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La deriva di Saviano

8 Marzo 2011

Roberto Saviano ormai è irriconoscibile. Altra cosa quando, poco conosciuto, conduceva le sue inchieste sulla camorra (non certo il solo, bisogna dire) e rischiava la pelle pur di mettere a nudo gli intrecci della malavita.

Oggi è un divo, con tutti i difetti che hanno i divi. I quali, nel momento che diventano tali, affievoliscono le loro qualità, per mettere in luce le proprie debolezze.
E la debolezza principale di Roberto Saviano è quella di essere entrato nel circolo mediatico, e di esservi stato accolto come un divo.

Da quel momento è cominciata a prevalere in lui una sconfortante mediocrità. La quale, condita di antiberlusconismo, si è trasformata nelle menti eccitate di chi vuol solo sentir parlare male del Cavaliere, in genialità. E così Saviano si è illuso di essere l’uomo della Provvidenza, colui che libererà l’Italia dalle grinfie del Cavaliere.

È penoso starlo a sentire e più penoso è vedere che siamo di fronte ad un uomo che è stato vinto ed è strumentalizzato.
Le parole di Saviano sono parole tutte di accondiscendenza. Entrato nel circuito mediatico, ottenuto l’appoggio e il favore dei quotidiani e delle forze che contano, vi si è adagiato senza più rendersi conto della vulnerabilità del suo successo.

Ciò che è accaduto a Fini, e ad altri prima di lui, sta succedendo a Saviano. L’usa e getta praticato da chi lo utilizza si rovescerà presto anche su di lui, lasciandolo solo, stordito e incredulo. Sarà un brutto risveglio.

Ora si è messo in testa di dare lezioni a Marina Berlusconi. Non si rende conto, poverino, che ha di fronte una donna risoluta, di forte carattere, e assai più intelligente. La numero uno della più importante casa editrice del nostro Paese, riconosciuta tra le migliori donne imprenditrici del mondo, gli risponde a tono:

“La libertà di pensiero e di espressione è un diritto universale che a nessuno, e sottolineo nessuno – ribatte la numero uno della Mondadori – può essere negato: tutti hanno il diritto di criticare e tutti possono essere criticati. Ma criticare non vuol dire censurare”.

Saviano messo all’angolo. Non sa distinguere tra critica e censura, e ha scambiato per censure le critiche rivolte da Marina Berlusconi ai suoi sermoni politici tutti antiberlusconiani.
Ha già assorbito il male atavico della sinistra. La quale vuole essere padrona di criticare come dove e quando chiunque le capiti a tiro, ma non ammette che si critichi il suo operato.

Anche Saviano, come la sinistra, vorrebbe mettere il bavaglio a chi non è d’accordo con lui e si permette di criticarlo.
Povero Saviano, finito pure lui nella ragnatela dell’antiberlusconismo: come Eco, come Camilleri…

Articoli correlati”Nuovo scontro tra Marina e Saviano”. qui. Da cui estraggo questa perla che conferma la ritrosia di Saviano alle critiche che lo riguardano:

«Può non condividere quello che pubblica, ma deve avere la responsabilità delle sue scelte », controreplica Saviano in serata, davanti a un numeroso pubblico che ha fatto la fila per assistere, alla Feltrinelli di Genova, alla presentazione della sua ultima fatica letteraria, la trascrizione dei monologhi recitati nella trasmissione di Fabio Fazio “Vieni via con me”. «E se mi sceglie – insiste il paladino dell’antimafia – deve avere la responsabilità di farmi fare certe cose, deve farmi fare il mio lavoro, altrimenti non mi sceglie. A meno che non faccia a giorni alterni la figlia del premier e l’editore… ».

“Marina spegne Saviano: «Mai avuto paura di criticarlo »” di Marco Zucchetti. Qui.

Ancora su Saviano. Qui.

“Una scossa sull’8 marzo: “A sinistra donne elette grazie a favori sessuali” di Antonio Signorini. Qui.

“Ma i guai delle donne non nascono con il Cav” di Mario Giordano. Qui.

“La sinistra si ruba anche la festa della donna” di Filippo Facci. Qui.

“Lo avete notato pure voi? Fini smunto e incattivito: ormai è afflitto dal virus B” di Francesco Cramer. Qui.

“Fini prova a dare la linea ai futuristi ma i falchi impallinano le colombe” di Lucia Bigozzi. Qui.

“Gli affari d’oro di Bocchino e signora: noi paghiamo 9 milioni all’anno” di Enrico Paoli. Qui.

“Gasparri: “Riforma giusta la voterà anche Casini”. Qui. Da cui estraggo:

«I magistrati devono applicare le leggi. Devono capire che non sono loro i legislatori. Uno sciopero delle toghe è un atto ai limiti dell’eversione ».

“«Non vedo lo scandalo nella riforma »” intervista a Marco Boato a cura di Sonia Oranges. Qui. Da cui estraggo:

“E la separazione delle carriere?
Anche questo tema era all’esame della bicamerale. E anche allora il centrosinistra aveva molte perplessità. Personalmente sono favorevole alla separazione delle funzioni, purché si confermi l’indipendenza di giudici e pm dal potere esecutivo. D’altra parte, il principio della separazione è sancito dalla riformulazione dell’articolo 111 della Costituzione, secondo cui «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale ». Ma anche nella Costituzione del ’48, si distinguevano giudici da pm. Così, nell’articolo 101 si precisa che «i giudici sono soggetti solo alla legge », mentre nel 107 si stabilisce che il pm «gode delle garanzie stabilite dall’ordinamento giudiziario ». Laddove, nel 104, si parla invece della magistratura nella sua interezza quando la si definisce «ordine autonomo e indipendente ». Nonostante ciò, la stragrande maggioranza dei magistrati resta contraria alla separazione di funzioni e carriere.”

“Spataro fa l’incendiario ma non tutti lo seguono” di Alessandro Calvi. Qui.

“Un altro 8 marzo. Ecco cosa abrogare” di Myrta Merlino. Qui.

“Moralismo sulle donne: Striscia smaschera Repubblica e l’Espresso” di Francesco Maria Del Vigo. Qui.

“Ecco le mail golpiste dei giudici “Silvio deve togliere il disturbo” di Alessandro Sallusti. Qui.

“Il golpe dei magistrati: lo “zietto Berlusconi” deve togliere il disturbo” di Anna Maria Greco. Qui.

Le e-mail dei magistrati: “Prepariamoci a una risposta epocale”. Qui.

“Quello spiffero a D’Agostino: «Che ci faceva Silvio a Napoli? »” di Paolo Bracalini. Qui. Da cui estraggo:

“Quel Bocchino che si avventura nell’accusare Roberto D’Agostino, fondatore di Dagospia, addirittura di tentati dossieraggi fotografici a suo danno (e della moglie), è stato, proprio lui, l’informatore di un «pissi pissi » (le imperdibili scintille di gossip di Dagospia) da cui è poi deflagrato, su Repubblica of course, il Noemigate, padre di tutti i Rubygate. D’Agostino ne ha accennato nella replica alle accuse (con annuncio di querela, «dopo tante subìte, stavolta sarò io a farne una ») del vice Fini: «Tante ne ho sentite nella mia vita, ma l’accusa di essere un ricattatore non mi era ancora capitata. Eppure Italo mi conosce bene, mi ha anche fatto fare uno scoop su Noemi Letizia, dunque sa come lavoro ».”

“Dietro lo scandalo Noemi c’è la “talpa” di Bocchino: tradiva già nel 2009″ di Salvatore Tramontano. Qui. Da cui estraggo:

“Alle origini del fango, quando Italo Bocchino si spacciava ancora per ber ­lus ­coniano e già passava notizie sotto ­banco a Dagospia sul caso Noemi. A quei tempi Fini si faceva raccontare dai pm le meraviglie del pentito Spa ­tuzza, ma la scissione, il «che fai mi cacci », la casa di Montecarlo, Mirabel ­l ­o e fratture varie erano ancora un futu ­ro remoto. Questo dimostra come i fi ­niani volessero, poco tempo dopo la vittoria elettorale, disarcionare il Ca ­valiere. Altro che la favola della caser ­ma. Non è stato Berlusconi a rompere con Fini. L’obiettivo dei finiani è sem ­pre stato uno solo: sputtanare il capo del governo e del loro partito.”

“Affari di famiglia e Gianfranco Fini, Italo Bocchino è alla frutta”. Qui.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart