A Berlusconi un consiglio23 Luglio 2013 A mano a mano che si avvicina la data del 30 luglio, fissata dalla Cassazione per decidere della sorte di Silvio Berlusconi in relazione alla sentenza di condanna emessa in secondo grado dal tribunale di Milano, si intensificano gli articoli che legano a quella scadenza la caduta o meno del governo Letta. Comunque vadano le cose, suggerirei a Berlusconi di non interessarsi in nessun modo ai pasticciati calcoli della magistratura e lasciare che la Cassazione si acconci come meglio le aggrada. Che gli avvocati difensori lascino fare senza eccepire alcunché. Non so se nel regime talebano si arrivi a tanto, ma probabilmente la nostra magistratura sta battendo al gran galoppo il record mondiale per sentenze emesse sulla sola base di un modello di etica personale del giudicante che niente ha a che vedere con la legge. È quasi certo, come teme l’avvocato Ghedini nell’intervista rilasciata ieri al Fatto Quotidiano, che la sentenza di condanna per i diritti Mediaset sia stata già scritta, e quindi nessuna argomentazione difensiva riuscirà a smontarla, e allora per la persona di Berlusconi poco cambierà se essa sarà ufficializzata il prossimo 30 luglio o a settembre. Potrà giovarsene per una manciata di settimane il governo Letta, ma a settembre il nodo circa la sorte giudiziaria di Berlusconi verrà al pettine. Il fatto che ben due sentenze della Cassazione lo abbiano scagionato dall’accusa di essere il padrone di Mediaset a partire dal momento in cui è sceso nell’agone politico, e che solo i magistrati milanesi abbiano espresso la loro convinzione contraria confidando nella propria forza di persuasione nei confronti del massimo organo giudicante, la dice lunga delle lotte intestine che attraversano un organo così importante e delicato, sceso ai più bassi gradini della affidabilità in tutto il mondo. Dovranno essere le più importanti istituzioni a vergognarsi di aver tollerato, per le più spregevoli ragioni di parte, che si sia arrivati a tanto. Vale a dire a mettere in galera il leader di uno dei due più importanti partiti italiani (quando al governo, quando all’opposizione) per effetto di condanne emesse sulla base di aria fritta e con valutazioni dei fatti divergenti e opposti a seconda della sede giudicante. Alessandro Sallusti inconsapevolmente gli ha fatto da apripista, allorché si rifiutò di scontare ai domiciliari la condanna ricevuta per un articolo, peraltro non scritto da lui. Furono le istituzioni a vergognarsi della magistratura giudicante e Napolitano pensò bene di rimediare al guasto democratico concedendo la grazia al giornalista. Letto 4403 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||