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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

Ancora su Re Giorgio

22 Dicembre 2013

Intervista a Briatore a cura di Beatrice Borromeo per il “Fatto quotidiano”
(da (Dagospia”, 22 dicembre 2013)

A chi comanda manca la praticità. Parlano di andare sulla luna e poi non riescono a tagliare le salsicce”. Per questo, racconta dal suo resort in Kenya Flavio Briatore, il nuovo cast del programma The Apprendice (in onda su Sky da gennaio) è fatto di “ragazzi super preparati, brillanti, che parlano l’inglese molto fluent”. Un gruppo di candidati “multietnico, che finirò per assumere, perché condividono il mio modello aziendale”.

E quale sarebbe, Briatore? Forse quello renziano di Eataly?
No: quello del “fare”.

Formula Santanchè.
È il modello di chiunque voglia incidere. E Matteo non ci riuscirà con tutti i ridicoli ostacoli che ha davanti, dal braccio di ferro con Enrico Letta in giù. Il problema è che in Italia mai nessuno ha abbastanza potere per comandare davvero.

Lo dice anche il suo amico Berlusconi.
E ha perfettamente ragione. Questa è l’era dei “cin cin”, delle larghe intese, dove tutti vengono calati dall’alto senza aver mai fatto niente per arrivare dove sono. Prendete Monti, per esempio. L’ha piazzato lì Giorgio Napolitano: anche se aveva i mezzi per far bene, ha finito per guidare il peggior governo di sempre.

In molti avevano accolto i tecnici come i salvatori della patria.
Non io. E infatti non hanno concluso nulla. E ora ce n’è un altro, di presidente, che non ha votato nessuno.

Il regista resta il capo dello Stato.
Per questo dico che sono tutti “fuori”: è Napolitano che decide tutto in Italia. E dato che fa tutto lui, e ha tutto questo potere, perché non pensa un po’ di più alle riforme e un po’ meno alle manovrine di Palazzo?

Briatore ministro per le Riforme di un governo Renzi. Dove comincia?
Guardiamo alla Spagna. Per ripartire bisogna fare quattro o cinque cose subito: bloccare gli stipendi degli statali, avere la possibilità di licenziare chi non lavora bene, abbassare i costi della politica tagliando deputati, Regioni e così via e aumentare l’Iva di un punto. Invece noi che facciamo? Ci teniamo le larghe intese, che vogliono accontentare tutti e dunque non combinano niente.

Quindi ci penserebbe, se il sindaco le proponesse un incarico?
Io amo l’Italia, ma ribadisco che è un Paese dove lo stallo è perenne. È la Costituzione che non permette al presidente del Consiglio di avere abbastanza potere per cambiare le cose. Capisco i motivi di allora per bilanciare così i poteri, ma oggigiorno quella formula non è più sostenibile. E infatti le cose sono gestite malissimo.

A cosa pensa?
Sono andato in Sardegna dopo il ciclone, per dare una mano. Ci credete che il comune di Olbia ha 50 milioni di euro in cassa che sono bloccati dalla legge di stabilità? Non può fronteggiare il disastro perché sono impantanati nella burocrazia. Ma dov’è la logica?

E cosa le fa credere che Renzi possa sbloccare l’impasse?
Il fatto che potrebbe contare su un’ampia maggioranza, e non solo del Pd. Matteo è l’unico che ora ha la possibilità di svoltare.

Pescherà anche nell’elettorato del nuovo centrodestra di Alfano?
Ma nuovo cosa? Ci sono Schifani e Cicchitto: mi viene da ridere. E poi Alfano ha fatto una cosa davvero molto brutta, e strana, a Berlusconi. Non capisco perché: dove pensa di andare?

A proposito del Cavaliere, come sta vivendo questi ultimi mesi?
Non lo sento da un po’, lo chiamerò per Natale. Ma lui è un leone. Ha deciso di rimanere qui, nel suo habitat naturale. Tanto di cappello a chi sceglie di combattere invece che scappare.
__________
(Mi permetto ancora di riprodurre l’eloquente foto di un importante membro delle nostre istituzioni, Michele Vietti, vice presidente del Csm, il cui presidente è addirittura quel Napolitano che, elegante come un signorotto di altri tempi,  e da vecchio e inossidabile comunista tutto compreso e solidale (a parole) con la povertà drammatica del popolo italiano, ne ha voluto dare inequivocabile  testimonianza recandosi con le lacrime agli occhi alla rappresentazione dell’Ernani al Teatro di Roma e, in sovrappiù, non essendo colà riuscito ad esaurire la scorta di lacrime e di dolore, si è fatto accompagnare, immagino prima con l’aereo di Stato e poi con l’auto blu (a un capo di Stato, che diamine,  non  deve mancare nulla, nemmeno il latte di capra! e vadano in malora gli invidiosi, e quei ciarlatani che altro non sono che dei “disarticolati mentalmente” o in alternativa, se lo preferiscono, “degli analfabeti” come piace di dire a Giampiero Mughini).  Il quale Mughini, a quanto mi è stato riferito (e mi scuso subito se è un errore e avrà qui lo spazio per correggere) la vita se la gode in una villa da sogno e viene in tv ad incassare – è lo stesso informatore che mi ha riferito (e chiedo di nuovo venia se questi sia eventualmente, e di nuovo, male informato nonché offrirò immantinente, non appena mi pervenisse, il diritto di replica sacrosanta a Mughini – ma chi lo ha mai saputo quanto è pagata dalla Rai “del canone sulla nostra pelle” una comparsata di qualche mezz’ora? Ci sta provando Brunetta – ma tutti gli fanno muro). A me hanno bisbigliato per Mughini una paghetta  di circa 3mila euro a puntata, e per dire che?).

Tornando ai due illustri esponenti del Csm: che ne sa il popolo, chiusi come sono, i due, nella loro fortezza solo per uscirne con i cordoni di sicurezza costituiti da incalliti clacquisti , delle prerogative che spettano loro, compresa quella di far distruggere dalla consulta (avete capito bene? Dalla consulta! che mi vergogno di chiamare Corte Costituzionale con la lettera maiuscola) nastri scottanti che riguardavano la trattativa (che ci fu, non è un’invenzione: lo ha appurato con sentenza il tribunale di Firenze!) tra lo Stato e la mafia, in cui un pm, Nino Di Matteo, che fra l’altro ha avuto l’ardire di convocare come testimone il capo dello Stato, riceve un giorno sì e un giorno no, minacce di morte dalla mafia poiché sa troppe cose scomode e perciò sarebbe bene che si mettesse da parte o altrimenti a fargli fare la fine di Falcone e Borsellino ci penserà lei, la mafia, in combutta con qualche asso nella manica infiltrato nello Stato. Eppure – come scrisse Travaglio – Napolitano, non solo non andrà a testimoniare – ma si è guardato bene dall’esprimere una sola parola di solidarietà personale a questo giudice (di cui forse si è vergognato di fare il nome),  Nino Di Matteo, che servendo lo Stato, rischia la vita poiché è andato a sbattere contro certe rotelline del pericoloso ingranaggio.

Invece il Napolitano che va a teatro non va a Palermo, e porta come scusante, con una lettera assai più comoda di una testimonianza resa guardandosi negli occhi, che non sa nulla di nulla (al contrario di quanto fanno sospettare ai pm le intercettazioni in loro possesso circa le telefonate intercorse tra D’Ambrosio – il segretario di Napolitano, purtroppo morto di lì a poco e improvvisamente per infarto, e Nicola Mancino che chiedeva proprio al capo di Stato, per intercessione di D’ambrosio, che sempre lo rassicurava , l’interessamento di re Giorgio, interessamento che sempre si manifestò  (Napolitano ci ha presi per cretini? Non glielo permettiamo!) nei comportamenti dei vertici della magistratura che scrivevano o incontravano loro subalterni nel tentativo di avocazione del caso. Fu l’attuale presidente del Senato, Piero Grasso, a denunciare con una lettera il tentativo, che subito si bloccò,  e – come diceva Andreotti – si pensa proprio male se leghiamo il posto che a Grasso è stato assegnato della presidenza del senato – che significa salire al secondo gradino più alto delle istituzioni – al suo silenzio su tante cose che in quella vicenda torpida potrebbe raccontare?

Ma Napolitano ha pensato bene di non andarsi a cercare rogne a Palermo. L’uomo di Budapest che non  ha avuto rispetto per i magiari massacrati dal fuoco dei sovietici, potrà mai avere rispetto per la richiesta di un umile e pressoché sconosciuto Nino Di Matteo? Che sarà mai la minaccia di morte contro di lui mossa dalla mafia, quando il cuore di Napolitano non ha sussultato nemmeno allorché alla minaccia di morte dichiarata dai sovietici ad un intero popolo, Napolitano ha saputo solo battere le mani? Travaglio non può dimenticarsi dell’uomo di Budapest! E’ una mancanza gravissima, dovrebbe scriverne ogni giorno. Il perdono che Napolitano chiese ai  magiari per poter entrare in Ungheria per la visita di Stato, non conta un fico secco! Ciò che conta sono e resteranno nella storia di questo uomo gli orribili applausi che batté davanti al ricordo della carneficina di un popolo. Napolitano è marchiato per sempre. Se sarò ancora in salute (peccato che ormai la sto perdendo), andrò io stesso a trovarlo sulla sua tomba. E non scopiazzerò gli elogi nauseanti dei suoi compari, ma con un carboncino indelebile rammenterò, al modo che si legge sulla tomba di Yeats,  ciò che fu: Ricordati o passante che chi è sepolto qui è l’uomo di Budapest, colui che applaudì il  massacro degli ungheresi da parte dei sovietici.

Come fa uno come Travaglio, che è stato il cane segugio di un Berlusconi intrallazzatore e donnaiolo a non capire la differenza e a non ricordarla ai giovani, che non ne sanno niente, poiché nessuno glielo fa sapere? E’  un suo dovere data la sua notorietà! 
Napolitano non va a Palermo, dunque e  semplicemente, poiché teme che contro le accuse che gli verrebbero mosse potrebbe anche rischiare di trovarsi a rispondere a qualche domanda imbarazzante (e chi potrebbe escluderlo? Ha rifiutato qualche udienza pure Berlusconi, e lui forse è meno di Berlusconi? Non ha forse gli stessi diritti del re di Arcore?)
Invece – non dimenticatelo mai!  Dimenticarlo sarebbe una colpa – va a Roma e a Milano a gustarsi l’opera per accontentare i gaudenti, anche se fischiato (c’è meno rischio che andare a Palermo) dai poveri disoccupati che dormono in mezzo alla strada.  Povero Napolitano, che si dimentica, dopo i magiari, anche del suo popolo affamato, ma che lo ha ingenuamente arricchito con lauti stipendi e numerosi ed antiquati privilegi!

Mi domando: Ma per farlo correre alla Scala e al teatro di Roma non lo avranno mica tirato per la giacca forzando la sua caparbia resistenza, proprio come è accaduto per la sua nomina al secondo mandato presidenziale, la quale nomina (rielezione?) – aveva dichiarato appena pochi giorni prima – nessuno lo avrebbe mai convinto ad accettare e che  soltanto il tempo che il sole tramontasse e risorgesse invece accettò con intima soddisfazione ed orgoglio (mai c’era stato un presidente della repubblica rinominato!) , e vi ci si è attaccato come se avesse adoperato l’Attak, e nessuno sa più più come scollarcelo, proprio come faceva Lamberto Dini con il suo governo del 1995/1996 voluto da Scalfaro, finché Fausto Bertinotti non decise di prenderlo a calci  e di cacciarlo da palazzo  Chigi. Ovviamente lo scrivo in senso metaforico, ma statene certi che ciò non sarebbe accaduto se al posto di Bertinotti ci fossi stato io, robustamente armato di scarponi chiodati!

A proposito dei gaudenti che hanno fatto da cordone protettivo a Napolitano, tornate ad ammirare di nuovo (non dimenticatela mai questa foto irriverente) il gaudente suo vice nel Csm, Michele Vietti, che ride e se la gode, come Napolitano, mentre il popolo soffre. Che brutta aria si deve respirare là dentro!) bdm

Vietti in bella compagnia


Granata: a rovinare politicamente Fini è stato Napolitano
di Redazione
(da “Libero”, 22 dicembre 2013)

Da ormai un anno, Gianfranco Fini è un ex della politica. Da quando, dopo tre anni abbondanti sullo scranno più alto della Camera dei deputati, ha raccolto una miseria di voti alle elezioni dello scorso febbraio. Punto e fine. E invece no. Perchè il suo nome continua a incombere sul travagliato periodo che ha visto la scissione del Pdl prima e l’ascesa a Palazzo Chigi di Mario Monti al posto di Silvio Berlusconi. E in quello che il leader azzurro ha definito più volte un “colpo di Stato”, un ruolo da “utile idiota” potrebbe averlo avuto proprio Gianfranco Fini. A dirlo, in una intervista sul Fatto quotidiano, è un altro ex membro di Futuro e libertà, Fabio Granata. Granata parte dal fatto che, nonostante la scissione del 2010 e la nascita di Futuro e Libertà, Fini rimase presidente della Camera. E vi rimase, spiega, per volere dell’allora come ora capo dello Stato, Giorgio Napolitano. “Oggi credo ci sia stata una regia di Napolitano che ha condizionato tutte le forze in una direzione conservatrice” spiega Granata. Una “protezione”, quella del Quirinale, che però secondo Granata finì per rovinare lo stesso Fini, imbalsamandone il ruolo politico. “Ne parlerà Gianfranco se crede, ma un capitolo che manca nel suo libro è quello dedicato al contribuito che la sua vicinanza a Napolitano ha dato alla distruzione politica di Gianfranco Fini” dice. Cioè? “Fini è stato usato (da Napolitano, ndr) per far nascere il governo Monti e poi non è più servito“.


Letto 4518 volte.


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Bart