LETTERATURA: Al momento giusto
8 Ottobre 2008
di Fabio Fracas
[Fabio Fracas è autore, editor e sceneggiatore. Oltre a racconti, libri e poesie scrive per il cinema, per il teatro e per i fumetti. Suoi brani e suoi lavori sono stati rappresentati in vari festival e da diverse compagnie. Ha ricevuto una serie di riconoscimenti letterari e nel 2004, assieme alla poetessa Federica Castellini, ha fondato MacAdam – MacAdemia di Scritture e Letture.] Â
[Il racconto “Al momento giusto” è stato presentato il 28 gennaio 2005 a Velletri nel corso della Manifestazione “Incontri d’autore” realizzata dal “Teatro di Terra”. Di seguito la presentazione: “Letteratura tra fantasy e fantascienza , con brani tratti dall’ormai celebre Eragon del giovanissimo Cristopher Paolini, passando per Ursula Le Guin , Ray Bradbury e Frederick Pohl . Nel corso della serata verranno letti due racconti, l’uno, Il dipinto , tratto da Non ditemi mai la verità sull’amore di Dan Rhodes e l’altro, Al momento giusto , dell’emergente Fabio Fracas.” Â
Ray Frederick era un pioniere; un pioniere dello spazio. All’epoca della “Grande Espansione” si era arruolato volontariamente nel corpo dei pionieri terrestri ed era partito per colonizzare Ghendel: pianeta esterno del settore meridionale della nebulosa Arten. Ghendel era un pianeta ricco: plutonio, oro e uranio abbondavano sugli strati più esterni della sua superficie e Ray era povero. Talmente povero che tutta la propria quota di ingaggio l’aveva lasciata a sua moglie Taith e a suo figlio Ronald. Ray sapeva che non sarebbe più potuto tornare.
– Un viaggio; ti passa in fretta. – Gli avevano detto.
– Dormirai e quando ti sarai risvegliato ti sembrerà che sia passata solo una notte; ma per la tua famiglia, per la terra, saranno passati centotrent’anni. Non rivedrai più nessuno di quelli che conosci… pensaci bene prima di firmare. –
Non poteva pensarci. In una terra popolata da venti miliardi di persone, quelli come lui, i poveri, non vivevano comunque a lungo. Con la sua paga, invece, Taith sarebbe diventata ricca e magari Ronald avrebbe potuto studiare, forse laurearsi… ed avrebbe ringraziato suo padre per questo.
– Eccoti la quota, ragazzo. Questo è quello che una persona normale riuscirebbe a guadagnare in circa cent’anni… lavorando dieci ore al giorno. Eppure, non vale quella firma: questo è il tuo compenso per morire. – Â
Ray osservava lo spazio, vuoto, scuro, nero come un incubo, che si stendeva al di là della navicella. Gli occhi incollati sul monitor esterno, la mente ancorata ai ricordi.
Più di mille anni. – pensò – Più di mille anni…
Da quel primo viaggio Frederick aveva preferito correre per il cosmo inseguito dai ricordi, piuttosto che fermarsi ad affrontarli. Corsa dopo corsa, sonno dopo sonno, aveva visitato gli angoli più sperduti della galassia colonizzando decine di pianeti. Per la Terra erano passati più di mille anni, ma per lui tutto sembrava essersi fermato. Reagiva perfettamente all’ibernazione, i suoi tessuti non si indebolivano e la vita continuava prepotentemente a scorrergli dentro il corpo. Lui era speciale. Gli altri potevano sopportare solo una volta il “lungo sonno”… massimo due. Poi morivano. Era come se il peso del tempo di cui si erano fatti beffe, fosse ricaduto di colpo su di loro, annientandoli. Ma lui no. Aveva già dormito decine di volte e non ne aveva risentito. Per Ray Frederick erano passati poco più di tre anni da quando era partito. Â
La navicella era quasi arrivata. Era nelle vicinanze del sistema solare e lo spazio cominciò a poco a poco a punteggiarsi delle luci delle stelle.
Ray sorrise. Nei mille anni trascorsi la tecnologia si era evoluta al di là di ogni aspettativa. Ora esistevano alcune navi che viaggiavano alla velocità della luce. Certo, costavano più di qualsiasi altro mezzo mai esistito, ma Ray non aveva più problemi di quel tipo: uranio. Un intero asteroide di uranio. Ed era suo. Lo aveva scoperto quasi per caso in uno dei sistemi visitati. Un satellite, all’ombra di un grande pianeta, nascosto da questo. Invisibile e freddo; ma ricco.
Il sole occupava la quasi totalità dello schermo frontale. Venere e Marte apparivano spenti, schiacciati ed oppressi da quella massa gigantesca. E la terra era là .
Glielo avevano detto:
– Basterebbe girare in senso contrario alla rotazione terrestre alla velocità della luce, per tornare indietro… sempre se Einstein ha ragione. –
Ray voleva rischiare: la nave l’aveva. Dall’ultimo risveglio aveva pensato solo a quello. Aveva calcolato tutto nei minimi particolari ed ora stava per farlo. La Terra emerse dal monitor davanti a lui. Era stupenda. I suoi oceani e le sue terre trasparivano al di sotto della coltre di nubi mentre un sole nascente la inondava di luce. Pianse. Lentamente si avvicinò all’orbita equatoriale agganciandola; diresse la navicella fino a che non vide il pianeta ruotare venendogli incontro; programmò la durata e la potenza della spinta ed infine accese i motori. Â
Quando quella strana nave spaziale atterrò nello spazioporto della megalopoli, nessuno ci fece caso e se qualcuno la notò, pensò che fosse semplicemente un prototipo. Frederick scese ansimando dalla scaletta: era vivo. Immagini e suoni lo colpivano violentemente mentre il sangue gli pulsava nel cervello. Era vivo. Ora il tempo sembrava finire ad ogni istante, mentre lui si dirigeva verso casa. La sua casa. La bramosia lo consumava e la gioia di essere tornato lo sconvolgeva. Ronald era li. Ray lo guardò, un attimo e poi lo abbracciò con trasporto accarezzandogli i capelli. Taith era uscita sulla soglia e lo fissava incredula. Gli si avvicinò e mentre lo baciava gli disse:
– Ray, ma non dovevi partire? –
– No, Taith… ho appena cambiato idea. –
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[…] trovate – appena pubblicato – sulla rivista d’arte Parliamone di Bartolomeo Di Monaco. Category: Senza […]
Commento by Gian Gabriele Benedetti — 8 Ottobre 2008 @ 18:03
Argomento che attrae per quella psicologia “piegata†al mezzo narrativo e per il fascino di cui è dotata la storia. Appare evidente il desiderio di fuga da un reale che mal si accetta e che crea non poche difficoltà . Matura, pertanto, il sacrificio di un abbandono (a fin di bene) e non è secondario anche il desiderio dell’evento fantastico, dell’avventura affascinante, speciale. Ma ancora una volta prevale il sentimento, prevale il valore umano, di fronte ad una forzata razionalità . E l’uomo ritorna uomo nella sua dimensione più nobile.
Scrittura non enfatizzata, ma adattata con gran naturalezza agli intenti della narrazione, che si fa ampiamente godibile
Gian Gabriele Benedetti
Commento by Fabio Fracas — 8 Ottobre 2008 @ 21:16
Caro Gian Gabriele Benedetti, la ringrazio per aver scritto nel suo commento la frase “psicologia ‘piegata’ al mezzo narrativo”. Molte cose in questo racconto risultano piegate a una volontà superiore o differente. Non so se quest’ultima sia benevola o malevola – lo lascio scegliere al lettore -, comunque esiste. Spesso, l’unico per contrastarla – a mio avviso – è quello di piegarsi a lei senza cercare di opporvisi; così come, nella mia personale interpretazione, a volte l’unico vero modo per andare avanti consiste nel tornare indietro. Grazie ancora delle sue parole e dell’interesse che dimostra nel mio lavoro. A presto,