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Insisto. Una politica spartana

12 Aprile 2012

Ieri a Porta a Porta mi è piaciuto Antonio Di Pietro. Ha detto papale papale che il suo piccolo partito ha in cassa una cifra di circa 10 milioni di euro, e che ugualmente in attivo, e che attivo!, sono tutti gli altri partiti. Per cui si può benissimo rinunciare alla distribuzione prevista per fine giugno di altri 100 milioni di rimborsi elettorali. Ha ricordato il referendum che cancellò il finanziamento pubblico ai partiti e che la legge che cambiò nome al finanziamento, definendolo d’allora in poi “rimborso elettoraleâ€, è stata un imbroglio.
Comunque il minimo che si deve fare – propone – e di ridurre di due terzi il rimborso attuale.

Mentre diceva a Vespa queste cose, arrivava una notizia d’agenzia (Ansa) la quale informava che l’ABC aveva deciso di rinviare di qualche mese la decisione di rinunciare o meno ai residui 100 milioni di rimborso e che nessuna riduzione era stata decisa circa l’attuale esosa misura.
Dunque la maggioranza Pdl, Pd e Terzo Polo va avanti sorda alle esigenze del Paese e alle richieste dei cittadini.
Così avviene pure per la legge elettorale, che sta per espropriare, come già era nella prima Repubblica, la sovranità popolare. L’elettore non deciderebbe un bel niente e premier, maggioranza e programma verrebbero decisi dopo il voto.

Anche qui Di Pietro mi è piaciuto e ha ribadito il suo pieno sostegno al bipolarismo, ossia ad un sistema elettorale che faccia decidere all’elettore premier maggioranza e programma. I sondaggi in quel momento davano al suo partito una percentuale vicina a quella dell’Udc. Mentre se l’Idv avesse fatto delle alleanze la percentuale sarebbe scesa come minimo di 2/3 punti. Perciò – ha commentato   – il mio partito avrebbe tutto da guadagnare da una legge proporzionale, rifiutando le alleanze prima del voto, e tuttavia l’Idv non sacrifica l’idea del bipolarismo, giacché ritiene importante che l’elettore sappia in anticipo che cosa lo aspetterà dopo il voto.
Su tutti questi punti come dargli torto?

Ma i partiti più grossi, il terzetto Pdl, Pd e Terzo Polo, vanno avanti per conto e a modo loro.
La politica, chiusa in una torre d’avorio, ha fatto assai poche concessioni ai cittadini, e i suoi privilegi sono rimasti pressoché inalterati.

Se vogliamo dare una interpretazione ai fatti suindicati, una sola è possibile, e solo essa rende ragione dei comportamenti viziosi della attuale maggioranza. Potere e denaro. Questi sono i valori che governano nel nostro Paese il mondo della politica. Ad essi ambiscono soprattutto i partiti e gli uomini che contano. In forza della suggestione esercitata tanto dal potere quanto dal denaro, costoro hanno calpestato la vera politica e emarginato gli interessi della Nazione e dei cittadini.

A mio avviso, sono perfino arrivati ad un tale livello di contaminazione che non è possibile (né varrebbe la pena farlo) recuperarli a quello spirito di servizio necessario e primario per governare una Nazione. Sono perduti per sempre.
Tra i pochi che si potrebbero salvare, già lo scrissi, ci potrebbe essere Antonio Martino, ma per il resto faccio fatica a discernere.

Dunque, occorrerebbe agire su questi due versanti: ridurre potere e denaro all’attuale  politica deviata.
Per ridurre potere l’unica strada è quella di rinvigorire la sovranità popolare, non solo non rinunciando a dare all’elettore il potere di scegliere premier, maggioranza e programmi, ma continuando a migliorare sempre di più il sistema per epurarlo di intoppi e imperfezioni.

Per sottrarre alla politica l’illusione della ricchezza a piene mani, occorrerebbe che tutto l’apparato dello Stato, uomini e Istituzioni, fossero ridotti al minimo necessario e i compensi diventassero spartani.
Dove circola denaro che non si è guadagnato con il sudore della propria fronte, infatti, là si annidano la cupidigia e la corruzione.

Qualcuno ribatterà che la politica è una professione di rango elevato, e perciò per avere gli uomini migliori, bisogna pagarli adeguatamente.
Il principio è sacrosanto, ma a mio avviso non vale nell’ambito delle Istituzioni, dove deve prevalere un altro valore: lo spirito di servizio.

Mi direte che sono un idealista, un ingenuo. Forse sarò entrambe le cose, ma ciò che posso dire a seguito della mia lunga esperienza di vita, è che il coacervo di privilegi con cui abbiamo gratificato la politica ha prodotto inefficienza e corruzione, come dimostrano gli avvenimenti di questi mesi.
Ossia: alla guida del Paese si sono candidati (e li abbiamo votati) uomini inetti e impreparati, oggi impantanati e umiliati dal loro fallimento,  e uomini che si sono dati alla politica con l’unico scopo dell’arricchimento personale.

Ergo, pagare molto gli uomini delle Istituzioni significa attirare in politica personaggi ambigui e soprattutto poco o nulla adatti a guidare il Paese.
Ma anche questa volta è d’obbligo una domanda: Potranno essere i partiti a fare una simile rivoluzione?
No, ovviamente, essendo essi, oggi, quello che sono: attaccati ai loro privilegi: al potere e al denaro.
E allora?

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Bart