Palladio sul Mississippi

di Manlio Cancogni
[dal “Corriere della Sera”, sabato 5 luglio 1969]

A Natchez è d’obbligo lasciarsi prendere la mano dalla no ­stalgia. La bellezza della citta ­dina e delle ville neoclassiche che la circondano è tale da far rimpiangere la civiltà che le ha prodotte, il vecchio sud delle piantagioni e degli schiavi. A quei tempi, prima della guer ­ra civile, Natchez era un cen ­tro commerciale di grande im ­portanza. Il porto era affolla ­to di navi che vi arrivavano dai porti dell’est e dell’Europa, cariche di manufatti, mobili, tappeti, quadri, argenterie, va ­sellami preziosi, per i ricchi si ­gnori del luogo; e ne ripartiva ­no cariche di cotone, di tabac ­co, di zucchero non raffinato.

Le ville dell’epoca, fine Sette ­cento, primi Ottocento, sono diecine. La mia guida ne ripor ­ta cinquantasei; alcune sono in città, sulla collina che domina un’ansa del Mississippi, le al ­tre, sparse nei dintorni, nella foresta subtropicale. Nemmeno nel Vicentino c’è una concen ­trazione di architettura palla ­diana così imponente e varia Non sono pochi resti del pas ­sato, come in altre regioni americane, preservati a costo di sforzi sproporzionati al loro va ­lore. Qui il passato sopraffà il presente come può accadere solo in certi piccoli centri d’Eu ­ropa, San Gimignano, Tubinga, Carcassonne, Bruges, Bath.

Le ville di Natchez hanno nomi affascinanti. Si chiamano D’Evereux, Gloucester, Rosalie, Malrose, Dunleith, Monmouth… Sono conservate benissimo, co ­me se il tempo non fosse tra ­scorso. Il bianco delle colonne, dei porticati, dei timpani, degli architravi, è immacolato; il ros ­so degli intonachi ha la giusta tinta calda; il verde delle per ­siane non presenta screpolatu ­re; tutto è a posto, lindo, come in un’illustrazione, senza dare l’impressione di finto. E intor ­no, un gran silenzio.

Naturalmente tutto ciò è co ­stato milioni di dollari. I vec ­chi proprietari, rovinati dalla guerra civile, non avrebbero potuto mantenerle. Oggi appar ­tengono a ricchi industriali ve ­nuti dall’est, discendenti degli uomini d’affari che un secolo fa vollero la guerra contro il sud, e vinta la guerra vollero e ottennero, assassinato Lincoln (forse da un loro agente) la rovina dell’avversario.

Le più belle sono quelle dei dintorni. Sono chiuse per la maggior parte dell’anno. Ma non si perde molto a non visi ­tarle. Quelle aperte, come Melrose, sono una delusione. La civiltà del sud era più bella esteriormente che dentro, più affascinante nel ricordo che nel ­la realtà. Mobilio, quadri, tap ­pezzerie, vasellame, importati o da Nuova York o dall’Europa, non sempre erano di primissi ­ma qualità. Si ha l’impressione che questi southern gentlemen non fossero dei grandi intenditori. A parte alcune grandi fa ­miglie (specie in Virginia) era ­no in sostanza signorotti pigri, con molte pretese, e poca cultura. Basterebbe dare un’occhia ­ta alle loro biblioteche. Il loro classico era Walter Scott. In nessuna parte del mondo questo mediocre romanziere ebbe tan ­ta e perniciosa influenza come nel sud. Tutte quelle dame e quelle fanciulle di cui vediamo i ritratti alle pareti s’illudeva ­no d’essere eroine cresciute in qualche castello medievale nel ­la brughiera; e quei cavalieri in tenuta da ufficiali confede ­rati, altrettanti Ivanhoe o Ric ­cardi cuor di leone, venuti dal ­la Terra Santa a liberarle non si sa da chi. Diffidiamo della leggenda del sud «romantico e cavalleresco », ma chiediamoci se la sua rovina, così violenta e totale, sia stata veramente un bene per gli Stati Uniti. Il sud, a parte la schiavitù (di cui era respon ­sabile solo in parte) era più democratico del nord. Gli Stati, sotto la linea Dixon, erano realmente indipendenti e si op ­ponevano con successo al centralismo. La vita politica loca ­le era più viva e più onesta che nel settentrione. Tantoché, scoppiata la guerra, i democra ­tici europei si sentirono in un bell’imbarazzo. E non dimenti ­chiamo che mentre la liberale Inghilterra era per il sud, la Prussia e la Russia zarista era ­no decisamente per il nord.

Il sud doveva perdere, è ov ­vio. Ma la furia devastatrice con cui lo trattarono i nordisti si spiega solo col rancore, l’in ­vidia, il gretto puritanesimo e l’affarismo stupido e bestiale. Salvato dalla rovina, reintegra ­to nella nazione americana, in ­vece d’esserne trattato come una colonia, il sud, col suo mondo agricolo, le sue tradizio ­ni, la sua maggiore esperienza politica, sarebbe stato un freno allo scatenato espansionismo del nord. Con qualche vantag ­gio per tutti, forse.

Se dite Natchez all’americano medio, egli vi guarderà meravi ­gliato; se gli dite New Or ­leans, risponderà con esclama ­zioni di giubilo. Natchez è bel ­lissima, New Orleans è grotte ­sca. Non parliamo del clima che comincia già a risentire dei tropici, caldo, piovoso, umido, deprimente. Parliamo della cit ­tà. Le famose ville sono in gran parte imitazioni e comun ­que, dopo Natchez, non si ha più voglia di vederne. Il resto è una sterminata periferia di casucce popolate da centinaia di migliaia di negri, mulatti, poveri bianchi richiamati dall’industrializzazione. In centro c’è Canal Street col famoso Vieux carré. In Canal Street sembra d’essere non sugli Champs Elysées (come forse pensano gli americani) ma in passeggiata a Viareggio, d’agosto. Sembra tutto di cartone compresi i lampioni nel mezzo E almeno ci fossero delle belle piante, sia pure palme o ma ­gnolie. Nel Vieux carré, sem ­bra d’essere a Pigalle. Ogni venti passi c’è uno strip-tease, al lavoro sin dalle prime ore del mattino. E sin dalle prime ore torpedoni carichi di turisti si aggirano per le stra ­de, rue Bourbon, rue Dauphine, rue Royale, sotto le verande in ferro battuto. Gli chasseurs stanno sui marciapiedi e fanno la caccia al cliente socchiuden ­do per qualche secondo la por ­ta in modo che si intraveda, sul banco del bar, la ragazza che si agita spogliandosi. Come pecore i turisti s’ammucchiano davanti agli ingressi, proseguo ­no, si spingono con facce ine ­betite e soddisfatte. Vecchi ro ­sei come gamberi, megere dai denti finti e i capelli stopposi. Tutti con gli occhiali cerchiati d’oro.

C’è un solo posto ragionevo ­le in tutta la città: l’aeroporto. L’ultimo giorno mi ci sono ri ­fugiato otto ore prima della partenza. C’è il cinema, ci sono stupendi flippers, uno diverso dall’altro. Consigliabile quello della battaglia navale. O quello che misura la vostra intelligen ­za. Se saprete rispondere a domande simili (qual è la ca ­pitale del Nebraska? In quale dei seguenti film â— seguono i nomi â— lavorava Clark Gable? L’ammoniaca è un acido o un idrato? A Chancellorsville vinse Lee o Grant? Dov’è nato Am ­leto?) verrete qualificato un genio.

Visto 1 volte, 1 visite odierne.