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FUMETTI: Barbarella

27 Agosto 2008

[da:”Enciclopedia dei fumetti” a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970]

L’AUTORE

JEAN-CLAUDE   FOREST   –   Nato     a     Le     Perreux, un sobborgo di Parigi, nel 1930. Due esclusive passioni agitano la sua adolescenza: la fanta ­scienza e i comics. Tra questi due poli s’inseri ­sce il cinema, che dell’una e degli altri può rappresentare il suggestivo punto di confluenza. Immagini surreali, di carta è di celluloide, s’in ­trecciano nelle fantasie di questo studente poco incline al rigore scolastico, ma irresistibilmente portato a inventare senza respiro storie scombi ­nate. Non .possedendo alcuna formazione tec ­nica, le schizza di getto, sostenuto soltanto dal ­l’esperienza figurativa che si è fatta divorando tavole e strisce di maestri americani. Tra il mondo onirico che Forest coltiva e quello minutamente realistico di Alex Raymond e Phil Davis (suoi autori preferiti), se pure nei loro scenari il fantastico occupi un’area non secon ­daria, non s’intravede solamente lo stacco tra due diverse –quasi opposte — inclinazioni. Emerge, netta, la distanza tra due epoche e tra due culture (non solo figurative). Due modi di essere e di guardare alla vita, che il tornado della guerra e le trasformazioni psicologiche susseguenti hanno scollegato ben oltre il natu ­rale evolversi dei tempi e del costume. Gli anni trenta, i favolosi « anni d’oro » del fumetto ame ­ricano, evocavano, mitizzandole, condizioni che gli ultimi giri di boa degli anni cinquanta già considerano passato remoto. I, valori, le abitu ­dini, i sogni, i traguardi, non per caso sono stati squassati da un susseguirsi di accadimenti che la storia dell’umanità mai ha condensato in una parentesi così stretta. Le aperture avveniristiche di un Gordon o le suggestioni esotiche di un Uomo Mascherato sono stimoli che la realtà ha scaricato d’ogni possibile fascino: i primi perché le imprese spa ­ziali dei terrestri sono ormai un dato quoti ­diano (e se ne possono prefigurare con pro-bante progressione le tappe future), i secondi perché il Terzo Mondo non è più il continente misterioso dove i giustizieri bianchi vengono guardati come bwana beneficanti. Con Barbarella, Forest realizza le sue convinte premesse: non giungendovi per improvvisa illuminazione, ma attraverso un attivo processo di maturazione. Frequentato un corso per « anima ­tori » presso l’Ecole des Métiers d’Art, aveva esordito come disegnatore professionista sulle pagine del periodico Vaillant, curando una sto ­ria fantascientifica derivata da un romanzo ab ­bastanza popolare. L’esito, per il troppo conge ­stionato scenario e per gli eccessivi toni del ­l’assurdo, non gli era stato favorevole e lo ave ­va costretto a interrompere il lavoro prima della conclusione. Passato per qualche tempo a un incarico abbastanza anonimo (una serie di stri ­sce incentrate sul personaggio di Charlot), Fo ­rest era poi riuscito a riprendere quota inven ­tando un insolito character, quello di Copyright. Segnato da una gustosa e sorprendente vena surreale, eversivo e imprevedibile, il suo « es ­sere » praticava convintamente la magia cavan ­dosi dalla pancia (maltrattenuta da uno « zip ») gli ingredienti più inattesi: dalle forbici, seghe e armi fino ai treni e agli aerei. Un inesauri ­bile arsenale bondiano, disponibile in ogni con ­trattempo e prodigo oltre misura a trarre il per ­sonaggio d’impaccio dalle più disparate e dispe-rate situazioni.
Compiuto questo primo passo verso l’extra-reale, in piena forma, ricco di idee, di fantasia e di allusiva « fanciullezza », Forest si era poi rivolto a una nuova attività: quella di illustratore delle copertine di due apprezzate collane letterarie riservate alla fantascienza: Fiction e La Rayon Fantastique. Per alcuni anni (grosso modo tra il 1958 e il 1962), la sua matita aveva spaziato, con risultati eccellenti, nei territori dell’insolito e del misterioso: i classici motivi del genere non trovarono nella sua fantasia solamente un abile interprete, ma un appassionato e raffinato suggeritore, un « creatore » di straordinaria fer ­tilità.
Nello stesso tempo, sulle colonne del parigino France Soir, apparivano quotidianamente i suoi romanzi disegnati. Non delle rigorose versioni fumettate dei testi popolari della narrativa fran ­cese, ma degli adattamenti « illustrati » con gar ­bo e un tanto di ironia. Questo lavoro accom ­pagnò la fase preparatoria di Barbarella, debut ­tante nel 1962 nella rivista V Magazine. I primi quattro episodi, raccolti in volume dall’editore Eric Losfeld due anni più tardi, stabilirono il momento magico della massima popolarità (non solo in patria) della spreoccupata adolescente. Censurate e poi lasciate circolare a patto di un compromesso ipocrita, le sue avventure in-tergalattiche ebbero traduzioni in molte lingue e costituirono lo start effettivo di una nuova mitologia.
Divenuto redattore capo della rivista Chou-Chou, Forest ha bissato quindi l’eroina con Bebé Cya-nure (« una sorella minore di Barbarella, che tuttavia mi piace di più, anche se ne ho potuto disegnare un solo episodio ») e, più tardi, ha ideato – per una trasmissione televisiva assai sofisticata – un terzo personaggio femminile, Marie Mathématique, protagonista di un curioso musical animato.

IL PERSONAGGIO

BARBARELLA – Chi è Barbarella? «Barbarella est la femme enfin libre, libre de ses actes comme de son corp. Elle est l’erotisme fait femme. Elle a définitivement pris le pas sur l’homme, elle choisit ses partenaires ». Quindi, un personaggio opposto a tutte le « eroine di carta » che l’hanno preceduta. La donna, nei fumetti, ha sostenuto da sempre il ruolo secon ­dario della compagna fedele, della « promes ­sa » che sa attendere il suo eroe anche all’in ­finito. Rarissimamente destinata al risalto di pro ­tagonista, essa è in genere servita a « compli ­care » le vicende avventurose con un tanto di zenzero sentimentale, di opportune gelosie e anche di puntuali coraggiose iniziative. Neppure l’eccezione di Wonder Woman, che si batte (in abiti succinti) per la giustizia negli spazi inter-planetari, ha modificato – nella sostanza – questa esclusiva e oppressiva utilizzazione. Barbarella è il contraltare delle tante Dale Arden apparse nelle strisce. I loro abbigliamenti pro ­vocanti, spesso « corretti » dai preoccupati cen-sori europei, stavano a indicare il livello mas ­simo della loro autonomia, ma sempre all’in ­terno di una regolamentazione che le mante ­neva nell’ombra dei loro atletici maschi. L’eroina di Forest si oppone a queste briglie, si rivolta contro la dittatura virile e si sostituisce – senza ipocrisie – agli intemerati mattatori. Non una « fidanzata », ma una protagonista che si sce ­glie il compagno occasionale, che conduce le sue imprese spazio-temporali trascurando l’in ­dispensabilità dell’uomo forte al proprio fianco. Con Forest, dunque, la space-opera viene stra ­volta nelle sue linee classiche: la frustrazione dei maschi (che mai concludevano le loro vi ­cende extra-fidanzamento) è rimpiazzata dal soddisfacimento della donna che si concede ogni qual volta lo desidera; il perbenismo dei maschi-eroi è sostituito dalla assoluta libertà (e non unicamente sessuale) che regola le azioni della donna-eroe; le avventure galattiche mutano il loro fascino barocco – pur sempre di desinenza accademica – in una cornice fi ­gurativa che non sconosce le eleganti impa ­ginazioni di Fortune o la visualità più aggior ­nata; infine, l’erotismo asettico delle tavole di Raymond (o di altri maestri che, come lui, hanno popolato i loro viaggi avveniristici di ap ­petibili regine malvagie o di ancor più deside ­rabili schiave non velate) esplode in una dovi ­zia di nudità che tengono il passo delle con ­temporanee planches di Playboy o di Lui. Le azioni di Barbarella (sviluppatesi in ragione di otto tavole al trimestre per due anni), se ­condo Forest, non si differenziano tra loro: «si tratta sempre della stessa avventura: la ragazza arriva in un certo paese, vi scopre una situa ­zione maligna e interviene in favore dei “buo ­ni”. Le sue storie rispettano pertanto le regole del genere. Ma un elemento anomalo, tuttavia, le distingue: le sue imprese comportano di re ­gola una catastrofe: tutta Sogo crolla, ogni dato è rimesso in questione, per cui è problematico intendere dove stia il male e dove il bene ». Barbarella, in altre parole, non accettando né sistemi né programmi, deve soppesare perso ­nalmente i fatti e agire di conseguenza, secondo una libera scelta che esclude riti manichei. Deve essere in accordo con se stessa, non con il principio corrente o la morale comune. Questa regola, ovviamente, risulta oggi ben meno eversiva di quanto lo apparve otto anni fa: i personaggi femminili, del cinema e della letteratura (la Galia dell’omonimo film di Lautner o la Emmanuelle del romanzo della Arsan), hanno ormai largamente proclamato – e affer ­mato – il diritto della donna alla scelta. Quello stesso diritto cui la splendida sbrigativa ra ­gazza di Forest ha guardato fin dalla sua prima apparizione, provocando volontariamente il per ­benismo nei suoi caposaldi codini e buttandosi alle spalle, senza mezze misure, l’autocrazia maschile.
Dopo la città dei fiori giganti, la scoperta della verniana città-medusa (con l’annoiata regina e l’irsuto Strichno che crea mostri sempre più orrendi per il solo piacere di ucciderli), di Antan (con le sue ricostruzioni ottocentesche), Bar-barella affronta il peggio a Sogo – il capola ­voro di Forest – sorta di Sodoma e Gomorra con mura viventi, pescicani alati e robot « ine ­sistenti ». L’ultimo girone dell’inferno galattico lo lascerà fra le braccia dell’angelo cieco Pygar, che salverà anche la regina dissoluta, perché « un ange est sans memoire ».  

 


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Bart