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LETTERATURA: I MAESTRI: Il romanzo dei capolavori

28 Novembre 2008

di Lorenzo Bocchi

[dal “Corriere della Sera”; lunedì 16 marzo 1970] 

L’idea è già stata sfruttata da scrittori e registi cinema ­tografici: descrivere, sulla pa ­gina o sullo schermo, come na ­sce un libro o un film, trasfor ­mare lo stesso meccanismo della creazione artistica in ma ­teria narrativa, affidare al tra ­dizionale demiurgo l’insolita parte  di protagonista.
Jacques Robichon ha utiliz ­zato questa idea come storico. Finora egli aveva limitato le sue indagini agli avvenimenti contemporanei: «Le débarquement de Provence », « Jour en Afrique », « L’affaire de Ber ­lin », « Extraordinaires histoires vraies », « Les grands dos ­siers du Troisième Reich ». Armand Lanoux, lo scrittore che ha sostituito il dimissionario Aragon attorno alla tavola del ­l’Accademia Goncourt, lo ha spinto ad esercitare la sua abi ­lissima tecnica anche sulla sto ­ria della letteratura. Ricostrui ­re l’atmosfera nella quale è stato scritto un famoso libro, rintracciare le influenze eser ­citate sull’autore dai fatti av ­venuti attorno a lui, ritrovare la realtà sulla quale è stata costruita la finzione romanze ­sca, indagare sui rapporti tra l’una e l’altra e sul destino dell’opera doveva essere un la ­voro appassionante e utile quanto quello di scoprire i re ­troscena dell’ascesa di Hitler o dell’ultima guerra mondiale.
Robichon ha esitato prima di imbarcarsi in un’impresa del genere. Estraneo ai lavori, te ­meva di non trovare materia sufficiente al di là della pura biografia e dell’esegesi dei testi. Si è subito appassionato al nuo ­vo genere di indagine. Ha la ­vorato da storico ma anche da giornalista e da romanziere. Ha ricostruito dialoghi e si ­tuazioni, ha ridato una vita ai busti paralizzati nelle biblio ­teche, li ha arricchiti con una infinità di particolari più o me ­no conosciuti. Il risultato è sorprendente. Lo pubblica ora, in più di seicento pagine, pres ­so la Librairie Acadèmique Perrin, sotto il titolo « Le roman des chefs-d’oeuvre ».
Le quattordici « pratiche » del nuovo giudice istruttore con ­cernono altrettanti best-sellers della storia della letteratura: « Manon Lescaut », « Werther », « Le Rouge et le Noir », « La comédie humaine », « Le comte de Monte-Cristo », « Cime tem ­pestose », « Madame Bovary » «Les misérables », «Guerra e pace », « Nana », « Le grand Meaulnes », « A la recherche du temps perdu », « Le diable au corps » e « Vol de nuit ». Le indagini si sviluppano in tutte le direzioni. Prendiamo Goethe. In quale misura egli è stato Werther, quanto il personaggio romanzesco deve al colpo di rivoltella sparatosi alla tempia dal povero Jerusalem in una notte dell’autunno 1772 a Wetzlar e quanto al curioso ter ­zetto interpretato l’estate dello stesso anno da Goethe, Char ­lotte Buff e il futuro marito di questa Hans Christian Kestner? Lo scrittore deve essere ritenuto responsabile dell’incre ­dibile epidemia di suicidi che seguì alla pubblicazione de « Le sofferenze del giovane Wer ­ther », lui che visse sino ad oltre le ottantadue primavere e conobbe veramente una sola e profonda esigenza: l’amore della vita? Un vento di follia aveva spirato su tutta l’Europa.
Il libro era stato proibito a Lipsia e il traffico clandestino dell’opera troppo pericolosa era passibile di un’ammenda di die ­ci talleri. Goethe riceveva cen ­tinaia di lettere di disperati, di qualsiasi ceto, di qualsiasi paese ma quasi tutti giovani, torturati o spaventati dalla let ­tura del suo romanzo. Certuni gli comunicavano persino il loro indirizzo. La disperazione era diventata in qualche mese la malattia del secolo, il virus universale che il XVIII secolo sul tramonto avrebbe inoculato al XIX pronto ad accoglierlo. Werther, distruggendo se stes ­so al chiaro di luna, aveva inaugurato un nuovo modo di amare denunciando la sola via d’uscita possibile per gli amori impossibili. Ci furono sedici edizioni in Germania, ancor più in Francia e in Inghilterra. Eppure il consigliere Kestner e la moglie Charlotte avevano perdonato all’autore del ro ­manzo indiscreto che minac ­ciava la serenità del loro ma ­trimonio (destinato ad essere rinsaldato dalla nascita di una dozzina di figli): lei perché se ­gretamente lusingata di averlo ispirato, lui perché intimamen ­te persuaso che il romanzo non avrebbe avuto alcun successo. Nessuno dei due aveva previ ­sto che « Werther » sarebbe sta ­to un fiammifero gettato acce ­so in una polveriera.
Più terribili, anche se su un piano strettamente personale, le conseguenze del romanzo di Raymond Radiguet. «Le diable au corps », storia raccontata da un adolescente geniale che morì a vent’anni, cominciò a secernere i veleni di una im ­placabile tragedia della gelosia nel delirio degli anni Venti. Gaston S. era il marito di Ali ­ce, la maestrina nella quale tutti gli abitanti di Saint Maur avevano visto l’ispiratrice di Radiguet. La storia del folle amore tra la moglie del com ­battente al fronte e del ragaz ­zo per il quale la Grande guer ­ra era stata soltanto una gran ­de vacanza era dunque il reso ­conto del suo infortunio coniu ­gale, una storia vissuta e non sognata? Gaston continuò per trent’anni a tormentare la mo ­glie e se stesso. « Gli hai ce ­duto, eh? Sei stata la sua amante, eh? Lo andavi a cer ­care al caffè. Ti hanno vista, me lo hanno detto. E quando lui si allontanava per qualche giorno, tu eri come pazza! »: le domande furono sempre le stesse, persino sul letto di mor ­te. Alice negò sempre. Le sue ultime parole furono: «E’ tutto falso, Gaston. Non ho nulla da rimproverarmi. Non ho amato che te ». Ma la gelosia retro ­spettiva che aveva sopravvis ­suto alla morte di Radiguet nel 1923, sopravisse anche a quella di Alice nel 1953. L’allu ­cinato, frenetico persecutore, diventato vedovo, si recò poco dopo da Roland Dorgelès, l’au ­tore del famoso romanzo di guerra « Les croix de bois ». Gli portò la copia del « Diable au corps » sulla quale aveva an ­notato in margine ad ogni pa ­gina tutto quanto poteva con ­testare la veridicità della storia. Gli raccontò tutti i tormenti patiti e fatti patire alla pove ­ra moglie. Trent’anni prima Dorgelès aveva trovato nella cassetta della posta una copia del romanzo con la seguente dedica: «A Roland Dorgelès che ha scritto il solo libro sulla guerra, questa guerra vista dal ­l’altra parte. Raymond Radiguet ». La tragedia trovò la sua conclusione nel 1955, con la morte di Gaston, l’ultimo dei suoi protagonisti.
La « Recherche » di Marcel Proust è nata dalla lettura del  «Mulino sulla Floss » di George Eliot. Zola e « Les Rougon-Macquart » probabilmente non esisterebbero senza Balzac e « La comédie humaine ». Ro ­bichon descrive la visita fatta nel dicembre 1868 dal figlio del ­l’ingegnere Francesco Zola ai fratelli Goncourt. A questi an ­nunciò il progetto di un’opera in otto volumi, un seguito di Balzac, la storia della società attraverso una famiglia fran ­cese. « Sapete che non si tro ­va un solo operaio nei 97 ro ­manzi di Balzac? » aggiunse Zola. « Sì, ce n’è uno » obiettò Edmond de Goncourt, tirando fuori « Pierrette ». « All’alba di un giorno d’ottobre del 1827 un giovane di circa sedici anni e il cui aspetto annunciava quel ­lo che la fraseologia moderna chiama insolentemente un pro ­letario… ». Non era gran che, ma Balzac aveva scritto la fa ­tidica parola. Zola poteva darci « L’assommoir » e « Germinal ».
Tra le numerose sequenze ec ­cezionali c’è quella ambientata a Bruxelles nel 1861. Tre uo ­mini vi figurano come i prota ­gonisti inconsci di un’esem ­plare sincronizzazione. Victor Hugo è venuto per documen ­tarsi sul campo di battaglia di Waterloo. Il giovane conte Tolstoi è in viaggio per l’Europa. Joseph Proudhon, esule in Bel ­gio, sta lavorando su un trat ­tato di sociologia: « La guerre et la paix, recherches sur le principe et la constitution du droit des gens ». Il romanzo per il quale Hugo si documenta si intitolerà « Les misérables ». E, perché Tolstoi lo leggerà, egli scriverà a sua volta « Guer ­ra e pace », il cui titolo gli ver ­rà fornito dal socialista Prou ­dhon.


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1 commento

  1. Commento by Gian Gabriele Benedetti — 28 Novembre 2008 @ 17:30

    È chiaro che ogni scrittore mette sulla carta soprattutto ciò che “urge” dentro di lui, la sua anima, la sua personalità, il suo sentire, le sue convinzioni… Ma è anche altrettanto vero che ogni opera letteraria venga di frequente influenzata (e spero non condizionata) dai tempi nei quali prende luce. E degli stessi ricostruisca l’atmosfera. L’autore è spesso buon osservatore di ciò che accade intorno a lui e ne diviene interprete, attraverso il filtro delle sue medesime convinzioni.
    Per quanto concerne l’influenza che certi libri hanno avuto (ed hanno) sulla “massa”, producendo anche situazioni altamente negative, si può con franchezza affermare che esiste, in questo senso, un fondo di verità. Ho sempre presente l’influenza che hanno avuto certe pubblicazioni di teorie e di ideologie nel cambiare addirittura l’ordinamento politico e istituzionale di non pochi stati (vedi la nascita di taluni regimi totalitari e delle dittature, vere e proprie, d’ogni colore). Si fa necessario, pertanto, ora più che mai, che chi legge abbia una maturità critica tale da non venir “fagocitato” da ciò che si trova a leggere. E qui si fa indispensabile soprattutto l’educazione e la formazione che derivano dalle società libere e in modo particolare dalla scuola, che devono abituare a far ragionare autonomamente e liberamente le menti, a vincere la fragilità verso suggestioni anche momentanee, oltre a fornire una adeguata base culturale
    Gian Gabriele Benedetti

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