LETTERATURA: I MAESTRI: La guerra continua1 Luglio 2017 di Carlo Laurenzi Non mi spingerei fino al punto di considerare ammi revole un uomo come Mauri ce Girodias, editore persegui tato e non domo di testi por nografici, dedito in quanto ta le a un’ininterrotta mansione di lenocinio; però c’è in lui, a suo vantaggio, la consape volezza dell’abbiezione. Giro dias ha riconosciuto: « Depra vare e corrompere è il mio mestiere ». Ecco una cosa buona, non in sé, ma per la schiettezza. Sui motivi che l’hanno in dotto a scegliere un tale me stiere, Girodias è altrettanto esplicito: « Ho fondato l’Olympia Press, nel 1953, perché non avevo soldi e volevo far ne il più presto possibile ». Di schiettezza in schiettezza, la seconda confessione è meno importante della prima dal momento che ogni prosseneta agisce a scopo di lucro, anche se pochi prosseneti lo ammet tono con semplicità. In ogni caso, la prima delle due am missioni â— « depravare e cor rompere è il mio mestiere » â— dovrebbe impedire che si pronunciasse su Girodias una condanna troppo indignata. Costui sa dove si trova il male né si vergogna di servirlo. Non bara. Sarebbe stolto parago nare Girodias a Sade, la cui devozione al male era folgo rante, intera, aliena da ogni vanità o cupidigia di ricchez za. Ma la sincerità di Giro dias, almeno questa cinica sin cerità, merita che la si lodi. * La confusione nel campo della pornografia è la piaga peggiore, forse la sola vera piaga; si tratta di una confu sione che nasce dal velleita rismo ma soprattutto dall’ipo crisia. Che si filosofeggi sulla bontà del vizio non è tollera bile. Che il commercio si am manti di lirismo è ridicolo. Personalmente, se mi capita di sfogliare qualcuna delle no stre riviste per uomini, nulla mi dà fastidio come la prosa dannunziana (quei redattori restano fermi a un D’Annun zio di maniera) che celebra le fotografie delle modelle nude, attrici « scatenate » o tristi, modelle professionali dal seno cadente. Tutto sarebbe accettabile â— la pornografia come ogni altra miseria â— se le cose fossero dette con chiarezza: in questa esigenza, sempre più delusa, dovrem mo ricordarci di Confucio. In vece si bara. Lungi dal recla mare una ragionevole tolle ranza sulle debolezze umane in un’età di confusione e ma lessere, si punta sull’erotismo come lavacro e riscatto. Ed è inutile che mi dilunghi su ciò: tutti abbiamo occhi e orecchi; nessun appello ci è rispar miato affinché ci si glori di avere recuperato la dimensio ne del paganesimo (e questo passi), ma soprattutto ci si consoli per avere raggiunto la redenzione (la Salvezza) at traverso l’abbandono all’eroti smo. Non c’è specchio che non rifletta l’immagine di Freud. Non c’è specchio che non sia infranto, in realtà. Molti credono di star vi vendo una grande vita. La pa rola d’ordine è che la porno grafia non debba chiamarsi pornografia ma liberazione: liberazione dai tabù, dai cep pi, dai malintesi: liberazione che promuova l’« inverarsi to tale » dell’uomo. Il nostro Re gno è qui. Non serve l’im peto moralistico contro la fre nesia; d’altronde anche il mo ralismo è sospetto. Ma ci sgo menta la vastità come un oceano oleoso dell’inintelligenza e della mala fede, così facilmente associabili. E il provincialismo italiano nel ri masticare i luoghi comuni! Le donnette che si presu mono scrittrici e rivendicano la dignità liberatrice del tur piloquio. I vecchi romanzieri che, atterriti dal proprio decli no, avallano la teoria di tut te le lussurie. Libertà di, li berazione da. Le nostre gab bie non chiudono che pappa galli. O qualche iena, con qualche contraddizione appa rente: nel mondo capitalistico libertà di e liberazione da; nel mondo rosso è giusto che imperino la rozzezza, la pu rezza e il rigore. La vocazio ne accademica tiene duro, pre costituisce l’alibi. Se il rosso vince, i pappagalli dionisiaci inneggeranno al Lavoro. Intanto qui, nella palude italiana, si inneggia (per esempio) a Kenneth Tynan. Sei stato a Nuova York, hai visto « Oh, Calcutta »? Ecco davvero uno spettacolo dissa crante, quindi liberatorio. E che lezione per Nixon, e che rampino verso l’avvenire. Tut ti nudi sulla scena, uomini e donne. E quali atteggiamenti inequivocabili, e quale cali brata follia; e che saggezza nell’audacia. No, purtroppo, non vedremo « Oh, Calcut ta » a Milano o a Roma o a Spoleto. Appaghiamoci di meditare sui detti memorabi li di Kenneth Tynan: « Io non cadrò mai nella trappola di chi sostiene che la pornografia è difendibile solo quando è qualificata co me arte. E’ difendibile di per se stessa, senza preoccuparsi se sia o no arte, se sia bene o male scritta. La libertà di scrivere di sesso deve inclu dere la libertà di scrivere male… Penso piuttosto ai manuali militari sull’uso delle baionette e piccole armi, che insegnano come infliggere le ferite più dolorose e raffinate per la maggior gloria del vo stro paese. Disprezzo questi libri e mi ripugna che esista gente a cui piace leggerli ». Non ti porre quesiti sulla speciosità di questa contrap posizione, non obbiettare che di solito coloro i quali diffi dano della pornografia evita no altresì di compiacersi del la prospettiva di infliggere ferite con baionette e piccole armi. Se obbietti sei out; con Tynan vinci. Nessuno più di lui deve ritenersi liberato da e libero di. I nostri comples si sono stati esorcizzati da Kenneth Tynan; chiniamo le fronti. * Chi l’avrebbe previsto; il mio ricordo privato di Tynan è lancinante. Lo conobbi a Venezia, a un festival del ci nema, alcuni anni or sono. Per mezzo di una ragazza assai faccendiera, chiese di incontrarmi; un appuntamen to venne fissato al bar dell’Excelsior. Tynan si presen tò accompagnato da una don na ironica ma preoccupata, che credo fosse sua moglie. Lui era molto inglese, di un certo genere: dinoccolato, mol le, biondastro, con un panciot to a fiori, gli occhi bianchi, il volto delicato pronto ad avvampare di un color roso laccio. Ci sedemmo a un ta volo; c’era una bottiglia di whisky sul tavolo e Tynan sorrideva in modo cerimonio so, senza parlare. L’aggettivo « lancinante » si giustifica per ché, a un certo punto, Tynan parlò. Doveva parlare per chiedermi tre cose tranquille (utili a una sua indagine sul festival): se avevo assistito a parecchi festival; se a mio parere ci fosse una « capar ra » comunista sul medesimo festival; che cosa pensavo del signor Chiarini, direttore del festival. Ebbene, ogni mia esperienza sulla balbuzie e sui balbuzienti fu sconvolta. Ho colloquiato con balbuzienti subdoli, abilissimi a inventa re dieresi per prendere fiato, e con balbuzienti arresi e in guaribili, che debbono aggi rarsi muniti di taccuini. Mai avevo immaginato che esi stessero balbuzienti della fo ga e del furore di Tynan. Sudammo freddo in tre. La donna, che credo fosse sua moglie, pianse. Non saprei rievocare quel lo spettacolo â— cui forse con verrebbe ancora la nefasta minuziosità zoliana â— se non per accenni. Le domande di Tynan, in linea di massima, erano formulate in inglese; ma i do e i what iniziali fu rono scogliere allucinanti con tro cui la tempesta spumeg gia e si infrangono navi. A causa di ciò, ma con risultati altrettanto severi, l’eloquio di Tynan si volse al francese e a uno spagnolo approssi mativo, nella speranza che quegli idiomi più molli con sentissero approdi. Si tornò all’inglese; Tynan impiegò non meno di sette minuti per pro nunciare la frase « What do you think about signor Chia rini », e quell’about (oh quell’about!) fu simile a una tor re altissima nel deserto, ag gredita da centinaia di la trati. Debbo aggiungere che Ty nan rifiutava i suggerimenti: « about » ripetevamo melli flui la moglie di Tynan ed io; « a, a, a, a », si ostinava Ty nan con viso torvo. La scena era violenta. L’uomo strabuz zava gli occhi, si era allen tato il nodo della cravatta, batteva i denti, schiumava, tremava. Ricorse a espedienti miserabili: più volte finse di manovrare il cambio di una motocicletta, o di premere col piede sul freno di un’automobile, o di assistere a una sfilata di truppe gridando « urrà » e portando la mano destra a un’immaginaria visiera di colonnello. Si concesse intermezzi cantati (motivi degli anni trenta, come Blue Moon e all’improvviso, con limpidezza, recitò un brano di Shakespeare: era noto, del resto, che possedesse una specifica competenza scespiriana. Le mie risposte, che furono ovattate e costernate, non lo interessarono affatto; nulla lo interessava se non la sua lot ta col dèmone. Gli antichi aruspici avrebbero tratto vati cini da quel delirio. Un esor cista cattolico, non so se ce ne siano ancora, sarebbe sta to volto in fuga. Quanto agli psicanalisti, mi piacerebbe sapere da loro se, balbettan do come Tynan, si possa proprio considerare liberati da e liberi di; o se la guerra continui. Letto 1220 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||