Ancora su Re Giorgio22 Dicembre 2013 Intervista a Briatore a cura di Beatrice Borromeo per il “Fatto quotidiano” A chi comanda manca la praticità . Parlano di andare sulla luna e poi non riescono a tagliare le salsicce”. Per questo, racconta dal suo resort in Kenya Flavio Briatore, il nuovo cast del programma The Apprendice (in onda su Sky da gennaio) è fatto di “ragazzi super preparati, brillanti, che parlano l’inglese molto fluent”. Un gruppo di candidati “multietnico, che finirò per assumere, perché condividono il mio modello aziendale”. E quale sarebbe, Briatore? Forse quello renziano di Eataly? Formula Santanchè. Lo dice anche il suo amico Berlusconi. In molti avevano accolto i tecnici come i salvatori della patria. Il regista resta il capo dello Stato. Briatore ministro per le Riforme di un governo Renzi. Dove comincia? Quindi ci penserebbe, se il sindaco le proponesse un incarico? A cosa pensa? E cosa le fa credere che Renzi possa sbloccare l’impasse? Pescherà anche nell’elettorato del nuovo centrodestra di Alfano? A proposito del Cavaliere, come sta vivendo questi ultimi mesi? Tornando ai due illustri esponenti del Csm: che ne sa il popolo, chiusi come sono, i due, nella loro fortezza solo per uscirne con i cordoni di sicurezza costituiti da incalliti clacquisti , delle prerogative che spettano loro, compresa quella di far distruggere dalla consulta (avete capito bene? Dalla consulta! che mi vergogno di chiamare Corte Costituzionale con la lettera maiuscola) nastri scottanti che riguardavano la trattativa (che ci fu, non è un’invenzione: lo ha appurato con sentenza il tribunale di Firenze!) tra lo Stato e la mafia, in cui un pm, Nino Di Matteo, che fra l’altro ha avuto l’ardire di convocare come testimone il capo dello Stato, riceve un giorno sì e un giorno no, minacce di morte dalla mafia poiché sa troppe cose scomode e perciò sarebbe bene che si mettesse da parte o altrimenti a fargli fare la fine di Falcone e Borsellino ci penserà lei, la mafia, in combutta con qualche asso nella manica infiltrato nello Stato. Eppure – come scrisse Travaglio – Napolitano, non solo non andrà a testimoniare – ma si è guardato bene dall’esprimere una sola parola di solidarietà personale a questo giudice (di cui forse si è vergognato di fare il nome), Nino Di Matteo, che servendo lo Stato, rischia la vita poiché è andato a sbattere contro certe rotelline del pericoloso ingranaggio. Invece il Napolitano che va a teatro non va a Palermo, e porta come scusante, con una lettera assai più comoda di una testimonianza resa guardandosi negli occhi, che non sa nulla di nulla (al contrario di quanto fanno sospettare ai pm le intercettazioni in loro possesso circa le telefonate intercorse tra D’Ambrosio – il segretario di Napolitano, purtroppo morto di lì a poco e improvvisamente per infarto, e Nicola Mancino che chiedeva proprio al capo di Stato, per intercessione di D’ambrosio, che sempre lo rassicurava , l’interessamento di re Giorgio, interessamento che sempre si manifestò (Napolitano ci ha presi per cretini? Non glielo permettiamo!) nei comportamenti dei vertici della magistratura che scrivevano o incontravano loro subalterni nel tentativo di avocazione del caso. Fu l’attuale presidente del Senato, Piero Grasso, a denunciare con una lettera il tentativo, che subito si bloccò, e – come diceva Andreotti – si pensa proprio male se leghiamo il posto che a Grasso è stato assegnato della presidenza del senato – che significa salire al secondo gradino più alto delle istituzioni – al suo silenzio su tante cose che in quella vicenda torpida potrebbe raccontare? Ma Napolitano ha pensato bene di non andarsi a cercare rogne a Palermo. L’uomo di Budapest che non ha avuto rispetto per i magiari massacrati dal fuoco dei sovietici, potrà mai avere rispetto per la richiesta di un umile e pressoché sconosciuto Nino Di Matteo? Che sarà mai la minaccia di morte contro di lui mossa dalla mafia, quando il cuore di Napolitano non ha sussultato nemmeno allorché alla minaccia di morte dichiarata dai sovietici ad un intero popolo, Napolitano ha saputo solo battere le mani? Travaglio non può dimenticarsi dell’uomo di Budapest! E’ una mancanza gravissima, dovrebbe scriverne ogni giorno. Il perdono che Napolitano chiese ai magiari per poter entrare in Ungheria per la visita di Stato, non conta un fico secco! Ciò che conta sono e resteranno nella storia di questo uomo gli orribili applausi che batté davanti al ricordo della carneficina di un popolo. Napolitano è marchiato per sempre. Se sarò ancora in salute (peccato che ormai la sto perdendo), andrò io stesso a trovarlo sulla sua tomba. E non scopiazzerò gli elogi nauseanti dei suoi compari, ma con un carboncino indelebile rammenterò, al modo che si legge sulla tomba di Yeats, ciò che fu: Ricordati o passante che chi è sepolto qui è l’uomo di Budapest, colui che applaudì il massacro degli ungheresi da parte dei sovietici. Come fa uno come Travaglio, che è stato il cane segugio di un Berlusconi intrallazzatore e donnaiolo a non capire la differenza e a non ricordarla ai giovani, che non ne sanno niente, poiché nessuno glielo fa sapere? E’ un suo dovere data la sua notorietà ! Mi domando: Ma per farlo correre alla Scala e al teatro di Roma non lo avranno mica tirato per la giacca forzando la sua caparbia resistenza, proprio come è accaduto per la sua nomina al secondo mandato presidenziale, la quale nomina (rielezione?) – aveva dichiarato appena pochi giorni prima – nessuno lo avrebbe mai convinto ad accettare e che soltanto il tempo che il sole tramontasse e risorgesse invece accettò con intima soddisfazione ed orgoglio (mai c’era stato un presidente della repubblica rinominato!) , e vi ci si è attaccato come se avesse adoperato l’Attak, e nessuno sa più più come scollarcelo, proprio come faceva Lamberto Dini con il suo governo del 1995/1996 voluto da Scalfaro, finché Fausto Bertinotti non decise di prenderlo a calci e di cacciarlo da palazzo Chigi. Ovviamente lo scrivo in senso metaforico, ma statene certi che ciò non sarebbe accaduto se al posto di Bertinotti ci fossi stato io, robustamente armato di scarponi chiodati! A proposito dei gaudenti che hanno fatto da cordone protettivo a Napolitano, tornate ad ammirare di nuovo (non dimenticatela mai questa foto irriverente) il gaudente suo vice nel Csm, Michele Vietti, che ride e se la gode, come Napolitano, mentre il popolo soffre. Che brutta aria si deve respirare là dentro!) bdm Granata: a rovinare politicamente Fini è stato Napolitano Da ormai un anno, Gianfranco Fini è un ex della politica. Da quando, dopo tre anni abbondanti sullo scranno più alto della Camera dei deputati, ha raccolto una miseria di voti alle elezioni dello scorso febbraio. Punto e fine. E invece no. Perchè il suo nome continua a incombere sul travagliato periodo che ha visto la scissione del Pdl prima e l’ascesa a Palazzo Chigi di Mario Monti al posto di Silvio Berlusconi. E in quello che il leader azzurro ha definito più volte un “colpo di Stato”, un ruolo da “utile idiota” potrebbe averlo avuto proprio Gianfranco Fini. A dirlo, in una intervista sul Fatto quotidiano, è un altro ex membro di Futuro e libertà , Fabio Granata. Granata parte dal fatto che, nonostante la scissione del 2010 e la nascita di Futuro e Libertà , Fini rimase presidente della Camera. E vi rimase, spiega, per volere dell’allora come ora capo dello Stato, Giorgio Napolitano. “Oggi credo ci sia stata una regia di Napolitano che ha condizionato tutte le forze in una direzione conservatrice” spiega Granata. Una “protezione”, quella del Quirinale, che però secondo Granata finì per rovinare lo stesso Fini, imbalsamandone il ruolo politico. “Ne parlerà Gianfranco se crede, ma un capitolo che manca nel suo libro è quello dedicato al contribuito che la sua vicinanza a Napolitano ha dato alla distruzione politica di Gianfranco Fini” dice. Cioè? “Fini è stato usato (da Napolitano, ndr) per far nascere il governo Monti e poi non è più servito“. Letto 4518 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. 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