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FUMETTI: I bersagli mobili dei fumetti

3 Novembre 2013

di Giuliano Zincone
[dal “Corriere della Sera”, venerdì 4 settembre 1970]

Anno 43 d.C, Africa setten ­trionale sotto il dominio ro ­mano. Lo sceicco Abd el Kuz, reduce da « una delle sue in ­numerevoli orge », chiacchie ­ra con un’illustre visitatrice: « Uffa, finalmente. Sai, diva Messalina? Fossi solo un po’ più giovane t’avrei strappata persino al grande Cesare. Pec ­cato. Faccio ancora l’amore, ma non ho più voglia di fare la guerra ». « Complimenti per entrambe le cose », risponde Messalina. Non sempre il lin ­guaggio dei fumetti sexy è così castigato, né i contenu ­ti ideologici sono costante ­mente tenuti a questo apprez ­zabile livello di pacifismo. L’ improbabile conversazione tra lo sceicco e l’imperatrice è comunque caratteristica di un clima narrativo a schema obbligato, dove le missioni di ­plomatiche, gli intrighi spio ­nistici, le avventure western e fantascientifiche, il Medio ­evo e la Controriforma fanno da labile contorno a rappre ­sentazioni erotiche general ­mente eterodosse.

Nell’albo che abbiamo cita ­to, per esempio, un branco di scimmioni violenta l’intero harem dello sceicco, e la prossima avventura di Messa ­lina è presentata come segue: « Colei che amoreggia con i viscidi pitoni, colei che è det ­ta ‘ il più bel seno di Roma ‘, la sacerdotessa del vizio soli ­tario, i drogati della via Ap ­pia, tutti conoscono la lama che non perdona dell’inaffer ­rabile omicida! Qual è il se ­greto erotico che ha scatenato tanto orrore? ».

Le famiglie si preoccupano, perché sanno che queste cat ­tiverie (teoricamente riserva ­te agli adulti) finiscono spes ­so sotto gli occhi dei ragazzi, provocando comprensibili turbamenti e rischiose curiosità sadomasochistiche. E l’opinio ­ne pubblica incomincia a pre ­stare al fenomeno la dovuta attenzione, stimolata dall’al ­larme degli editori di fumet ­ti « tradizionali », gravemente minacciati dalla concorrenza di Isabella, Teodora, Vartàn, Justine, Helga, ragazze co ­strette dalle traversie della vi ­ta a risolvere a letto una quantità di problemi e a su ­bire torture ingegnose e sca ­brosissime.

Ricerche di mercato

La posta in gioco è grossa: anche in Italia il fumetto è divenuto un serio ingrediente del consumo e della cultura dì massa. I ragazzi perbene leggono il « Corriere dei Pic ­coli » o « Topolino », i nostal ­gici del classico consultano « Mandrake », « Flash Gor ­don » e « L’uomo maschera ­to », gli amanti della giustizia demiurgica divorano « Super ­man » e « Batman », i guerra ­fondai si appassionano alle avventure « di cielo, di terra, di mare » pubblicate nella collana « Supereroica », gli « adulti » sfogliano febbril ­mente « Diabolik » (o i suoi derivati: « Kriminal », « Satanik », « Sadik », « Infernal » etc., i sessuofili amano «Jun ­gla », « Walalla », « Lucrezia », i raffinati consultano collezio ­ni di « Barbarella », « Jodelle », « Poppea », gli intelligen ­ti di sinistra commentano «Linus », quelli di centro-de ­stra cercano conforto in «Eu ­reka », i collezionisti si scam ­biano annate di « Rip Kirby », « Braccio di Ferro » e « Capi ­tan Cocoricò » (in lingua ori ­ginale) . Naturalmente le ipotesi di consumo (e le eventuali ricer ­che di mercato) non possono fondarsi su schemi tanto ri ­gidi. Lo psicologo, anzi, ci spiega che spesso sono pro ­prio i più miti a immaginarsi travestiti da Diabolik, e i più frustrati a sognarsi circonda ­ti da disinvolte Teodore e da sofisticatissime Valentine; e l’esperto di comunicazioni di massa ci dirà che esistono va ­ri atteggiamenti, di fronte al fumetto; tutta una gamma di possibili « letture », varianti da quella di chi « ci crede » e frequenta il mondo di « Goldrake » identificandosi col personaggio, a quella snobi ­stica di chi consuma gli albi di « Isabella » per farsi quat ­tro risate alle spalle di qual ­che povera ragazza rosicchiata dai topi o per mostrarsi ag ­giornato con la moda kitsch.

In un modo o nell’altro, i fumetti sono letti da molte più persone di quante non li acquistino e rappresentano un fenomeno commerciale e sot ­toculturale che non si può li ­quidare con brusche condanne o con atteggiamenti troppo distratti: queste pubblicazioni traducono in immagini sem ­plici ì miti della società nella quale circolano e le restitui ­scono, con elementare since ­rità, quello che essa è capace di dare. Si tratta, nella mag ­gioranza dei casi, di « rispo ­ste » non elaborate, di inter ­pretazioni acritiche dei senti ­menti di un ipotetico « let ­tore medio ». Per questo ci è sembrato abbastanza interes ­sante un rapido esame dei va ­ri campi d’azione del fumetto. Senza la pretesa di aggiungere nulla agli studi approfonditi svolti nel settore da sociolo ­gi, psicologi e tecnici dei mass-media, riferiamo al let ­tore (che vorrà perdonarci i molti paradossi) i risultati della nostra indagine, che in ­tende fare da premessa al tema dei rapporti tra fumet ­ti « audaci » e pubblicazioni « tradizionali », al quale dedi ­cheremo il prossimo articolo. (1)

1) La politica. « Che i co ­siddetti fumetti per adulti â— leggiamo su un numero della rivista Terzo Mondo â— siano spesso abbondantemente com ­penetrati di un rozzo spirito razzista è cosa da tempo ri ­saputa. Quanto ignoravamo anche noi è che anche i fu ­metti per ragazzi sono un vei ­colo di razzismo. Anche l’ap ­parentemente innocuo Pape ­rino di Walt Disney è un in ­sospettato veicolo di diffusio ­ne dei più squallidi pregiudizi e dei peggiori stereotipi ag ­gressivi, razzisti e classisti, della società che lo esprime ». Le pesanti accuse, in realtà, non ci sembrano sufficiente ­mente comprovate dalla « ci ­tazione » che segue questo te ­sto: una « striscia » nella qua ­le Paperone accusa un certo Billy Bull di essere « indegno della carica » in quanto discendente dal pellerossa Toro Seduto.

Esistono, al di là di queste interpretazioni eccessivamente sottili, riferimenti politici ben più espliciti. In epoca gollista, molti videro nelle lotte fra Asterix e i Romani una chiara allusione al braccio di ferro intrapreso dal Generale con gli Stati Uniti, tanto più che, nello stesso periodo, gli albi dell’ultranazionalista Michel Vaillant ospitavano (per la prima volta nella storia del fumetto postresistenziale) fi ­gure di atleti sovietici estre ­mamente simpatici e positivi. Ma anche queste sono sfuma ­ture da persuasione occulta, di fronte (per esempio) a un fumetto italiano di qualche anno fa, che rappresentava gli onorevoli Fanfani e Moro nel ­le vesti di criminali spaziali con tanto di orecchie d’asino e divise d’ispirazione nazista Oggi (malgrado le recenti au ­tocritiche) a nessuno verreb ­be in mente di sbeffeggiare il leader della rivoluzione cuba ­na facendone un personaggio comico chiaramente ricono ­scibile sotto il nome e la bar ­ba di Sidel Lustro, ma è an ­che vero che (probabilmente con opposte intenzioni) la fi ­gura del « Che » Guevara è stata recentemente rievocata in una serie di albi a base di « Mil diablos! » e dì altre irriguardose gigionerie.

Da Njxon a «Pompidel »

I «cattivi » (spie nemiche, feroci sabotatori) erano un tempo « i russi », ovvero i « maledetti rossi »: oggi si ma ­nifesta una forte tendenza a colpire gli orientali, con un significativo ritorno alla tradizione postbellica degli «sporchi musi gialli ». I ber ­sagli dei fumetti, del resto, sono omogenei soltanto al li ­vello dei prodotti meno qua ­lificati: le pubblicazioni di élite discriminano amici e ne ­mici attraverso precise scelte ideologiche (le quali, tuttavia, non impediscono a Linus di pubblicare, accanto alle « stri ­sce qualificanti » di Feiffer e Copi â— feroci censori di Nixon e « Pompidel » â— le opinioni di Lil’Abner-Al Capp, forte ­mente ironiche nei confronti di pacifisti e progressisti ame ­ricani). L’impostazione gene ­rale dei fumetti segue, comun ­que, un blando e imparziale qualunquismo.

2) La società e i Valori. Un denominatore comune esiste: chi vince ha ragione, chi ha ragione (in genere) vince e la vittoria è, nella maggioranza dei casi, identificata con il conseguimento di un obietti ­vo economico, erotico, di pre ­stigio o, più semplicemente, con il compimento di una missione affidata al protago ­nista da un’autorità superio ­re. Al di là di questa elemen ­tare constatazione occorre fa ­re una distinzione di fondo: la società dei fumetti per ra ­gazzi è frutto, il più delle volte, di una visione idillica della realtà, ma è, approssi ­mativamente, « autentica »; nelle pubblicazioni per adul ­ti, invece, la società è cla ­morosamente falsa e piena di connotazioni pessimistiche

La doppia morale

Proviamo a collegare questi dati con un altro elemento di ­scriminante:   i giornali per ragazzi comunicano (nelle intenzioni) una serie di valori positivi » (giustizia, generosità, dominio delle passioni), mentre i fumetti per adulti esprimono proprio il contrario (violenza premiata, per ­versione esaltata, ingiustizia trionfante). La somma con ­sente una deduzione abba ­stanza ovvia: i ragazzi aspi ­rano ad inserirsi e gli adulti a evadere; ma denuncia an ­che il persistere di una « dop ­pia morale » che impone ai più giovani modelli di com ­portamento illusori e valori nei quali la società matura ha cessato di identificarsi.

3) Il linguaggio. Anche qui assistiamo a un curioso feno ­meno di sdoppiamento. I te ­sti dei migliori fumetti per ragazzi (come il « Corriere dei Piccoli » e « Topolino » ) sono molto accurati, attenti alla grammatica e alla sintassi. Con Jacovitti il « Corriere dei Piccoli » offre addirittura una gamma di invenzioni lingui ­stiche esilaranti e di alta qua ­lità creativa. Quanto alla lin ­gua delle pubblicazioni per adulti, eccone alcuni saggi Italo-iberici) tratti da una recente avventura di « Isabel ­la, la duchessa dei diavoli »: « Como ultima cosa, vorria saber porche non me ha dicio en seguida del naufragio coll’embarcation Caronte »; « Ve scorterò, ma a la condicione che me aiuterete nel rapimiento de una nobile de cui soi enamorado ». E in « Ange ­lica » il modo di parlare dello Sceicco Nero (« ora ti dico co ­sa sono i miei piani ») sareb ­be più facilmente perdonabile se il fumetto non si racco ­mandasse al lettore come una «libera riduzione e rielaborazione delle avventure di An ­gelica, principessa del Catay, tratte dall’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto ».

I ragazzi, insomma, devono imparare a leggere in buon italiano (e in inglese: sob, sigh, splash, mumble…); gli adulti possono farne a meno, dal momento che quello che conta è capirsi. Le discrimi ­nazioni didattiche, del resto, non si fermano alla gramma ­tica, ma presiedono all’impie ­go di vocaboli che ci è impos ­sibile riferire e che nei perio ­dici per ragazzi non compari ­ranno mai. Peccato che, a di ­fetto di ogni precauzione, nessuno possa impedire ai più giovani di documentarsi sulle lotte di Helga, « stretta nella morsa di due saffiche guerrigliere » o sui turbamenti di Lucrezia.

Ancora più evidente è la « doppia morale » che è possi ­bile estrarre dai commenti che accompagnano l’inevita ­bile castigo dell’antagonista. Gli albi per bambini assumo ­no, nella circostanza, atteg ­giamenti edificanti ed espres ­sioni solenni: « Pagherai il fio delle tue malefatte », « Questo ti serva di lezione », « Impare ­rai a non turbare il sonno de ­gli onesti cittadini ». Nel mon ­do dei fumetti neri, invece, la fine atroce del nemico debel ­lato è accompagnata soltanto da concise esortazioni (« Cre ­pa! », «Muori! ». «All’infer ­no! ») ed è postillata da epi ­taffi generalmente ingenerosi (« Dannato bastardo », « Ver ­me schifoso », « Immonda ca ­rogna »). Così sparisce, nelle evasioni piccolo borghesi dei « grandi », anche quel minimo di fair play nei confronti del ­l’avversario battuto, appreso con tante perplessità durante le ore di educazione fisica.

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(1) Purtroppo non sono ancora riuscito a trovare questo articolo.


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