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FUMETTI: Jeff Hawke

27 Giugno 2010

[da: “Enciclopedia dei fumetti”, a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970]  

L’AUTORE    

SIDNEY JORDAN   –   Scozzese   di     Dundee,     nato circa     quarant’anni     or     sono     (a     questo     propo ­sito è imprecisa la sua stessa agenzia di stam ­pa,     che     ne   elasticizza     la   data   di     nascita   tra il     1929     e     il     1931),     dimostrò     un     precocissimo interesse sia per il disegno sia per la fantasia utopica: viaggi spaziali, marchingegni futuristici, ecc.   Nel     primo   cominciò   a   sbizzarrirsi   davanti agli     increduli     genitori     su     qualsiasi     foglio     di carta   bianca   che   gli   capitava   tra   le   mani   già quando non aveva che quattro anni.   I   secondi li fantasticava,   inventando   intrecci   e storie ca ­paci   di   lasciare a   bocca   aperta   i   parenti   e   i loro amici. Un bimbo prodigio? Certamente do ­tato     di     una     fantasia     e     di     una     immaginazione di molto superiore alla media. Aveva dieci anni quando   cominciò   ad   alternare   la sua   passione per   i     biscotti     al     cioccolato     (una   golosità   che gli     è     rimasta     ancora     oggi)     con     l’hobby     della costruzione di modelli di aeroplano.   Fase inter ­locutoria     che     doveva       prepararlo     al     suo       in ­gresso,   come   studente   di   disegno,   nella   Miles Aeronautica!   Technical   School   di     Reading,   nei pressi   di     Londra.     Ne     uscì     con     un     diploma   e, quel che più conta agli effetti del suo futuro di cartoonist, con le idee ancora più chiare su di un     progetto     che   cominciava     a     prendere   sem ­pre più posto nella sua mente. Aveva pressap ­poco     vent’anni     quando     lasciò     i     corsi     e     fece ritorno nella sua Dundee, in Scozia. Si aggregò ai     componenti   di     un     art   commercial   studio e mentre creava bozzetti pubblicitari l’idea di dar vita    disegnata     a     Jeff     Hawke     assumeva     con ­torni chiari e precisi. Dopo quattro anni, decise di fare il gran salto. Si trasferì a Londra, dove avrebbe     potuto     ampliare     i       propri       programmi professionali,   sicuro   di   spuntarla.     Fu   fortunato. Quando ancora,   cartella sotto   il   braccio gonfia di   fogli   disegnati,     girava     le   agenzie     in     cerca di una iniziale sistemazione, si incontrò con due amici,   ex appartenenti alla R.A.F.,   Eric Souster e     Jim     Gilbert.     Ne     nacque     un     sodalizio     che doveva     completare     nei     suoi     definitivi     contorni il     progetto   di     Sidney   Jordan:     la     creazione     di una   storia     disegnata   di     alta   fantascienza,     ca ­pace cioè di distaccarsi da ogni modello pree ­sistente   e     di     rivolgersi     a     un     pubblico     adulto, colto   e   preparato. Jeff Hawke, terrestre di   co ­muni   fattezze,     lontano     dalle     « fotogenie »     divistiche     di     Flash     Gordon     e     di     Brick     Bradford, privo   di     uniformi     o   di   caratteristici     costumi     e vestito   di .un   comune   abito     borghese   con     ca ­micia   e   cravatta   (quando   non     indossa     la   tuta d’astronauta), fornito comunque di una non co ­mune preparazione tecnica e di una mente lo ­gica     e     razionale,     era     nato.     Insieme     natural ­mente     ai     personaggi     che     gli     sarebbero     stati messi   al     fianco     (per   esempio     il     suo   amico   e alter ego Mac MacLean). Si decise che le sto ­rie, ambientate nel futuro e nelle abissalità del cosmo tra esseri grottescamente diversi da noi ma dall’intelligenza   prodigiosamente sviluppata, si     sarebbero     alternate,     in     minor     misura,     con altre     situate     ai     confini     della     magia,     del     fan ­tastico. I bozzetti e i progetti furono offerti nel 1954 al Daily Express, che non solo li acquistò ma volle di essi e di ogni lavoro futuro l’esclusiva. All’equipe di Jordan si era comunque aggregato un altro personaggio, William Patterson, con il compito di dare forma narrativa sotto l’aspetto di sceneggiature fornite di dia ­logo alle idee che via via maturavano nella mente del vero, unico, creatore di Jeff Hawke. Due anni prima Sidney Jordan si era sposato con Faye Hazel Everest, nativa della Nuova Zelanda. Dall’unione era nata una bimba cui fu imposto il nome di Fiona. Le rendite del cartoonist sono oggi cospicue. Le sue storie, attendibili pur nella cornice accesamente futu ­ribile in cui si svolgono, sono vendute in molti paesi, e l’autore, sempre fedelissimo come si è detto ai biscotti al cioccolato, smesso da quando era appena un ragazzo l’hobby per la costruzione di modelli di aerei, ha assunto quello per le auto (vere) di altissima velocità. Ne possiede una collezione, che ovviamente allarga e ricambia mano a mano che si affac ­ciano sul mercato nuovi modelli. Almeno in Inghilterra si dice che la lettura quotidiana delle strisce di Jeff Hawke equi ­valga per i cittadini adulti a una regolare por ­zione di droga ipnotizzante. Spiegazione figu ­rata per dire che l’abitudine di leggerle a tavola, durante la colazione, è divenuta un rito quando gli occhi arrivano ai quadretti dise ­gnati in cui agisce Jeff Hawke, pazientemente sopportata dalle mogli situate all’altro capo della tavola, con il giornale che fa da schermo tra esse e i mariti in… trance. Come si vede, il più recente « grande » fumetto di fantascienza si è già aureolato di leggenda. Leggenda che trae comunque origine dal suo indiscusso, in ­negabile, inconfutabile successo presso lettori che si accostano a esso – come merita -con rispettosa attenzione.  

IL PERSONAGGIO    

JEFF HAWKE – Ci sono voluti, grosso modo, cinquant’anni perché dalla Gran Bretagna, pa ­tria di Herbert George Wells considerato, a ra ­gione, il padre della moderna fantascienza, uscisse un fumetto «adulto » dedicato al ge ­nere. Nel 1954, anno in cui il disegnatore Sidney Jordan diede alle stampe l’inizio della prima storia con la sua creatura di inchiostro di china, il fumetto inglese di contenuto avve ­niristico aveva già espresso alcuni personaggi, come per esempio Garth di Stephen Dowlin e Dan Dare di Don Harley e Frank Hampson. Il primo rifatto in qualche modo sulla scorta dei superman americani (privo comunque di « divisa », di tute e mascherine sul volto), il secondo già svincolato dal cliché « imposto » negli anni trenta con il Flash Gordon di Alex Raymond, su binari meno fiabeschi e più tec ­nologici, passato attraverso una mutazione dalle sue origini… femminili (e poliziesche). Da essi, e da un altro pur dignitoso comic tecno-mitolo ­gico nato nel Regno Unito, Trig di Mike Butter-worth, si distacca nettamente la striscia di Jeff Hawke. Si rivolge innanzi tutto a un pubblico adulto, già aduso ai linguaggi e agli aforismi scientifici, familiarizzato inoltre con la più ac ­creditata narrativa di science-fiction. Non a caso, infatti, si è ripetutamele fatto, a pro ­posito di Jeff Hawke, il nome di scrittori di ­versi come Ray Bradbury, Isaac Asimov, Arthur C. Clarke. De! primo questo fumetto ha il senso del fantastico, del magico, del barocco; del secondo un umorismo a fior di pelle, appena accennato, godibilissimo; del terzo la consa ­pevolezza che non siamo soli nell’immensità galattica, che al di là del sistema solare vi sono forme di vita intelligenti, probabilmente molto superiori a noi e non ostili nei nostri confronti, poiché senza questa raggiunta sag ­gezza da tempo, con i loro ordigni d’annienta ­mento, si sarebbero autodistrutte. In più vi è il disegno, di un realismo affascinante, giocato con i! pennino sui chiaroscuri. Chi è in definitiva Robert Jeffrey Hawke, abi ­tante a Kensington (Londra) in Church Street? « Un uomo tecnicamente colto, e soprattutto dotato   di     una     notevole     intelligenza     intuitiva », come giustamente lo descrive G. B. Zorzoli pre ­sentandolo     nel     1965   ai     lettori     italiani.     Ha     un compagno di avventure, siano esse ambientate nel cosmo, sia che si svolgano su questa terra, per spedizioni   scientifiche, di   nome Mac Mac-Leod,   il   quale   non somiglia affatto agli   scien ­ziati Kalla Kopak o Zarro di antica conoscenza, bensì     è     una     specie     di     suo     alter   ego.     Della équipe scientifica di Jeff Hawke fa pure parte, talora, una donna, Laura, la cui struttura men ­tale e psichica si presta duttilmente a captare messaggi     telepatici     che     esseri     di     altri     mondi inviano sulla Terra tramite creature solitamente definite   mostruose   nella space opera di taglio avventuroso   tradizionale.   Apparentemente   sono infatti « mostri » tutti gli esseri che Jeff Hawke incontra     nelle     sue     trasferte     galattiche,     sorta di animali e insetti incrociati con l’uomo come mutanti   usciti   da   una guerra   nucleare:   citiamo per     tutti     Occhione,     ovvero     Kolvorok,     che     è appunto   un   enorme occhio   munito   di   cascanti pendagli che vaga sospeso dal suolo. Crogiuolo di mille razze che trova il proprio epicentro in Galactopolis,     città     o     pseudo     tale     situata     nel ­l’Universo stellare di cui è la capitale, dove si trova pure la Federazione Intergalattica che go ­verna secondo saggezza la vita nel cosmo. In ­fatti     quelle     creature     considerano     sprezzante ­mente     i     terrestri     dei     primitivi.     Sono     prodigio ­samente sviluppati nell’intelligenza e quindi nel loro     bagaglio     scientifico.     Dal     comportamento di essi sprizza quella cifra di paradossale umo ­rismo cui si è già accennato. Protagonista, tra tanti     comprimari,   è     un     astuto   simpatico     lesto ­fante,   Chalcedon.   Di   lui Jeff Hawke   una volta è stato,   contro   la sua volontà e trasportato di peso   a   Galactopolis,     « avvocato   difensore »     in un processo che si risolse nel nulla per la fuga lungo     le   correnti     spaziali     dell’accusato. Tutto sommato Jeff Hawke â— oltre a essere il protagonista   di     avventurose     imprese     ricche     di suspense   e venate   di   sorprendente   e   raffinata ironia â— è   un   buon   conoscitore   dei     problemi tecnologici e un uomo sveglio e astuto, che vive in     un     futuro     ancora     lontano,     quando     cioè     si suppone     che     i     terrestri     abbiano     già     stabilito un   contatto   diretto     con     creature     intelligenti     e più evolute di altri pianeti, i quali li considerano niente     più     che     dei     « primitivi ». Questa contaminazione di scientismo e di fan ­tastico     sfocia     talora     in     racconti     che     pur   te ­nendosi     rigorosamente   agganciati   a   teorie   ac ­creditate     dalla     scienza     si     aureolano     di     una affascinante cifra « insolita » sulla quale domina la     magia,     l’occultismo,     l’arcano     superstizioso, la parapsicologia,   la telecinesi. Jordan e il suo sceneggiatore William   Patterson sogliono darne inizio come parto di storie narrate da Lucifero alle sue demoniache creature degli inferi. Poche battute. Poi lo squarcio si allarga,   la leggenda inquietante prende forma e ci rammenta spesso di come la Terra ebbe modo di conoscere nei tempi andati presenze intelligenti sul suo suolo. In   un   intarsio   narrativo fatto   condurre da Jeff Hawke e     servito     da     un     disegno     egregio.     Un connubio che continua a mantenere questo fu ­metto sul gradino più alto finora raggiunto dalla così chiamata narrativa grafica di science-fiction.


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Bart