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LETTERATURA: I MAESTRI: Il dramma della Chiesa

6 Giugno 2017

di Carlo Laurenzi
[dal “Corriere della Sera”, venerdì 17 ottobre 1969]

In quanto uomo « storico » â— parte di questa società, im ­plicato in un preciso momen ­to politico â— non ho doveri verso la Chiesa tranne il ri ­spetto nella separazione. Se sono persuaso che sia deside ­rabile un consolidamento della democrazia (ciò comporta aperture severe e chiusure audaci) mi opporrò all’inge ­renza della Chiesa nelle cose del mondo. La Chiesa ha due anime, una tradizionalista e l’altra progressista: debbo combatterle ambedue, per gra ­me che siano le mie forze.

Sulle scelte retrive della vec ­chia Chiesa è superfluo ripe ­tersi. Quanto alla cosiddetta Chiesa del dissenso, sembra in ­discutibile la sua collusione di fatto col totalitarismo di sinistra: « il cristiano è colui che deve correre l’estremo ri ­schio, quello di essere strumen ­talizzato a causa del suo amo ­re »; neanche loro, i cattolici del dissenso, negano tale col ­lusione o sudditanza. Giac ­ché la civiltà laica è il para ­digma storico nel quale mi invero, non posso non conti ­nuare a professarmi anticleri ­cale, indipendentemente dalle « aure giovannèe » e dalle autocritiche della Chiesa post ­conciliare. Debbo aggiungere che il mio anticlericalismo non è astioso ma necessario e do ­lente. Credo che molti con ­vengano con me, in un’eguale tristezza.

*

Il fatto è che siamo consa ­pevoli della precarietà del pa ­radigma storico. E sarà meglio che parli in prima persona, non certo per superbia: so te ­stimoniare soltanto quanto ac ­cade in me. Dentro di me, nel profondo, la Storia è negata; l’unica convinzione che mi si radichi è la certezza della so ­litudine, con un senso ambiguo di paura e di vuoto. Sulla solitudine, col progredire delle esperienze, un edificio di ra ­gionevolezza è cresciuto; si sono aperte finestre; ponti so ­no stati gettati. Ho ascoltato le parole, ho letto i libri. Ami ­ci mi hanno stretto la mano Ho amato. Ho generato. Ho creduto di distinguere la giu ­stizia dall’ingiustizia. Ho scel ­to una strada e ho riconosciuto un ideale: per esso sono stato rassegnato a morire. In una misura relativa, ma effettiva ho compreso che molto deve subordinarsi all’ideologia e che l’ideologia accettabile (per chi non creda in un Assoluto) è quella che serve la civiltà laica, nata dalla rivoluzione. Per rivoluzione continuo a in ­tendere la rivoluzione dell’89, figlia del razionalismo e dell’individualismo. Al di là di questa formula è il baratro. Può darsi che oltre il baratro, ma non raggiungibile, si col ­lochi la Verità.

Parallelo a questo cammino (attraverso il quale si sono ve ­nute spiegando, forse illusorie, la mia socializzazione e la mia politicizzazione) ho percorso un altro sentiero: agevole dap ­prima, poi a poco a poco im ­pervio e come oscurato in una foresta, ma mai del tutto smar ­rito. E’ ovvio che l’ampiezza del sentiero corrispose agli an ­ni della mia infanzia, quando la mia anima â— qui « anima » sta nel preciso significato cat ­tolico â— venne manipolata con la somministrazione dei sacramenti. La Chiesa assume l’indelebilità dei sacramenti, per incredulo che si professi chi li ha ricevuti. Incredulo, non soltanto, ma ostile alla Chiesa sul piano ideologico e politico, non ho mai pensato tuttavia di potermi dichiarare non cristiano. Il fondatore del ­la Chiesa ha proclamato: « Il mio regno non è di questo mondo », ed è possibile che la mia sfiducia nella Storia si sia nutrita un poco di quella promessa. Senza dubbio, non ho ricevuto carismi. Ma, chis ­sà, quel poco cibo, quel poco lume della promessa sono sta ­ti un dono: il dono per cui mi è stato consentito sperare che la solitudine dell’uomo ab ­bia un senso remoto e miste ­riosamente sia riscattata o per ­fino degna di gloria.

In quanto uomo « esisten ­ziale », allora, debbo qualcosa alla Chiesa di Roma: è saggio che accettiamo le nostre con ­traddizioni con umiltà. Anti clericale, scettico, pronto a lot ­tare contro le ingerenze e le rivendicazioni mondane della Chiesa, faccio anche parte del popolo di Dio? Onestamente, temo di no. Oggi contraria ­mente a certe apparenze, la Chiesa, per molti, si chiude. Non è più attuale l’immagine di una Chiesa, come scrive qualcuno, « dove lo scopo es ­senziale, quello della salvezza dell’anima, era garantito a cia ­scuno e a tutti in base a una precettistica onniveggente ca ­pace di prevedere ogni novità situazionale; dove la garanzia dell’eterno era assicurata con ­tro l’usura del tempo; dove l’uomo più fortunato, il con ­templativo, era salvaguardato da ogni contatto col mondo, ma anche al membro più estroflesso era assicurato un salvataggio in extremis e dove qualunque ‘lontano’ po ­teva entrare solo che lo desi ­derasse per dimenticare ogni altra realtà e responsabilità; dove in una parola l’uomo si sentiva sollevato da strutture già extraterrestri, ossigenato da un’atmosfera già intrisa di eternità, dov’era naturale, pri ­ma ancora che fosse coman ­dato, divenire indifferenti per le cose e le cause del mondo, per le sue gioie e le sue ver ­gogne, per le sue vittorie e le sue sconfitte, tutte vanità per chi già respirava nell’eterno ».

*

Oggi questa Chiesa è defun ­ta; anche i tradizionalisti o integristi non la difendono più, la ritengono improponibi ­le e vuota. E’ tempo di conte ­stazione. Gli integristi si li ­mitano a contenere la protesta sul piano dell’organizzazione gerarchica, della disciplina pa ­storale, del magistero, dell’eti ­ca. Entro questi confini è pro ­babile che i progressisti non prevarranno, per ora; ma fin da ora una teologia rinnovata ha dominio. Anche i trappisti insorgono contro la contem ­plazione. E’ offuscato il Cristo di Pascal; quella « pace che il mondo irride ma che rapir non può », fino a ieri culmine della Grazia, è irrisa da ec ­clesiastici, forse anche da monache di clausura, le vergin ascose. Il Papa, per sua stessa ammissione, versa lacrime. Un cosmo si è infranto.

Si sa quale milizia prefigu ­rano alla Chiesa i più accesi fra i novatori. Sotto la specie della mortificazione, pensosi della progressiva scristianizza ­zione del mondo, i novatori reclamano una Chiesa « orizzontale », tutta calata nel mondo. Il recupero del concetto pluralità-debolezza-servizio è il loro fine: « una Chiesa debole coi deboli, una Chiesa per la storia (cioè per l’uomo), nella storia, non contro la storia ». Il Regno è qui, nel secolo. Con semplicismo piuttosto che con semplicità evangelica, si chiede ai poveri, agli affama ­ti, ai reietti, ai negri, ai de ­magoghi di accogliere la pro ­sternata solidarietà dei catto ­lici, la loro gratitudine incon ­dizionata. L’autentica Missio ­ne divenuta politica; i nova ­tori domandano per la Chiesa l’onore di battersi accanto ai tribuni contro il « disordine costituito », ovverosia contro le strutture sociali e statali conservatrici, o non eversive, o, infine, democratiche. Talo ­ra, o spesso, la violenza non è ripudiata. La scelta, dicono, non è ideologica ma storica: la Chiesa, ormai, vive « nella storia e per la storia ». Ci si salva e ci si perde nel mondo. Gli Stati Uniti d’America so ­no il cuore dell’Inferno. Forse non c’è Paradiso. Non c’è pec ­cato, se non quello di contrastare il cammino della ri ­volta. « Una Chiesa che am ­mette indiscriminatamente alla mensa eucaristica sfruttati e sfruttatori commette un tre ­mendo sacrilegio ».

Bisogna possedere molta fe ­de per sentirsi cristiani al modo dei novatori. La fede ri ­guarda Dio come non visto, come non visibile mai; la più alta tra le virtù teologiche, la Carità, considera invece Dio come bene assoluto in sé, e quindi i nuovi cristiani posso ­no dispensarsene. Io non di ­scuto né giudico: non ho ca ­rismi, non ho virtù di profe ­tizzare. Come uomo « stori ­co », provocato sul mio terre ­no, annoto che la Chiesa dei progressisti morde al collo la civiltà laica e si accampa fra i nostri nemici. Come uomo « esistenziale » osservo che la Chiesa dei progressisti (la qua ­le si pretende in tutto fedele allo spirito del Concilio, cioè la sola ortodossa) sembra dav ­vero respingermi.

Non ho il dono della Gra ­zia; la mia aspirazione a una pace arcana è controriformisti ­ca, estetizzante, solipsistica, occidentale, feudale, borghe ­se? Ai « lontani » non è più concessa la speranza? La Chie ­sa, che mi segnò con i sacra ­menti, non mi riconosce diritto alcuno?

 


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Bart