CINEMA: I film visti da Franco Pecori13 Settembre 2008
Identikit di un delittoThe Flock La perversione sessuale  può non avere confini, sia in estensione che in profondità . Basta considerare il comportamento di quanti, in libertà vigilata per misfatti pregressi,  sembrano non riuscire a liberarsi della propria ossessione.  È un mondo difficile da decifrare (i poliziotti americani lo chiamano “The flock”)  quanto direttamente  malvagio nelle sue forme più apparenti.  Lo sguardo di Lau,  regista di Hong Kong (Infernal affairs, The park) che ora debutta ad Hollywood,  produce un misto di azione e psicologia di semplice lettura, tanto che risulta perfino controproducente una certa smania di “chiarezza” didascalica, espressa in tali riflessioni ad alta voce: «Se combatti troppo a lungo contro i draghi diventi un drago ». In effetti il rischio c’è e lo si avverte nei protagonisti per tutto l’arco della vicenda. Il poliziotto Errol Babbage (Gere),  sfinito da lunghi  anni passati a contrastare i delitti sessuali, viene prepensionato e, proprio mentre sta preparando la giovane Allison (Danes) a suddedergli nell’incarico, si trova a risolvere un ultimo caso, il rapimento di un ragazzo. Seguendo e perseguendo, se ne vedono della belle (brutte). Il pretesto non è nuovo – l’esempio più recente è in Tropa de elite (di Josè Padilha, Orso d’Oro a Berlino 2008), col capitano Nascimento (Wagner Moura) il quale, prima di lasciare gli Squadroni della morte (la moglie è incinta e lo vuole tutto per sé), cerca un sostituto e intanto affronta gli ultimi affanni. E anche lì se ne vedono. L’identità di questo Identikit sta nella prestazione di Gere e nello stile di Lau. I due elementi, formali, vanno insieme a realizzare un tutt’uno ben definito. Mentre l’attore convince il pubblico circa le proprie possibilità interpretative (vicine  al recente The hunting party  quanto lontane  dall’antico Shall We Dance?), il regista lo attrae con espedienti tipici del cinema “orientale” di ultima generazione, per esempio le “scudisciate” di flash che ad intervalli regolari, nei picchi dell’azione,  guidano alla lettura  anche “interiore”. La cifra stilistica  complessiva risulta alquanto ingenua e, in questo, non fa che confermare l’ovvietà della sostanza del  contenuto. Sì, perché anche una problematica pesante, drammatica e sociologicamente rivelante, può risolversi in una battuta divulgativa. Il che non vogliamo dire che sia un male assoluto. Letto 2530 volte.  Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||