

E, dopo i richiami del Csm, la carriera del coordinatore dell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia è sempre più a rischio.«Esasperata sovraesposizione mediatica », impostazione «personalistica e autoritaria » delle indagini, costruzione di «verità preconfezionate », eccessiva ricerca del «consenso » nelle piazze. Gli attacchi al Pm sono pesanti, ma rintuzzati con veemenza dai suoi fans. Tanto che si parla ormai di «referendum pro e contro Ingroia ».

Mentre i vertici di Md, Movimento e Unicost approvano documenti contro i suoi comportamenti, l’aggiunto di Palermo viene difeso da un gruppo di giudici e Pm che vedono in lui l’icona della resistenza a pressioni politiche esterne e controlli interni, in nome della ricerca della «verità » sulle stragi mafiose. Così Ingroia, che continua a rinviare la partenza per il Guatemala su mandato dell’Onu per frequentare dibattiti in tutt’Italia e talk show su tutte le reti tv, riesce nell’impresa di dividere trasversalmente le correnti, appiattirne le differenze ideologiche, suscitare critiche ai vertici dell’Anm e domande sul come sta cambiando la stessa magistratura. Forse, c’è aria di «rottamazione » anche da queste parti se un mostro sacro delle toghe rosse come Gian Carlo Caselli viene apostrofato così, quando difende Ingroia dentro Md: «Sei fatto all’antica, appartieni al passato ».

Dalla corrente in cui è cresciuto, lo stesso Pm riconosce di aver ricevuto una «bastonatura » senza pari e dicono che mediti di lasciarla. Prima il documento dell’esecutivo del 19 settembre, che ha provocato quello opposto della sezione palermitana. Poi, la tesi accusatoria prevalsa sabato scorso al Consiglio nazionale. Analoghi documenti critici sono venuti dal Movimento e da Unicost, mentre ieri il leader di Mi Cosimo Ferri lanciava l’allarme: «L’azione dell’Anm è ferma, le lotte e le contraddizioni che stanno emergendo dentro Md e la stessa Anm, stanno immobilizzando l’azione associativa. L’Anm deve tornare a parlare di progetti per la giustizia, sganciandosi da lotte di potere. Da mesi si è fermi sul referendum interno ed esterno alla magistratura pro o contro Ingroia, quando i problemi della giustizia aumentano e nessuno li risolve ».

Anche Mi è divisa su Ingroia. Basti pensare all’intervista al Fatto in cui il togato al Csm Antonio Racanelli difendeva ad agosto i Pm di Palermo dal rischio «isolamento ». E, all’opposto, alla tesi di uno storico esponente di Mi come Mario Ardigò, che parla di uso strumentale e politico dell’ «epica dell’antimafia », difende Giorgio Napolitano (per la questione intercettazioni arrivata alla Consulta) dal «tremendo sospetto di collusione mafiosa » e avverte che le polemiche possono «condizionare indebitamente il processo ».

Tra le toghe, c’è chi propone di togliere dagli uffici le foto di Falcone e Borsellino, anche loro affossati dalle correnti, chi ricorda gli attacchi ai Pm di Mani pulite e chi, invece, parla di «processo inutile » e dannoso, come Elisabetta Cesqui di Md.

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Renato Brunetta: “L’agenda Monti non esiste”, qui.

Caso Sallusti, qui e qui.


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