FUMETTI: Ispettore Wade30 Marzo 2010 [da: “Enciclopedia dei fumetti”, a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970] L’AUTORE LYMAN ANDERSON – Nonostate la popolarità, negli anni trenta e quaranta (e anche in questo dopoguerra, con ristampe accolte sempre con nostalgico affetto soprattutto dagli appassionati del fumetto oggi « quarantenni »), del suo Ispet tore Wade, Lyman Anderson è uno dei grandi ignorati da quanti si occupano a livello di studio critico della narrativa grafica. Di quest’autore, fin che si vuole discutibile, comunque dotato di meriti che non possiamo ignorare, quali un trat teggio svelto dei personaggi delineati secondo un cliché subito familiarizzabile con i lettori, soprattutto d’anteguerra, e intrecci di un mec canismo ingenuo ma risolti con rapidi e agili colpi di scena assai movimentati, enciclopedie, lexicon, storie del fumetto, antologie a livelli diversi, quando di lui non parlano affatto (e ciò avviene nella quasi totalità dei casi) fanno un piccolo accenno colmo di sufficienza nei con fronti del suo «protagonista »: il segugio della polizia londinese Ispettore Wade, desunto libe ramente dalla summa dei personaggi positivi del romanziere « giallista » Edgard Wallace. Ignorano sostanzialmente tutto di Lyman An derson, ogni particolare biografico, si che que sto artigiano del fumetto sfugge a una qual-siasi valutazione umana. La figura di Lyman Anderson si perde in un limbo nebbioso e ovat tato nel silenzio più completo e privo di echi. Sappiamo che pur basandosi, almeno all’inizio, sugli intrecci del menzionato Edgard Wallace, « discutibile come scrittore, non come inven tore di trame appassionanti », ha lasciato detto giustamente qualcuno, Lyman Anderson era au tore in foro delle proprie storie. I racconti fumettati di Wade fecero mostra di sé negli Stati Uniti e cominciarono a essere pubbli cati in Italia a partire dal primo maggio del 1935. Secondo un’abitudine non del tutto tramontata come dimostra la recente antologia curata da Oreste Del Buono, La scuola dei duri, nella quale a « polizieschi » interamente scritti si alternano l’episodio raymondiano dell’Agente Segreto X-9 Il Dominatore e quello del Dick Tracy di Chester Gould La voce dell’amore; quelle strisce, appartenenti all’episodio Gli uomini di Guttaperca, funsero d’appendice a pun tate dei romanzi polizieschi del Cerchio Verde. Lyman Anderson, è vero, trascurava gli sfondi, limitava le scenografie all’essenziale. « La ver sione grafica non è eccezionale â— hanno scritto altri â— il tratto è sin troppo secco, la stilizza zione eccessiva, l’iconografia tradizionale, con l’ispettore più simile ad uno dei tanti detective dilettanti e multimilionari dell’epoca che ad un funzionario di Scotland Yard, il lord con mono colo e baffetti, il supposto malvagio con l’espres sione troppo innocente, e il supposto buono con l’espressione troppo malvagia. Malgrado que ste lacune, gli episodi dell’Ispettore Wade era no ben costruiti, ricchi di suspense, divertenti anche se piuttosto ingenui ». Diciamo di più: vi sti oggi, irrimediabilmente datati, di là della le gnosità manichea delle figure, si coglie un’ico nografia ambientale di tipica atmosfera britanni ca, e negli « esterni », fatti svolgere a Londra o nella deserta periferia della metropoli, si avverte l’odore di quella nebbia elemento essenziale in ogni misterioso ed effettistico intreccio poliziesco di creazione inglese. Non si può non essere d’accordo con quanti comunemente affermano che il personaggio e le storie, passando nel primo dopoguerra nelle mani di un altro car toonist, Neil O’Keefe, migliorarono sensibilmente grazie a un disegno più abile, più sicuro, più costruito nella sua incisività realistica. Il Wade però diventava anche qualcosa di anonimo che nulla aveva da spartire con il precedente. Infatti non incontrò vasti consensi e negli anni cin quanta venne irrimediabilmente soppresso. IL PERSONAGGIO ISPETTORE WADE (Inspector Wade) – Dunque, « più simile ad uno dei tanti detective dilettanti e multimilionari dell’epoca che ad un funziona rio di Scotland Yard ». Non contraddiciamo que sta affermazione, per altro redatta in tempi re centi, di disamina del personaggio e delle sue storie in luce di una smaliziata e disincantata maturità critica. Wade non ha nulla da spartire – giustamente â— con i colleghi d’oltre Atlan tico: Agente Segreto X-9, Bob Star, Dick Tracy. Questi infatti si muovono nell’universo gangste ristico che dilaniò l’America negli anni della « grande crisi ». I loro intrecci ubbidiscono, di là della estrema bravura dei singoli autori (Alex Raymond, Will Gould e Chester Gould), a sti moli realistici agganciati a una riconoscibilissima concretezza sociale, a una dissociazione di va lori come fermento di uno stato anomalo esploso su un terreno fertile di contraddizioni e aperto a ogni possibile bagno di sangue. Wade no. Pur venendo in luce su un tavolo di lavoro si tuato in qualche posto degli States negli stessi anni in cui « agiscono » i suoi summenzionati colleghi, ignora completamente qualsiasi com plicazione derivante dalla realtà americana. È uno stilizzato e composto suddito di Sua Mae stà Britannica che ha scelto la carriera del po liziotto, così come se ne incontrano tanti nella narrativa di Edgard Wallace (dalla cui galleria è stato tratto per stessa ammissione del suo autore Lyman Anderson), ma anche in Agata Christie e di tutto un genere letterario appar tenente al periodo. Wade indossa un impeccabile vestito di tono semi-sportivo, con tessuto grisaglia. Il volto affi lato ha espressioni d’imperturbabilità. I capelli sono pettinati con la scriminatura nel mezzo sì che due ciuffi ondulati e in bell’ordine sormon tano la sua fronte. Ha costantemente la pipa tra i denti, che tuttavia non fuma. O così sembra: non mostrando quasi mai d’essere accesa. Uno strumento prezioso, la pipa. Talvolta riesce a salvargli la vita, deviando un proiettile che il malvivente di turno gli aveva sparato contro da pochi passi. Ma questa è una componente della fortuna che, periodicamente, accompagna l’ispet tore nel corso delle sue indagini e dei suoi corpo a corpo con la malavita. Può essere un cuscino o un altro oggetto: la pallottola a lui destinata finirà altrove. Al più, l’ineffabile ispet tore si prenderà una randellata in testa o sarà picchiato da altro corpo contundente. Il tempo di un leggero svenimento o di un mal di testa passeggero. Magari con la testa fasciata, ri prenderà le sue indagini, accompagnato sempre dal fedelissimo agente (talora in borghese) Donovan. È costui un tipo di poche parole. Sui quarantacinque anni (mentre l’ispettore sembra mostrarne una diecina in meno), ha vistosi baffi e un attaccamento al dovere che raggiunge forme di controllato affetto per il suo superiore. !l quale, per un’intuizione rivelatasi esatta, un giorno lo promuove sergente, sul campo. Un sodalizio che può anche generare qualche lieve dispettosa gelosia da parte del commissario Hasting, superiore di Wade e naturalmente di Donovan. Accade nel racconto La chiave d’ar gento. Vi sono negli intrecci, che obbediscono tutti più o meno a una medesima matrice ispirativa, dei motivi ricorrenti. Secondo i canoni del feuilleton, teatro d’azione è talora un sotterraneo e un antico e vetusto maniero, dotati di passaggi segreti, di camere blindate, di pareti d’acciaio e di finestre a prova di proiettile. Naturalmente non esiste antefatto. Ogni vicenda, ogni episodio inizia d’impeto e troviamo Wade a cospetto di personaggi impenetrabili, o meglio ingannevoli nei loro ruoli mistificanti. Possiamo immaginare che il maggiordomo è il colpevole ma l’abilità di Lyman Anderson è quella di mostrarci una ridda di figure, spesso somiglianti tra loro (ma gari più per imperizia del disegnatore che per sua voluta astuzia), allo scopo di creare una opportuna confusione. Ciò che il romanzo scritto lascia affidato alla fantasia, alla immaginazione del lettore, per cui certe ingenuità sfuggono o si mimetizzano dietro una frase, il fumetto in vece per sua natura le rivela di prim’acchito: ecco la ragione dell’accusa di ingenuità rivolta agli intrecci creati per questo personaggio. Vediamo, per esempio, l’episodio Maschera bianca che ripubblichiamo. Il malvagio di turno è appunto un misterioso figuro che agisce sem pre con una mascherina bianca sul volto; ma scherina che talvolta (ne ha un’intera collezione) è rifatta sulle caratteristiche somatiche di altri protagonisti dell’intreccio. Nonostante costui si presenti anche in pieno giorno con dei tratti fasulli appiccicati sul viso, l’Ispettore Wade non si accorge di nulla e, mostrando invece estrema sagacia in dettagli veramente difficili, prosegue come nulla fosse. Nel medesimo episodio Wade nel corso di una indagine notturna alla periferia di Londra, pur incespicando nei dubbi più amle tici e frammezzo a una ridda di trabocchetti, si lascia suggerire la pista da seguire da una vec chia mendicante senza approfondire come mai costei conosce tante cose. Ingenuità pescate un po’ a caso, che possiamo ritrovare via via in ogni racconto. Prese comunque nel caro sello di intrecci sovrastati dall’azione che non dovrebbero lasciare che uno strettissimo mar gine alla riflessione logica del lettore. Certo bisogna considerare con la natura del fumetto, creato cioè per motivi meramente d’evasione (come tanti romanzetti « gialli »), anche la sua data di nascita. Forse si deve a tutto questo il fatto che Lyman Anderson sia stato sempre ignorato da coloro che si occupano del fumetto a livello di studio. Eppure, se così è, si tratta di una discriminazione che andrebbe riesami nata, riveduta e corretta. Se non altro alla luce del seguito che il fumetto ha avuto presso i fruitori di alcuni paesi, come l’Italia, dove i racconti sono stati a più riprese rieditati, anche in anni recenti. Segno che pur nell’assenza di precise psicologie, di una dimensione umana del personaggio (tranne pochi sfuggenti barlumi, tutto questo viene sacrificato per dare spazio allo scattare del meccanismo che è simile a una boîte-à-surprise) ancora adesso esso â— e proprio a cagione del disegno di Lyman An derson â— contiene elementi tanto accattivanti da giustificarne la ripresentazione magari a let tori che conservano nei suoi confronti ricordi agganciati nostalgicamente alla propria fanciul lezza. Ogni intreccio naturalmente si conclude con il classico e tradizionale « lieto fine ». Le atmosfere d’incubo si dissolvono nelle ultime vignette meglio della nebbia al pallido sole di Londra. Come l’ispettore che animava una serie di caroselli pubblicitari della TV italiana e che non sbagliava mai, solo nel non adoperare un certo tipo di brillantina, così Wade non fallisce un’indagine. Con il suo bravo assistente Dono van, sprezzante dell’artiglieria altrui spesso pun tata sul suo petto, porta sempre i ribaldi d’alto lignaggio alla giusta punizione. Facendo uso, anche, è da presumere, della menzionata bril lantina giacché i suoi capelli altrimenti in tanto daffare perderebbero sovente l’ondulata compo stezza che è una delle più note caratteristiche iconografiche del personaggio. Letto 3235 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||