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LETTERATURA: I MAESTRI: La bottega sul Tamigi

3 Maggio 2018

di Mosca
[dal “Corriere della Sera”, mercoledì 5 novembre 1969]

Non so se conosciate Lon ­dra. La prima volta che ci andate recatevi, se volete ve ­der qualche cosa d’interessan ­te, in Rutland Wharf Street, ch’è nel settore nord orien ­tale della città e fa parte delle tante piccole vie traverse di Queen Victoria Street, le quali come i denti di un pet ­tine scendono sul Tamigi, scu ­re, fangose, risonanti del fra ­stuono dei Docks e popolate di taverne. Fra una taverna e l’altra di Rutland Wharf c’è la porta senza insegna d’una botteguccia sulla soglia della qua ­le, nebbia sole neve vento, sie ­de in permanenza Bertrand Pepis, mercante di ricordi.

Non i soliti ricordi di Lon ­dra, ma, come dire?, ricordi ricordi, quello, poniamo, d’un primo amore, d’un caro amico di gioventù, d’uno zio vesco ­vo, d’un atto eroico… sapeste quanti combattenti della pri ­ma e della seconda guerra mondiale, ridotti alle strette vanno da Pepis a vendere il ricordo della presa d’una trin ­cea, della conquista d’un pic ­co, di una decorazione sul campo, anzi andavano, perché oggi questo genere di ricordi non va più, e chi li abbia li tiene nascosti; ma i ricordi di fanciullezza, d’amore, di fa ­miglia vanno sempre, e Ber ­trand Pepis â— che sulle rive del Tamigi non è l’unico mer ­cante del genere, ma l’unico onesto â— li paga bene, spe ­cialmente ai poveri diavoli.

*

Pepis paga bene, ma impo ­ne patti chiari: chi vende, ri ­nuncia totalmente al proprio ricordo, il quale passa in pro ­prietà assoluta dell’acquirente.

Insieme al ricordo si cede l’oggetto che meglio serva a risuscitarlo. Questi oggetti il vecchio Pepis custodisce in scaffali ricoprenti fino al sof ­fitto le quattro pareti della bottega, e li chiama la sua nosteoteca, dal greco nostèo, io ritorno, e tornare non è forse proprio del passato?

Vorrete sapere dei clienti di Pepis. Sono tutti coloro che, privi dei buoni ricordi senza i quali la vecchiaia sarebbe un deserto, cercano di procurar ­sene, e debbono farlo in tem ­po, cioè molto prima che la vecchiaia arrivi, perché i ri ­cordi hanno bisogno di ma ­turare. Non crediate che siano rare le persone prive di buoni ricordi. Ve ne sono due spe ­cie: quelle, meno numerose, la cui giovinezza fu vuota, squallida, e la grande schiera delle altre, nel cui mucchio di ricordi non c’è più raggio di luna che riesca a trovar qual ­cosa da illuminare.

Tutti i mucchi giacciono su un immenso prato. Cia ­scuno di noi va a frugare nel proprio nelle notti di pleni ­lunio. Sono mucchi di rottami sui meno anneriti o meno ar ­rugginiti dei quali, nelle parti rimaste chiare o lucide, la lu ­na stampa il proprio argento, così da illuderci d’essere pa ­droni d’un tesoro sul quale però, ogni mese che passa, il nero e la ruggine si estendono lasciando sempre più rari ap ­pigli ai raggi di luce, come le estreme scintille di quello che fu un bel fuoco, spente anche le quali non rimane che anda ­re a Londra, Rutland Wharf Street

*

Da nostèo viene anche no ­stalgia, che vuol dire dolore del ritorno in patria, perché il desiderio è così acuto da ferir come una lama. E nostra patria non è forse quella gio ­vinezza da cui sempre più ci allontaniamo, fino alla impos ­sibilità di tornarvi se non con i ricordi? E se questi, fatti di poco, si siano presto spenti, puoi rimediare comprando quelli altrui. Pepis ti aspetta, coi suoi ottant’anni che potrebber essere cento o cento ­cinquanta, col suo aspetto fra l’antiquario e lo straccivendolo, e se fai per varcar la soglia subito leva l’indice ammoni ­tore: « Attento, non creda di comprar oro, qui si corre il rischio di prendere impiomba ­ture solenni, pochi mesi fa un mio cliente che soffriva d’im ­pazienza s’è gettato nel Tami ­gi maledicendo il nome di Juliet. Ho qui, guarda caso, un’altra Juliet, vuol vederla?! Juliet Hopkins, ventidue an ­ni, morta nel 1930, un primo amore, non ne ho altri; è raro che anche nella più nera mi ­seria ci si decida a vendere il ricordo del primo amore, l’ho avuto da uno che essen ­dosi fatto prete s’è voluto di ­sfare d’ogni ricordo mondano. Vuol vederla? ».

Il cliente americano Charlie Aster non esitò. Rispose: « Sì, volentieri », era già da qualche anno che cercava il ricordo di un primo amore, si fidava di Pepis, non aveva mai amato, era solo al mondo, e contava, avendo passato da poco i quarant’anni, di poter godere, per quando fosse stato sulla sessantina, del ricordo ormai maturato di Juliet, suo primo amore. Ripeté: « Sì, volentieri » e prese dalle mani di Pepis il contenuto della cartella 1175 della nosteoteca, un pacchetto di lettere d’amore. Subito, evocata dall’oggetto, apparve Juliet, una bion ­dina esile, pallida, le mani congiunte sul petto, gli occhi bassi, un sorriso di cera, cui Pepis disse: «Le presento il signor Aster, dovrà andare a vivere con lui a Filadelfia, una bella città americana dal ­le case tutte di mattoni rossi. Il signor Aster è un gentiluo ­mo, si troverà bene ».

Il sorriso di Juliet si animò, e si videro gli occhi, azzurri: « Grazie signor Aster, sarò felice di seguirla a Filadelfia, ma… » Aster non le dette il tempo di finire: « Desidero anch’io che venga in compa ­gnia di sua madre. Ha la si ­gnora Hopkins, Pepis? ». Dal ­la nosteoteca il mercante pre ­se un paio di guanti con le dita corte e nella bottega si vide apparire, vestita di nero, l’austera signora Hopkins, morta dopo la figlia, nel 1940, perciò più giovane di lei co ­me defunta. Aster, che voleva popolare la sua vecchiaia di un bel gruppo di cari, con ­fortevoli ricordi, disse: « Vo ­glio anche un amico di gio ­ventù con il quale riandare la letizia di lontani giorni spensierati, una governante che quand’ero bambino mi rimboccava â— raccontata, la favola â— le coperte dicendo: ‘ Sogni felici, signorino Charlie ‘, e infine un giardiniere di quelli antichi, intorno ai quali tutto era sempre fresco e fiorito, e non v’era matti ­na in cui le rose non aves ­sero le loro grandi gocce di rugiada ».

« Ho quanto fa per lei » disse Pepis che, presi una pa ­glietta un poco ingiallita, un paio di cesoie per potare e una tabacchiera, fece appari ­re Arthur Craven, morto nel ­lo stesso anno di Juliet ed alla stessa età, il giardiniere Ed ­ward scomparso a settant’an ­ni nel 1935, ed Ellen Terry passata a miglior vita all’età di Edward, nel 1938, ma una miglior vita per modo di dire perché nei volti di tutti e cin ­que i resuscitati si leggeva la gioia di andarsene a stare in una bella casa di Filadelfia, con tutte le comodità, buona tavola, bel prato intorno.

Ellen Terry non era ancora apparsa che subito, toccata la fronte del signor Aster: « Si ­gnorino Charlie » gli disse in tono di materno rimprovero, « lei è sudato e scommetterei che non ha la maglietta. Mi faccia vedere », e si vide al ­lora Aster, il quale desidera ­va soltanto il ricordo di una vecchia affettuosa governan ­te, scostarsi molto seccato.

« Badi », gli disse lealmen ­te Pepis, « sarà una vita mol ­to difficile. I bei ricordi do ­vrà guadagnarseli, anche per ­ché il reverendo Hastings che m’ha venduto il ricordo di Juliet poteva aver idealizzato la ragazza, la quale, la avver ­to, potrebbe rivelarlesi ben diversa ».

« Non importa » rispose Aster. « So che devo faticare e forse anche soffrire per pre ­pararmi una vecchiaia sere ­na ». Imbarcò i cinque nuovi compagni in un aereo, e partì con loro alla volta di Fila ­delfia.

*

Questo avveniva nel 1950. Ho rivisto Pepis il mese scor ­so. M’ha raccontato tutto « Povero signor Aster, è stato sfortunato, e non già per quanto di poco pulito gli han ­no combinato i suoi acquisti, al quale era preparato, ma perché è morto troppo presto il giorno in cui i ricordi comin ­ciavano appena allora a ma ­turare. L’ho saputo da Ri ­chard, il giardiniere che ave ­va assunto recentemente, lon ­dinese, il quale m’ha scritto una lunga lettera. Dopo sei mesi che viveva con la ban ­da a Filadelfia, Aster prese il coraggio a quattro mani e in ­ginocchiatosi dinanzi a Juliet le disse testualmente: ” Si ­gnorina, cosa direbbe se quel che provo per lei nel profon ­do dell’anima fosse qualche cosa di più che un sentimen ­to di simpatia? “. Poveretto, era un uomo semplice, inge ­nuo, e se la banda non fos ­se scoppiata a ridere non si sarebbe accorto che la scena era tutta preparata. Juliet si era fatta trovare sola nel sa ­lotto, seduta al pianoforte. Lui s’inginocchiò, disse quelle cose, e proprio in quel punto entrò la signora Hopkins sor ­retta dalla governante perché ubriaca, e li benedisse. Entrò anche Arthur Craven, l’amico di gioventù, e in quel mo ­mento stesso, con grande fra ­casso, precipitò la luna che Edward, dritto su una scala, sorreggeva a braccia spalan ­cate tenendo su anche mera ­vigliosi alberi di carta ».

Scoppiò allora la risata, Aster s’infuriò, licenziò tut ­ti rimandandoli alle proprie tombe, e, insultato dai com ­pagni, il giardiniere malde ­stro rivelò i delicati rapporti che correvano tra Arthur e Juliet, e gli assalti amorosi ch’egli stesso doveva subire da parte della governante e della signora Hopkins, rivali.

Passati in solitudine circa vent’anni, Aster s’accorse una sera che Juliet, Arthur, la si ­gnora Hopkins, la governante e il giardiniere erano chini su di lui, sorridenti, filtrati dal tempo e divenuti final ­mente meravigliosi ricordi.

Ma troppo tardi. Moriva. E pochi giorni dopo, Pepis, che li aspettava, se li vedeva tornare, ciascuno col rispetti ­vo oggetto da mettere nella nosteoteca.

 


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Bart