LETTERATURA: I MAESTRI: La gloria e gli spiccioli
12 Maggio 2008
Talvolta la pubblicazione può rivelarsi addirittura fonte di indebitamenti
di Corrado Stajano
[dal “Corriere della Sera”, domenica 24 novembre 1968]
I conti in tasca ai giovani scrittori. L’anticipo dell’edi Âtore è rimasto il protagonista delle scarse economie degli autori, la rivoluzione industriale del libro non ha modificato la situazione, la stessa, aristocratica, di trent’anni fa. L’ac Âconto allo scrittore che nella storia letteraria ha sempre dato spunto a tutta una novellistica è naturalmente un ter Âmine improprio: quelle due-trecentomila lire pagate all’au Âtore al momento della stipulazione del contratto rimangono infatti senza seguito, capita anche che lo scrittore, a conti fatti, debba restituire un po’ di denaro al suo editore. A un mercato più aperto, a una forse maggiore possibilità di pub Âblicare, non corrisponde affatto un miglioramento economico per il giovane che scrive, costretto, per campare, a fare i mestieri di sempre, il giornalista, il redattore editoriale, il traduttore.
Le testimonianze di giovani autori di romanzi, saggi e poesie concordano: ironiche, distaccate, un po’ dolenti, un po’ divertite. Dice Raffaele Crovi, 34 anni, capo dei servizi culturali della Rai-Tv di Milano, già redattore del Menabò di Vittorini, scrittore seguito con molta attenzione e con Âsenso dalla critica: «Per i miei primi due libri di poesia, La casa dell’infanzia e L’inverno, non ho guadagnato nulla, ho speso anzi 5O mila lire per regalare copie agli amici. Per il terzo libro, il breve romanzo Carnevale a Milano, ho ricevuto 50 mila lire dall’editore Feltrinelli: gli sono ancora debitore di ottomila lire. Per il quarto libro, II franco tira Âtore, romanzo pubblicato in primavera, ho avuto un anti Âcipo di 350 mila lire. Per l’ultimo libro, un volume di poesie, Fariseo e pubblicano, appena uscito da Mondadori, penso di non guadagnare nulla. Non ho chiesto anticipi per non esser costretto a restituirli ».
Un altro giovane scrittore, Giuseppe Bonura, 35 anni, ha fatto le stesse esperienze. Ha pubblicato da Rizzoli due ro Âmanzi, II rapporto e La doppia indagine, ha avuto un anti Âcipo di 290 mila lire per il primo, di 200 mila per il secondo. La collaborazione alle riviste rende pochissimo. Bonura, che ora fa il giornalista, collabora a Nuova presenza, Rendi Âconti, « per passione », dice. Una volta ha pubblicato un racconto su Paragone e ha guadagnato 20 mila lire.
Le percentuali dei contratti editoriali sono più o meno le stesse: dal sette al dieci per cento. Minori per i libri di avanguardia che hanno un mercato chiuso di autori-consu Âmatori (mille-millecinquecento copie di tiratura, cinquecen Âto di vendita); maggiori per certe opere di saggistica o per qualche collana di narrativa. Sergio Miniussi, 36 anni, col Âlaboratore della TV, traduttore, ha guadagnalo 250 mila lire col suo romanzo I peccati del corvo, pubblicato da Rizzoli; Piero Balestro, 30 anni, autore di Sesso e persona, un sag Âgio uscito l’anno scorso da Bompiani, ha firmato un contratto al dieci per cento. Sacerdote, vive insegnando reli Âgione al liceo « Galileo Ferraris » di Torino.
Un ultimo esempio: Ivan Palermo, 35 anni, autore di Storia di un armistizio (Mondadori), recente vincitore del Premio Acqui Storia, ha guadagnato dal suo libro, che ha avuto molto successo, un milione, con tre successivi anticipi. Palermo, che abita a Roma dove fa il giornalista, ha scritto il libro su commissione: 7,5 per cento di percentuale sulle prime diecimila copie, 10 per cento sulle successive. Palermo è ottimista: dice che al giovane scrittore possono venire, do Âpo la pubblicazione, altri vantaggi, inviti a scrivere libri e a collaborare ai giornali.
Oltre ai premi sono fonti di reddito i settimanali fem Âminili e quelli erotici che, senza discutere troppo, retribui Âscono un racconto centomila lire. Il sindacato scrittori, poi concede un prestito fino a trecentomila lire (restituibile in dieci-dodici rate) a un giovane che stia scrivendo un libro e che abbia l’avallo di due soci. « Si parla più di libri di una volta, la situazione è un po’ migliorata, ma i problemi di fon Âdo di chi comincia a scrivere non sono cambiati », dice Li Âbero Bigiaretti, segretario del sindacato.
Il rapporto fra editore e giovane autore è rimasto insom Âma paternalistico: la pubblicazione è la vera retribuzione, l’anticipo ha solo il significato di un dono. L’autore, d’altra parte, sa benissimo che il più delle volte l’editore, col suo libro, semina per l’avvenire, senza guadagnare nulla per il presente e deve accettare senza discutere le condizioni che gli vengono imposte. I giovani scrittori italiani sono dunque per necessità scrittori serali e domenicali. Dopo il ’61, ai tempi del boom della narrativa, i giovani scrittori erano ri Âcercati, vezzeggiati: i talent-scouts battevano la provincia e la campagna e, come gli allenatori ai margini dei campetti di periferia, scrutavano i nuovi Bassani, i nuovi Cassola. Le collane editoriali erano diventate un po’ come i festival di Castrocaro, voci nuove pronte per Sanremo. Ora, con il ro Âmanzo in coda alle vendite e la narrativa che sta attraversan Âdo una crisi di fondo, il libro ha perso molta della sua mi Âtologia e non è più, come una volta, in cima alle aspira Âzioni dei giovani. Dice Moravia: «I giovani di oggi, per esprimersi, hanno voltato le spalle al romanzo e hanno scel Âto la macchina da presa: Bellocchio, Samperi, Faenza sono dei veri e propri narratori, i più nuovi ».
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