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I pm di Palermo fanno quadrato “Siamo sempre stati corretti”

16 Ottobre 2012

di Salvo Palazzolo
(da (“la Repubblica”, 16 ottobre 2012)

PALERMO – “Noi abbiamo la coscienza a posto”, dice il procuratore aggiunto Antonio Ingroia: “Ci siamo comportanti correttamente. I nostri atti, ormai depositati, parlano per noi: non abbiamo mai sospettato di tentativi di interferenze da parte della presidenza della Repubblica, istituzione nei confronti della quale abbiamo sempre espresso il massimo rispetto. Un rispetto che riteniamo sia dovuto anche a noi”. Il sostituto procuratore Nino Di Matteo ribadisce: “Abbiamo sempre agito con un unico intento, la ricerca della verità. Senza pregiudizi e ostilità nei confronti di nessuno, ma anche senza atteggiamenti di timore che potrebbero pregiudicare la nostra ricerca”.

I pubblici ministeri di Palermo che indagano sulla trattativa mafia-Stato sono rinchiusi da ore in una stanza al secondo piano del palazzo di giustizia, stanno preparando gli ultimi documenti in vista dell’udienza preliminare del 29 ottobre. Quel giorno, dodici persone saranno chiamate sul banco degli imputati: da una parte capimafia del calibro di Totò Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella; dall’altra, uomini delle istituzioni come gli ex ministri Nicola Mancino e Calogero Mannino, il generale Mario Mori e il senatore Marcello Dell’Utri. Nei 120 faldoni dell’atto d’accusa ci saranno anche le telefonate fra Mancino e il consigliere del Quirinale Loris D’Ambrosio.
Ma in quelle telefonate D’Ambrosio è finito davvero per caso: i pubblici ministeri di Palermo e la Dia tenevano sotto controllo i telefoni cellulari dell’ex ministro dell’Interno Mancino, all’epoca ancora testimone dell’inchiesta, ma sospettato di non dire la verità sui mesi drammatici del 1992. Il 25 novembre 2011, fu proprio Mancino a cercare D’Ambrosio: aveva appena ricevuto una citazione dei magistrati di Palermo, che volevano nuovamente interrogarlo. Ed era infastidito: “Il solito Di Matteo”, sbottò. “Non sono indagato, ma ho il timore…”. E quella fu la prima di otto telefonate di Mancino a Loris D’Ambrosio. Dice oggi Antonio Ingroia: “Ci sono dei provvedimenti autorizzativi di un giudice per quelle intercettazioni sulle utenze di Mancino, che sono state dunque perfettamente legittime”.

Dopo le intercettazioni, D’Ambrosio fu convocato come testimone dai pm, che volevano chiedergli conto di quei dialoghi con l’ex ministro. Per il consigliere del Quirinale era la seconda audizione a Palermo in 57 giorni. Ingroia ribadisce: “Venne convocato in entrambi i casi come persona informata sui fatti. Non c’è stato alcun accanimento. Ma poi quale accanimento potrebbe esserci nei confronti un testimone? Non riesco proprio a immaginarlo”. Il coordinatore dell’indagine sulla trattativa mafia-Stato tiene a dire piuttosto: “C’era un rapporto di stima professionale e personale con Loris D’Ambrosio. E questa stima non è mai mutata”.

Antonio Ingroia è appena tornato dal Guatemala, dove è rimasto una settimana, per preparare il suo trasferimento nell’ufficio dell’Onu da cui dovrà occuparsi di criminali del vecchio regime e di narcos. La partenza dall’Italia è ormai prevista per metà novembre. Ma, intanto, il magistrato continua a coordinare alcune delicate inchieste che ruotano attorno alla trattativa. Spiega: “Da tempo, ormai, c’è un percorso importante intrapreso da vari uffici giudiziari”. Ed è anche un modo per smentire i contrasti fra le Procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze, di cui anche D’Ambrosio parla nella sua lettera. “Io tutti questi contrasti non li ho percepiti”, dice Ingroia: “In tempi piuttosto risalenti ci sono state delle divergenze di opinioni, che dopo i confronti e le riunioni alla direzione nazionale antimafia sono state superate. Ecco perché dico che da tempo, ormai, si procede su binari paralleli ma coordinati”.

La riunione in Procura sta per riprendere. Nel pool ci sono anche Francesco Del Bene, Lia Sava e Roberto Tartaglia. Si aspettano una sfilza di eccezioni all’udienza del 29: gli avvocati puntano a dividere le posizioni dei boss da quelli degli uomini delle istituzioni, e trasferire dunque una parte del processo a Roma. Alla prima udienza, nell’aula bunker del carcere di Pagliarelli, ci sarà anche Ingroia: “Troppo spesso le mie parole sono state equivocate”, dice prima di chiudere la porta del suo ufficio. “Una sola cosa mi sta a cuore, la ricerca della verità: nessuno dovrebbe ostacolarla. E ciascuno dovrebbe fare la propria parte, secondo il ruolo che svolge nella società e nelle istituzioni”.


I prof tassatori? O sono bugiardi o sono marziani
di Maurizio Belpietro
(da “Libero”, 16 ottobre 2012)

«Criticare la manovra è un suicidio: i tagli dell’Irpef danno speranza alle famiglie ». Così parlò il ministro dell’Economia Vitto ­rio Grilli, l’uomo che ha in mano i nostri conti e dunque anche i nostri destini. Ora, conosco poco Grilli e dunque non posso sapere quali famiglie frequenti, se quella americana dell’ex moglie che lo ha messo nei guai con Finmeccanica o altre. Sta di fatto che io un certo numero di famiglie del ceto medio le tengo d’occhio – più per ra ­gioni private che per questioni statistiche – ma nonne ho notata nessuna gioire dopo il varo della legge di stabilità. Né fra la ristret ­ta cerchia di amici che frequento ho visto a nessuno dipingersi sul viso la speranza di un futuro migliore come lascia intendere il numero uno di via XX Settembre a Roma, sede del ministero delle Finanze. Da quel che posso rilevare, i miei conoscenti hanno in faccia gli stessi segni di incertezza che colgo da mesi, perché molti di loro non sanno se avranno un posto di lavoro anche l’anno prossimo e, soprattutto, non sanno di che morte dovranno morire a causa dell’inasprimento delle nonne fiscali.

Come detto, conosco pochissimo il re ­sponsabile dell’Economia, tuttavia dopo quanto egli ha dichiarato comincio a preoccuparmi perché le frasi da lui pronun ­ciate denotano o un assoluto distacco dalla realtà di chi regge i

cordoni della borsa oppure una altrettanto preoccupante propensione a sparare palle. Come si fa infatti a dire che grazie al rimodulamento dell’Irpef deciso dal governo le famiglie italiane avranno più speranza? Di fare che cosa, di grazia? Persone più esperte di me, come ad esempio il professor Paolo Manasse dell’Università di Bologna, hanno stimato che in seguito all’abbassamento di un punto delle aliquote fiscali più basse (22 e 27 per cento) chi guadagna 10 mila euro l’anno avrà un beneficio pari a zero euro, mentre le famiglie con 20 e 30 mila euro avranno una capacità di spesa ri ­spettivamente di 68 e 52 euro. L’anno, ovviamente. Il che equi ­vale a circa 5 euro e 60 centesimi

ogni trenta giorni se si ricevono 1200 euro il mese, e 4 euro e 30 centesimi se lo stipendio è miglio ­re. Qual è il motivo per cui gli ita ­liani che si trovano in queste con ­dizioni dovrebbero gioire? Perché per cinque giorni su trenta po ­tranno permettersi un caffè in più di quelli che fino a ieri il magro sa ­lario consentiva?

Uguali domande me le faccio a proposito di altre misure allo stu ­dio del governo, in particolare ri ­guardo a quelle che consentono di tassare l’assegno di invalidità. In Italia, come è risaputo, se ne erogano molti e non tutti giustifi ­cati, non a caso carabinieri e fi ­nanzieri hanno scoperto finti cie ­chi e storpi immaginari che se la spassavano ritirando ogni mese la pensione sociale. Se l’handicappato è un imbroglione e vive a sbafo è giusto punirlo. Ma se inve ­ce è una persona che la vita non ha premiato nel fisico, perché il fisco si deve accanire? In genere si tratta di uomini o donne che non hanno grandi fonti di reddito, ciò nono ­stante le misure varate dal nostro esecutivo prevedono che, nel ca ­so l’invalido superi il tetto massi ­mo dei 15 mila euro l’anno, l’asse ­gno che gli viene erogato dall’Inps per il suo handicap sia tassato. Ma sa Grilli a quanto equivalgono 15 mila euro lordi? A circa mille euro il mese, coni quali l’invalido dovrà provvedere a pagare un affitto se non ha una casa di proprietà, sal ­dare le bollette, mantenere una badante che lo aiuti e poi, se avan ­za qualcosa, anche mangiare. Se ­condo Grilli è un privilegiato? Uno di quelli che grazie alla delega fi ­scale si vede restituire la speran ­za? Se la risposta è sì, abbiamo ca ­pito tutto e cioè che al ministero dell’Economia non sanno chi so ­no i contribuenti italiani e fra qua ­li difficoltà si dibattono. Se invece il responsabile delle Finanze pro ­pende per il no, c’è da domandar ­si come mai abbia deciso di tassare i 400 euro che l’ente assisten ­ziale eroga a chi ha bisogno di ac ­compagnamento o altro.

Siamo messi così male da non avere più un euro se non limando la pensione agli invalidi? Oppure più semplicemente non si ha il co ­raggio di tagliare le alte spese della macchina statale? La Corte costi ­tuzionale ha stabilito che imporre un prelievo di solidarietà a carico dei magistrati e degli alti papaveri della burocrazia pubblica non ri ­sponde ai criteri di equità, auto ­nomia e indipendenza previsti nella Carta su cui si fonda la nostra Repubblica. Bene. Sgraffignare un po’ di soldi alle persone che hanno bisogno di una badante perché altrimenti non sono in grado di deambulare da sole, in ­vece, è un provvedimento che rientra a pieno titolo nella nostra Costituzione? Intendiamoci: non voglio polemizzare. Cerco solo di capire se siamo governati dai marziani o dai predoni. Così, tan ­to per regolarmi.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart