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Tre articoli

5 Maggio 2012

La dittatura tecnocratica
di Francesco Perfetti
(da “il Tempo”, 5 maggio 2012)

Un illustre e autorevole politologo – che una volta, tanti anni or sono, fu apprezzato teorico del liberalismo e sostenitore della liberal-democrazia di tradizione anglosassone – il professor Giovanni Sartori, ha delineato, sulle colonne del «Corriere della Sera », uno scenario, futuro o futuribile, destinato, a suo dire, a rafforzare il governo Monti. Un governo di tecnici o di emergenza, costretto, malgrado la buona volontà dalla quale è animato e malgrado il supporto del Capo dello Stato, a navigare perigliosamente nelle acque agitate e infide della politica italiana. Un governo, alla fin fine, costretto a governare male e poco, prigioniero di troppe e contrastanti pressioni ed esigenze dei partiti che, pur a denti serrati, sono costretti a sostenerlo. Un «governo anfibio » – così lo ha chiamato Sartori – che deve ricorrere continuamente alla fiducia per dribblare i veti incrociati o le trappole dei recalcitranti supporters parlamentari. La debolezza del governo – par di capire leggendo le considerazioni di Sartori – sarebbe dovuta, al di là della fisiologica litigiosità delle forze politiche, al fatto che nella nostra carta fondamentale non sarebbe previsto «lo stato di necessità, di emergenza o di assedio » contemplato dalle costituzioni ottocentesche, sotto questo profilo, «più previdenti delle nostre ». Ricorda, Sartori, sia pure incidentalmente, che la mancata sottoscrizione da parte del Re del decreto di stato d’assedio predisposto da Facta nell’ottobre 1922 aprì la strada all’avvento del fascismo. Le cose sarebbero andate in modo diverso, sembra suggerire lo studioso, se Vittorio Emanuele III – malgrado (non dimentichiamolo!) il fatto che lo Statuto Albertino non lo prevedesse – avesse firmato lo stato d’assedio: se, cioè, in altre parole avesse decretato una provvisoria sospensione delle libertà e guarentigie costituzionali. Ma lasciamo da parte le fantasie della storia virtuale. E veniamo all’oggi. Il governo Monti, governo tecnico o dei tecnici, è in qualche misura, assimilabile a un governo da stato di necessità. O di assedio. È un governo – absit iniuria verbis – caratterizzato dalla sospensione della democrazia e dal commissariamento del potere legislativo da parte dell’esecutivo.

Sono stati, insieme, la crisi economica internazionale, la debolezza della politica, il dissesto dei partiti, lo sfacelo morale del paese, la piccolezza umana della classe politica ad averne propiziato la nascita. Gli italiani, disgustati dallo sfascio del politicantismo, lo hanno sorbito come una medicina amara. Ma adesso si sono resi conto che le sue ricette si risolvono in una prescrizione: aumento della pressione fiscale a danno dei ceti più deboli e più indifesi. E la popolarità del governo scende. Insieme alla sua forza e alla sua capacità di tenuta. Ma il governo Monti piace – oltre, naturalmente, per il fatto che è nato sulle ceneri dell’odiato governo Berlusconi – per la sua dimensione tecnocratica. Ma piacerebbe ancor di più se avesse, per così dire, un piglio e un tocco maggiormente autoritari. Ed è comprensibile: Sartori ha da tempo messo sotto naftalina il suo antico, originario e nobile liberalismo per cedere all’insana passione per una democrazia giacobina e moralistica e si è scelto, come compagni di strada, ex-comunisti e post-comunisti. La sua «modesta proposta » è che Monti ricorra il più possibile al voto di fiducia fino al punto da costringere il Pdl a negargliela e a provocare, in tal modo, quella crisi, che aprirebbe necessariamente la strada per le elezioni anticipate gestite dallo stesso Monti. Ma non basta. La ciliegina sulla torta della «modesta proposta » sartoriana è che Monti si affretti a improvvisare «un partito elettorale di candidati degni e puliti » e, con esso, si presenti alla consultazione elettorale. Essendo ancora in vigore il Porcellum con il suo «smisurato premio di maggioranza », è presumibile, a detta di Sartori, che il partito di Monti faccia il pieno di parlamentari e possa governare senza alleati. Una cattiva legge – quel Porcellum da sempre esecrato e vituperato da Sartori – sortirebbe buoni effetti. Il governo tecnico o dei tecnici avrebbe una legittimazione popolare. Ma, questa indicata da Sartori, è una via democratica alla dittatura tecnocratica. Non è una bella prospettiva. Ma non c’è da preoccuparsi: il vento dell’antipolitica è così forte da spazzare via le previsioni dei politologi. A cominciare da quelle di Sartori che non si sono mai realizzate.


Troppi equivoci sul governo Monti
di Piero Ostellino
(dal “Corriere della Sera”, 5 maggio 2012)

Con lo Stato che esige subito le tasse â— anche quan ­do ha torto: paga e poi si vedrà se hai ragione (solve et repete) â— e onora i suoi debiti con anni di ritardo, e di fronte ai sempre più numerosi suicidi, il rifiuto del professor Monti della ragionevole (civile) proposta Alfano di poter scalare dalle tasse (dovute) i crediti (prete ­si) rivela un totale disprezzo dei diritti dei cittadini. Ci voleva ­no dei non eletti per dimostrare che un governo che non deb ­ba rispondere agli elettori è automaticamente dispotico. Altro che «democrazia sospesa »; qui siamo in pieno autoritarismo, mascherato da efficientismo, che sta distruggendo quel poco di democrazia liberale che c’era. Confesso che, conoscendolo come persona intellettualmente onesta, ed essendogli amico, mi ero illuso che il cattolico-liberale Monti, se non proprio pro ­penso a far prevalere l’umanesimo cristiano sulla (disumana Ragion di Stato â— che, peraltro, è teoria di un cattolico (Bote ­ro) â— fosse almeno incline a ricordarsi di essere liberale. Inve ­ce, per dirla con lord Acton, «se il potere corrompe, il potere assoluto (incontrollato) corrompe assolutissimamente ». Ho l’impressione che questi professori si prendano un po’ troppo sul serio nel ruolo di «salvatori della Patria » e tendano a com ­portarsi con i cittadini come, probabilmente, si comportavano con i propri studenti.

La politica, in una democrazia liberale, non è «prendere o la ­sciare », ma rispetto (costituzio ­nale) dei diritti e delle libertà in ­dividuali, nonché delle minoran ­ze. Ma qui chi controlla? Non lo fanno i partiti in Parlamento, or ­mai supini – per incultura, debo ­lezza e provincialismo – «a quel ­li che sanno ». Non i media ­che dovrebbero legittimare l’Or ­dinamento esistente, ma anche fornire al cittadino gli strumenti per capire e giudicare – e sono una sorta di neoMinculpop: «il Duce ha sempre ragione »; anche se Monti non sempre ce l’ha. Non un’opinione pubblica frastornata cui è stato fatto credere di essere in guerra – contro lo spread â— le si nasconde che questo governo non è «la soluzione », ma sta diventando «un problema », e inclina verso un «fascismo di popolo ». Sono ri ­masto il solo a dirlo e mi spiace ripeterlo: è, nelle parole di Piero Gobetti sul fascismo, <d’autobiografia di una nazione ».

Altro caso. L’esenzione fiscale della prima casa non sarebbe una forma di «evasione fiscale » come sostiene il governo; ec ­co un altro (suo) tratto antidemocratico, per non dire illibera ­le. La prima casa â— spesso frutto del risparmio di una vita sul quale si sono già pagate le tasse â— è un «bene primario » per i meno abbienti; che non hanno l’alternativa fra la casa e andare a dormire sotto i ponti. Dovrebbe essere la soglia minima oltre la quale il Fisco non dovrebbe andare in uno Stato che voglia essere davvero sociale. Invece, la sua esenzione è sprezzante ­mente equiparata a un reato; mentre, in nome della giustizia sociale, si sta massacrando di tasse (soprattutto) i ceti meno abbienti.


Alfano scrive ai sindaci del Pdl: “Non aumentate l’aliquota Imu”
di Redazione
(da “la Repubblica”, 5 maggio 2012)

ROMA – Bordate da maggioranza e opposizione. L’introduzione dell’Imu si conferma un fronte caldissimo per il governo Monti. Se il Pdl torna a contestare l’imposta definendola “insostenibile”, il Pd chiede di modificarla profondamente, mentre il leghista Maroni avverte che “non fare pagare l’imu sulla prima casa non è un atto di evasione fiscale”.

“Stia attento Monti – sostiene l’ex ministro dell’Interno – ad accusare la Lega e i sindaci di essere evasori perché è quello che porta Equitalia a fare quello che fa. Non si tratta di evasione fiscale ma di protesta fiscale. La legge consente ai sindaci di far applicare l’Imu sulla prima casa con aliquota dello zero per certo e quindi dire ai cittadini: voi potete non pagare l’imu. Quindi, il professor Monti si informi prima di lanciare accuse, altrimenti dovrà risponderne”.

Più pacato, ma comunque fermo lo stop arrivato dal Pdl. Il segretario Angelino Alfano, in una lettera inviata a tutti i sindaci eletti con il suo partito, chiede di mantenere invariata l’aliquota Imu, “non aumentandola ulteriormente rispetto a quanto stabilito dal governo”. Per Alfano “oggi siamo in presenza di una complessa e confusa disciplina normativa introdotta con la nuova Imu che, oltre a penalizzare fortemente i comuni, a nostro avviso, introduce da un anno all’altro un aggravio fiscale insostenibile e inaccettabile per i cittadini”.

“Il Pdl – prosegue il segretario – ha posto come impegno principale quello di ritornare all’eliminazione della tassazione sulla prima casa sin dal 2013, recuperando risorse dalla lotta agli sprechi”. “E’ necessario che anche tu, caro sindaco – si legge ancora nella lettera – ti impegni direttamente in questa battaglia contro questa tassa profondamente ingiusta”.

“La casa di abitazione, bene costituzionalmente tutelato – sottolinea Alfano – è il frutto di sacrifici e del lavoro delle famiglie italiane. E’ il principale obiettivo dei risparmi accumulati con sempre maggior fatica e difficoltà: non è una rendita finanziaria, né un bene di lusso”. “Voglio ricordare che le risorse venute meno ai comuni in seguito all’abolizione dell’Ici sulla prima casa – proseguito il leader di maggioranza – sono state integralmente compensate con risorse trasferite ed i comuni non hanno subito alcuna decurtazione dal 2008”.

Parlando in pubblico, Alfano è tornato poi anche sulla riforma del sistema di finanziamento dei partiti e la nomina di Giuliano Amato a consulente del governo proprio su questo tema. “Qualsiasi proposta – ha sottolineato – deve passare dai
gruppi parlamentari e dal Parlamento. Non c’è alcuna ipotesi logica di scavalcare i partiti, i quali comunque prima fanno e meglio è”.

Torna a criticare l’Imu, già definita “micidiale” nei giorni scorsi 1, anche Pierluigi Bersani. “La nostra proposta è di alleggerirla e affiancarle un’imposta personale sui grandi patrimoni mobiliari”, ribadisce il segretario del Pd. Secondo punto, per Bersani, “è lasciare l’Imu ai Comuni, se mai diminuendo i trasferimenti dello Stato così da costituire una base di autonomia impositiva dei Comuni”.

Contro l’imposta unica comunale interviene oggi anche Antonio Di Pietro. “Così com’è strutturata è una tassa iniqua e vessatoria perché se la prende con tutti i cittadini soprattutto con le fasce più deboli e oneste – afferma il leader dell’Idv – Invece di far pagare ai pensionati ai contadini agli imprenditori che hanno uno stabilimento, facessero pagare alle fondazioni bancarie, ai grandi istituti di credito e la smettesse il governo Monti di favorire sempre e solo le lobby economico finanziarie, distruggendo le famiglie e le piccole e medie imprese”.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart