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Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

FAVOLE: Un mondo favoloso

10 Luglio 2008

di Bartolomeo Di Monaco  
[Per le sue letture scorrere qui. Il suo blog qui.]

Nanni voleva tentare un nuovo viaggio con il suo aeromobile, ma questa volta non intendeva scomparire all’improvviso e lasciare nell’apprensione i genitori.
  Quindi parlò con suo padre.
  Andromeda gli aveva rivelato che in un’altra parte dell’universo, opposta a quella dove si era fermato quella prima volta, c’era un luogo che gli avrebbe fatto piacere visitare.
  «Devi andarci » aveva raccomandato fino all’ultimo.
  Il padre fu d’accordo con il figlio. Rischi veri e propri non ce n’erano. Con la strumentazione presente sull’aeromobile era praticamente impossibile sperdersi nello spazio.
  Bisognava però convincere anche la mamma che, come tutte le donne, era più apprensiva e vedeva i pericoli dovunque.
  Ce la misero tutta, e alla fine la spuntarono.
  In giardino, la donna volle rivolgere le solite raccomandazioni al figlio:
  «Fai attenzione », «Non ti fidare troppo delle nuove amicizie », «Torna presto ».
  Nanni promise che al suo ritorno avrebbe avuto per loro e anche per gli amici tante belle storie da raccontare per giorni e giorni.
  Rivolse quindi il muso dell’aeromobile verso il cielo e a velocità incredibile scomparve.
  I genitori si trattennero ancora per un po’ in giardino, con gli occhi rivolti all’insù, ma Nanni chissà in quel momento dov’era!
  Guidava e pensava alle parole di Andromeda.
  «Vedrai, non resterai deluso. Sarà una bella sorpresa per te. »
  Ma che cosa poteva mai essere?
  Intanto, fuori l’aria aveva già cambiato colore più volte. Prima azzurra, poi gialla, quindi grigiastra, infine verde smeraldo, ora aveva assunto un colore cenerino.
  Da ogni lato scorgeva stelle, pianeti, comete che gli passavano a poca distanza sfavillanti di colori.
  Incontrava ogni tanto qualche altro veicolo spaziale guidato da altre specie di esseri viventi.
  Quando incrociavano lui, emettevano segnali luminosi ai quali Nanni subito rispondeva, contento di quel saluto che gli procurava una sensazione piacevole di intimità.
  Se non era per la fretta di arrivare a destinazione, Nanni si sarebbe fermato volentieri a parlare con quegli esseri sconosciuti.
  Sicuramente avrebbe imparato da loro qualcosa che certo ancora non sapeva.
  Alcuni dei loro veicoli erano straordinari, disegnati in modo assolutamente inconcepibile sulla Terra. Taluni addirittura erano talmente diafani che si confondevano con la luce! Altri, al semplice comando del pilota, assumevano il colore dell’ambiente e subito scomparivano.
  Davvero portentoso quello che riuscivano a vedere i suoi occhi!
  Ce l’avrebbe fatta l’uomo a raggiungere quell’alto grado di conoscenza?
  Nanni avvertiva che era diventata ormai una necessità intrattenere rapporti strettissimi con loro.
  L’uomo soprattutto ne avrebbe guadagnato.
  Eppoi non abitavano la stessa comune casa che era l’universo?
  Come doveva essere grande Dio!
  E chissà quante altre cose esistevano create da Lui, e sconosciute all’uomo ma anche alle altre specie!
  Avrebbe mai potuto incontrare Dio nei suoi viaggi?
  Com’era fatto Dio?
  Se lo immaginava con le sembianze dell’uomo. Ma era davvero così? Se lo figurava bello, con una folta barba bianca, così come lo avevano raffigurato i grandi pittori sin dall’antichità. Ricordava certi bei quadri dipinti verso la metà del secondo millennio.
  A quei tempi sì che occorreva del talento per dipingere!
  Ora invece tutto era diventato assai semplice. Si disegnava con l’ausilio di speciali pennelli che traducevano sulla tela le immagini presenti nella realtà o prodotte dalla fantasia.
  «Oggi è tutto troppo facile » commentava Nanni.
  Ad un tratto, udì dentro l’abitacolo diffondersi le note dolcissime dell’adagio “Al chiaro di luna” di Beethoven.
  Ne fu meravigliato.
  Le note lo accompagnarono per un lungo tratto.
  Dopo quel brano altri ne seguirono. Alcuni li udiva per la prima volta.
  Capì infine che anche tutto lo spazio là fuori era percorso da quelle note, e avvertì dentro di sé una quiete ampia, confortante quale non aveva mai provata prima.
  L’aeromobile si stava dirigendo a tutta velocità verso uno strano piccolissimo pianeta.
  Più si avvicinava, più la musica si faceva dolcissima.
  Anche l’aeromobile sembrava guidato non più da Nanni ma da una forza misteriosa che aveva preso il suo posto.

  A pochi metri dal suolo, il veicolo si fermò sospeso a mezz’aria.
  Nanni aprì l’abitacolo, respirò profondamente e si guardò intorno.
  Non vide nessuno.
  Dov’era capitato?
  Chi lo aveva guidato sin lì?
  Decise di atterrare.
  Rapidamente l’aeromobile calò al suolo.
  Si sentì felice.
  Quello doveva essere sicuramente il luogo indicatogli da Andromeda, e a lui non restava che attendere.
  Scese.
  Ma appena ebbe messo il piede a terra, ecco presentarsi una sorpresa davvero insolita, inaspettata! In un istante, come sbucate dal nulla, egli si trovò circondato da strane figure umane, che riconobbe subito, e fu così contento di quell’incontro straordinario che dopo un attimo di stupore, di smarrimento, di incredulità si mise a ridere.
  E quei simpatici personaggi gli fecero subito compagnia. Risero anche loro!
  Nel vedere i più noti, i più famosi, quelli che anche lui aveva potuto conoscere nel corso dei suoi studi, Nanni comprese di essere capitato in un luogo tutto speciale, dove ancora vivono i più grandi personaggi nati dalla fantasia dell’uomo.
  Soprattutto quelli creati per i ragazzi popolavano quel pianeta portentoso.
  Riconobbe Minnie, Topolino, Pippo, Gambadilegno, Paperino, Peter Pan, i tre porcellini, Haensel e Gretel, Aladino con la sua lampada, Pinocchio, Sindbad il marinaio.
  Erano invece presenti pochissimi personaggi creati dai “grandi” scrittori, sui quali Nanni aveva speso giornate e anche nottate di studio!
  Quasi nessun protagonista creato dalla letteratura del quarto e del quinto millennio era ospite di quel pianeta!
   Pippo stava proprio sotto il suo aeromobile con il buffo musone rivolto all’insù.
  Quanto lo faceva ridere!
  E Aladino era continuamente sul chi va là, attento a non farsi rubare la lampada dal terribile mago!
  Riconobbe Oliver Twist e Cedric Errol – il piccolo Lord – dai riccioli biondi, rimasti buoni come erano sempre stati.
  Peter Pan fu il più lesto a salire sull’aeromobile. Si piazzò tutto tronfio al posto di guida.
  Paperon dei Paperoni gli fu subito addosso.
  «È mio, è mio! » gli gridava. «È tutto mio! » e stringeva nella mano un sacchetto pieno di dollari che agitava in direzione di Nanni.
  «Lo compro, lo compro! »
  Nanni rideva a crepapelle. Era immensamente felice di trovarsi tra quei cari personaggi.
  Doveva amarli tanto anche Dio se aveva creato per loro un posto speciale nell’universo!
  Vide la piccola Alice ed anche il Coniglio Bianco che correva tutto trafelato.
  Volle domandare loro dove si trovassero la Lepre Marzolina e il Cappellaio Matto.
  «Stanno ancora bevendo il tè » rispose Alice, e indicò con il braccio.
  E Nanni li vide proprio là in fondo, ancora seduti alla lunga tavola stracolma di tazze di tè! E scorse anche il ghiro che stava dormendo.
  Come doveva essere stato bello quel secondo millennio, pensò; così ricco di fantasia!

  Il Lupo mannaro si divertiva invece a soffiare davanti alla casetta dei tre porcellini, e lo faceva anche in quel momento, sebbene i grassi animaletti se ne stessero là fuori a festeggiare con gli altri l’arrivo di Nanni.
  «E smettila di sbuffare! » lo redarguì Topolino. «Non vedi che abbiamo ospiti? »
  Lo condussero in giro per il pianeta.
  Minnie lo prese sottobraccio.
  «Sei il primo uomo, lo sai? che capita quassù. È davvero bello rivedere un uomo! » e sospirava di felicità.
  Lungo la strada incontrarono D’Artagnan che stava facendo l’ennesimo duello contro il solito manipolo di guardie del re.
  Appena il guascone si accorse di Nanni, interruppe la contesa e lo salutò con un inchino, levandosi il cappello.
  Nanni passò accanto a lui e non gli nascose tutta la sua ammirazione.
  Quando si voltò, si accorse che D’Artagnan aveva già ripreso il combattimento, e metteva a repentaglio la vita di quel drappello di temerari!
  Sorrise.
  Minnie era lieta di vederlo contento. Ogni tanto si voltava verso Topolino e gli manifestava tutta la sua felicità.                
   Entrarono nel bosco.
  Peter Pan di quando in quando balzava col suo volo davanti a tutti. Li precedeva e poi ritornava raccontando le novità che aveva vedute.
  Si entusiasmava di tutto: del piccolo scoiattolo che si arrampicava lungo il tronco di un albero, del grosso orso che aveva trovato il miele e se lo gustava seduto per terra, del pappagallo che aveva imparato a conoscerlo e ogni volta gli faceva il verso. Solo di Capitan Uncino non gioiva quando lo vedeva passeggiare nella foresta!
  Allora ritornava tutto imbronciato e si metteva in coda al gruppo senza più fiatare.
  Soltanto dopo molto tempo lo si rivedeva volare allegramente.
  Quante bugie diceva invece Pinocchio lungo la strada, non vergognandosi di spararle tanto grosse!
  Ne ridevano a crepapelle.
  Nanni rivelò di essere toscano anche lui. Allora Pinocchio gli confessò che aveva tentato di tutto per vincere il vizio della bugia. Era stato per anni sotto le cure e le attenzioni della Fata Turchina, tuttavia non riusciva ancora a sottrarsi alle grinfie del Gatto e della Volpe, che sapevano lusingarlo così dolcemente! Persa ogni speranza, si stava ormai abbandonando definitivamente alla sua naturale inclinazione.
  Quanta simpatia però sprigionava da quel suo lungo naso!
  Robin Hood con la sua banda di briganti generosi sbucò all’improvviso da un bosco di querce.
  Nanni lì per lì ebbe paura quando li vide armati di arco e di spade.
  «Non temere » gli disse la dolce Biancaneve, che aveva lì vicino la sua casetta. «È qua per difendere tutti noi. È così bravo, così buono! »
  Aveva attorno i sette nani.
  Nanni riconobbe subito Brontolo, che lo sbirciava con sospetto. Tutti gli altri, invece, si erano messi al riparo dietro la gonna di Biancaneve.
  «Ma che vi prende! È un uomo, non lo riconoscete? » li rimproverò.

  Robin Hood s’era schierato intanto dietro Nanni e aveva mandato alcuni dei suoi compagni in avanscoperta.
  «Non devi temere, » gli diceva «ci sono qua io. »
  Di quando in quando tendeva l’arco e puntava la mira su ogni cosa.
  E qualche volta finalmente lasciava scoccare la freccia, che andava a piantarsi proprio dove Robin aveva previsto! Allora, tutto tronfio, si aspettava i complimenti di Nanni.
  Incontrarono anche i nanetti lillipuziani e furono davvero fortunati, gli confidò Minnie, perché non era facile imbattersi in loro.
  Ricevettero una calorosa accoglienza. Nanni fu festeggiato in modo del tutto speciale. Un gran ballo venne dato per lui alla presenza del re e del gigantesco Gulliver, che era stato mandato subito a chiamare.
  Quanto si divertì con loro Nanni!
  Ma soprattutto gli piacque vedere Minnie che ballava, tutta piccolina com’era, col grosso Gulliver.
  Com’era allegra!
  E come s’era invece fatto scuro in volto Topolino!
  Quella festa concluse anche la visita di Nanni a quel pianeta.
  Quando scemarono le ultime note suonate dalla banda di Lilliput, l’aria si caricò di commozione e Nanni capì che era giunto il momento di accomiatarsi.
  «Sono stato bene con voi » disse. «Non so come ringraziarvi. »
  «La gioia è stata tutta nostra » rispose Minnie, che aveva già i lucciconi agli occhi.
  Lo riaccompagnarono all’aeromobile.
  Peter Pan e Robin Hood facevano da battistrada.
  Anche Gulliver coi suoi lunghi passi qualche volta distanziava il gruppo.
  Durante quel tragitto gli confidarono infine che proprio lì vicino al loro pianeta stava anche la casa di Dio.
  «Ogni tanto viene a trovarci e si intrattiene con noi. »
  Nanni avrebbe voluto domandare, sapere com’era fatto Dio, levarsi quella curiosità che da qualche tempo gli occupava la mente; rivelarlo poi agli uomini!
  Ma intuì dai loro sguardi divenuti malinconici che a quella domanda non avrebbe mai potuto ricevere risposta.
  Salì sull’aeromobile.
  Li contemplò ancora una volta, pieno di orgoglio.
  Essi erano il frutto splendido, generoso della fantasia dell’uomo. Sapevano procurare gioia perfino al Creatore del mondo! Quale ricompensa poteva essere più grande?
  Partì contento.
  Vide quelle braccia levate verso di lui, festose; sentì le grida, gli evviva di tutta quella folla allorché, fermatosi a mezz’aria prima di lanciarsi nello spazio, li salutò per l’ultima volta.
  Salutò anche il grosso orso che dal bosco veniva trafelato, col suo pancione traballante, fermatosi per strada a rubare un bel po’ di miele!
  Avvertiva in cuor suo che in qualche modo sarebbe ritornato da loro.
  Vi sarebbe ritornato con la sua fantasia.
  Attraverso la fantasia avrebbe potuto abitare anche lui quel regno meraviglioso.
  Lanciò l’aeromobile nello spazio.
  Presto non vide più nulla sotto di sé.
  Udì di nuovo nel volo le note di celebri composizioni.
  Riconobbe «Il lago dei cigni » di Ciaikovski, «Serenata » di Schubert, «Le quattro stagioni » di Vivaldi, «Piccola serenata notturna » di Mozart, i valzer di Strauss.
  Ancora lo raggiunsero i suoni dolcissimi di quell’adagio di Beethoven.
  Si stava allontanando.
  Fra non molto si sarebbe ritrovato in mezzo alle stelle, avrebbe incontrato il bel sole luminoso, qualche cometa lo avrebbe fatto divertire coi suoi labirinti; eppoi avrebbe visto la sfera azzurra, la Terra che tanto amava.
  Avrebbe allora puntato l’aeromobile sulla sua città.
  E Lucca gli sarebbe comparsa nei battiti del suo cuore, poi l’avrebbe vista sorgere dalla terra circondata dalle belle Mura; avrebbe riconosciuto gli alberi, la Torre delle Ore, la Torre Guinigi, il bel San Martino, piazza San Michele e laggiù, appena fuori delle Mura, ad occidente, il suo piccolo paese; e vicino al ponte sull’Ozzeri la sua casetta.
  Già si figurava i suoi in ansia.
  Immaginava sua madre continuamente affacciata a spiare il cielo.
  «Sto arrivando » avrebbe voluto gridarle da lassù.


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2 Comments

  1. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 10 Luglio 2008 @ 22:14

    Tutti noi, come Nanni nel racconto, ci siamo divertiti ed entusiasmati con i personaggi, che il protagonista della storia ha incontrato. Abbiamo dato spazio alla fantasia, che ci ha aiutato a vivere un’infanzia più felice. Portiamo ancora nel nostro vecchio cuore quegli stessi personaggi.
    Ebbene, caro Bartolomeo, credo che anche in questo nostro tempo, tutto fretta, frenesia, esasperatamente tecnologico, consumistico fin quasi all’esasperazione, spesso indifferente e scarso di sentimenti buoni, non farebbe male (anzi!) qualche favola in più. Ed allora ben vengano narrazioni fantastiche come la tua a rendere noi grandi un po’ più teneri, più semplici, più puri, meno complicati, proprio come bambini (ricordiamo il Vangelo, a questo proposito!), ed i piccoli a vivere realmente quel mondo di fantasia, che è alla base di un’infanzia più ricca, più sana, più lieta e consona ad una crescita adeguatamente completa.
    Bella, delicata favola, hai creato!
    Gian Gabriele Benedetti

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 11 Luglio 2008 @ 00:47

    Grazie, Gian Gabriele. La favola (e dunque la fantasia per eccellenza) è in grado di offrirci, se lo vogliamo, il massimo grado di felicità.
    Tutte le volte che sono riuscito a scriverne una è stata proprio la sensazione di una speciale e completa felicità quella che ha invaso il mio cuore e la mia mente.

    Bart

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