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La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: Editoria e tre domande provocatorie

15 Luglio 2022

di Bartolomeo Di Monaco

Gian Ruggero Manzoni (che lavora presso l’editore Castelvecchi, e quindi conosce la materia) qualche giorno fa pubblicò su Facebook un post sulla situazione editoriale, che condivisi poiché chiaro e veritiero, facendo giustizia dei tanti veli di ipocrisia che coprono il mondo editoriale.

Vorrei aggiungere qualcosa. Sono convinto che un autore che possa assicurare una buona vendita del suo libro (facciamo da 3/5 mila copie in su) non abbia difficoltà a trovare un editore (resta il fatto che poi deve darsi da fare per venderlo, come dice giustamente Manzoni). E ciò a prescindere dal testo che consegna (vale in letteratura come per la pubblicazione in altre materie). Ä– la casa editrice, attraverso il lavoro di editing, che provvede a raddrizzare il testo, liberandolo dagli strafalcioni (anche di grammatica e di sintassi) e indirizzandolo a seconda delle esigenze di mercato.
Sono convinto che non ci sia un autore, tra quelli di maggior vendita, che non abbia subito una tale operazione chirurgica.

E allora? Esiste il capolavoro di cui l’autore sia l’unico ad averci messo mano? Credo proprio di no. Forse un autore vero, ossia rivelatosi esclusivamente per le sue qualità, esiste solo nella piccola, piccolissima editoria e nel self publishing (a cui da qualche anno anch’io ricorro).

Pensate: un recensore rischia di apprezzare e mettere in risalto una frase che, in realtà, non è dell’autore ma del suo editor.

Ora tre domande:

1 – Non dovrebbero gli editori in un apposito spazio (ad esempio, dove si scrive il copyright) segnalare se l’opera sia stata sottoposta ad editing?
2 – Ä– giusto che un’opera sottoposta ad editing partecipi ad un Premio letterario?
3 – E se sostengo che l’editing è un processo di industrializzazione e di commercializzazione del prodotto, sbaglio?

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L’intervento su Facebook di Gian Ruggero Manzoni.

Gian Ruggero Manzoni
12 luglio alle ore 10:48 ·
IN ITALIA non è difficile pubblicare con medi o grandi editori, in particolare se hai i giusti padrini o le giuste madrine, se sei un ruffiano, se sei etichettabile di “centro sinistra”, se ti adegui al mainstream imperante, se sei di questa o quella lobby che fa tendenza (seppure la stessa “urli” di essere “perseguitata” in una maniera o in un’altra), se oggi dai addosso a Putin ed elevi Zelensky, se sei un migrante, se induci a pietismo o finto tale, se qui o se là (già sappiamo come vanno certe faccende – che non sono le mie, naturalmente), il difficile arriva quando, nel mare magnum dell’immondizia che si dà alle stampe, devi poi venderlo il tuo libro (anche se è un capolavoro). Gli editori che hanno (ancora) un ufficio stampa e promozionale di un certo livello riescono a farti recensire (per modo di dire, meglio – non essendoci più critici come si deve – riescono a farti “riassumere il contenuto del libro”, tramite il solito do ut des) su questo o quel giornale, oppure riescono a farti ospitare in questo o quel salottino televisivo, oppure riescono a piazzarti in questo o quel festival “à la page” (dominio di pochi “eletti” ammanicati e, di nuovo, dei soliti ruffiani) o nella cinquina o terzina di questo o quel premio (pilotato), ma, per lo più, necessita che sii tu a darti da fare, quale rappresentante di commercio di te stesso, in primo luogo a organizzare presentazioni (dove, se va bene, riesci a vendere 9 copie del volume), a rompere le scatole a questo o quell’amico dell’amico (o amica dell’amica) che scrive in Vanity Fair o Silhouette Donna (essendo, le donne, quelle che maggiormente comprano libri) o anche sul giornalino parrocchiale (infatti “tutto fa brodo”). Ebbene sì, non è difficile pubblicare un libro (ormai tutti hanno pubblicato un libro, o gratis o a pagamento) quanto, il difficile, se non il quasi impossibile, risulta poi riuscire a venderlo, così da poter sperare che il medio o grosso editori ti stampi il secondo, altrimenti sei fuori dal “giro che conta” (o “sconta”). Sì, e lo ribadisco, la follia è il dover fare 60 presentazioni, per lo più a spese tue (ovviamente se hai 60 amici disposti a perorare la tua causa in 60 città diverse), imbonendo il pubblico 60 volte con la medesima noiosa filippica, per quindi, alla resa dei conti, vendere, infine e quando va grassa, 540 copie (dalle quali non riceverai alcun diritto-profitto, vista la delinquenza di quasi tutti gli editori). Questo in Italia è il difficile… il moltissimissimo difficile… cioè il far distribuire quindi il vendere il tuo libro. Al che mi e vi domando : “chi te o ve lo fa fare” il voler essere poeti o narratori a tutti i costi ?… ah ah ah ah ah !!!
Buondì amiche e amici, così va il mondo, così, oggi, va in Italia… per chi ancora non lo sapesse…

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16 luglio 2022 (su FB).

Mi scrive Vincenzo Pardini: “Caro Bartolomeo, hai sollevato un argomento alquanto serio. Quello dell’editing, che ha forgiato la nullità della scrittura. Affinché tu faccia sentire più forte la tua importante voce ti mando gli originali di alcuni miei testi. Potrai vedere quanto sono eguali una volta che sono stati pubblicati in libro.”
Impossibilitato a rileggere i lunghi testi inviatimi (il lungo racconto “Broggiâ€, “Banda randagiaâ€, “Grande secolo d’oro e di doloreâ€, “L’accecatoreâ€, “Il postaleâ€) ho fatto dei controlli a campione. Comer sarà noto, in omaggio al valore di Pardini, gli ho dedicato il libro “Omaggio a Vincenzo Pardini. Tra racconti e romanzi†(qui) Da tali controlli è risultato che i testi visionati sono identici ai manoscritti.

In occasione di questo controllo, mi è capitato, però, di notare un’altra cattiva abitudine dell’editor, riscontrata ne “Il postale†(fra l’altro uno dei suoi libri più potenti), edito da Fandango, ossia quella di non rispettare i paragrafi dell’originale, che in vari casi vengono accorpati per farne uno più lungo. Anche questa operazione è assai criticabile. I paragrafi voluti dall’autore fanno parte della musicalità dello scritto, come per uno spartito musicale la pausa. Ä– un respiro che si dà alla narrazione. Alterandolo, si interviene sul ritmo e lo si modifica, sia pure, qualche volta, impercettibilmente. Questo rispetto è tenuto invece negli altri testi, salvo uno, in cui è fatto in maniera sporadica.


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart