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Il discorso di Napolitano secondo Dagospia

31 Dicembre 2012

Ci ha pensato Roberto D’Agostino ad anticipare qui il tradizionale discorso che Napolitano avrebbe dovuto tenere stasera a reti unificate, ma che si guarderà bene dal farlo, raccontandoci invece un’altra storia. Una storia lontana dalla verità.

Dirà le solite scontate geremiadi: un anno fa l’Italia era sull’orlo del baratro e il governo liberamente eletto dai cittadini doveva passare la mano ad uno nominato direttamente da lui, affinché salvasse l’Italia. Ci dirà che così è avvenuto infatti, e che lo spread ha smesso di correre all’insù proprio all’indomani della sua scelta illuminata e sovrana. Ci dirà che i sacrifici, sebbene durissimi, ci hanno consentito di superare   il momento più delicato e ora possiamo guardare al futuro con maggiore serenità. Trascurerà ovviamente di dirci che il debito pubblico ha superato i 2 mila miliardi di euro, che il Pil è in picchiata, che le aziende chiudono a decine ogni giorno, che le famiglie non riescono a pagare le rate del mutuo e le loro proprietà sono messe all’asta dalle banche (solo a Lucca – fonte La Nazione del 30 dicembre – sono state messe all’asta ben 400 abitazioni. Figuriamoci su scala nazionale!). Ci dirà che i giovani cominciano a trovare lavoro, e che basterà pazientare ancora un poco e il futuro diventerà roseo anche per loro.

Invece, come scrive Dagospia, dovrebbe chiedere scusa a tutti noi per i pasticci che ha combinato negli ultimi due anni del suo mandato. Anche per lui, puntuale, è arrivata però la nemesi. Lo ha colpito proprio quando egli aveva creduto di trovarsi solidamente assiso sul suo trono e risplendente del suo massimo fulgore. Lo ha fulminato mentre il suo pensiero era già rivolto alle glorie che la Storia avrebbe cantato per lui fino al termine dei secoli.

Se ne va, invece, avendo sparso macerie dappertutto. Perfino il suo partito pagherà il conto della sua presunzione e del suo colpo di testa allorché accettò Mario Monti. Mario Monti, infatti, la pecorella che avrebbe dovuto essere strumento docile ai suoi comandi, ha mostrato all’improvviso il suo vero volto e gli si è rivoltato contro. Gli ha fatto maramao, ridicolizzando la sua ingenuità e mostrando a tutti quanto altri poteri siano assai più scaltri di lui. È stato giocato come un bambino che crede agli asini che volano.

Nulla gli è riuscito, salvo prostrare ai suoi piedi quei parrucconi della consulta, dai quali ha ricevuto su di un piatto d’argento il regalo più atteso: la distruzione dei nastri che contengono le sue scottanti telefonate con Nicola Mancino, indagato nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Ma sappia il nostro capo di Stato che, nonostante lo sgambetto fatto dalla consulta alla verità,  essa è destinata ad emergere, ad onta di tutti coloro che hanno usato ogni mezzo per nasconderla agli italiani.

Così il vaso sarà ricolmo, e solo allora, sprofondati nella desolazione più cupa, si potrà sperare in un nuovo rinascimento.


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Bart