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Ancora su Napolitano

23 Giugno 2012

Sapete dal mio precedente articolo, ma anche dai tanti altri del passato, che reputo che sulla presidenza Napolitano ci siano alcune ombre di una certa gravità, che se fossero provate meriterebbero l’impeachment (il silenzio sui comportamenti di Fini, il diktat della Merkel sul governo Berlusconi, per esempio).
L’ultima riguarda un suo presunto intervento teso a favorire l’ex presidente del Senato, Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza.

Devo dare atto a il Fatto Quotidiano di non farsi intimidire dal coro di plausi che i soliti prosseneti indirizzano al capo dello Stato, come se fosse – come ha scritto ieri Padellaro – un totem, con ciò sottraendolo ad ogni forma di critica, al contrario di quanto è stato fatto per altri presidenti del passato.

Marco Lillo, il giornalista de il Fatto Quotidiano, mi ricorda l’altro giornalista de il Giornale, Marco Chiocci, che, pure lui, non si lasciò intimidire sul caso di Fini e la casa di Montecarlo, e riuscì a provare che la svendita c’era stata e era andata a vantaggio del cognato.
Anche in tale circostanza Marco Chiocci, con alcuni suoi collaboratori, rimase isolato, ma non demorse e fece un grande servizio di verità ai cittadini.

Sul caso Napolitano (chiamiamolo così per semplicità), Marco Lillo in verità di trova in compagnia di un altro mastino, non facile alla resa, il giornalista di Libero Davide Giacalone, che non è affatto soddisfatto delle risposte ricevute dal Quirinale e, come Marco Lillo, chiede che siano sgomberate le ombre che si addensano sul Colle.

Oggi Marco Lillo pone delle domande precise al Quirinale e potete leggerle qui. Poche ma ficcanti, e riguardano in specie se sia vero che Napolitano abbia suggerito a Mancino di prendere contatti con Martelli (che aveva dato dei fatti una versione diversa) per concordare un comportamento comune.

Napolitano ha dalla sua parte fior di giuristi che si sono rotti la schiena a forza di genuflettersi per difenderlo. Costituzionalisti, a mio avviso, che sono rimasti sul superficiale, non scendendo all’esame dei fatti realmente accaduti e messi in risalto dal Fatto, ma limitando il loro giudizio sulla lettera formale scritta dal capo dello Stato e messa a disposizione dei cittadini.

Quella lettera, infatti, non dice nulla. Quello che importa è se i fatti indicati da Marco Lillo sono davvero accaduti, giacché, se lo fossero, sarebbero di una gravità con pochi precedenti, e ne dovrebbero conseguire, al di là delle scontate coperture del Pd e dei presidenti delle due Camere (a mio avviso penose) le dimissioni di Napolitano.

Il quale continua a sostenere di essere oggetto di una campagna diffamatoria basata sul nulla. Per convincerci ha però una sola via da percorrere. Rispondere, senza tergiversare, alle domande di Lillo, che sono precise, non solo, ma impostate sulla base delle intercettazioni finora agli atti (e forse destinate a scomparire).
Se invece quei fatti sono frutto di una pura invenzione o millanteria dei suoi portavoce, li licenzi seduta stante per aver detto il falso.
E i pm di Palermo, su questi fatti che sono il risultato di loro intercettazioni, non hanno nulla da dire?


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Bart