LETTERATURA: I MAESTRI: L’amicizia e la comicità secondo Guareschi. 2#2
2 Dicembre 2018
di Giovannino Guareschi
(da” La scoperta di Milano”)
A mio avviso questa seconda parte è ancor più esilarante. Guareschi, siamo all’inizio della Seconda guerra mondiale, si mette in testa di raggiungere in bicicletta il suo paese natale, dove si è rifugiata la sua famiglia. Bdm
Alla domenica, le strade sono sommerse dalle biciclette.
Io ho resistito fino a tutto agosto: poi ho ceduto alla tenta zione e ho tirato giù dal solaio la mia vecchia bicicletta.
Ho portato il velocipede dal meccanico, gli ho fatto cambia re le coperture, i pneumatici, il manubrio, la sella, i parafanghi, la catena, i pedali, la forcella; l’ho fatto completare con cambio di velocità, fanaleria elettrica, frecce di direzione, contachilo metri, portapacchi, portagiornali, carter, catarifrangente, caval letto, freni a nastro e contropedale, paraveste, campanello auto matico e lucchetto antifurto, ho comprato un paio di calzoncini corti, una maglietta rossa e gialla, un berretto bianco, un paio d’occhiali, una carta del RACI e mi sono messo in viaggio.
L’impresa era un po’ grossa, per i miei ottantaquattro chilo grammi, ma ho giurato che a qualunque costo avrei macinato i centoventi chilometri intercorrenti fra Milano e Margherita.
*
Debbo confessare che il viaggio mi è costato qualcosina per ché è durato tre giorni e gli alberghi sono cari e perché, solo per farmi trasportare in tassì, assieme alla mia bicicletta, da Piacen za a Fidenza, ho speso centoventotto lire; a ogni modo, sono arrivato fresco come una rosa.
Appena giunto in piazza ho incontrato il mio amico Gio vanni.
«Oh, guarda chi si vede » ha esclamato allegramente. «Scom metto che ti è successo lo scherzo dell’altra volta: sei andato a fare il bagno nel torrente e ti hanno rubato i calzoni. »
Gli ho fatto presente che io già da tanti anni abito a Milano e che appunto venivo di là in bicicletta perché l’automobile…
Allora si è ricordato:
«Già, adesso mi sovviene: la tua famosa automobile! Certo che a doverla vendere in queste condizioni ci avrai perso parec chio. Scommetto che sì e no ci hai ricavato i soldi per pagare le ultime sei o sette rate. Di’ la verità ».
Gli ho spiegato che non l’avevo venduta; allora si è interes sato vivamente.
«Ah è vero, dunque, che al Monte di Pietà di Milano accet tano le automobili! T’hanno dato molto? »
Gli ho fatto presente che la mia macchina era in autorimes sa. Si è mostrato pieno di comprensione.
«Capisco. Anche a Tonino è successa la stessa cosa: doveva pagare sei o sette mesi di posteggio e il padrone della rimessa non ha più voluto dargli la macchina neanche a scannarlo! Non ha voluto sentir parlare di acconti: o tutti i soldi o niente. E oggi a trovare un migliaio di lire lì per lì, non è mica uno scherzo. Be’ » ha ripreso «dunque tu sei venuto in bicicletta da Milano? »
Gli ho risposto di sì.
«Hai fatto bene » ha approvato l’amico Giovanni. «A parte il caldo che c’è in treno, si risparmiano quelle trentotto lire che in una famiglia come la tua fanno sempre bene. Ci salta fuori un vestitino per tua moglie, o una giacca per te, o un mese d’affit to… Ti capisco. »
Gli ho fatto notare che io avevo speso per il viaggio un bel pochetto.
«Dillo a me cosa costa la vita oggi! » mi ha interrotto. «Se, come affermi, sei stato in viaggio due giorni, come minimo ti son saltate otto lire. In due giorni non vuoi mangiare proprio niente? Mezzo chilo di pane, un pezzo di formaggio, una mela, una gazzosa fan sempre sei lire. E per dormire? Vuoi che un contadino ti abbia lasciato dormire nel fienile per meno di due lire? A ogni modo è sempre un risparmio e hai fatto benissimo. Ritorni subito o rimani a farti pelare da questi assassini di alber gatori? Perché non è più il tempo di una volta neanche qui, sai! Adesso in provincia è peggio che a Milano: non sai che per una minestra e un piatto di fagioli son capaci di prenderti tre lire? »
Gli ho detto che andavo a trovare mia moglie e mio figlio a casa dei miei.
«Già » ha esclamato. «Me ne avevi parlato. Hai fatto benissi mo a portarli qui: è una città schifosa come caldo e d’estate non ci resta neanche un cane; a ogni modo se tua moglie è a casa dei tuoi se la cava con poche lire: quando ce n’è per due ce n’è per tre. E voi siete all’onor del mondo e potete sempre dire ai ma ligni: “Cari signori, io ho sfollato!”. E quando si sfolla in fretta e in furia con quella paura maledetta che dovevate avere tu e tua moglie, non si va certo a scegliere il posto in riva al mare o sui laghi. Bravo, bravo. E a Milano chi sa che malinconia. Tutto buio, niente caffè, niente teatri. Scommetto che, la sera, l’unica sarà andare a letto: con la faccenda dell’oscuramento uno ri sparmia un sacco di soldi. È vero? »
L’ho informato che almeno tre volte la settimana andavo a teatro.
«Sì, amico mio » ha obiettato, «ma in loggione, in piena esta te deve essere un inferno! »
«No » ho rettificato. «Non vado in loggione, io vado in pol trona. »
«Ah, già, già » ha riso divertito l’amico Giovanni. «Adesso dimenticavo che tu sei specialista per farti amico dei portieri! Ti ricordi in liceo le belle volte che, con qualche bicchierozzo di vino a Peppone, si entrava gratis al cinema? È proprio vero: tutto il mondo è paese. Be’, e il tuo bambino? »
«Viene su bene. »
«Già » ha osservato Giovanni. «Mi hanno detto-che è un bel bambino. Ci penso sempre quando vedo il figlio della mia por tinaia: suo padre orrendo, sua madre con un profilo da gatto e tu vedessi invece che fiore di creatura. E proprio vero: la natura fa degli scherzi fantastici. »
Ci siamo salutati cordialmente. Mentre stavo dando le pri me pedalate, l’amico Giovanni mi ha regalato un affettuoso consiglio:
«Dai retta a me che conosco Milano: non ti gingillare tanto e ritorna magari stasera. Sono capaci di prenderti quindici lire di nolo per la bicicletta ».
Lungo la strada mi sono rallegrato: infatti una ragazza mi ha gridato dietro che ho delle belle gambe.
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