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FUMETTI: Agente Segreto X-9

28 Marzo 2008

 [da: “Enciclopedia dei fumetti”, a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970]

L’AUTORE

ALEX RAYMOND – Bisogna riconoscere che a riguardare il Gordon di « annata migliore », quello del 1936, ambientato nello sbalorditivo regno delle foreste con l’eroe apollineo alle prese con i « michelangioleschi » uomini zanna, lo sconcerto derivato dall’accostamento. tra il cartoonist di New Rochelle (dove era nato il 2 ottobre 1909) e il Buonarroti, è sportivamente superabile. Alle prodigiose sagome degli abba ­glianti mondi in movimento della saga di Gordon (visualizzate in maniera impareggiabile e che dovevano dargli «imperitura » fama), stentabile a credersi, Raymond, con l’anticonformismo che lo caratterizzò, preferiva la scarna poesia della sua New York, la realtà monotona, eppure sem ­pre cangiante, del presente, un setting da ri ­scontrare giorno per giorno, dove poter contrapporre all’audacia e al calore umano degli uomini della legge, la cieca violenza dei cri ­minali.
La gamma di personaggi che Raymond creò nell’arco di una dozzina di anni, sono il re ­perto più evidente dell’attaccamento del car ­toonist all’archetipo dell’Agente Segreto X-9. Quando Gordon spicca il volo (senza fine) verso le stelle, gli unici elementi a differenziarlo dal bel tenebroso « federale », sono il biondo colore dei capelli e gli stivali da giocatore di polo. Ma già più bruno è Jim della Giungla, il quale durante la guerra, messe da parte belve e sel ­vaggi, si arruola nel F.B.I. Mettiamo a Jim di quei tempi gli occhiali e avremo Rip Kirby. L’« affare » X-9 aveva avuto inizio nel 1934 con Raymond che, praticamente senza rivali che po ­tessero impensierirlo, si vedeva assegnata dal King Features Syndicate la realizzazione di al ­cuni soggetti di Samuel Dashiell Hammet, un asso delle mistery stories. Ragioni di salute avevano costretto Dashiell Hammet ad appro ­dare alla letteratura, dopo un turbolento pas ­sato come investigatore presso l’agenzia Pin ­kerton. Si era fatto le ossa nella redazione di Black Mask, una rivista di racconti polizieschi dal disadorno aspetto grafico (un cheap maga-zine) che però avrebbe fatto scuola. Riuniva in ­fatti quegli scrittori stringati, brutali, mozzafiato (passati poi sotto la denominazione di hard boiled school) che avrebbero proposto come alternativa al romanzo giallo di conio inglese, basato sulla meccanica della deduzione, un tipo di narrazione all’americana, incentrato tutto sul ­l’azione. Dashiell Hammet fu un caposcuola di quel « movimento » (taluni critici gli attribui ­scono ascendenti su Hernest Hemingway) e i suoi personaggi, una volta che lo stile dei « duri » proliferò sullo schermo, trovarono riscontro ci ­nematografico in Humphrey Bogart (Il falco mal ­tese) e nel sofisticato William Powell (L’uomo ombra). Eroi solitari, « tutti di un pezzo », che generati in un’epoca di inquietante turgore so ­ciale, sarebbero tramontati nel 1945 (Dashiell Hammet quasi a incarnare uno dei suoi irridu ­cibili caratteri, finì in prigione, vittima della « caccia alle streghe » del senatore McCarthy). Ebbene, forse nemmeno il cinema è riuscito a consegnarci una rappresentazione puntuale delle storie di Dashiell Hammet, come quella rea ­lizzata a fumetti da Alex Raymond. Slums, bische, ippodromi dove orbitano gangster da « due soldi ». Lussuosi appartamenti della Fifth Ave-nue, dalla eleganza cafona, abitati da magnati e « pericoli pubblici » (che Raymond, destinato in giovinezza a una vita d’affari in Wall Street ben doveva conoscere).
Quando lo «Zio Sam » chiamò, Raymond, trala ­sciando tutto ciò che stava realizzando, partì per la guerra. Il suo senso civico accrebbe nel pubblico la stima, peraltro già solidissima. Al «ritorno dal Pacifico », nel 1946, trovò i suoi vecchi characters tutti in buone mani (Graff disegnava X-9, Briggs Gordon), allora ne creò uno nuovo, riallacciandosi a quello che aveva amato di più: X-9. Nacque così Rip Kirby: ex ­marine, detective sofisticato e intellettuale. Il Sindacato offrendogli « carta bianca » aveva az ­zardato, egli lo ripagò ottenendo per il suo personaggio il Premio Reuben (l’Oscar dei cartoonists) del 1949. (In quei giorni Raymond si autoeffigiava in una striscia di Kirby, e pre ­cisamente nella storia Bobo il giustiziere, nei panni di un medico che esclama: « È andata meglio di quanto credessi »). Poi il 6 settembre 1956 inaspettata la notizia della sua morte. Raymond si era schiantato con ­tro un albero al volante della Mercedes 300 SL di Stan Drake (l’autore di Juliet Jones). Quel giorno aveva anticipatamente firmato l’ultima striscia di Rip Kirby. Al termine della striscia – che porta la data del 29 settembre 1956 – un personaggio diceva queste parole: « Cattive notizie. Temo di dover abbandonare il mio la ­voro… ». Nei colleghi l’uomo e l’artista Raymond lasciò un profondo rimpianto.

IL PERSONAGGIO

AGENTE SEGRETO X-9 (Secret Agent X-9) – Nel 1934 Alex Raymond propone, con la scan ­sione in strisce, gli ingarbugliati intrecci del ­l’Agente Segreto X-9, « foto » vivida e reale della malavita americana di quei tempi. Il car ­toonist ripercorre con asciuttezza e realismo la collezione di caratteri « detestabili » che, con James Cagney in testa, il cinema degli Howard Hawks, dei William A. Wellmann, dei Mervyn Le Boy raduna sullo schermo. Sceneggiature e dialoghi sono del romanziere Samuel Dashiell Hammett, asso del thriller «lurido », la cui vio ­lenza è riscontrabile in alcune scene esemplari (come quella famosa del primo episodio Il do ­minatore, dove l’Agente Segreto X-9 furente, ir ­rompe nel nascondiglio dei gangsters, falciando con il fucile mitragliatore quanti si frappongono tra lui e una ragazza rapita e minacciata di de ­capitazione). Tetragono al fascino muliebre, l’agente dal bel profilo greco è un elegantone (sfoggia la pelliccia di opossum, capo assai chic fra i ricconi del suo tempo); nemico giu ­rato della « mala » (che gli ha barbaramente ucciso la moglie e la figlia) è al centro della lotta cruenta che l’America, negli anni del crollo della Borsa di New York, combatte contro la piaga del gangsterismo.
L’Agente Segreto X-9 non esita, se necessario, ad affiliarsi alle bande di malfattori, per sman ­tellarle dall’interno, così facendo si espone al doppio fuoco della polizia e della gang, e per lui le possibilità di sopravvivenza diminuiscono sempre più. Ma – magari con i vestiti laceri – egli esce indomito da ogni combattimento o inseguimento periglioso.
Nel 1936 Raymond è a un bivio. Soggiacendo alle sue ambizioni « pittoriche », resta alla pro ­duzione delle sunday di Gordon e cede al suo aiutante Charles Flanders la prosecuzione delle avventure di X-9. L’investigatore privato si con ­nota finalmente come un G-Man (appartenente cioè al famoso Ufficio Federale d’Investiga ­zione) e le vicende si agganciano con maggior puntualità a casi reali come le immigrazioni clandestine negli USA o le beghe con i vessati indiani delle riserve. Purtroppo il grigio disegno di Flanders spersonalizza il protagonista, ap ­piattisce gli ambienti, rende legnose le figure di contorno.
Il disegnatore N. A. Fonsky opera nel 1938 una curiosa marcia indietro, riportando il comic al gusto e al linguaggio degli anni venti (l’eroe in scoppola quadrettata, la debauche delle eroine stile Joan Crawford). Sul finire dello stesso anno a Fonsky subentra il pittore e cartellonista Austin Briggs, che già da qualche tempo orbita nell’atelier di Alex Raymond. L’elegante illustratore cerca per il personaggio nuovi setting (come i fondali marini), ma il suo disegno « distaccato » precipita la striscia in un anonimato senza scampo.
1940: in Europa c’è la guerra. In casa, il FBI ha il suo bel daffare con spie e sabotatori. Mei Graff, un cartoonist di scuola « caniffiana », abi ­lissimo nell’uso del retino, accetta di tramandare le gesta di X-9, a condizione di rinnovare com ­pletamente l’impostazione del fumetto. Phil Corrigan (questo è il nome nuovo dell’agente, de ­nominato all’inizio solo Dan), subisce una tra ­sformazione traumatizzante: da maturo e bel tenebroso diviene un giovanotto baldo e spi ­gliato. L’autore ricrea attorno al protagonista il perduto calore familiare: c’è Bing, il fratello, anche lui agente federale (nonostante le riserve di Phil) e c’è una moglie, Wilda Doray, scrittrice di romanzi gialli. Entrambi i comprimari fanno sovente da partner a X-9 nelle sue missioni (me ­morabili cacce all’uomo sotto tutti i climi). Graff sfortunatamente non abbonda in salute; costretto a pause e interruzioni nel lavoro (nel 1942 a mettere le mani sulle strisce, con lo stile ste ­reotipato dei comic-books, è George Gregory), deve cedere, negli anni cinquanta, sempre più spesso la penna al camaleontesco Paul Norris, che si destreggia e si insinua in svariate produ ­zioni. L’imbambolato personaggio intanto, in cli ­ma di «guerra fredda », è ormai un paladino della crociata anti-comunista. Nel 1960 è la volta di Bob Lubbers (sotto lo pseudonimo di Bob Lewis) il quale non indulge in formule superate ma sintonizza immediata ­mente la sua visualizzazione sulla imperante voga bondiana (anche i dati somatici di Phil, di striscia in striscia, si tramutano in quelli bef ­fardi di Sean Connery). Wilda a casa attende trepida il ritorno dell’eroe e lui è attorniato da pimpanti fanciulle esotiche (Lubbers, allievo di Al Capp, in fatto di donnine, sa il fatto suo). Lo stile del primo Raymond viene ripreso a par ­tire dal 1967, con analogia del tutto apparente, da Al Williamson (su testi dell’horror writer Archie Goodwin). Williamson nel clima di « re ­cupero nostalgico » rituffa l’agente nel suo ha ­bitat originale: quello dei ruggenti anni trenta, ma finisce per cristallizzarlo in una sorta di dimensione senza uscita.


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Bart