Racconto: Margherita #6/13
8 Ottobre 2008
di Bartolomeo Di Monaco
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Margherita  #6
II
        Il Serchio fu nei secoli più antichi corso d’acqua dispettoso. Spesso i lucchesi soffrirono dei suoi capricci, ed ancora oggi in qualche rara occasione fa stare col fiato sospeso, ricordando al popolo quale egli fu un tempo. Scorre lento e attraversa paesi, affianca le mura della città , si allontana nella campagna. Smuove ancora la vita dovunque passi. Jacopo, da quando si era ritirato a casa sua, aveva cominciato a frequentarlo. Gli passava a pochi passi, e poteva raggiungere a piedi la sponda sinistra. Aveva sistemato alla meglio un approdo e calato nell’acqua una barchetta. Stare sul fiume, gli sembrava di allontanarsi mille miglia dal fetore della società . Là in mezzo, tutto pareva vestirsi di magia. Remava lentamente, attento a non fare rumore più del necessario; di tanto in tanto si fermava e cercava di percepire il silenzio. Nel momento in cui non udiva intorno a sé nemmeno il cinguettìo degli uccelli, ma neppure a volte il proprio respiro, avvertiva una tale esaltazione, una tale vertigine che gli pareva di essere rimasto il solo vivente sulla Terra.
        Non sapeva più nulla di Margherita. Le aveva telefonato a tutte le ore per giorni e giorni; era stato a casa sua, ma nessuno dei vicini aveva saputo dargli qualche notizia. Si era come dissolta. L’aveva cercata allora alla Costanza, convinto che si fosse stufata di lui e avesse fatto ritorno alle antiche abitudini. Ma laggiù nemmeno l’ombra. Infine si era messo l’animo in pace; in fondo, Margherita era una donna come tante, e lui aveva soprattutto il diritto, in tempi come quelli, di non rinunciare alla propria vita. Ritornò quindi ai suoi capricci. Bazzicò la Costanza in lungo e in largo, come forse non aveva mai fatto. Si portò qualcuna delle prostitute in casa sua, e dentro di sé sembrava volersi prendere una rivincita per tutto ciò che credeva di aver perduto restando in compagnia di Margherita.
        Ora, da qualche tempo, doveva fare i conti però con quel desiderio di silenzio che gli penetrava nell’anima. Correva al fiume, e lo navigava, e vi restava per ore e ore, con la mente che se ne andava e veniva come da un altro mondo, quasi che la natura entrasse dentro di lui e vi producesse una qualche sottile devastazione.
        Il tratto che percorreva più volentieri era quello che andava da Ponte San Pietro a Monte San Quirico, ma se aveva tempo, si spingeva anche oltre e arrivava fino a Ponte a Moriano, remando sempre controcorrente. Scorgeva pescatori seduti sulla riva, o in piedi nell’acqua, ma incontrare gente, anche solo vederla a distanza, ora lo infastidiva.
        In quegli anni, si attraversava uno sconvolgimento così profondo che perfino le coscienze più agguerrite ne erano scosse. Non si riconosceva più niente di ciò che era stato nel passato, e ci si poteva ritrovare soltanto se si restava soli.
        Anche a Lucca cominciava ad affiorare qualcosa di malvagio, molto di più della lotta tra baraccati e cittadini. Si insinuava la convinzione che la società civile avesse esaurito ogni risorsa e si stesse spegnendo; e si temeva che qualcuno vi potesse indisturbato scorrere a piacimento. È in quest’apparenza di morte, in cui ciascuno crede di essere anche padrone degli altri, che corrono e vibrano e s’intrecciano idee di ogni sorta, e tutte di tale audacia che anche uomini avvezzi ormai alle più crude aberrazioni, si sentono tramortiti, sorpresi.
        Tra queste idee ce n’era una, violenta e sottile, che piacque al popolo: la vendetta. Il popolo la fece sua, convinto che non poteva restarsene con le mani in mano, e che bisognava prevenire ogni pericolo e le velleità che fremevano nell’aria.
        Perciò, cominciò a farsi giustizia da sé.
        Non ci volle molto a capire che si trattava di un sentimento terribile che si era diffuso dovunque, e chi uccideva lo faceva col consenso di tutti.
        Dopo il primo, venne il secondo omicidio, e subito si pensò ad un terzo, che sarebbe arrivato di lì a poco, e poi al quarto, e chi aveva governato le città cominciò ad aver paura.
        Ma che cosa credevano i potenti? Che si potesse ancora sopportare all’infinito? Che si trattasse ancora del solito abbaio, e poi il popolo sarebbe stato di nuovo contento di farsi spolpare? No. Questa volta si sbagliavano di grosso, e si era toccato il fondo. Non se ne volevano andare i potenti? Peggio per loro. Li si estrometteva con la vendetta e l’assassinio.
        Dopo i primi delitti, i Prefetti convocarono la polizia, e i Questori misero in guardia le Istituzioni: «Badate, non si tratta di comuni omicidi. È una rivoluzione » dicevano.
        Jacopo avvertì il fascino di un’impresa simile. Andò un giorno in città e incontrò i vecchi amici. Di colpo, si sentì a suo agio in loro compagnia. Erano contenti di ciò che stava avvenendo.
        Si sa che quando si comincia ad essere in molti ad abbracciare un’idea, presto anche i meno convinti, e perché no?, anche i più pavidi, diventano quasi dei capi. Gli amici di Jacopo gli parlavano come se quei primi omicidi li avessero perpetrati loro, e vi mettevano tutto il fuoco degli antichi carbonari.
        Una sera, ad una delle riunioni che aveva cominciato a frequentare, Jacopo vide, seduta al tavolo, bella come lo era stata quella notte, la donna che aveva violentata.
        «Porco » gli disse, in un momento che si trovarono soli. Quindi non parlò più con lui. Â
        Durante quella sera, Jacopo non staccò mai gli occhi dalla donna. Sentiva salire dentro di sé l’antico vizio. Era più forte di qualunque ideale, e lui lo sapeva da sempre che sarebbe potuto diventare, a causa di una donna, perfino un traditore. La passione sconvolge la mente, ma può anche divenire, nostro malgrado, una ragione di vita, e Jacopo si sentiva vivo quando aveva davanti una femmina e lo invadeva il vizio.
        Una notte, le fece la posta; la seguì mentre usciva dalla città , e giunto ad un punto che tutto era possibile, le arrivò alle spalle, le mise una mano alla bocca e la trascinò in un campo. Lei non fiatò quando lo riconobbe. Sembrò stregata dalla sua lussuria.
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