LETTERATURA: da “Parole riflesse nell’eco della coscienza”16 Settembre 2014 di Fabio Strafforello Frammenti di lettere scritte fra i margini del tempo. Fra i tanti ed importanti incontri della mia vita ritengo l’incontro con Stefania un evento di non casualità, anzi arriverei perfino a definirlo un passaggio obbligato fra gli “accadimenti” del mio percorso nell’esistenza e forse anche fra le sue stesse opportunità. Successivamente all’incontro con Ligustro, nel 2010, conobbi, sempre lì nella bottega del maestro questa signora elegante, aggraziata e dai modi gentili di nome Stefania Semolini, in arte Edhèra. Ricordo che nel giugno del 2010, appunto, fu proprio lei a darmi gli “strumenti” necessari per continuare una ricerca particolare che avevo iniziato con casualità e che poi mi portò alla conoscenza di un mondo nascosto all’apparenza e colmo di interrogativi, dove i pensieri altro non sono che l’unico tentativo per creare un collegamento fra la realtà e la possibilità che tutto quanto possa accadere, indipendentemente da qualsiasi nostra scelta. Edhèra, a mio avviso, possiede nell’interiorità un dono straordinario ed è quello di rievocare e di richiamare con immediatezza, natutalezza ed una certa purezza e castità, quei desideri che vivono latenti fra i voleri umani, dove è sia pur palpabile la consapevolezza che la vita, così come lei la intende, va vissuta con passione e amore rimanendo appoggiati ai piaceri e alle opportunità che nascono e che crescono dalla Terra e fra gli uomini, volgendo altresì lo sguardo verso il cielo per attingere da esso quei colori che paiono tinteggiare dentro noi stessi i luoghi e gli umori chi più ci sanno colpire. La sapienza di un’arte è nel creare sapiente l’artista che la voglia coltivare: diluendo e mescolando, nel caso della pittura, tanti elementi che fanno da base e da contorno ai colori della nostra esistenza rappresenti le immagini della vita che ti hanno maggiormente colpito, sia quelle belle che quel che di brutto hai vissuto. Un’opera, sia di scrittura, di musica, di scultura, di canto, di incisione, di pittura o di qualsiasi altro genere si tratti, non può prescindere dai toni, dalle note, dai pensieri, dai colori, dalle movenze, e dai richiami fondamentali che fanno da base all’essenzialità della vita. Non c’è animo umano che non possa esser toccato e scalfito dalla bellezza di quel che muta ad ogni istante, sia pur colto nell’affanno di un momento e in quel che di triste in certi avvenimenti ci possa trasportare… è la vita a cambiare un motivo che cambia senza motivo. Trovare un momento per se stessi, o ancor meglio un momento di se stessi, è il modo naturale per superare la soglia incompresa dei nostri limiti, per trovare lì l’idea giusta attraverso la quale esprimere i sentimenti più forti e intensi che vivono nella nostra interiorità. Devi avere un animo volto alla ricerca del bene, di ciò che è buono nell’esistenza, per passare ore ad incontrare i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti più veri e per non temere di conoscere il silenzio e talvolta la paura della vita… così trascorre parte del suo tempo un artista che vorrebbe trasportare in modo comprensibile ai nostri occhi i misteri e i segreti che si nascondono nel luogo dove immaginare la nostra vita. E allora rimani ad ascoltare, per ore, cercando di cogliere quel momento sublime che nasce dentro di te e che lì vive, timoroso d’esser colpito con la rabbia e con la disperazione che a passare la nostra vita sia solo un corpo casualmente trasportato e lì abbandonato fra le nostre sensazioni. Fra quell’arte millenaria che esprime ancora oggi, con tratti orientali, quel che ribolle fra gli uomini di tutto il Pianeta, Edhèra ha ritrovato un luogo di espressione che le appartiene, “dove al nascere di un’idea sulla carta la devi poi rappresentare, riportandola su una tavola di ciliegio per inciderne sopra quel che deve essere in seguito stampato, steso con diversi rulli intinti di tanti colori e sublimi sfumature… così passa il nostro tempo, aspettando, che ad esser felici fra gli altri, occorra prima esser felici con se stessi”. In questo luogo senza tempo, è da lì che nasce qualsiasi forma di arte che rappresenta il tempo stesso, adornato dagli uomini con i loro atteggiamenti e ornamenti, ma che in nulla ci appartiene se non nella sola impressione della suo passaggio e della sua trasformazione. L’uomo ferma il tempo nella condizione di poterlo ricordare, ma non ferma se stesso dal trasformare, svincolando tutto da ogni tipo di continuazione.
Edhèra incide il desiderio d’amore fra gli umani. Quello che un artista vuole dirci è di non perdere la parte più creativa di noi stessi, lasciandoci trasportare nella banalità, nello squallore, nella presunzione di conoscenza e in quell’abitudine e tristezza che nulla, oltre all’oblio, ci possono insegnare a cogliere un significato più aperto e sensibile della nostra vita. Inizierò questa lettera, o ancor più si potrebbe parlare di testimonianza, in un modo un po’ anomalo rispetto ai canoni classici a cui sono abituato, cercando, per quanto mi è possibile, di mostrarvi la dignità e l’orgoglio che accompagna noi esseri umani nel tentativo di non soccombere al nostro dolore e alle emozioni intense che rinascono in noi con dirompenza, cogliendoci talvolta in modo inaspettato e di sorpresa, fra i nostri diversi umori e atteggiamenti. Non sono passati molti mesi da quando, in un normale e soleggiato pomeriggio di primavera, ebbi l’occasione di sentire Stefania via sms, e col mio modo insistente di fare, aiutato anche dalle mie capacità intuitive, le volli chiedere informazioni sulla sua famiglia e nello stato specifico su sua madre. In una alternanza veloce di brevi messaggi usciti dai nostri reciproci telefonini, ella giunse a chiudere rapidamente questo contatto in modo fermo e deciso, avvertendomi di non “giocare col suo dolore”. Col passare dei mesi il malessere che aveva colto entrambi di sorpresa, per Lei che si era sentita chiedere in modo forte e improvviso cose personali e per me d’averla sentita scocciata oltremodo nei miei confronti per ciò che le avevo detto, sia pur sapendo da parte sua, l’onestà e il buon animo col quale avrei voluto conoscere parte delle cose della sua vita, sfumò da questa tensione nel nostro tentativo silenzioso di cercare un reciproco perdono, nell’aver capito la volontà sincera e pulita con la quale avevamo espresso il nostro disappunto e i nostri forti sentimenti a tal proposito… c’è sempre un’ombra di noi che ci vuole accompagnare, come se ad esser soli in due si dovesse stare. Il dolore che proviamo dentro di noi ha una sua funzione, anche se, oltre ciò che è sondabile e verificabile attraverso le più disparate tecniche moderne o i migliori strumenti di ricerca a disposizione dell’uomo, per capire a fondo quale parte del nostro corpo possa faticare per tenerci invita o in alcuni casi per non abbandonarci alla morte, esso è molto meno facile da individuare, da quantificare, da ricostruire per quel che riguarda l’invisibilità di una sofferenza che ci ha aggredito e che ci ha colpito nel profondo del nostro cuore. La struttura del dolore è sia pur la base di partenza per costruire la “forma dell’amore”, che sia pur innata che essa sia nel suo desiderio di condivisione e rimane latente come un potenziale da sviluppare fra le scelte e le condizioni dei singoli esseri umani. Il dolore è un campanello d’allarme quello che suona e risuona e che ci informa che qualche cosa dobbiamo curare, col silenzio, con la rabbia, con la ricerca, con la forza, con la meditazione, con l’attesa, con la speranza, col desiderio della vita, ma quel che conta, almeno credo, è di non far mai finta verso noi stessi che nulla sia avvenuto, così che il nostro animo non si senta tradito e abbandonato dalle nostre attenzioni e dal nostro amore. C’è comunque una parte di noi stessi che sfugge al nostro volere, come un’anima ribelle che a nessun ordine vuole stare, creando in noi subbuglio e imprevedibilità ai nostri modi di fare. Se ancora non l’ho fatto in modo sufficiente ed appropriato, ora è giunto il tempo ideale per formalizzare le mie scuse a Stefania, nel valore limitato delle parole che un essere umano possa dire per crearne un significato importante e vero del proprio operato, motivando il mio desiderio di conoscenza al non voler risvegliare e provocare gratuitamente e inutilmente un dolore così forte che dentro di Lei ha colpito con precisione e per il solo gusto di sentirla soffrire. Credo che ci siano cose incise di noi, dentro di noi, che non ci abbandoneranno mai, anzi, con l’andare degli anni e nella condizione matura di cogliere un significato e un maggior dubbio della nostra effimera esistenza, si intensificano e crescono come il peso vivo di “presenze mancanti” che in un tempo passato hanno riempito e adornato il nostro animo con ricordi preziosi, grandi emozioni e forse anche belle aspettative. Sfuggire da questi ricordi significa perdere una parte sostanziale di noi stessi e del nostro potenziale umano, non consentendoci di approdare ad un livello superiore di conoscenza e di ragione del nostro comportamento, subendo così passivamente il freno inibitore derivante dalle nostre debolezze e carenze… Il percorso di una mente è in un pensiero che cambia continuamente. E’ dalle storie del passato che l’uomo attinge dentro di sé riferimenti e esempi importanti per continuare il suo percorso, ed è proprio da quel vissuto che traiamo parte razionale ed irrazionale della speranza per guardare al futuro, fruttata e filtrata dall’esperienza che ci ha colto nei nostri avvenimenti più sentiti. Credo che la strada della libertà individuale non possa prescindere dalla conoscenza di noi stessi e dal tentativo mai abbandonato di vincere il nostro dolore, per consentirci di aprire nuovi varchi emozionali e nuove vie di comunicazione, sorpassando noi stessi e il nostro orgoglio, nel tentativo di regalare agli altri spunti e riferimenti di vita essenziali per un cammino più consono all’esistenza umana… spiegherò così il mio dolore come un atto dovuto per la storia dell’uomo. Capisco altresì che non sia facile per nessuno di noi scoperchiare e rimescolare con animo sereno e di prospettiva vincente nel grande contenitore del dolore umano, per quel che ci ha colpito dal tempo passato e che abbiamo faticosamente e affannosamente pressato nel calderone delle cose da tritare e da smaltire, per poi consumarle successivamente nella “grande festa del tutto da dimenticare”… come fantasmi ballano fra loro e le fiamme accese, quel che brucia sia pur solo nell’animo lascia l’acre odore del dolore. Aver aperto da parte mia quella profonda ferita che Stefania porta incisa ancora oggi nel suo animo ed è racchiusa da un sigillo che ella stessa ha costruito e che ne fa da attento, geloso e forte guardiano dei suoi sentimenti più vivi, ha acceso nella sua interiorità quel piglio e quella forza che le hanno dato modo di riascoltare e di rivivere, per l’ennesima volta e anche se con sofferenza e fatica, momenti importanti e significativi condivisi con la persona che le dato la vita… sua madre! Forse è col prezzo della sua prematura e improvvisa dipartita da questa dimensione e per il vuoto che da mamma e da amica ha lasciato, sostituendo la sua presenza col dolore, che assieme hanno contribuito ad affinare, a completare e ad accrescere la ricchezza di una giovane ragazza divenuta poi una artista elegante, raffinata, sensibile, graziosa, intelligente, istintiva nel cogliere con oculatezza i particolari, sia pur minimi, della bellezza e del mistero che vivono come spiriti vivi nella forza inconscia dell’uomo e nella dirompente imprevedibilità e sostanza della natura. L’assenza di una mamma che tanti figli vorrebbero avere accanto a loro, soprattutto nei momenti di difficoltà e di dubbio, per condividere quegli stati d’animo importanti legati dal sentimento comune della maternità e della responsabilità di crescere al meglio i propri figli e che ora sembra maggiormente mancarle, per attingere da lei, forse, anche solo per un sorriso… come da un calamaio ove prendi quei colori che al momento vuoi spalmare, per rabbia o per gioia è ciò che devi mostrare. E’ in questi momenti di sconforto, di difficoltà, di disorientamento, di solitudine e nei quali giungi, sia pur ancora in gioventù, ad avvertire con maggior forza la necessità di avere ancora una presenza così importante al tuo fianco. Sono convinto ora più che mai, che l’aver suscitato in Stefania questa reazione, toccando la ferita mai chiusa di questo distacco eterno, altro non sia stato che un valore positivo e rigenerativo delle sue energie di madre, delle sue potenzialità di artista, delle sue necessità di essere umano, nel tentativo di cercare nuovi e antichi riferimenti attraverso i quali poter continuare con onestà, orgoglio e speranza di successo sulla strada della vita, nell’ espressione ultima di un valore importante da ritrovare fra se stessi con una maggior conoscenza di quanto vive in noi… è nella consapevolezza del dolore che la vita ci ripropone come individui vivi. “Certo la vita umana va vissuta ed affrontata per quello che è, ma ponendoci le domande sufficienti a non addormentarci al ciglio del nostro percorso, per trovare e sondare qualche aspetto curioso e nascosto all’occhio umano, fra le sensazioni e i pensieri che abitano in noi come presenze costanti, per ricordarci forse che l’esistenza dell’uomo è solo immaginazione e che solo con essa in questa parte del mondo non si può stare… non occorre chiedersi troppo, ma quanto è sufficiente per chiedersi ancora”! Vorrei così, lasciando questo modesto ricordo, trasmettere a Stefania tutta la mia stima, l’umano e sufficiente affetto che possano colmare il suo bisogno di ritrovare fiducia e energia nei momenti di maggiore difficoltà… uno squarcio azzurro nel cielo mostra che per esser felici sulla terra bisogna aprire nell’uomo fra le labbra la bellezza di un sorriso!
Questa è la sua arte… Come avrete sicuramente notato dal sigillo posto ai piedi dell’immagine di copertina, l’incisione stampata in prima facciata del mio ultimo libro è di Stefania Semolini, in arte Edhèra, ed ora sarò io stesso ad omaggiarla per quanto mi ha donato, costruendo attorno ad un così significativo lavoro quante sensazioni e quanti concetti ha saputo sollevare dal mio animo o anche solo nel mio modo mentale e culturale di osservare le cose. La forza che un artista sa esprimere è in ciò che solleva fra gli altri, toccandoli senza averli sfiorati. Per dare contenuto ad una nuova realizzazione che coinvolga gli esseri umani, oltre la visibile superficialità e che si possa definire un “tassello d’arte,” ogni artista della vita deve contribuire a creare intorno ad essa un significato e una luce che vada ben oltre le normali visioni e aspettative a cui siamo abituati nell’ordinarietà dell’esistenza, esprimendo in essa e tramite essa, almeno parte dei valori interiori, dei concetti del tempo che viviamo o delle variabili personali che ci coinvolgono, ed anche per ciò che è parte significativa della componente irrazionale della nostra struttura emotiva. La forza emozionale e quindi la sensibilità, è la componente primaria che pressa con insistenza, dirompenza e continuità nell’animo di ogni singola persona e per l’uomo che la prova con intensità e con frequente necessità è come vivere in parallelo un’altra vita, con l’espressione massima e la miglior opportunità che essa ci offre per raccogliere ed interpretare quei messaggi subliminali e quelle sfumature che sembrano giungere da un’altra dimensione, per poi trasmetterle in chiaro da se stessi verso gli altri, nelle diverse maniere ed espressioni. Su un’idea del maestro Ligustro che propose ad Edhèra di realizzare da parte sua, così come lui stesso aveva già fatto a suo tempo, una o più stampe erotiche che consentissero ad entrambi di partecipare ad una nuova mostra relativa a questo tema e a queste particolari rappresentazioni, ella prontamente aderì costruendo su un soggetto Shunga un momento paradisiaco fra le aspettative e i desideri umani. E’ nelle forma innata e astratta della speranza, ma non meno nell’aspetto materiale e carnale, in questo specifico caso, che ogni l’essere umano mira con fervida immaginazione, voglia di piacere e di soddisfazione a realizzare e a vivere intensamente e talvolta in modo sfrenato, alcuni infiniti tratti della propria felicità personale. Tutto ciò che vive in noi con forte emozione rappresenta un tratto breve, ma infinito ed indefinito della nostra sensazione alla vita, intesa come trasporto in un’altra identità e non meno in un’altra dimensione, dove l’uomo raccoglie per istanti che sembrano fermarsi ad omaggiare e ad osservare il tempo tutte quelle passioni, quelle estasi e quei sogni che sono proiezione istantanea di quel che egli ha trovato e conosciuto nel piccolo angolo di un paradiso di felicità, dal quale ambire dalla Terra al senso eterno dell’esistenza, per ritrovarne fra di esso in qual luogo di vuoto egli sia stato prima dimenticato e poi smarrito. E’ in un solo e rapido momento che si vive e si consuma il “colmo” delle nostre aspettative, per ciò che ci da maggior desiderio, maggior eccitazione, maggior adrenalina, dove accanto a ciò che vorresti fare per realizzare il sogno della tua vita, accosti il piacere di sentirti realizzato, costruendo una forma astratta, ma perfetta, di quel che più ti assomiglia in rappresentazione, fermando fra l’istante della felicità la figura emozionale di te stesso… è svelto a passare il momento d’emozione dell’amore, come per la vita, seguitano entrambi a raccogliere a brandelli pezzi d’uomo, assetato ai piedi della felicità che rimane sempre ad aspettare! Edhèra scopre o forse solamente riscopre questo mondo bellissimo, che l’uomo moderno, coinvolto e invischiato oltre modo nell’aspetto materiale e virtuale dell’esistenza ha dimenticato e umiliato dentro se stesso, annullandone con cattivo gusto e troppa chiarezza d’esposizione quelle immagini che devono rimanere nascoste alla vista dell’occhio umano, per poterle meglio assaporare nella fantasia e che con le sole sensazioni sanno richiamare in noi le più alte e fervide pulsioni. Un mondo che va lasciato solo, senza invaderne, da parte di nessuno, quell’alone di mistero e di stupore che ne costituiscono il perno centrale dell’interesse, del desiderio, dell’immaginazione, quale espressione della felicità inconscia, ma essenziale, che ci porta a vivere con maggior equilibrio e con formula piena quali forme interiori siano frutto delle variabili e dell’estro creativo umano. Ci sono in questa stampa due figure desiderose d’amore che si espongono alla luce del sole, dando l’impressione della chiarezza d’animo con la quale avvicinare se stessi agli altri, ma c’è anche la pudicità non troppo castrata di questa artista che non esista a coprire i dettagli meno poetici ed anche i più grossolani, riferiti ad un rapporto carnale che si consuma nelle loro intensità emozionali ed anche nel loro bisogno di sentirsi realizzati e poi rilassati fisicamente. Un rapporto intimo quindi, espresso alla luce del sole, così com’è giusta e onesta l’artista, nascosta quanto basta per avvolgersi nell’interesse di chi ne voglia conoscere per primi i contenuti umani, ma che si vuol mostrare chiara e vera agli occhi del mondo intero, per non dare indicazioni nebulose, a nessuno, sul suo modo di intendere l’amore. La tecnica è sempre la stessa, così mi dice Edhèra, Xilografia policroma, nell’espressione antica e moderna di un tema ricorrente e mai sorpassato che raccoglie, ancor più che i sentimenti degli uomini, il bisogno del piacere personale, quale forma imprescindibile dalla nostra presenza fisica su questo pianeta, motivati della spinta psicologica ed ormonale che fa da interesse e da strumento per garantire la nostra presenza nell’aspetto pratico ed anche spirituale della vita come immagine di un Cosmo che rivive ad ogni istante, l’istante di una nuova immagine. “Quel che non vedi di te stesso lo devi scoprire… Sullo sfondo di due personaggi che immaginano, oltre a farlo, anche che cosa sia l’amore vero, sia fisico, ma soprattutto emozionale, ciò che rimane ancora da definire è quello che si nasconde sempre nell’inconscio dell’uomo, come una fonte inesauribile di energia legata alle sensazioni della felicità, alla voglia ignota di scoprire dove sia il confine fra la terra e il cielo, o anche solo consapevoli di aver lasciato un vasto mondo nella sua condizione embrionale, sperando che tutto non sia finito nell’apparenza di aver vissuto solo nell’assurdità del mistero… quando raggiungi il culmine tutto il resto è già passato! Dietro a questi due personaggi di cui vi parlerò nel procedere del testo, v’è a sfondo naturale quello che all’apparenza pare essere l’ingresso indefinito di un piccolo pertugio, colorato di scuro ed inserito sulla parete sinistra e scoscesa di una montagna, ma che in realtà, per quanto mi spigava l’artista, è una cascata di capelli che hanno la funzione di legare in comunione i due amanti. Da entrambi i lati delle due figure, si mostrano lunghi steli di piante diversamente colorate, forme imprecise di canne che nascono dal fondo di un terreno fertile per quanto dalla forza del sole e della natura ne sia stato rigenerato. Fa da base, come un letto sul quale consumare le voglie dell’amore, per questi due indefiniti amanti, un giallo terreno che si allarga poi di contorno alla stampa per intero, dandole di riflesso un po’ di respiro. Tutto è intenso di questo lavoro, nelle forme, nei colori, nelle idee, nella raffinatezza, nel dominio sapiente di un così forte umore che senza parlare raccoglie ed esprime il bisogno e la necessità di dare continuità alla vita, espressa attraverso una donazione oltre che fisica, anche nella conoscenza e coscienza di quei valori di riferimento immutabili che hanno sempre garantito l’avanzamento alla specie umana. Avvolta in un silenzio che da solo sembra parlare, è la voglia degli uomini di staccarsi dalle abitudini terrene per cercare un collegamento e una via di comunicazione che oltrepassi l’etere e che giunga come un urlo di passione e di sgomento a richiamare l’attenzione di Dio sulle nostre disperazioni e sulle nostre paure. Mostrano solo parte del proprio corpo i due personaggi, che sono altresì coperti da una benda che ne ammanta il capo per intero, di lilla o un po’ verso il viola è la fascia di colore che passa sopra ai loro occhi, così che possano viversi nella condizione d’esser quasi come ciechi. Vaporosa, schiumosa e coprente è quella cascata di effusioni che l’artista ha lasciato cadere e che ne avvolge e ne chiude nel mistero quel che accade lì sotto fra di loro, accostati l’uno all’altro come sono, nell’eccitazione di due corpi che avvolti in maniera convulsa di passione sono desiderosi di godere, cercando di nascondere quali debolezze o incertezze ne evitino di toccare l’estasi, desiderata e mai raggiunta, di un amore che sia quello l’amore vero. Di righe o ancor meglio di striature poste nel senso verticale si riempiono le stampe di Edhèra, nel significato suo di dare un ordine ed un rilievo alle forme che pone in palese rappresentazione e forse altresì nella necessità di creare dei riferimenti utili a determinare i passaggi successivi di una creatività che ne sia sempre espressione di sensibilità e di ricerca per un motivo di ordine e raramente casuale. Le loro membra non appaiono di forma ben definita, lasciando credere e sperare che al di là della nostra forma fisica ci sia sempre qualche cosa di più indefinito da scoprire nelle ragioni della vita. Incisione e stampa sono precisi, equilibrati e intensi nei giusti colori, colmi di giovinezza, maturi nel dire e nel capire quale confine non occorre oltrepassare per non cadere nella banalità e nell’inutilità di aver mostrato troppe cose. Dalla stampa riportata sulla copertina, voi ora non lo vedete, ma per chi è fortunato come me che l’ha tenuta fra le mani nell’originale, ha potuto notare che la parte inferiore degli arti e del mezzo busto dei due amanti è puntinata d’oro brillante, come per mostrarne il luogo eccelso di un grande miraggio che porta a realizzare e a cogliere una sensazione irripetibile, ed è lì o in ciò che da quelle parti i due personaggi sapranno trovare che pare essere massima l’effusione d’amore, avvolti come sono in una nube che si è sprigionata da questa immensa e incontenibile voglia di scambiarsi effusioni ed energia della vita. Non v’è un limite d’età per vivere un grande amore, ma l’uomo non può prescindere dalla propria condizione primaria ed essenziale di una struttura materiale che ne regge e ne chiude il suo mondo sensitivo, per coglierne di se stesso e dell’altra parte ancora quel che meglio ci si può scambiare. Ma pensate, come si fa a consumare un frutto senza sentirne il gusto e l’odore, desiderandolo e immaginandolo solo per sapere come è fatto! ““Il nucleo stabile dell’amore, inteso come sostanza originale, è costruito ed idealizzato su una sfera emozionale, dove due anime gemelle separate dalle divergenze del dolore, convergono a momenti asincroni, anche solo di rapidi passaggi, dove a mio avviso la forma più elevata, integra e completa di sensazione, di coinvolgimento e di pienezza a cui un essere umano possa mirare è concentrata nel culmine di un momento che passa veloce per sentirsene eternamente in quell’attimo felice””. La forma fisica interrompe l’amore al nascere di una necessità individuale, ponendo l’uomo alla ricerca casuale e incostante della sua componente speculare, oltre ogni forma fisica, è lì che si riconosce e che si identifica l’espressione completa e non più reversibile, inseparabile e irrinunciabile dell’amore eterno.”
“Cercherò di parlavi più compiutamente di questa opera d’arte entrando in essa e in più occasioni, fra ciò che mi ha ispirato per ricavarne dei contenuti che siano reali, accostando a quei messaggi che ho colto fra le forme e suoi colori, quei concetti o quelle impressioni che nel tempo moderno son cambiati col modo di vivere la nostra vita, riportando l’uomo ad interrogarsi su un significato più ampio della propria esistenza. Nell’immediatezza di quel che vedo e di ciò che ritrovato in questa incisione, c’è la grande fantasia che accompagna una artista italiana che in occasione di un concorso internazionale svoltosi a Milano e al quale partecipavano diverse centinaia di pretendenti provenienti da tutto il mondo, lo ha vinto con determinazione e notevole bravura. Proprio la fantasia è quell’elemento in più che abbiamo sempre avuto noi italiani, rispetto ad altri popoli, e che ci contraddistingue nel mondo per le notevoli capacità creative. Nella moda, nell’arte, nelle automobili, nella cantieristica navale, nella cucina e in ogni forma o attività umana che richieda raffinatezza, idea, design, bellezza, buon gusto, stile, raggiungendo sovente, e prima di altri a esprimerne la giusta soluzione. Non è di molti giorni fa il ricordo d’aver visto ad un semaforo, posto ad un incrocio della città di Imperia, una scena che si addice perfettamente a questo caso. In attesa che scattasse il verde, e quindi nell’arco di un tempo limitato, ho visto parte del decadimento culturale ed umano nel quale noi italiani siamo caduti. Due ragazze italiane, perché così parlavano e dall’aspetto giovanile lo erano pure, poste nei pressi del semaforo di cui parliamo, in quel momento si trovavano a sottostare e sottovoce prima le ho sentite criticare l’elegante vestito, completato da un cappello, indossato da una bella turista che davanti a loro, per attraversare s’era fermata. Poi all’avvicinarsi di una ragazza orientale, coperta con ordine e pulizia estremi, ma con i suoi forse troppo avvolgenti indumenti, ella stessa, senza volerlo, dava prova di quanto le due criticone, pure nei suoi confronti, fossero vestite in malo modo: sbragate, disordinate, goffe, mal abbinate nelle dimensioni e nei colori e non meno nelle forme di corpi abbandonati al troppo piacere del mangiare, senza attenzione alla figura e a quanto gli altri di se stesse avrebbero potuto pensare. Proprio noi italiani abbiamo saputo cadere nel pozzo nero delle più raffinate intenzioni, noi che abbiamo portato il buon gusto, l’arte e la moda nel mondo, richiamando al nostro capezzale genti provenienti da mezzo pianeta, proprio noi ora dobbiamo copiare da chi ha saputo imparare le nostre cose migliori lasciandoci i loro scarti che prontamente abbiamo fatto nostri. Vedo nelle nuove generazioni dei nostri ragazzi italiani disinteresse a curare e a dare orgoglio al nostro Paese, a parte nel gioco del calcio dove ci facciamo sempre conoscere con qualche atto di vandalismo, accettando oramai passivamente ogni forma di truffa o di violenza che nel nostro disinteresse pare essere diventato il nostro miglior biglietto da visita da consegnare al mondo intero. I ragazzi d’oggi sono presi oltre modo dalla dimensione virtuale delle cose che ci circondano, nell’utilizzo improprio di telefonini, computer e ogni altro strumento elettronico di comunicazione che porta alla perdita della fantasia e della creatività, soffocando dentro di noi questo bene inestimabile e prezioso derivante da una condizione ambientale e culturale favorevole a tale raggiungimento di valore. E allora mi chiedo: se a noi italiani tolgono la fantasia e la possibilità di inventare qualche cosa a “modo nostro,” che cosa rimarrà di noi, della nostra identità, della nostra umanità, della nostra cultura, della nostra storia di individui capaci di mostrare mille tonalità di uno stesso colore? In un mondo che cambia i suoi riferimenti, mescolando le razze fino a farle scomparire così come le abbiamo conosciute noi fra i loro confini, stravolgendo, creando e adattando nella natura nuovi riferimenti, quale diventerà il luogo ideale sul quale incontrare la personalità umana e un habitat che non gli sia ostile? Quello che ora, senza correre troppo avanti nel tempo e filosoficamente mi viene da pensare, è che per molti di noi, nel momento attuale, sia più facile lasciarsi morire di fame che non cercare il modo di sfamarsi dandosi da fare. Quel che è da fare lo rimane… nulla sia fa da solo e le soddisfazioni che arrivano con maggiore intensità sono quelle dove si è provata sofferenza, umiliazione, impegno, rinuncia, fame, generando in noi l’orgoglio sufficiente a superare i limiti che ci coglievano nel momento delle difficoltà e creando una gran voglia di rinascere da quelle spoglie.”
“Non siamo popolo organizzato o che si sappia organizzare al meglio su tanti fronti, ma sappiamo improvvisare ed inventare cose nuove e nei momenti di grande necessità recuperiamo quello che non abbiamo voluto fare nel tempo che avevamo a disposizione, riportandoci rapidamente sulla linea di partenza di un traguardo da raggiungere accanto agli altri e fra i migliori. In un mondo che cambia anche in questo senso, noi italiani rischiamo però di rimanere o di andare fuori gioco, infatti è dall’economia stessa che emergono i segnali e le indicazioni di come ogni popolo e non meno ogni individuo che in questo contesto voglia vivere, il suo massimo debba fare, per stare al passo con i tempi, annullando quelle caratteristiche di spontaneità e di libertà decisionale che vanno in contrapposizione con le migliori organizzazioni. In questo senso il mondo ha abbandonato i suoi colori, ponendo l’uomo lontano dalle sfumature della libertà e lasciandolo in fase di gioco su una scacchiera a quadrati bianchi e neri; infatti se ognuno di noi rimane fuori gioco, non può stare nella mezzeria di un campo di battaglia senza subirne le bastonate. Se ci fate caso e questo ci penalizza non poco, una caratteristica dei popoli nordici in genere, potremmo dire di coloro che vivono nelle zone più fredde o più climaticamente condizionate del Pianeta, è quella di programmare e di sistemare tutto al loro posto, ancor prima che arrivi il tempo brutto a doverli colpire. Contrariamente a chi vive in zone calde della Terra, che per effetto di un diverso sentore sembrano non riuscire a concentrare le proprie idee e le proprie necessità per doverlo fare, prendendo tempo e lasciando all’imprevisto, alla speranza e al buon umore tutti quegli elementi che non si ha avuto voglia a lungo termine di programmare. L’aspetto filosofico di questa analisi è concentrata proprio sul calore, che l’uomo del nord del mondo, oltre a non provarlo nel circostante non lo vive neanche nelle sue interiora, mostrando freddezza e strana comprensione agli eventi della vita e a ciò che non sa in altre maniere immaginare. L’uomo della parte centrale del Pianeta sembra unirsi maggiormente negli affetti e nella compagnia, con danze, banchetti e vestimenti colorati, sia pur che il calore che arriva dall’esterno sia così intenso da doversi cercare una zona d’ombra da doversi riparare. Di ricchezze sembrano adornarsi i primi che dal freddo han ricavato denaro, spingendosi sovente a cercare colonie di persone da sfruttare nelle zone calde del Pianeta, motivati dalla cultura, dai preziosi che lì son così tanti e abbandonati o dalla religione, ma sempre con la guerra lì e sugli uomini hanno colpito. Di poca attenzione, di scarso volere, di mite orgoglio, di poca fortuna o di umiliazione ancor viva in loro, per quanto subito dal passato, sembrano quegli uomini delle zone calde volerne ricordare per tener vivo il sentimento di un dolore forte sempre acceso come ciò che li comprende. Che stranezze ha fatto questo Dio, capovolgendo il mondo alla vista dell’uomo anche nel colore della pelle, perché quel che è di colore nero dovrebbe stare dove c’è poco sole per poterne recepire quel poco calore che gli basta per vivere meglio. Per colui che è di pelle chiara sarebbe stato meglio trovarsi vicino all’equatore, per respingere in modo forte i raggi del sole. In qual animo si nasconde la verità di sentimenti che vacillano sotto al peso del denaro o comunque sotto alla forma ancestrale delle necessità umane, allontanando l’uomo ad esser solo con se stesso per non potersi mai giustamente mescolare! Perdonami Dio per la mia fretta, o per la mia rabbia, ma forse ogni cosa è al suo posto, cercando di vedere nel giro del mondo un aspetto di traslazione dei volti del sole, aiutati dall’uomo che nel magro rispetto che riserva alla vita degli altri, condanna se stesso alla gogna che a viver immutato sarà sempre solo.” “Nella stampa di Edhèra, fra le sue forme e suoi colori rimane impresso che l’uomo si incontra, si integra e si scambia con gli altri fra effusioni e atteggiamenti che non siano solo pensieri, lasciando però alla casualità, all’improvvisazione e all’immediatezza espressiva tutti quegli elementi di attrazione che adornano e riempiono, con l’assenza del loro ingombro, la nostra fantasia, per il bisogno sentimentale di un animo che dal limite di noi stessi vorrebbe fuggire, liberandosi con la forza istintuale di uno spirito dalle regole e dall’assenza di un uomo che porta scritto nel confine delle sue vedute il tramonto della vita. E allora di fronte ad un mondo di persone preparate ad accettare tutto, strumentalizzate nei loro desideri, indirizzate verso motivi che sovente non si sentono appartenere, quale spazio rimane per potersi incontrare fra di noi e per sapersi anche amare con libertà? L’artista rivive in questo quadro espositivo un momento delle proprie sensazioni e dei propri rimpianti, un istante di elevata e pronunciata sensualità, nell’aver riscoperto attraverso questa forma d’arte quale identità nell’inconscio sappia sollevare in lei un estro particolare, creando fra quello che espone in chiaro e fra ciò che non traspare un desiderio di esprimere in una forma elevata, raffinata e sublime l’immaginazione di un sogno erotico che comprende nel bisogno fisico e orientativo non solo la specie umana. La dominanza della figura maschile, nell’apparente forma e posizione da lei così “posata” sulla stampa, indicano da dove proviene questa idea culturale, ma altresì sanno dire di ella il bisogno e il principio d’essere raccolta e conquistata con forza da un uomo che le faccia provare intensità, dominio astratto del suo animo, coinvolgendola ancor più che nel verso materiale nel mondo delle sensazioni, chiarendo per lei quegli aspetti non ben evidenti di doppia personalità che trova origine dal suo vissuto. Un momento per se stessa quindi, ma che vale in certi casi per il mondo intero, da collocare nel poco spazio che ci è rimasto della nostra fantasia e dei nostri desideri, perché travolti in modo esagerato ed inverosimile dagli eventi di un mondo che sembra non vivere più con felicità se non globalizzato… almeno questo è quanto ci vogliono insegnare! E’ palpabile e visibile il fremito che accompagna i due amanti a cogliere fra di loro il fermento lasciato libero dalle sensazioni, quale spinta emozionale per raggiungere l’apice di un piacere che li possa accompagnare nel ricordo di quell’evento per molto tempo ancora. “Quel che sfumerà nel tempo fra di loro sarà l’aspetto emozionale, lasciando sul terreno abbandonati quei ricordi per quel che solo la presenza e la sostanza del corpo gli ha dato, come unico modo per incidere fra la memoria quali immagini riusciranno a stampare, fra di loro come lampi abbandonati nel buio”. “
“La presenza femminile, quale elemento centrale della vita, dei desideri e delle immaginazioni maschili, è il tema ricorrente e mai perfettamente centrato per parlare o per vedere la donna soggetto e non oggetto di un valore difficilmente sostituibile al calore umano, alla procreazione, ma altresì quale elemento fondamentale per contribuire ad una progressione ed a un avanzamento nell’evoluzione sensibile e creativa dell’uomo in senso generale. Il tema della donna, della madre, o in senso più ampio riferito alla sfera femminile è sempre stato il perno centrale di una attrazione a cui l’istinto ha riportato l’essere maschile a ruotare ed a interrompere il suo volere per assecondarne il richiamo della natura. Col lavoro che faccio giornalmente e cioè quello di condurre i bus della Riviera Trasporti, mi capita di vedere come è cambiato in questi ultimi anni il modo di avvicinarsi alla realtà della vita da parte delle nuove generazioni, e in special maniera per quanto concerne le giovani ragazze che un domani saranno le dirette protagoniste di questa società. La ricerca ostentata, da parte della donna, di conquistarsi nei confronti dell’uomo un ruolo di parità, di dignità e indipendenza ad ogni costo, a mio avviso ha provocato nel loro equilibrio un vuoto di identità la cui origine non è solo culturale, ma sta di fatto che mi capita con sempre maggiore frequenza di vedere ragazze molto giovani che si ubriacano e che fanno del loro linguaggio parlato un vocabolario personale molto colorito di espressioni poco appropriate alle situazioni che vivono e di basso profilo sociale ed umano. L’emancipazione che qualsiasi persona possa acquisire nei confronti degli altri, passa attraverso il sacrificio e l’impegno quotidiano, così che la donna, presa come elemento singolo o come simbolo di una categoria, non ha altro modo di mostrare quel che vale se non attingendo al meglio da se stessa, dalle proprie peculiarità, non svendendo e non strumentalizzando il proprio corpo e la propria dignità femminile, ma acculturandosi nel pensiero, affinandosi nelle capacità sensitive e mostrandosi all’uomo suo pari per un rispetto comune che posto in sinergia con altre personalità ne fa una componente di maggior livello morale e civile. In un periodo storico in cui tutto corre veloce, sta diventando difficile programmare e seguire un iter culturale e formativo che dia risultati omogenei e di proiezione nel tempo futuro, soprattutto se legati ad un percorso fatto di coerenza, non rendendo altresì di facile reperibilità un indirizzo sul quale puntare in modo chiaro e fermo le proprie energie e migliori caratteristiche umane. Per le nuove generazioni questo loro atteggiamento di distacco rispetto a queste due realtà culturali che vivono in contrapposizione, è un modo aperto per dare voce al disagio che provano trovandosi a dover accettare senza cognizione di causa una società guidata da persone anziane rispetto alla loro generazione, si, perché anche in questo senso la tecnologia ha colpito pesantemente creando un maggiore distacco rispetto a quanto accadeva nel passato nell’umano avvicendarsi. ““Una forma culturale o ancor più una differenza serve alla donna per staccare l’uomo dal suo potere. Una fra le opportunità che la tecnologia offre, in contrapposizione a tante disperazioni e disgregazioni da essa create, è quella di sopperire alla differenza di prestazione fisica fra uomo e donna, utilizzandola nella sue più disparate soluzioni e applicazioni pratiche o virtuali, tanto che questa opportunità gioca a favore di coloro che hanno minor forza e minor inclinazione nelle molteplici soluzioni da applicare nelle diverse materie di studio degli esseri umani. In questo senso chiunque voglia studiare, sviluppare e applicare soluzioni ottimali nell’ambito scientifico non che pratico, lo può fare, appiattendo e annullando di riflesso ogni forma di diversità strutturale e peculiare legata imprescindibilmente ad ogni singolo individuo, affidando però ad un calcolatore la possibilità di reperire la giusta soluzione. Quant’è lecito per l’uomo raggiungere un obiettivo che ha il costo intrinseco del suo stesso valore? In un contesto evolutivo nel quale tutto cambia con estrema velocità, quale forma culturale si addice meglio a spiegare le motivazioni e l’orientamento di una specie che modifica la sua struttura identificativa, lasciando nelle mani di un giustiziere numerico l’ultima parola per una sentenza matematica? E poi ci si chiede ancora: verso chi riversare una forma culturale fatta di elementi astratti e lontani dalla struttura umana? Quale sarà l’obiettivo di prospettiva che ci si dovrà porre di fronte ad un organismo indipendente come quello tecnologico, nel quale puoi caricare una infinità di dati e di informazioni, ma senza mai averne indietro un comportamento emozionale e culturale adeguato e soprattutto istintuale! Quale forma assumerà l’essere umano del futuro, perché spinto dalla necessità di crearsi un’identità indipendente da ogni forma di quesito?”” “Il figlio del figlio ha tramandato per millenni quello che il padre ha fatto prima di lui, raccontando fra le sue storie, la storia di tutto il mondo… così si sono sempre avvicendate le generazioni, fra verità, Dei, eroi, favole e fantasia dove l’essere umano, pur consapevole d’esser bugiardo e ipocrita nel bisogno di raccontare e di sembrare, trovava nella necessità di portare avanti la specie umana il motivo e l’orgoglio per guardare oltre se stesso e oltre la consapevolezza di un disagio e di uno smarrimento che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita”. Quello che ci accompagna ora è una tecnologia che sembra essere sempre più per pochi eletti e che pare andare avanti da sola, senza la compagnia, il bisogno e il calore dell’uomo, distaccandosi dalla forma debole di un essere umano che in essa e tramite essa ha pensato di ricreare le condizioni di una evoluzione di libertà e di indipendenza da ogni supposizione incerta e da ogni tristezza e paura, quali componenti inseparabili e originali della propria emarginazione. < Donne che non sanno più come vestire, condizionate da se stesse o comandate dall’uomo, in ricerca della loro libertà o per poter richiamare l’attenzione di colui col quale si vorrebbero accoppiare… troppo coperte o mezze ignude, così che danno l’impressione di mercificare, di castrare, di regalare o di svendere le loro grazie, ma pur sempre bisognose d’amore. Vedo fra le mie assurde ipotesi una sola condizione che possa risvegliare il mondo da così tanto torpore e da tanta volontà di provare il male, nella soluzione ideale che non occorra desiderare più la necessità di vivere il bene per sentirsi felici. Un segreto importante è nascosto fra la presenza femminile di una struttura evolutiva propria, ed è il mistero della vita, quello che l’uomo, inteso proprio come entità maschile va cercando per poterlo catturare e adattare al suo potere, per plagiarlo alla sua impotenza di fronte a così tanta forza, indipendenza e dirompenza. E’ lì che l’uomo cerca disperatamente di entrare, per modificare una entità originale che porta in se la chiave di lettura del senso dell’esistenza umana intesa come visione del futuro, mettendo in luce, forse, che il primo ad essere stato creato altro non è che l’immagine di un Dio che cambia costantemente la ragione del suo significato. In questo modo il futuro sarà nelle mani delle donne, nella loro capacità di rinnovarsi e di riproporsi a se stesse come elementi centrali e fondamentali di una soluzione che non rimane sacrificata e legata ai desideri umani…come un codice binario che al si della vita esclude la possibilità di interrogarsi sul suo motivo e sul valore dell’esistenza, lasciando solo al pensiero umano la necessità di cercarne una giustificazione, questo è quanto separa la donna dalla certezza di non esser sola. Millenni di guerre, di violenze, di soprusi, questo è quanto l’uomo ha saputo creare e mantenere in vita, con atteggiamenti ostili verso tutto e tutti, per la ricerca costante di un potere e di un predominio che è custodito e depositato nel segreto della vita, un segreto che dal concepimento fino al trapasso di ogni individuo rappresenta un attimo infinito. E’ su questo mistero che si concentra la ricerca dell’uomo, per impossessarsi di un segreto che lo possa rendere immortale, avvicinandolo alla ragione di Dio >. E’ un momento culturale ed umano molto difficile questo per i nostri giovani, bastonati e resi colpevoli da debiti e da soluzioni che non hanno in modo diretto mai scelto o determinato di fare, data la loro assenza, richiamati ad un comportamento da soldatini tutti allineati per contribuire, tramite rinunce, impegni o obbligazioni ad un PIL che sembra il nome di una barca in rapida manovra per non affondare, colta nello stesso punto da dove è partita e senza aver mai programmato dove andare. Ritengo che non sia il caso di dare colpe a chi per ultimo è salito su questo gozzo, come mozzo naturalmente, a remare e a sentirsi pur dire, da chi ha sperperato e utilizzato risorse per una vita, che bisogna recuperare in credibilità e in denaro, quel che nella forma di un suicidio collettivo appare come il solo obiettivo da perseguire. “”Ma torniamo ora sui nostri passi, o ancor meglio sui nostri materassi, da quel luogo reale o figurato dal quale ognuno di noi, dall’incontro ravvicinato di altri due esseri viventi, a volte solo occasionali, alla vita è poi stato avvicinato, per capire che anche in questo senso il ruolo dell’uomo sembra sminuito e decentrato rispetto all’interesse che c’era un tempo di far sesso e di conoscere con piacere il corpo femminile. Son poeta questa mattina e vorrei dirvi fra le righe che quel che sovente ho fatto per assurdo con gli amici o anche da solo, è stato di raggiungere una donna a molti chilometri di distanza rispetto al mio vicinato. Tutto ciò sembra ora solo un sogno che rimanga qui scritto e solo desiderato, attratti come sono i giovani maschi d’oggi da computer, telefonini e da giochi informatici d’ogni genere, che tolgono fantasia, desiderio e voglia nella vita di sperimentare, tanto che le ragazze non san più come fare ad esser felici in certi momenti con l’innamorato””. A parte gli scherzi e a parte questo mio “modo azzerato” di dire certe cose, quello che mi preme di più è di mettere in luce il crescente disagio sociale che c’è nelle nuove generazioni, tarpate, arrestate e indirizzate, nell’aspetto della troppa apparente libertà, nell’improvvisazione comandata, nella cultura globalizzata… perché è di questo che ci sarebbe bisogno, ancor più che dell’economia unita. Tutto è pronto per loro sulla tavola imbandita, ben vestiti, con i soldi in tasca ed anche con un po’ di prepotenza che con loro san portare, ma non li incolpo per intero, siamo noi e col nostro modo di avergli mostrato un errato senso di vivere la vita che lo hanno ben imparato, convinti come siamo che ad aver tutto ci si possa sentir sempre e solo felici. Non è così, ma è fra le necessità dell’uomo provare fatica e soddisfazione per aver realizzato qualche cosa di personale e che ci abbia consentito di rivalutare o di riconoscere noi stessi in mezzo a tante delusioni, come l’immagine riflessa di una felicità che si stacca da una parte della nostra personalità per crearne un’altra altrettanto vera. In una visione del mondo fin troppo moderna potrei credere, da individuo che cerca di pensare, che ci sia nel tentativo della scienza e nello specifico dell’uomo, la volontà di liberarsi della donna in modo definitivo, creando fra provette e infiltrazioni le necessarie condizioni per dare la vita lontani da un grembo che non sia più quello materno, e relegando altresì uno dei nostri sommi piaceri solo ai ricordi che l’uomo ha lasciato fra pellicole impresse e libri fatti come manoscritti. Potrei altresì pensare che sia la donna stessa a volersi allontanare da questa obbligazione di condividere con l’uomo un momento staccato della propria indipendenza. In una veduta tradizionale della creazione delle forme maschili e femminili è scritto che da una costola dell’uomo nacque la donna, ma in una visione moderna e tecnologica delle ragioni indefinibile dell’esistenza, penserei che è ora la donna a volersi liberare da quel vincolo, avvertendolo come un peso, come una appendice della sua crescente e premente personalità, che attraverso il dono della procreazione ha trovato in se stessa il segreto della vita e della libertà. L’uomo un giorno sparirà dalla definizione della forma fisica, liberando la donna da un vincolo risalente a milioni di anni fa e che l’ha vista oggetto di un desiderio innato, talvolta scombussolandone il mondo con le sue vedute e promettendola in sposa ad un principe azzurro che mai o quasi mai si è presentato fra le sue braccia, come un sole che la potesse tenere eternamente calda e pronta all’amore. Dalle nuove generazioni qualcuno un giorno sentirà dire che la maternità, come noi l’abbiamo conosciuta, ormai è obsoleta, sorpassata e che per un attimo di piacere non si può condizionare la vita di una donna per più di nove mesi, con tutti gli imprevisti e i problemi che ci sono. C’è un metodo ancor più pratico ed ora che l’han trovato lo si può dire: “a crescer individui che non conoscono il calore umano e che quindi da esso non si sentiranno mai vincolati”. Scegli il figlio che vuoi, come fra le cose del super mercato, così qualcuno si sentirà dire e poi invece di una mamma un po’ depressa, stanca o di un padre affaticato o assente, riceverai in cambio una scheda che al momento giusto può essere ricaricata, essa ti può far capire al tempo stesso quale sia il tuo genitore desiderato. Tante volte e non credo d’esser solo, fra gli uomini che vivono senza temer paura nell’esporre le cose che pensano mi son portato, ed ora vorrei dirvi d’aver notato la forte indipendenza delle donne che solo nella differenza fisica nei confronti dell’uomo si sanno intimorire, ma oltre a quello vivono d’orientamento e di prospettiva più a lungo del sesso maschile, considerandoci e sentendoci in più occasioni accessori della loro vita. La possibilità di svincolo da una situazione millenaria che per avvicendare le generazioni ha visto l’essere maschile e quello femminile allinearsi alla loro condizione, sta cambiando rapidamente i riferimenti di un percorso che per molti anni non ci ha dato uno sbocco diverso rispetto a ciò che si è sempre cercato al senso di un significato aperto dell’esistenza e della morte, e così come sarà determinato dall’uomo il cambiamento del volto del nostro pianeta, alla stessa maniera si sostituiranno tutti quei riferimenti che da un tempo arretrato sono serviti all’essere umano per orientarsi e per continuare il percorso buio e cieco della sua storia”. Concludo questa lettera saggio con un po’ di mestizia, consapevole che al di là di teorie, supposizioni, forme poetiche, idee, battute scherzose e quant’altro potete annoverare nei miei lavori, non vi sia altro e per nessuno, da mostrare una nuova verità, esortandovi quindi, io stesso, a non dare peso e importanza alcuna al mio lavoro nel senso completo di quel che ho teso dirvi o voluto mostrare. In realtà poi ciò col quale bisogna fare i conti è di vivere al meglio la nostra vita e questo è qualche cosa di molto più reale ed immediato di qualsiasi bella o brutta parola che si possa dire. Non guardate me che con le mie ricerche, invado terreni impervi, sollevo massi e polveroni che a nulla servono per chiarire il valore e il significato della vostra vita, lasciando il tempo così come l’hanno trovato. Una cosa però me la consentite, ed è quella di augurare ad ognuno di noi di trovare in noi stessi quale miglior espressione ci sappia accontentare, nell’opportunità e nel desiderio di vivere una vita non del tutto scialba e nascosta a quel che appare della modesta verità umana. Così come vorrei esortare la brava e raffinata Edhèra a non abbandonarsi alla stanchezza di un obiettivo che pare solo un traguardo e un miraggio per se stessi, ma di continuare a coltivare, attraverso questa arte millenaria ricevuta in eredità da un uomo rinato e rinvigorito dalla speranza della vita come Ligustro, quell’estro utile a mantenere vivo dentro di sé ciò che non deve morire, sia pur non interrogandosi oltre quello che serve nell’esistenza, per vivere bene con gli altri e con se stessa e per trovare nuovo calore umano e nuove prospettive alle quali guardare con piacere. Tutto nella vita è rappresentabile come un’arte, ma l’arte di vivere la vita ci insegna come esserne artisti.
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