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LETTERATURA: I MAESTRI: Il documento di Sarzana

10 Febbraio 2013

di Mario Tobino
[dal “Corriere della Sera”, Mercoledì 27 maggio 1970]

Un filo d’argento è la Ma ­gra, che scorre tra le ghiaie. Ai lati, per tutta la valle, si alzano alte, selvose, le mon ­tagne. Serpeggia ella, garru ­la fino al mare, alla Punta Bianca. Lì â— vicino alla fo ­ce â— è il suo momento più bello: dilata la vena, e nello stesso momento la pianura si allarga, si popola di mes ­si, danza, si cangia al sole in ogni sorta di verde.

Nel Due e Trecento i pa ­droni della valle percorsa dal fiume Magra, coloro che ta ­glieggiavano i contadini e piombavano su i viaggiatori trovatisi a passare per quel luogo, erano due: la chiesa di Luni e i marchesi Malaspina.

E’ facile immaginare che tra i due molto spesso sof ­fiava un’astiosa ira.

I marchesi Malaspina â— quelli del ramo secco e quel ­li del fiorito â— avevano i castelli appollaiati sulla cima dei colli lungo la Val di Ma ­gra; di lì spiavano, pronti ad aggredire ed anche difendersi.

Il vescovo di Luni aveva un castello sul colle di Castelnuovo, che è proprio so ­pra la foce della Magra; dal ­le balze si scorge il mare che si arricciola oppure è tutto celeste. Il vescovo se l’era fatto lassù costruire non per timore di stare al basso, in pianura â— essendo la reli ­gione, la Chiesa, in quel tem ­po da tutti venerate, poco pensabile era una diretta ag ­gressione â— ma perché Luni era gravida di miasmi, preda della malaria, come ben conobbe Cavalcanti, l’amico di Dante, che lì in esilio fu colpito dalle febbri e ne morì.

Sulla fine del Duecento vescovo di Luni era Enrico da Fucecchio, uomo ardito, fierissimo dei diritti della sua chiesa, per nulla arrendevole di fronte a quel Malaspina pronto a rispondere ferro al ferro. I contrasti erano di tutti i giorni, per ogni sorta di quistioni, dispute di confine, arroganza dei rispettivi sol ­dati, spettanza delle prede. E a dimostrare che non solo a Firenze quelli erano i tem ­pi, valga quella volta dei tre ambasciatori dei Malaspina, dei tre famigli, mandati al vescovo, a Enrico da Fucec ­chio, per mitigare una certa impresa che era finita troppo aspra, per tentar di sbollire la rabbia del vescovo.

Si presentarono i tre di ­pendenti dei Malaspina a En ­rico da Fucecchio, e questi non li stette a sentire. Ordi ­nò che a tutti e tre fosse stac ­cata la testa.

 

*

 

Fortunatamente ad Enrico da Fucecchio successe un uomo dolcissimo, Alberto dei Camilla, un vecchio che per umiltà ricordava Gesù, e quante volte aveva proclama ­to che erano nidi di vermi le ricchezze terrene.

Inoltre proprio lì, nella Val di Magra, ci si era stancati di rapine, omicidi, dover sem ­pre sospettare agguati, mai abbandonarsi alle gioie della vita. E intanto echeggiava per tutta la valle la santità del nuovo vescovo.

Franceschino Malaspina tentò di approfittare di quel ­la evenienza per stabilire una pace duratura. Il suo castel ­lo era sul picco di Fosdinovo, in linea d’aria pochi chi ­lometri da quello del vesco ­vo, a Castelnuovo. Poiché più stretto vicinante, più fre ­quenti le occasioni di litigio.

Tra i Malaspina correva il nome di Dante, se ne citava ­no i versi; specie Moroello, il fratello di Franceschino, era con l’Alighieri legato di amicizia. Non era facile nel Trecento incontrare un uomo che conoscesse la musica, fosse egregio nel disegno, padrone del latino, profondo in astrologia e teologia, rima ­tore d’amore, prosatore in sapienti trattati, e non solo, ma che fosse anche pratico di pubblici affari, sottile diplo ­matico, esperto della procedura, paziente nel condurre le quistioni.

Dante non era soltanto un poeta agli occhi dei contem ­poranei, era anche un politi ­co, abituato a discutere con i potenti.

Nel Medioevo anche i si ­gnori, i cavalieri, ben poco erano dotti, la loro bravura la mettevano nella caccia, il valore nella guerra. Dante fu invitato da Franceschino a condurre le trattative di pace.

Un esiliato accetta quel che gli capita e in questo ca ­so con piacere perché i Malaspina sono famosi per liberalità, generosità, onore; e sarà bello inginocchiarsi davanti a quel venerabile sacerdo ­te, il vescovo Alberto dei Camilla.

 

*

 

Dante arriva a Fosdinovo. Il castello è su un picco, intorno scoscese montagne. Rari gli abitanti e tutti stretti al castello. Dalle vicine selve si ode durante il giorno uno svariato pigolio di uccelli, schiere di colombe ruotano in volo da un punto all’altro del denso verde. Più precisa ­mente di notte il cuculo familiarmente conversa, con in ­timità, chiama a un tu per tu; a volte d’improvviso si al ­zano nel cielo gli armoniosi impeti di un usignolo.

Laggiù, al di là del fiume, in mezzo alla pianura â— spettacolo finale delle glorio ­se vicende umane, delle su ­perbe pompe â— c’è Luni, l’antica Luni, un accumulo pietoso di detriti, rosicchiati sassi sparsi per ogni dove; l’anfiteatro una selva di moncherini.

Cominciano le trattative.

Davanti a Dante c’è il fratello del vescovo, Prinzivalle dei Camilla; ma innanzi tutto c’è un frate, un frate dei Minori, che si chiama proprio Malaspina ed è stato lui se ­gretamente a stimolare, a dar l’avvio all’incontro per sep ­pellire le funeste discordie tra la sua famiglia e il vescovo di Luni. Dante è sorridente e mae ­stro.

Il pomo della discordia è questo: il vescovo e i mar ­chesi vantano gli stessi diritti su certi punti della Val di Magra e innanzitutto â— quistione che raduna tutte le frecce â— sul castello di Bolano e quello di Brina.

I rappresentanti del vesco ­vo ascoltano Dante che ogni giorno di più li affascina con la dottrina, l’eloquenza, e innanzitutto per l’appassiona ­to amore della giustizia, que ­sta la sua vera mira, la pro ­fonda ricerca.

Il frate Guglielmo Malaspina ha anche avvertito nei suoi accenti la profonda de ­vozione alla Chiesa e quanto ardore egli ha perfino per il Gran Manto, per chi lo rive ­ste, per il pontefice; che però sia degno della cattedra di San Pietro.

Guidati da Dante, presto l’accordo è raggiunto; non ri ­mane che la cerimonia uffi ­ciale, la firma, nella sala epi ­scopale. Si avvicina cioè la data del 6 ottobre 1306, così bella per noi perché con cer ­tezza sappiamo i passi bat ­tuti quel giorno da Dante.

 

*

 

Gli atti si svolgono tutti nella prima mattina. Le tene ­bre e il fumo delle lucerne erano pesanti e così si an ­dava a letto presto. Alla nuo ­va luce del sole tutti in piedi.

Dante, calato da Fosdino ­vo, con la sua corte, la schie ­ra a fargli corona, avanti la prima Messa è in piazza del ­la Calcandola a Sarzana. Il notaro Giovanni di Parente da Stupio l’aspettava, gli do ­veva mettere in mano la pro ­cura di Franceschino Malaspina, il documento che gli per ­metteva di trattare per i marchesi.

Insieme al notaro si dires ­sero a Castelnuovo. I cavalli soffiavano dalle narici. Salen ­do, ad ogni giro di balza, il mare si faceva più ampio, ap ­pariva tutta la foce della Ma ­gra, il dilatarsi della pianura. La meraviglia era contempla ­re dall’alto il mare celeste che tremolava per le infinite ondicciole.

Si arrivò all’ingresso della grande piazza davanti al ca ­stello. Le bandiere, gli sten ­dardi, le insegne, si muove ­vano per il fresco maestrale.

Mentre si scandivano i pas ­si attraverso la piazza, per arrivare alla porta maggiore del castello, Dante, contorna ­to dai suoi, tutti vestiti in nobiltà, fu invaso da una svettante gioia, in quegli atti ­mi scomparso l’esilio, in que ­gli istanti tutto dimenticato, felicità procedere in quel bel ­lissimo paesaggio che per sfondo aveva il mare, proce ­dere tra le insegne, presen ­tarsi alla Chiesa come colui che ha per emblema la giu ­stizia, e la brandisce, la of ­fre, mondo da ogni turpe pro ­posito.

Il vescovo Alberto dei Ca ­milla, i capelli bianchi, lo sguardo senza peccato, l’aspet ­tava nella sala episcopale, se ­duto sulla sedia vescovile. In ­torno, in abiti solenni, i di ­pendenti della Curia lunese, il fratello Prinzivalle e il frate Guglielmo Malaspina, che tanto aveva contribuito a quell’accordo.

Dante fu all’ingresso del salone e si disponeva ad avanzare verso il canuto sa ­cerdote, inginocchiarsi davan ­ti a lui, quando il vescovo si alzò dalla sedia, da solo andò incontro a Dante, si avvicinò alle sue guance e disse:

â— Ti dò il bacio della pace.

Dante anche lui abbracciava il vecchio vescovo, rispon ­dendo con parole di fratellanza.

Sapeva il vecchio vescovo, il vescovo santo, aveva indo ­vinato chi era davanti a lui? La sua purezza lo aveva avvertito che di fronte aveva un’anima grande?

In quello stesso giorno â— 6 ottobre 1306 â— il notaro Giovanni di Parente da Stupio, stende l’Atto della pace tra i Malaspina e il vescovo di Luni, atto che, si conserva nell’archivio notarile di Sarzana e che appunto suole essere chiamato il documento sarzanese.

 

 


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Bart