CINEMA: I film visti da Franco Pecori25 Settembre 2010 [Franco Pecori dal 1969 ha esercitato la critica cinematografica – per Filmcritica, Bianco & Nero, La Rivista del Cinematografo e per il Paese Sera.  È autore, tra l’altro, di due monografie, Federico Fellini e Vittorio De Sica (La Nuova Italia, 1974 e 1980). Nel 1975, ha presentato alla Mostra di Venezia la Personale di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet; e alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, con Maurizio Grande, una ricerca su Neorealismo: istituzioni e procedimenti (cfr. Lino Miccichè, Il Neorealismo cinematografico italiano, Marsilio). Dal 2002, ha tenuto per 4 anni, sul Televideo Rai, la rubrica settimanale Film visti da Franco Pecori. Noto anche come poeta, Pecori può vantare la stima di Franco Fortini] Mangia, prega, amaEat, Pray, Love Ce li avreste visti, diciamo nel ‘65, i Beatles andare in India e trovarvi il modo di salvare un’idea di famiglia? No. E allora qui siamo a prima dei Beatles. O molto dopo, come più verosimile potrà sembrare. Julia Roberts nella parte di Elizabeth  (stesso nome della Gilbert, autrice del romanzo da cui il film) ha una vaga smorfia birichina ma certo non è la Pretty Woman del ‘90, né tantomeno vive immersa in un intrigo di sesso e passione, orgoglio e bugie, come le capitò alla metà dell’attuale decennio (Closer). Soltanto 250 settimane – una più una meno –  e la bravissima attrice si presta alla finzione manieristica dell’americana in viaggio di crisi attorno al mondo – qualcuno oserebbe l’orribile parolina: percorso? – verso un target finto-medioalto (molto medio) dove l’attende Bardem in versione brasiliana, immemore di Prima che sia notte e di Mare dentro, cuore infranto lasciato dalla moglie ma felice di ritrovare di tanto in tanto un figlio ormai diciannovenne. A Bali, paradiso “fuori dal tempoâ€. Un sogno, credete pure. Scrittrice non impegnativa e collezionista di ritagli turistici, Elizabeth, messasi in testa di non voler più fare la moglie, si decide a mettersi in giro. Prima tappa Bali, appunto.  Ma di Bardem ancora non si parla. Ora tocca allo sciamano, simpatico vecchietto sdentato e sapiente nella lettura della mano (scia-mano?). Arrivederci tra un anno. E l’americana attua il mitico progetto: Dio, spaghetti, prosciutto e melone. Roma è l’ideale. Non precisamente quella di oggi, cafona e arrogante, ma quella di Rascel: t’imbevi di fori e di scavi, la Roma/Colosseo dall’alto e San Pietro sullo sfondo. Uno spicchio di pizza, fuggevole omaggio a Napoli, e via verso la Meditazione indiana. Una mucca nel caos del traffico e poi subito discrezioni ovattate, alla conquista dell’equilibrio interiore. Il penultimo uomo, lasciati alle spalle il marito (James Franco) e l’attore d’avanguardia (Billy Crudup), è Richard (Jenkins), una specie di Socrate con venature psico-religiose: «Perdona te stessa ». E sembra che finalmente Elizabeth stia per convincersi a concludere il viaggio. Tornata dallo sciamano come previsto, arriverà al traguardo del vero amore («L’unica cosa che rimane è la famiglia », aveva sottilmente sentenziato un’anziana donna dall’accento siculo durante la fase italiana). Troppo vero per essere finto? Troppo finto. L’uso dello “stracotto d’incontro culturale†è tanto spudorato da far pensare alla presa in giro. Tanto più che Ryan Murphy è lo stesso regista di Running with scissors (Correndo con le forbici in mano, 2007), sguardo non tenerissimo verso la famiglia americana degli anni ‘70. Letto 2757 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||