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Rivista d'arte Parliamone
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Due articoli

4 Maggio 2012

Ricetta Monti. Il Pdl è a un bivio
di Mario Sechi
(Da “Il Tempo”, 4 maggio 2012)

Fin dal principio dell’avventura del governo Monti ho scritto che sulla tassazione si giocava il presente e il futuro di questo esecutivo. Alcuni mesi dopo è giunta l’ora di fare un bilancio. 1. la pressione fiscale ha raggiunto livelli mai toccati prima; 2. è stata introdotta una patrimoniale progressiva sugli immobili chiamata Imu (gettito previsto di 21 miliardi), in cui di municipale c’è il nome perché solo 9 di questi andranno ai Comuni; 3. il sistema di riscossione italiano continua a utilizzare i soggetti privati come camerieri: le aziende pagano le tasse per se stesse e per lo Stato e in cambio non ricevono indietro i crediti che vantano nei confronti della pubblica amministrazione; 4. il sistema punitivo sugli evasori così non funziona. L’Agenzia delle Entrate e Equitalia sono istituzioni da difendere, ma il complesso di norme che ne alimenta il flusso di cassa e i poteri non sono da Stato liberale; 5. nel settore del credito -vitale per qualsiasi economia- non vi è stata nessuna liberalizzazione e in presenza di recessione galoppante questo significa non consentire alle imprese in difficoltà non solo la gestione caratteristica, ma persino il pagamento delle imposte. Il bilancio del governo Monti sulla questione fiscale è negativo. Ed è legato a quello della crescita. Lo stesso premio Nobel Stiglitz -buon amico del professor Monti- fa presente che le ricette Berlinocentriche uccidono la crescita economica. Anche il professor Giavazzi sostiene queste idee e speriamo non le cambi ora che è approdato a Palazzo Chigi. Siamo di fronte ad una questione puramente tecnica? No, questa è politica, la materia viva che tocca il cuore e la mente dell’elettorato. Passi per le idee «tassa e spendi » del Partito Democratico, ma vorrei capire perché mai il Pdl dovrebbe continuare ad appoggiare una ricetta che massacra il suo elettorato. Me lo chiedo perché alle elezioni manca un anno e i casi sono tre: 1. il Pdl incide sulla linea del governo e convince Monti a una correzione di rotta; 2. il Pdl non conta niente e si suicida; 3. il Pdl si sveglia dal torpore e lascia il governo. Tre carte, un soldo.


Polli oppure complici. Peggio di lui i suoi dirigenti
di Franco Bechis
(da “Libero”, 4 maggio 2012)

L’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, rischia l’arresto per appropriazione indebita dei fondi dei rimborsi elettorali del partito. Il gip Simonetta D’Alessandro ha firmato infatti la richiesta di autorizzazione al Senato e contemporaneamente l’ordi ­nanza di custodia cautelare ai domiciliari per la seconda moglie di Lusi, Giovanna Petricone e per due commercialisti che assi ­stevano professionalmente il tesoriere della Margherita. Anche se Lusi sembra pronto a dare battaglia, è assai difficile che in questo clima il Senato possa negare l’autorizzazio ­ne al tribunale di Roma. La scelta verrebbe fortemente contestata dall’opinione pub ­blica e nello stesso tempo molti esponenti politici non vedono l’ora di recuperare la verginità perduta offrendo alle folle la testa dell’ex tesoriere della Margherita. Lusi per altro è assai difficile da difendere e ormai anche un suo eventuale potere di ricatto nei confronti di ex colleghi di partito è ri ­dotto al lumicino. Reso pubblico l’utilizzo della carta di credito del partito per man ­giare costosissimi spaghettini al caviale, per pagarsi vacanze di lusso insieme a tutta la famiglia, perfino (è notizia che emerge dall’ordinanza di custodia cautelare) per pagare oltre 30 mila euro di spese del pran ­zo di seconde nozze a uno chef fra i più in voga del momento (Antonello Colonna), Lusi realisticamente non ha più parola spendibile. Qualsiasi cosa dicesse non sa ­rebbe credibile e avrebbero facile gioco i suoi ex colleghi di partito a rivoltare qual ­siasi frittata.

LA STORIACCIA

Quella della Margherita è una storiaccia vera. E il suo tesoriere ne ha sicuramente fatte di cotte e di crude. Potrà anche essere una linea difensiva con qualche appiglio giuridico l’idea (spiegata ai pm di Roma con scarso effetto) che lui aveva comprato case che temporaneamente utilizzava come affittuario di se stesso per investire al meglio nel mattone le risorse della Marghe ­rita che non aveva più vera attività politica da finanziare. È un po’ la tesi difensiva uti ­lizzata nelle prime settimane dall’ex teso ­riere della Lega, Francesco Belsito per spie ­gare gli investimenti in Tanzania e a Cipro. In entrambi i casi i tesorieri erano convinti di potere agire liberamente un po’ perché nessuno aveva dato loro un mandato pre ­ciso (è vero), un po’ perché la contabilità del partito era assai allegra, c’era chi usava i fondi con grande libertà e ogni movimento era noto solo al tesoriere. Lusi e Belsito de ­vono avere fatto lo stesso ragionamento: con quello che io so di altri, vorrai mica che vengano a fare le pulci a me?

LUI È PEGGIO DI ME

Ad entrambi è andata male. Per Lusi è stata un po’ una sorpresa: sulla vicenda giudiziaria fino all’ultimo sono stati divisi sulle scelte da fare sia i magistrati che alla fine hanno chiesto l’arresto, sia i vertici del ­la ex Margherita, dove in molti avrebbero preferito arrivare a una composizione più soft della vicenda, consentendo a Lusi un patteggiamento e la restituzione dei beni e dei 13 milioni di somme utilizzate per sé. Per la linea dura era – oltre a qualche avver ­sario che contestava il tesoriere in tempi non sospetti (Arturo Parisi, Pierluigi Casta ­gnetti) – soprattutto Francesco Rutelli, al cui danno erano ormai uscite le poche infor ­mazioni in possesso di Lusi. Sia i magistrati chela Kpmgnella ricognizione della conta ­bilità del vecchio partito che è poi confluito quasi tutto nel Pd, hanno compiuto qual ­che errore attribuendo a Lusi perfino quel che suo non era. Eccessivo il conto a lui ad ­debitato dei rimborsi spesa chilometrici.

Quelli in realtà si riferivano a due Lancia Thesis che non erano utilizzate dal tesorie ­re, ma da due altri leader oggi con impor ­tanti incarichi di vertice nel Pd. Poca cosa, e le responsabilità giudiziarie sono senza dubbio personali e riguardano soprattutto Lusi e chi nella sua famiglia si è prestato ad operazioni che oggi fanno configurare il reato di riciclaggio (il più serio fra gli adde ­biti mossi dalla procura di Roma).

IL NODO POLITICO

Resta intatta la vicenda politica che emerge fra le pieghe di quella giudiziaria. Lusi avrà pure spolpato finanziariamente il partito, ma nessuno dei suoi dirigenti se ne è mai accorto. E questa colpa politica è. Forse di più se qualcuno se ne è accorto e per chiudere gli occhi ha avuto un tratta ­mento di favore per sé e la propria corrente. Alcune domande però restano ancora sen ­za risposta. E hanno tutte un peso. Comin ­ciamo dalla carta di credito di Lusi che pa ­gava spaghettini d’oro. A quei pranzi il te ­soriere era solo, o altri hanno goduto del benefit senza farsi domande inopportune? Altri leader avevano carte di credito del par ­tito? Perché non ci mostrano gli estratti conto con un’operazione di assoluta tra ­sparenza sui rimborsi spesa? Nessuno dei compagni di partito è mai stato nelle case di Lusi? Se ne è mai chiesto la provenienza? In attesa di queste risposte, una certezza l’ho io da altra fonte diretta: al matrimonio di Lusi sulla terrazza-attico del palazzo del ­le Esposizioni di via Nazionale ad abboffar ­si delle portate di Antonello Colonna c’era ­no tutti i dirigenti della Margherita, i vertici dell’attuale Pd e molte altre personalità, anche con incarichi istituzionali. Nessuno si fece domande sull’opulenza all’epoca? Avendovi partecipato, nessuno ha dato un’occhiata alle fatture successive arrivate alla Margherita? Perché Lusi sarà pure un problema giudiziario, ma partiti gestiti così sono un insulto agli elettori italiani.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart