Casa di Montecarlo, vari articoli e la risposta di Fini18 Ottobre 2012 di Marco Lillo Le carte che oggi Il Fatto Quotidiano pubblica impongono al presidente della Camera Gianfranco Fini di convocare immediatamente la stampa per una conferenza che potrà concludersi con due possibili esiti. Delle due l’una: o Fini spiega le relazioni di affari del cognato Giancarlo Tulliani e della moglie Elisabetta con il re delle slot machines Francesco Corallo (attualmente latitante e già noto per i suoi rapporti di affari con due parlamentari ex AN, cioé Amedeo Labocetta e Francesco Cosimi Proietti) e con James Walfenzao, prestanome e consulente di questo imprenditore italo-caraibico oppure semplicemente Gianfranco Fini deve dimettersi da presidente della Camera. Le carte sono quelle depositate dai pm Roberto Pellicano e Mauro Clerici della Procura di Milano per chiedere il 29 maggio scorso l’arresto di Francesco Corallo nell’ambito dell’inchiesta che ha portato ai domiciliari anche l’ex presidente della Banca Popolare di Milano Massimo Ponzellini. Quando i finanzieri del Nucleo Polizia Tributaria di Milano, coordinati dal colonnello Vincenzo Tomei, sono entrati per perquisire Corallo nella sua splendida casa in piazza di Spagna nel novembre del 2011, si sono imbattuti nel passaporto della moglie del presidente della Camera Elisabetta Tulliani e nella dichiarazione firmata da Giancarlo Tulliani nella quale il cognato di Fini attesta a una banca che è lui il possessore beneficiario al 100 per cento di una società di Saint Lucia che fa attività immobiliare. Entrambi i documenti sono stati inviati da Francesco Corallo via fax a James Walfenzao, che non è solo il consulente di Corallo ma è il rappresentante formale della società (diversa da quella dei documenti sequestrati) che ha comprato la casa ereditata da An in quel di Montecarlo. Ilfattoquotidiano.it pubblica integralmente i fax e il documento del Governo di Saint Lucia nel quale si ricostruisce la storia della società ‘posseduta’ da Giancarlo Tulliani, la Jayden Holding. Il 23 dicembre del 2011, alla vigilia di Natale, i finanzieri scrivono ai pm un’informativa. Nel paragrafo intitolato in neretto ‘Rapporti di Francesco Corallo con James Walfenzao’ si legge: “Di sicuro interesse investigativo appare altresì il ruolo ricoperto da James Walfenzao, soggetto che con ogni probabilità gestisce per conto di Corallo varie realtà societarie, rapporti bancari e attività site all’estero. A titolo esemplificativo, si segnala che il 23 agosto del 2006, Corallo indica James Walfenzao quale soggetto al quale rivolgersi per ritirare, per proprio conto, un’autovettura Lamborghini modello Roadster grigio metallizzato, a Montecarlo …. Lo stesso Walfenzao”, prosegue l’informativa, “è destinatario da parte di Corallo, di varia documentazione relativa ai noti fratelli Elisabetta e Giancarlo Tulliani, tra cui: 1) un fax inviato l’undici aprile 2008, con allegato application form per la Bank of Saint Lucia International Limited, dal quale si rileva che Giancarlo Tulliani è il beneficiario economico della società Jayden Holding Ltd; 2) fax del 13 marzo 2008, con allegata copia del passaporto di Giancarlo Tulliani; 3) fax del 19 giugno del 2008 con allegata copia del passaporto di Elisabetta Tulliani”. Walfenzao è il soggetto chiave della storia. Questo professionista con base a Montecarlo e ai Caraibi figura da un lato nella società che controlla una parte del gruppo delle slot machines (Bplus) di Corallo ma dall’altro è famoso per avere creato le due società, Timara Ltd e Printemps Ltd, coinvolte nell’acquisto della famigerata casa di Montecarlo. Walfenzao è anche l’uomo che scrive una mail al ministro della giustizia di Saint Lucia nella quale sembra ammettere che Giancarlo Tulliani controlla Printems e Timara. La società al centro del carteggio sequestrato a Corallo è però una terza Limited che non è coinvolta nell’affare immobiliare di Montecarlo. Si chiama Jayden holding ed è controllata da Giancarlo Tulliani al 100 per cento. La Jayden Holding Ltd nasce il 15 gennaio del 2008 e muore il 27 maggio 2011, dopo lo scandalo Fini-Montecarlo, quando viene messa in liquidazione da Cathy Walfenzao (del medesimo studio monegasco probabilmente sorella di James) che ne è liquidatrice. Il 13 marzo 2008 Giancarlo Tulliani invia tramite Corallo il suo passaporto a James Walfenzao. L’11 aprile Giancarlo – sempre tramite Corallo – invia un modulo alla banca di Saint Lucia nel quale dichiara di essere il possessore beneficiario al 100 per cento della Jayden, società che si occupa di ‘affari immobiliare e di borsa’. E fin qui siamo alla prova di affari Corallo-Walfenzao- G. Tulliani. Il 19 giugno 2008 però accade una cosa ben diversa: è la sorella Elisabetta Tulliani, moglie del presidente della camera e leader di An, che invia il suo passaporto, sempre tramite Corallo, a Walfenzao. Passa meno di un mese e l’undici luglio 2008 un’altra società, la Printemps, rappresentata da Walfenzao compra da Alleanza Nazionale a un prezzo di favore la casa di Montecarlo. Ora Gianfranco Fini e la sua compagna devono spiegare se esiste una relazione tra quel passaporto di Elisabetta e gli affari immobiliari in quel di Saint Lucia del fratello. Gianfranco Fini ci deve delle risposte Il 25 settembre 2010 era un sabato. Di norma, sarei dovuto rimanere a casa, visto che di sabato non lavoro. E invece, quel sabato era speciale. Dopo una mattinata di attesa spasmodica nella sede diFarefuturo, nel tardo pomeriggio era arrivato il presidente della Camera Gianfranco Fini. Tiratissimo, dopo giorni di polemiche e di attacchi sui giornali, accompagnato dalla storica segretaria Rita e da una concentratissima Giulia Bongiorno. Pochissimo trucco, ultimi accorgimenti al gobbo e poi via, si registra: dieci lunghi minuti, convincenti e appassionati, di un uomo che si sentiva sotto attacco per quel dito puntato giusto cinque mesi prima contro il Cavaliere. Io ero lì, a pochissimi metri, dietro una nervosa Giulia Bongiorno che annuiva a ogni passaggio del leader. E sinceramente io, a quell’uomo indignato, ho creduto. Ho creduto a ogni parola pronunciata in quei dieci minuti, o almeno alla sua buona fede. Il cognato, lui no, non mi aveva mai convinto. Eppure, quella giornata nervosa e interminabile, si concluse con la soddisfazione di tutti: avevamo fatto il nostro dovere. E pochi minuti dopo che Fini aveva lasciato la redazione, il suo portavoce ci aveva fatto arrivare una lettera di ringraziamento da parte del Presidente, per quanto avevamo fatto in quel sabato diverso dal solito. E visto che io c’ero, forse oggi sono tra i 5-10 individui che più degli altri possono chiedere conto delle ultime novità emerse sull’affaire Montecarlo. Il presidente sapeva? Sapeva, ad esempio, che tra gli intestatari della società immobiliare c’era anche Elisabetta Tulliani? Sapeva che Walfenzao intratteneva rapporti costanti con il chiacchierato Corallo? Sapeva che la casa era stata effettivamente acquistata da Giancarlo Tulliani, attraverso un sistema collaudato di scatole cinesi? Queste domande vorrei potergliele porre personalmente, perché io c’ero. A tutti gli altri che non c’erano, basterebbe un gesto ancora più semplice: una lettera di dimissioni. Riecco il caso Montecarlo Spunta la prova finale che incastra Fini-Tulliani E adesso, signor presidente della Camera, mantenga la promessa: si dimetta. Oggi stesso. È arrivata la pistola fuman te che mancava all’evidenza dei fatti già ampiamente dimostrati e riscontrati dall’inchiesta del Gior nale (e della procura di Roma) sul la casa di Montecarlo ereditata da An, svenduta a un prezzo ridicolo a una società offshore grazie all’in tercessione di suo cognato che l’ha rivenduta a un’altra offshore che tra milioni di potenziali inqui lini l’ha «affittata » (si fa per dire, vi sto che sul contratto la firma del lo catore e locatario è la stessa, identi ca) sempre a suo cognato Giancar lo Tulliani. A rovinarle la ritrovata serenità sono le carte sequestrate a casa di una persona che lei cono sce bene, Francesco Corallo, il «re delle slot » che anni fa la ospitò nel suo ristorante ai Caraibi e sul qua le sta indagando la procura di Tivo li per finanziamenti sospetti a una persona che lei conosce da anni e che è deputato di Fli, Francesco Cosimo Proietti, pure lui commen sale in quella vacanza alle Antille. Carte che dimostrano un ruolo attivo dell’imprenditore dell’ex Atlantis, ora Betplus, nel far da ponte tra i Tullianos (suo cognato e, pur troppo, anche la sua compagna Eli sabetta) e il broker James Walfen-zao, attivo nell’isola di Saint Lucia dove insistono le due società Printemps e Timara che hanno com prato la casa dal suo vecchio parti to a un terzo del suo valore. Tutto accade ne12008.Agennaio, appog giandosi al brokerWalfenzao, Tul-liani crea una società offshore a Saint Lucia, la Jayden Holding Ltd. L’oggetto sociale è la compraven dita di immobili. Nei mesi succes sivi dal fax di Corallo partono le fo tocopie dei passaporti dei suoi congiunti e un modulo per aprire un conto intestato alla Jayden Hol ding Ltd, con l’annotazione che il vero titolare di questa ultima «dit ta » era proprio lui: Giancarlo. I nuovi elementi sonoin questo car teggio, avvenuto nei mesi imme diatamente precedenti alla com pravendita da An a Printemps, rap presentata proprio da Walfenzao. Valla pena ricordarle, Presidente, che di Corallo, e dei rapporti col protagonista dell’affaire monega sco, James Walfenzao il Giornale aveva già raccontato in abbondan za. Perché le due offshore del caso Montecarlo avevano guardacaso sede al 10 di Manoel Street a Castries, capitale dell’isola di Saint Lucia, ed erano rappresentate (tra mite la Corpag service) proprio dal signor Walfenzao in rapporti con suo cognato. Il broker, lei ricor derà, era anche a capo di una hol ding londinese che controlla una quota dell’Atlantis-Betplus di Co rallo. Coincidenze? Le sarà diffici le sostenerlo visto che se da un lato i legami tra Corallo e Walfenzao so no strettissimi, dall’altro quest’ul timo «presta » il suo indirizzo mo negasco per domiciliare le utenze di casa del fratello della sua compagna (veda la bolletta sotto). Tutto era chiaro ma lei, onorevole Fini, ha insistito a negare l’evidenza ar rivando a parlare di servizi segreti che lei, e non noi, frequentava im propriamente. Ora però salta fuo ri che Giancarlo era il titolare di una nuova offshore, la Jayden di cui sopra, creata a gennaio del 2008 e «rappresentata » a Saint Lu cia proprio da un’ altra Walfenzao, Cathy, che da maggio del 2011, con lo scioglimento della società, ne è divenuta liquidatrice. E salta anche fuori che Corallo nella pri mavera 2008 (poco prima della pri ma compravendita della casa monegasca tra An e Printemps) aveva spedito a Walfenzao (James) co pie dei passaporti di Giancarlo ed Elisabetta Tulliani, insieme a un modulo per l’apertura di un conto corrente intestato a questa nuova società, la «Jayden », il cui titolare è indicato nero su bianco, in Gian carlo Tulliani. Roba nuova che stavolta non potrà bollare come «patacca » o attri buire ai fantasmagorici poteri oscuri di Lavitola, visto che è tutto frutto del sequestro della Gdf nella casa di Corallo (in quel frangente difeso dall’avvocato Giulia Bon- giorno) sequestro ordinato dai pm milanesi che indagano sui fi nanziamenti concessi dalla Bpm di Ponzellini a Corallo. E anche la genesi della rivelazione esplosiva può tranquillizzare l’ex presiden te di An: a dare notizia dei clamoro si sviluppi è stato l’Espresso. Dunque, ricapitoliamo. I Tulliani (anche Elisabetta) avevano rap porti con Corallo. Quest’ultimo era certamente in rapporti con l’uomo-ombra delle offshore che comprano la casa da An, Walfen zao. A giudicare dai fax sequestra ti, proprio Corallo ha messo i Tul lianos in contatto con Walfenzao. Corallo è in contatto anche con Fini, tanto che nel 2004 l’allora lea der di An viene ospitato nel suo ri storante a Saint Marteen, vicino Saint Lucia. Manca un anello: chi ha presentato i Tulliani a Corallo? È stato per caso lei, presidente? È stato Checchino Proietti, deputa to di Fli e suo braccio destro, che da Corallo ha ricevuto finanzia menti oggetto di accertamenti a Tivoli, e che per Corallo (come dimostra l’inchiesta potentina su Vitto rio Emanuele) si spese in prima persona con i Monopoli per evita re che l’Atlantis perdesse la licen za per il gioco legale in Italia? È sta to l’onorevole Laboccetta, amico di Corallo e un tempo suo? E poi, scusi, ma come è possibile che un’operazione del genere sia stata messa in essere a sua insapu ta quando Elisabetta era a cono scenza di tutto visto che il suo pas saporto viaggiava via fax fino a Sa int Lucia? Ad agosto 2010 disse di aver «appreso da Elisabetta Tulliani che il fratello Giancarlo aveva in locazione l’appartamento » solo a cose fatte. «La mia sorpresa ed il mio disappunto possono essere fa cilmente intuibili », aggiunse. Immaginiamo che il suo disap punto sia ancora maggiore oggi an che se, forse, qualche domanda se la doveva fare prima visto che Eli sabetta e l’architetto seguivano via e-mail i lavori a Montecarlo, vi sto che l’ambasciatore era comple tamente a disposizione dei fratelli Tulliani, non solo di Giancarlo. E poi, scusi, c’è la storia della cucina Scavolini. Lei smentì un testimo ne che l’aveva vista sceglierla in ne gozio con Elisabetta, fece negare ai suoi che fosse finita nella casa di suo cognato a Montecarlo. Le foto hanno provveduto a smentirla. Ma lei ci fa o c’è? Si dimette o no? ________ Altri articoli sullo stesso tema. Qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui. Risponde Fini Fini: «Montecarlo, non ho mai mentito » Non intende farsi «condizionare dalla ciclica comparsa di documenti, più o meno autentici, sulla casa di Montecarlo » perché lui non ha mai «mentito o nascosto qualcosa agli italiani ». La presa di posizione del presidente della Camera, Gianfranco Fini, è netta di fronte alle ultime rivelazioni pubblicate dal settimanale L’Espresso : secondo cui emergerebbero nuove responsabilità a carico del cognato del presidente, Giancarlo Tulliani. «NULLA DI NUOVO »- Nella nota Fini prosegue: «Basta leggere gli ultimi [documenti] per capire che non contengono nulla di nuovo e definitivo rispetto all’effettiva proprietà. Esattamente come nell’estate di due anni fa. Da allora- continua- l’unica certezza è l’archiviazione in sede giudiziaria della denuncia a mio carico ». In effetti, a supporto del presidente, è arrivata anche la posizione della procura di Roma, secondo cui la vicenda ricostruita dall’Espresso farebbe riferimento a «circostanze già note ». «PROFONDA AMAREZZA »- E il presidente conclude: «Nell’ambito della mia vita privata quanto scritto dall’Espresso suscita in me profonda amarezza per comportamenti che non condivido. Ma questo è un aspetto tutto e solo personale. Non ho mai mentito o nascosto qualcosa agli italiani e per questo continuerò il mio impegno politico a testa alta ». Fini: “Mai mentito agli italiani, vado avanti a testa alta” ROMA -“Non ho mai mentito agli italiani, vado avanti a testa alta”. Sono queste le parole del presidente della Camera Gianfranco Fini, riguardo le ultime rivelazioni dell’Espresso sull’affaire della casa di Montecarlo. Secondo l’inchiesta del settimanale 1domani in edicola, l’acquirente dell’abitazione monegasca – un tempo di An e poi data in affitto al cognato del presidente, Giancarlo Tulliani – era James Walfenzao, fiduciario dello stesso Tulliani. E a sostegno di questa tesi, vengono pubblicate carte inedite sequestrate al re delle slot machine, Francesco Corallo. “Non intendo farmi condizionare – spiega Fini – dalla ciclica comparsa di documenti, più o meno autentici”. L’inquilino di Montecitorio aggiunge. “Basta leggere gli ultimi per capire che non contengono nulla di nuovo e definitivo rispetto all’effettiva proprietà. Esattamente come nell’estate di due anni fa”. Da allora, secondo l’ex leader di An, “l’unica certezza è l’archiviazione in sede giudiziaria della denuncia a mio carico”. Poi Fini spiega che “nell’ambito della mia vita privata, quanto scritto dall’Espresso suscita in me profonda amarezza per comportamenti che non condivido. Ma questo è un aspetto tutto e solo personale”. Per la procura di Roma le anticipazioni dell’Espresso sulla vicenda sarebbero già note e comunque irrilevanti ai fini dell’inchiesta che si è conclusa nel marzo dello scorso anno, con l’archiviazione del procedimento. Le indagini erano state aperte dopo una denuncia per truffa presentata da due esponenti de la Destra che sostenevano di aver subito un danno dalla vendita a soli trecentomila euro dell’immobile di Boulevard Princess Charlotte a Montecarlo. Un appartamento questo ceduto ad An nel 1999 dalla contessa Anna Maria Colleoni per sostenere la causa del partito. Sul registro degli indagati erano finiti Fini e l’ex tesoriere di An, Francesco Pontone. Su chi fosse il proprietario della casa nel Principato, due anni fa, si scatenò una tempesta politica. Il Giornale accusò Fini di aver “svenduto” una proprietà del suo vecchio partito al fratello di sua moglie, Elisabetta Tulliani. Il presidente della Camera negò che suo cognato fosse l’acquirente, dicendo che, se si fosse dimostrato il contrario, avrebbe dato le dimissioni dal suo incarico istituzionale. Secondo Umberto Bossi, ex segretario della Lega Nord, Fini “non si dimette neanche se gli spari”. Anche Francesco Storace, leader de la Destra, attacca il presidente della Camera via Twitter. “Per Italo Bocchino gli italiani vogliono Fini. È vero: lo vogliono per riempirlo di sganassoni per troppe bugie che ha detto”. Una replica indirizzata al vicepresidente di Fli, secondo cui l’ex leader di An deve ricandidarsi, anche se in Parlamento da decenni, perchè così vogliono gli italiani. Sul caso interviene poi Francesco Pionati: “Dopo le conferme autorevoli e scontate dell’Espresso – dice -sulla vicenda Fini-Montecarlo, il presidente della Camera ha un bel coraggio a presentarsi ancora in aula nella sua veste attuale”. A difesa di Fini, interviene il vicecoordinatore di Fli, Fabio Granata. “La campagna volgare nei suoi confronti – spiega – è indegna. Noi siamo al suo fianco, tenendo alta la bandiera della destra legalitaria e costituzionale”. Mentre secondo il politologo Alessandro Campi, docente di storia del pensiero politico all’Università di Perugia, già direttore scientifico della fondazione FareFuturo, il presidente della Camera si dovrebbe dimettere e riflettere sulla possibilità di uscire dalla scena politica non ricandidandosi. “Un suo passo indietro – dice – sarebbe apprezzato dagli italiani”. Casa a Monte Carlo, Fini: “Vado avanti a testa alta” ROMA «Non ho mai mentito o nascosto qualcosa agli italiani e per questo continuerò il mio impegno politico a testa alta ». Niente dimissioni da presidente della Camera, quindi, per Gianfranco Fini che oggi ha scelto di andare avanti confortato dalla Procura di Roma che confermava come dalle rivelazioni dell’Espresso non ci fossero novità tali da rivedere la decisione dello scorso marzo di archiviare l’inchiesta sulla casa di Montecarlo. Anzi, è passato al contrattacco assicurando che «non si farà condizionare » dall’uscita di nuovi documenti. Ma l’atmosfera che si respirava oggi nei corridoi di Montecitorio era pesante e per tutto il pomeriggio si sono succeduti “rumours” che parlavano di imminenti dimissioni del presidente della Camera. Niente di tutto questo: dopo un minivertice nei suoi uffici (c’era anche Giulia Bongiorno, deputata ed avvocato), Gianfranco Fini ha rotto gli indugi. «Non intendo farmi condizionare dalla ciclica comparsa di documenti, più o meno autentici, sulla casa di Montecarlo”, ha fatto sapere attraverso una nota. Ma lo scandalo della casa di Montecarlo che era di An continua a perseguitare il presidente della Camera con tutte le imbarazzanti implicazioni familiari che comporta. Il ruolo del cognato Tulliani, Giancarlo, il fratello della sua compagna Elisabetta, rientra ciclicamente in gioco alimentando le batterie del centrodestra che non perde occasioni per ridare corpo al mantra delle dimissioni. Il più efficace è stato Umberto Bossi che ha fulminato Fini con una battuta: «quello non si dimette nemmeno se gli spari. È inutile parlarne”, ha detto laconico proprio a Montecitorio. Mentre i media del centrodestra lo attaccano a testa bassa, il segretario della Destra, Francesco Storace, gioca con le parole per pungerlo: «Fini cammini a testa bassa. Siamo indignati da tanta protervia”. Più dolorosa, forse, per il presidente della Camera sarà stata l’uscita di un suo ex collaboratore, il politologo Alessandro Campi, docente di storia del pensiero politico all’Università di Perugia, già direttore scientifico della Fondazione «FareFuturo ». Fini si dimetta da presidente della Camera e rifletta sulla possibilità di uscire dalla scena politica non ricandidandosi: «un suo passo indietro sarebbe apprezzato dagli italiani », ha scritto su Facebook. Ma la scelta del leader di Fli non lascia margini di dubbio: «basta leggere gli ultimi per capire che non contengono nulla di nuovo e definitivo rispetto all’effettiva proprietà. Esattamente come nell’estate di due anni fa », premette Fini nella nota diffusa al termine di una giornata nervosa. «Da allora, l’unica certezza é l’archiviazione in sede giudiziaria della denuncia a mio carico. Nell’ambito della mia vita privata quanto scritto dall’Espresso suscita in me profonda amarezza per comportamenti che non condivido. Ma questo – conclude il presidente della camera – é un aspetto tutto e solo personale. Non ho mai mentito o nascosto qualcosa agli italiani e per questo continuerò il mio impegno politico a testa alta ». Casa Montecarlo, Fini non molla la poltrona Dopo che anche l’Espresso ha scritto che dietro alla casa di Montecarlo c’era Giancarlo Tulliani, il presidente della Camera anziché prendere atto della realtà batte il pugno sul tavolo: “Non intendo farmi condizionare dalla ciclica comparsa di documenti, più o meno autentici, sulla casa di Montecarlo. Basta leggere gli ultimi per capire che non contengono nulla di nuovo e definitivo rispetto all’effettiva proprietà. Esattamente come nell’estate di due anni fa. Da allora, l’unica certezza è l’archiviazione in sede giudiziaria della denuncia a mio carico”. “Nell’ambito della mia vita privata – prosegue Fini – quanto scritto dall’Espresso suscita in me profonda amarezza per comportamenti che non condivido. Spunta la prova che incastra Fini / Chiocci e Malpica Chi si aspettava un gesto di responsabilità, se non altro per mantenere fede alla parola data agli italiani con un videomessaggio nel settembre 2010, resta a bocca asciutta. Fini resta saldamente al proprio posto. Non si dimette. Tiene troppo alla poltrona di terza carica dello Stato. Va avanti – dice lui – a testa alta. Si limita a dire di essere amareggiato per dei comportamenti che non condivide. E quali saranno mai questi comportamenti? Quelli di Giancarlo Tulliani e della sua smania di fare business immobiliare con una società offshore di stanza nelle isole dei Caraibi? Oppure anche quelli di sua sorella Elisabetta, compagna di Fini? Come fa, il presidente della Camera, a dire che l’amarezza che prova è un “aspetto tutto e solo personale”? Dimentica che per la carica che ricopre è un personaggio pubblico in vista e che la vicenda della casa di Montecarlo ha fatto discutere gli italiani. Come può, Fini, pensare di essere minimamente credibile riducendo tutto a una questione personale? Intanto da ambienti giudiziari si apprende che per la procura di Roma le anticipazioni dell’Espresso sarebbero irrilevanti ai fini dell’inchiesta, che si è conclusa nel marzo dello scorso anno con l’archiviazione del procedimento. L’inchiesta era stata aperta dopo una denuncia per truffa presentata da due esponenti de La Destra, che sostenevano di aver subito un danno dalla vendita a soli trecentomila euro dell’immobile di Boulevard Princess Charlotte a Montecarlo, appartamento ceduto ad An nel 1999 dalla contessa Anna MariaColleoni per sostenere la causa del partito. Nel registro degli indagati erano stati iscritti Fini e l’ex tesoriere di An, Francesco Pontone. Ma secondo quanto accertato dal procuratore aggiunto, Pierfilippo Laviani, la vicenda non presentava gli estremi della truffa e per questo venne sollecitata l’archiviazione, sottolineando che tuttavia si poteva procede con un’azione di risarcimento in sede civile. Fini: “Casa a Montecarlo, non ho mai mentito. Non mi dimetto” Senza vergogna. Attaccato alla poltrona anche per quest’ultimo spicchio di legislatura. E bugiardo. Gianfranco Fini non vuole mollare nemmeno dopo le nuove rivelazioni de L’Espresso, che ha pubblicato altre prove che dimostrano che la famosa casa di Montecarlo venduta nel 2008 da Alleanza Nazionale a una società off-shore sia stata di fatto svenduta al cognato, Giancarlo Tulliani. “Non intendo farmi condizionare dalla ciclica comparsa di documenti, più o meno autentici, sulla casa di Montecarlo. Basta leggere gli ultimi per capire che non contengono nulla di nuovo e definitivo rispetto all’effettiva proprietà. Esattamente come nell’estate di due anni fa. Da allora, l’unica certezza è l’archiviazione in sede giudiziaria della denuncia a mio carico. Nell’ambito della mia vita privata quanto scritto dall’Espresso suscita in me profonda amarezza per comportamenti che non condivido. Ma questo è un aspetto tutto e solo personale. Non ho mai mentito o nascosto qualcosa agli italiani e per questo continuerò il mio impegno politico a testa alta”. Insomma, Fini non molla. Gianfranco tradisce l’ennesima promessa. Aveva detto, infatti: “Se dimostrerete che l’appartamento è di Giancarlo me ne vado”. Eppure non molla, nemmeno dopo gli ennesimi documenti che certificano la “svendita” dell’immobile tutta in famiglia. La procura – In difesa di Fini, scaricato anche dalla sinistra, si schierano anche le toghe della procura di Roma, che sostengono che i documenti resi pubblici dal settimanale L’Espresso sarebbero già noti e “irrilevanti” ai fini dell’inchiesta che si è conclusa nel marzo dello scorso anno con l’archiviazione del procedimento. Peccato però che se i documenti possono risultare “irrilevanti” ai fini dell’inchiesta, non lo sono affatto per quel che concerne le promesse da marinaio di Fini: le carte fanno luce su una società aperta nell’isola caraibica di Santa Lucia da James Walfenzao, indicato come fiduciario di Tulliani, il cognato di Gianfranco. L’inchiesta della procura di Roma era stata aperta dopo una denuncia per truffa presentata da due esponenti de La Destra che sostenevano di aver subito un danno dalla vendita a soli trecentomila euro dell’immobile di Boulevard Princess Charlotte a Montecarlo, appartamento ceduto ad An nel 1999 dalla contessa Anna Maria Colleoni per sostenere la causa del partito. Nel registro degli indagati erano finiti Gianfranco Fini e l’ex tesoriere di An, Francesco Pontone. Secondo quanto accertato dal procuratore aggiunto, Pierfilippo Laviani, la vicenda non presentava gli estremi della truffa e per questo venne sollecitata l’archiviazione, sottolineando che tuttavia si poteva procede con un’azione di risarcimento in sede civile. “Non si dimette nemmeno se gli sparano” – La verità giudiziaria, però, non placa la rabbia di chi da quella vicenda si sente truffato. In primis Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra, che su Twitter ha replicato a Italo Bocchino, vicepresidente di Futuro e Libertà che ha detto che Fini deve ricandidarsi anche se è in Parlamento da decenni: “Per Italo Bocchino gli italiani vogliono Fini – ha commentato tagliente Storace -. E’ vero: lo vogliono per riempirlo di sganassoni per le troppe bugie che ha detto”. Dure anche le parole di Umberto Bossi, che si è espresso a Montecitorio sulla vicenda della casa di An a Montecarlo: “Un passo indietro di Fini? Quello non si dimette neanche se gli spari…”. Letto 3872 volte. 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