LETTERATURA: I MAESTRI: Gli adulatori dei giovani25 Maggio 2017 di Carlo Laurenzi Tornato da un viaggio scor ro le lettere che mi attendono, per lo più di sconosciuti. Una, manoscritta e fittissima, mi colpisce dalle prime righe, a causa di questo chiarimento paesistico: « C’è il sole dila tato e fresco, e il cielo è co lor pervinca d’un azzurro-grigio appena malinconico. I ge rani di mia madre hanno foglioline nuove. Ieri nevicava, oggi non posso credere che sia inverno ». « Il sole dilatato e fresco »: la lettera viene da una città di pianura, triste città che può addolcirsi all’improvviso, per poco. Conosco scrittori, vizzi e confortati dal successo, i quali troverebbero che questa lettera aspira a clausole di pro sa d’arte; « prosa d’arte », per loro, è la perdizione estrema, e ogni tentativo di definire, di approfondire con esattezza rientra per loro nella prosa d’arte. Proseguo. L’autrice del la lettera è una ragazza di diciannove anni, che frequen ta l’ultimo anno di ragioneria. * Darebbe « non so cosa per vedere il lago di Dobbiaco, per abitare in un mulino a vento della Camargue, per ave re i nonni, per una cavalca ta ». Invece, studia la liquida zione delle imprese industria li e poi sarà una ragioniera come ha voluto suo padre che aspetta luglio con ansia. Lei non lo condanna, ma vede chiaro: « Prima di tutto do vremmo realizzare noi stessi. Non saremo mai davvero fe lici se realizzeremo i sogni che altri hanno fatto per noi. A volte, il salvare una situa zione equivale a perdere noi e i nostri sogni, perché se non saremo realizzati non saremo veri, non potremo quindi oc cupare il nostro posto nella vita né contribuire davvero a migliorare il mondo ». Già. Ci sono momenti nei quali ci si volge intorno e la logica, con la sua tranquilla lucidità, ci conduce a dispe rare del mondo: dimentichiamo che il mondo sarebbe sta to travolto (da ieri, o da mil lenni) se non esistesse (da sempre) qualcuno che desi dera salvarlo. Questa volizio ne è insufficiente ad arginare il male, ma è necessaria per ché il paradigma del bene non venga misconosciuto. Non per diamo d’occhio che per vo lere salvare il mondo bisogna essere santi ma che spesso ba sta essere giovani. Raramen te i giovani sono stati fastidiosi e « romantici » come in questa fase di contestazione in cui la paura, il disprezzo e l’adulazione li circondano: tuttavia il loro ardore, al di là degli schiamazzi, dà corag gio. Resta che a nessuno è concesso guardare le Cose Ul time, se proprio ci sono Cose Ultime, e che il bene è forse un simulacro. Ma i giovani, certi giovani, sanno dar vita ai simulacri ignorandone la fallacia. Questa forza, chia miamola amore, ci spinge a non disertare il mondo. Uno scopo della studentes sa, nel rivolgersi a me, è che riferisca allo scrittore Gof fredo Parise un giudizio su una conversazione radiofonica fra lo stesso Parise e una ra gazzina di quindici anni, la quale voleva andare in Biafra. Sembra che Parise abbia esclamato: « Ma è troppo gio vane! Pensi a studiare! Per il resto c’è tempo, c’è tem po! » La mia studentessa non è d’accordo: « Se lo conosce, di ca a Parise che non c’è tem po. Non c’è tempo per vivere bene. Quella ragazzina non ha saputo spiegarsi, ma io l’ap provo e per fortuna molti gio vani la pensano come me. Sa rà sempre troppo poco il bene che vivremo, faremo e dare mo rispetto a quello che avremmo potuto vivere, fare, dare; e poi non sappiamo quanto tempo ci sia concesso. Prima la verità, la nostra ve rità, l’essere noi stessi davve ro, l’amore per tutti gli altri concretamente dimostrato; poi, solo poi, tutto il resto: cultu ra, politica, lavoro, scuola, ec cetera. Io purtroppo debbo continuare a studiare. Se ma terialmente potessi, andrei invece in Brasile ad aiutare cer ti miei amici impegnati nelle favelas e che hanno piantato tutto, persino l’ultimo stipen dio di uno di loro che era in gegnere ». * «Realizzare noi stessi », «es sere noi stessi davvero », «la nostra verità »: enunciate così queste aspirazioni possono far sorridere, o anche irritarci. Le velleità dei giovani! Ma quan do la mia studentessa dice « l’amore per tutti gli altri concretamente dimostrato », e questa postulazione sta lì co me un banco di prova, non sorrido. L’esempio del ragaz zo ingegnere che ha « pian tato » l’ultimo stipendio per correre alle favelas non risul ta eccezionale: molte « veri tà » di giovani si manifesta no come « amore per gli al tri concretamente dimostra to ». La salvezza del mondo tentata da molti giovani non è velleitaria. Allora, è giusto che i giovani siano se stessi o « realizzino se stessi »; e a noi conviene arrossire. Penso a come sia numeroso il catalogo delle nostre ingiu stizie verso i giovani, e dei nostri attentati al maturare della loro « verità ». Io, lo confesso, ho peccato verso di loro più volte con l’ironia, che non è colpa lieve. Il pa dre della mia studentessa, for zandola a diventare ragionie ra, pecca presumibilmente con la cecità e l’egoismo. Goffre do Parise (con le migliori in tenzioni, ma tutti siamo colmi di buone intenzioni) ha pec cato attraverso la saggezza. Ritengo che le colpe più gravi, però, siano proprie de gli adulatori dei giovani. Gli adulatori dei giovani idoleg giano la « verità » della gio vinezza, non di rado sospingo no i giovani verso le pseudo verità, in ogni caso strumen talizzano il loro idolo. La le gione di questi prevaricatori è folta. I politici sono i più grossolani e i più ovvii, a si nistra come a destra; non mi soffermerò su costoro. I filo sofi che hanno predicato la Contestazione Globale e il Movimento Studentesco sono forse i meno impuri, e inoltre (ma tardivamente) i soli ca paci di pentirsi: ora Max Horkheimer, ad esempio, pia gnucola sulle follie dei segua ci. I profeti del Sesso sono i più equivoci: glorificano l’ero tismo e feriscono l’amore, au spicando una società di gio vani che, reificati, simili a ma rionette in una rappresenta zione oscena, compiacciano spettatori lascivi. Gli intellet tuali satolli eppure « anticon formisti » â— la Protesta va sempre bene giacché al di fuo ri della Protesta si passa per superati e borghesi â— sono probabilmente i più sprege voli. Più colpevoli di tutti, in alcuni casi, mi sembra che siano i preti ribelli perché ri cevettero una consacrazione in nome di una rinuncia e furono detti custodi di una certezza. Nella misura in cui adula i giovani per renderli solidali alla sua rivendicazione mon dana, il prete ribelle, mi pare, pecca contro lo Spirito. Lo Spirito, se non soffia più dove vuole, si rifugia dove può. Al limite, ciascun uomo ciascun giovane è solo, preda di ogni possibile disperazione ma visitato talora da conso lazioni ben sue. Personalmen te, ho fiducia nella fecondità delle solitudini. La mia stu dentessa chiude così la lette ra: « Per fortuna, oggi tutto è giallo e bianco, luce ».
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