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LETTERATURA: I MAESTRI: Gli adulatori dei giovani

25 Maggio 2017

di Carlo Laurenzi
[dal “Corriere della Sera”, venerdì 21 marzo 1969]

Tornato da un viaggio scor ­ro le lettere che mi attendono, per lo più di sconosciuti. Una, manoscritta e fittissima, mi colpisce dalle prime righe, a causa di questo chiarimento paesistico: « C’è il sole dila ­tato e fresco, e il cielo è co ­lor pervinca d’un azzurro-grigio appena malinconico. I ge ­rani di mia madre hanno foglioline nuove. Ieri nevicava, oggi non posso credere che sia inverno ».

« Il sole dilatato e fresco »: la lettera viene da una città di pianura, triste città che può addolcirsi all’improvviso, per poco. Conosco scrittori, vizzi e confortati dal successo, i quali troverebbero che questa lettera aspira a clausole di pro ­sa d’arte; « prosa d’arte », per loro, è la perdizione estrema, e ogni tentativo di definire, di approfondire con esattezza rientra per loro nella prosa d’arte. Proseguo. L’autrice del ­la lettera è una ragazza di diciannove anni, che frequen ­ta l’ultimo anno di ragioneria.

*

Darebbe « non so cosa per vedere il lago di Dobbiaco, per abitare in un mulino a vento della Camargue, per ave ­re i nonni, per una cavalca ­ta ». Invece, studia la liquida ­zione delle imprese industria ­li e poi sarà una ragioniera come ha voluto suo padre che aspetta luglio con ansia. Lei non lo condanna, ma vede chiaro: « Prima di tutto do ­vremmo realizzare noi stessi. Non saremo mai davvero fe ­lici se realizzeremo i sogni che altri hanno fatto per noi. A volte, il salvare una situa ­zione equivale a perdere noi e i nostri sogni, perché se non saremo realizzati non saremo veri, non potremo quindi oc ­cupare il nostro posto nella vita né contribuire davvero a migliorare il mondo ».

Già. Ci sono momenti nei quali ci si volge intorno e la logica, con la sua tranquilla lucidità, ci conduce a dispe ­rare del mondo: dimentichiamo che il mondo sarebbe sta ­to travolto (da ieri, o da mil ­lenni) se non esistesse (da sempre) qualcuno che desi ­dera salvarlo. Questa volizio ­ne è insufficiente ad arginare il male, ma è necessaria per ché il paradigma del bene non venga misconosciuto. Non per ­diamo d’occhio che per vo ­lere salvare il mondo bisogna essere santi ma che spesso ba ­sta essere giovani. Raramen ­te i giovani sono stati fastidiosi e « romantici » come in questa fase di contestazione in cui la paura, il disprezzo e l’adulazione li circondano: tuttavia il loro ardore, al di là degli schiamazzi, dà corag ­gio. Resta che a nessuno è concesso guardare le Cose Ul ­time, se proprio ci sono Cose Ultime, e che il bene è forse un simulacro. Ma i giovani, certi giovani, sanno dar vita ai simulacri ignorandone la fallacia. Questa forza, chia ­miamola amore, ci spinge a non disertare il mondo.

Uno scopo della studentes ­sa, nel rivolgersi a me, è che riferisca allo scrittore Gof ­fredo Parise un giudizio su una conversazione radiofonica fra lo stesso Parise e una ra ­gazzina di quindici anni, la quale voleva andare in Biafra. Sembra che Parise abbia esclamato: « Ma è troppo gio ­vane! Pensi a studiare! Per il resto c’è tempo, c’è tem ­po! »

La mia studentessa non è d’accordo: « Se lo conosce, di ­ca a Parise che non c’è tem ­po. Non c’è tempo per vivere bene. Quella ragazzina non ha saputo spiegarsi, ma io l’ap ­provo e per fortuna molti gio ­vani la pensano come me. Sa ­rà sempre troppo poco il bene che vivremo, faremo e dare ­mo rispetto a quello che avremmo potuto vivere, fare, dare; e poi non sappiamo quanto tempo ci sia concesso. Prima la verità, la nostra ve ­rità, l’essere noi stessi davve ­ro, l’amore per tutti gli altri concretamente dimostrato; poi, solo poi, tutto il resto: cultu ­ra, politica, lavoro, scuola, ec ­cetera. Io purtroppo debbo continuare a studiare. Se ma ­terialmente potessi, andrei invece in Brasile ad aiutare cer ­ti miei amici impegnati nelle favelas e che hanno piantato tutto, persino l’ultimo stipen ­dio di uno di loro che era in ­gegnere ».

*

«Realizzare noi stessi », «es ­sere noi stessi davvero », «la nostra verità »: enunciate così queste aspirazioni possono far sorridere, o anche irritarci. Le velleità dei giovani! Ma quan ­do la mia studentessa dice « l’amore per tutti gli altri concretamente dimostrato », e questa postulazione sta lì co ­me un banco di prova, non sorrido. L’esempio del ragaz ­zo ingegnere che ha « pian ­tato » l’ultimo stipendio per correre alle favelas non risul ­ta eccezionale: molte « veri ­tà » di giovani si manifesta ­no come « amore per gli al ­tri concretamente dimostra ­to ». La salvezza del mondo tentata da molti giovani non è velleitaria. Allora, è giusto che i giovani siano se stessi o « realizzino se stessi »; e a noi conviene arrossire.

Penso a come sia numeroso il catalogo delle nostre ingiu ­stizie verso i giovani, e dei nostri attentati al maturare della loro « verità ». Io, lo confesso, ho peccato verso di loro più volte con l’ironia, che non è colpa lieve. Il pa ­dre della mia studentessa, for ­zandola a diventare ragionie ­ra, pecca presumibilmente con la cecità e l’egoismo. Goffre ­do Parise (con le migliori in ­tenzioni, ma tutti siamo colmi di buone intenzioni) ha pec ­cato attraverso la saggezza.

Ritengo che le colpe più gravi, però, siano proprie de ­gli adulatori dei giovani. Gli adulatori dei giovani idoleg ­giano la « verità » della gio ­vinezza, non di rado sospingo ­no i giovani verso le pseudo ­verità, in ogni caso strumen ­talizzano il loro idolo. La le ­gione di questi prevaricatori è folta. I politici sono i più grossolani e i più ovvii, a si ­nistra come a destra; non mi soffermerò su costoro. I filo ­sofi che hanno predicato la Contestazione Globale e il Movimento Studentesco sono forse i meno impuri, e inoltre (ma tardivamente) i soli ca ­paci di pentirsi: ora Max Horkheimer, ad esempio, pia ­gnucola sulle follie dei segua ­ci. I profeti del Sesso sono i più equivoci: glorificano l’ero ­tismo e feriscono l’amore, au ­spicando una società di gio ­vani che, reificati, simili a ma ­rionette in una rappresenta ­zione oscena, compiacciano spettatori lascivi. Gli intellet ­tuali satolli eppure « anticon ­formisti » â— la Protesta va sempre bene giacché al di fuo ­ri della Protesta si passa per superati e borghesi â— sono probabilmente i più sprege ­voli. Più colpevoli di tutti, in alcuni casi, mi sembra che siano i preti ribelli perché ri ­cevettero una consacrazione in nome di una rinuncia e furono detti custodi di una certezza. Nella misura in cui adula i giovani per renderli solidali alla sua rivendicazione mon ­dana, il prete ribelle, mi pare, pecca contro lo Spirito.

Lo Spirito, se non soffia più dove vuole, si rifugia dove può. Al limite, ciascun uomo ciascun giovane è solo, preda di ogni possibile disperazione ma visitato talora da conso ­lazioni ben sue. Personalmen ­te, ho fiducia nella fecondità delle solitudini. La mia stu ­dentessa chiude così la lette ­ra: « Per fortuna, oggi tutto è giallo e bianco, luce ».

 


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Bart