LETTERATURA: I MAESTRI: La poesia d’occasione16 Settembre 2017 di Manlio Lupinacci Forse, anzi certamente, più che la mia penna ci vorrebbe quella di Mosca per svolgere questo tema: ma visto che mi è passato per la mente e che non me ne vengono altri lo af fronto, ed ecco qui: si tratta delle poesie d’occasione. E’ una flora che deve essere ormai completamente estinta, se pur non sopravviva in qualche re moto borgo del sud coltivata da vecchi notai con il mantello a ruota come nella canzone e da frusti parroci che ancora spaz zano la polvere con la lunga sottana talare: deve essere però una coltivazione clandestina, come quella della marijuana su certe terrazze di iniziati e minacciata non dai rigori della legge, ma da quelli del costume mutato, a volte più severi anco ra del codice con le loro pene dello scherno, dello sbadiglio impaziente, dell’interruzione in fastidita. Sarebbero gli ultimi, esili steli di una pianta che un tempo distribuiva i suoi fiori per tutti i banchetti, tutti i battesimi, e le nozze e i fune rali, per le letizie pubbliche e le pubbliche sciagure. Vecchie cose, che nemmeno la mia generazione ha fatto in tempo a vedere, entrando nella vita durante la prima grande ondata iconoclastica del primo dopoguerra. Per rammentarme le ci è voluto infatti un libro di storia: quella biografia di Umberto I scritta da Ugoberto Alfasio Grimaldi, che ho rilet ta in questi giorni con gusto, anche se con rari consensi, per la brillante e nutrita rievoca zione dell’epoca. Il libro lo ha recensito qui Indro Montanelli e perciò ne parlo solo per lo spunto offertomi con le sue nu merose citazioni di poesie d’oc casione che proprio al tempo di « Umberto e Margherita » co nobbero la loro ultima e più lussureggiante fioritura. Mi sono ricordato così che quando ero alla biblioteca del Senato del Regno mi toccava spesso schedare una massa di opuscoli, fascicoletti, libriccini dalla copertina floreale strari panti sul mio tavolo ogni volta che qualche senatore defunto, o il suo erede imbarazzato da scaffalature incompatibili con i nuovi alloggi, donava tutta la sua biblioteca agli studi e alle meditazioni dei membri della Camera Alta. Con lo stupore dell’appartenente a una genera zione che già si scrollava di dos so molte gentilezze e che in poesia era passata per il da daismo, sfogliavo quelle pagine e vi leggevo puri versi ordinati secondo le regole della metrica più ortodossa, odi, strofe, so netti, sonetti con la coda, ado peranti locuzioni e termini d’un arcaismo di cui era ormai dif ficile capire se era stato anche per i contemporanei una pre ziosità oppure un’espressione usuale: ricordo ancora il verbo « addimandarsi » invece del soli to « chiamarsi » e una infinità di donzelle e di garzoni, che saranno stati anche leopardia ni, ma apparivano curiosi ugual mente senza l’autorità di quel sommo. Ispirazione Mi stupiva che quelle poesie fossero nate in massima parte dalla penna di chi poeta non era, a celebrazione di avveni menti intimamente familiari o di eventi solenni nel cui cla more quel sussurro non poteva ignorare di perdersi. Le più nu merose erano in occasione di matrimoni e dal numero sche dato da me debbo ritenere che nello schedario della biblioteca del Senato un cassetto intero sia occupato dalle schede sotto la parola d’ordine «Nozze »; le seguono quelle sotto la parola d’ordine: «In morte », ma a grande distanza. La musa d’occasione doveva preferire le occasioni liete, a meno che non avesse ragione lo scetticismo toscano del bi bliotecario Corrado Chelazzi (o l’istinto ancor più toscano del risparmio) che in quei sonetti offerti per le nozze vedeva la segreta e conveniente alleanza fra l’uzzolo poetico e l’economia di un regalo costoso; d’altra parte, presentarsi a una fami glia in lagrime con un sonetto in mano… I versi « in morte » sono infatti dedicati per lo più a defunti illustri, la cui fami glia è inavvicinabile per l’au tore: stampati in prima visione, sul giornaletto locale, poi ripro dotti in esili pubblicazioni del le quali una copia peritosa sa rà stata mandata a Casa Rea le o al palazzo patrizio o mini steriale da dove è uscito l’estin to. Badate però: escludo ferma mente il dubbio che all’autore del commosso epicedio balenas se la speranza di una croce di cavaliere o il calcolo di un ag gancio per una futura racco mandazione. Il mirabile di queste effusioni in versi è proprio nella loro totale gratuità. E più ancora nel mistero del la loro ispirazione e della deci sione di abbandonarvisi. Come poteva uno che non faceva il poeta, ma l’impiegato, il pro fessionista, il commerciante, annunciare a un tratto in fa miglia: non mi disturbate: debbo scrivere una poesia per la morte di Vittorio Emanue le II, o per le nozze della figlia dell’amico fraterno? La fami glia che diceva, come accoglie va questa improvvisa trasfigu razione del capo di casa? Scor geva nei suoi occhi una luce arcana che incuteva rispetto? O entrava in stato di angoscia nella previsione di un periodo di nervi per la lotta con l’estro o nel timore di una figuraccia a opera ultimata? E il neo-poe ta, quali tormenti affrontava fra le sillabe, gli accenti, le ri me? Va bene, a leggerli adesso nella loro nitida stampa, sotto nomi che valgono quanto un anonimo e con date polverose, sono versi ingenui, le rime non sono più difficili di quelle delle canzonette, ma chi le metteva insieme non ne aveva l’abitudi ne, ché i Padri della patria muoiono, stavo per dire ogni morte di papa, e le figlie degli amici fraterni non sposano ogni mese. In letargo Allora poi i versi erano cali brati, rivestiti dal metro come di una severa uniforme che non tollera ghiribizzi fuori ordinan za: non è che bastasse andare a capo ogni tanto per dire: ec co una poesia; né si poteva ri nunciare alla rima: i versi sciolti erano ammessi nelle tra duzioni di Omero e nelle trage die di Alfieri, ma fuori di quei casi una poesia senza rime che poesia è, chi non sarebbe capa ce di scriverla? Chi sa quali spremute di cervello, quali con te di sillabe sulle dita, quali stizziti ricorsi in aiuto: ditemi una rima a Emanuele, trovate mi una parola che fa rima con leggiadra; dopo di che Emanue le diventava Emanuello e la leg giadra si trasformava in gra ziosa che fa così a proposito rima con sposa. Io sono, lo confesso, un sem plicista e molti problemi psico logici non me li pongo; e se altri me li pone avverto presto una gran voglia di sospirare che, uh mamma mia, quante complicazioni; ma debbo dire che questo della ispirazione im provvisa di mettersi a scrivere versi in persone che nella vita facevano tutt’altra cosa che scriverne è un problema che mi affascinava quando vi capitavo sopra fra le schede della biblio teca del Senato e che torna ad affascinarmi ora che me lo ri propone questo volume su Um berto I con le sue citazioni. Pa role dalle quali solitamente ri fuggo: evasione, alienazione, mi si presentano alla mente per suggerirmi spiegazioni di illu sioni soffocate, di sogni delusi entrati in letargo nell’inverno dell’esistenza quotidiana e im provvisamente risvegliatisi al momentaneo calore di un’asso ciazione di lontane idee, ricche di musiche eroiche o nuziali non più udite dai tempi della adolescenza. Mi pare che se una porta in discreta si fosse aperta sull’uo mo intento apparentemente a contar sillabe, un pudore sareb be stato violato cogliendo un sentimento staccatosi dall’or meggio del pretesto occasiona le per andare alla deriva su flutti a perdita d’occhio, solcati una volta dalla speranza. E al lora certo intenerimento mi prende per questi versi faticati e brutti, per queste parole alli neate nella disciplina metrica, ma nate forse da fuggevoli ri bellioni alle regole della realtà con le sue oppressioni diventate abitudini. Ogni propensione al l’ironia, alla sufficienza di chi giudica superato ciò che lo ha preceduto mi svapora nell’ani ma: e in chi ha versificato in morte del monarca o in morte dell’anarchico, per le pie nozze della gentil damigella e per il matrimonio civile della figlia del sovversivo, sento di dover rispettare ugualmente il breve segreto di ogni vocazione che si riscopre quando ormai è trop po tardi per decidere se è stata tradita o se non era mai stata una cosa seria. Letto 1359 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||