LETTERATURA: I MAESTRI: Le leggendarie isole maltesi2 Dicembre 2017 di Paolo Monelli DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE il Gozo, agosto. Il nome Malta designa da secoli l’isola maggiore del pic colo arcipelago che sta nel mezzo del Mediterraneo, a novanta chilometri dalla Sici lia (Capo Passero) e trecen totrenta da Tripoli: ed oggi lo Stato indipendente (dirò in un altro articolo come va da inteso questo attributo), composto delle isole di Mal ta e Gozo, dell’isolotto di Comino, delle disabitate isolet te di Cominotto â— che un canale separa da Comino â— e della Fìlfola che sta per conto suo, tre miglia al largo della costa sud-ovest di Mal ta. Così sola ed erta, la sua roccia a picco del colore del mare che l’avvolge, potrebbe essere una Capri minore: fu certo abitata in tempi anti chissimi perché vi si sono tro vati frammenti di ceramica preistorica, e possiede an ch’essa, come Capri la famo sa lucertola azzurra dei Fa raglioni, una sua esclusiva specie di lucertola, di color verde screziato di rosso. Ma chissà se sopravvive ancora questa lacerta filfolensis, da to che l’isoletta è da molti anni il bersaglio delle eserci tazioni di tiro delle artiglie rie britanniche, e sta andan do a pezzi; dev’essere già scomparso un uccello che non si ritrova in nessun’altra par te del mondo e di cui mi han no parlato anni fa quando venni a Malta per la prima volta, così domestico che ve niva sulle spalle e sulle mani dell’uomo. Mi trovo in queste isole da una dozzina di giorni, sopraffatto da esperienze mol te e contrastanti che non so no ancora riuscito ad ordi nare; perché dico subito che hanno un’attrattiva irresisti bile, e sono diverse da ogni descrizione che se ne sia fat ta da quando vi approdarono i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Recano le testimonianze di una preisto ria che risale a cinquemila anni fa. Vi giunsero per pri mi i siciliani portando con sé le famiglie, le sementi, gli animali domestici; e dopo centinaia di anni i loro discendenti svilupparono una raffinata cultura che aveva il culto degli antenati e teme va gli dèi. Quei primi mal tesi erano industriosi e paci fici: non avevano armi, igno ravano l’uso dei metalli, ma cuocevano ceramiche dipinte con disegni sontuosi e bizzar ri: vivevano in tende o in la bili capanne; non conosce vano la scrittura, ma sapeva no costruire templi e scolpi re e incidere sui muri imma gini e figure fantastiche. Si cerca di immaginarne la vita dai loro templi neolitici dissotterrati a cominciare dal secolo scorso a Malta e al Gozo. Opere colossali e per fettamente finite, con mura glie fatte di enormi monoliti ben levigati, con atri ed are e camere chiuse che comuni cavano con l’esterno da un buco tondo nella parete da cui usciva la paurosa voce dell’oracolo: dalla semplice e solenne porta d’ingresso si va meravigliando per atri, per corti, fino alle aule dei sa crifici ed al sacrario nell’ab side, si salgono gradini fine mente intagliati, si decifrano intagli sui muri, bovi, una scrofa che allatta tredici por cellini. Non esistono in alcu na altra parte del Mediter raneo, di un’epoca così re mota, opere simili a queste. A furia di whisky Poi quella civiltà misterio samente scomparve, come mi steriosamente era sorta. Ven nero, nei tempi storici, colo ni o invasori, amici o nemici, altre genti. I fenici, e fra questi i cartaginesi: i romani, i greci, gli arabi di Spagna, i normanni, gli svevi, gli an gioini, gli aragonesi, predoni e razziatori di Barbaria e di Turchia: nel 1530 i Cavalieri gerosolimitani, e dall’ inizio dell’ ‘800 fino a sei anni fa, gli inglesi. Quale meraviglia se dopo tante vicende questi isolani non sanno spesso di re che cosa siano, se europei o africani, se fenici o arabi o italiani; o britannici, da to che sono sudditi fedelis simi di Sua Maestà Elisabet ta II, regina del Regno Uni to e di Malta? E’ una storia gremita e ir requieta, con personaggi illu stri, con momenti epici o drammatici; vi fa naufragio sugli scogli di Selmunett al la bocca della baia di Mellieha San Paolo di Tarso, e fa miracoli, e predica il Vangelo agli abitanti; nei cinque mesi dal maggio al settembre del 1565 Solimano il magni fico attacca le ancora precarie difese dei Cavalieri con una flotta di duecento galeoni e quarantamila uomini e dopo 113 giorni, disfatto per terra e per mare, deve rinunciare all’impresa; regnano splendi damente i Cavalieri per 268 anni finché sbarca al Gozo e a Malta Napoleone con cin quantamila uomini, impac chetta e spedisce via nel ter mine di tre giorni il Gran Maestro e i suoi Cavalieri; ma si ribellano gozitani e maltesi al governo dei fran cesi, esoso e predatorio, la guarnigione francese stretta d’assedio da terra e dal ma re lascia Malta il settembre del 1800. E’ in mente a tutti il terzo assedio subito dai maltesi, durato tre anni, nel corso del secondo conflitto mondiale. Traversie e vicende clamo rose, e cronache curiose e quasi inedite; come fu, per esempio, che gli inglesi fece ro piazza pulita degli avanzi della città di Milita, capitale romana dell’isola, bevendoseli tutti. Non è una metafora, se li sono trangugiati davvero, a furia di bicchieri di whisky. La storia l’ho già raccontata, ma è così poco nota agli stes si maltesi che mette il conto di ripeterla; e lo farò ripor tando le parole dell’illustre archeologo Roberto Paribeni. « …Non solo per le poderose opere di fortificazione erette dai Cavalieri marmi e pietre erano andate a far calce; ma nel secolo scorso gli inglesi con esempio che credo unico nella storia delle devastazio ni delle cose antiche si sono bevuti la città romana. Un bravo inglese infatti piantava intorno al 1880 non lungi dal la Notabile una fabbrica di quelle acque gasose che so no ad un inglese necessarie per ingurgitare whisky e sherry, e otteneva l’acido car bonico gettando acido solforico sui marmi di Mélita spezzati a piccoli frammenti Ombelico del mare Questa mia prima corri spondenza è datata dall’iso la di Gozo, che generalmente appare poco di più o di di verso da un « and Company » dopo il nome di Malta. Per due ottime ragioni. La pri ma, che il Gozo ha una su perficie che è pressapoco la quarta parte di quella di Mal ta, una settantina di chilo metri quadrati, mentre l’isola principale ne ha circa 250, e 26.000 abitanti rispetto ai 300.000 in cifra tonda di Mal ta. E quindi ho già potuto visitarmela tutta; prima di tutto l’alta capitale Rabat (ribattezzata Vittoria dagli inglesi) assai più antica del la Valletta di Malta, risalen do al tempo di Roma, e l’ar caica cittadella che l’incorona; e i templi neolitici detti dei Giganti, e il grotta tà Calypso, la grotta di Calipso. E qui sottentra la seconda ragione; che al tempo di Omero la ditta era capovol ta, Gozo e C.; anzi Omero Malta non la nomina mai, parla soltanto di Ogigia che è il nome antico di Gozo: « giace l’isola Ogigia remota nel mare salato » (Odissea, VII, 244); e vi colloca la di mora della diva Calipso che accolse Ulisse naufrago e lo trattenne presso di sé sette anni, « in un’isola d’acqua cinta, dov’è l’ombilico del ma re » (Odissea, I, 50). I gozi tani per antichissima tradi zione indicano come abitazio ne della diva una grotta sulla costa marina di nord-est che domina la rossa spiaggia del la baia di Ramla. E alla leg genda conviene credere, sfido storici e geografi a trovare nel Mediterraneo un’altra iso la che possa essere definita meglio di questa l’ombilico del mare, collocata fra la Si cilia, la Tunisia e la Tripolitania e ad uguale distanza dallo stretto di Gibilterra e dalle coste del Libano. I turisti, che cominciano ad arrivare a schiere anche qui, si affacciano ad una vertiginosa ringhiera per cercar di scorgere fra la fitta vegetazione e una caduta di rocce l’ombra nera dell’antro, ascol tano distrattamente le paro le della guida che indica lo ro un mucchio di massi sulla spiaggia color dell’oro â— il tetto della grotta rovinato se coli fa â—; si distaccano im pazienti dall’osservatorio e fanno ressa cinquanta metri più addietro intorno a certi ragazzini che offrono loro, tagliato dal frutto con un coltellino, il midollo dei fichi dindia, la pianta più diffusa dell’isola; fichidindia sostitui scono spesso i muretti a sec co che delimitano i minuscoli campicelli, e ne custodiscono la preziosa zolla contesa alla roccia (dicono che i gozitani per secoli siano andati con le barche a prendersi la terra in Sicilia). Per rispetto ad Omero, e perché l’isola del Gozo non mi darà più sorprese, comin cio quindi da essa queste mie corrispondenze; e anche per una terza ragione. E’ celebra ta in tutto il mondo la vit toriosa difesa dell’isola di Malta contro i turchi, l’an no 1565; ma ben pochi san no che l’attacco di Solimano e la sua sconfitta è soltanto un episodio, sia pure meri tatamente definito il più im portante e decisivo nella sto ria del Mediterraneo, di una guerra che durò più di ven t’anni, della quale i gozitani furono le prime vittime. Nel 1551 i turchi, respinti dalla Valletta, attaccarono con 150 galee il Gozo dopo aver fat to guasto rovina di gran par te dell’isola, s’impadronirono della Cittadella, ne trassero tutta la popolazione, seimila persone, in cattività come schiavi. Esiste ancora presso la Cittadella la casa di un nobile siciliano, Bernardo Dopuo. che quando i difensori stavano per essere sopraffatti dai turchi uccise la moglie e le due figlie perché non ne cadessero preda, e combatté poi a lungo contro di essi, due ne uccise, molti ferì fin ché cadde colpito a morte sulla soglia della sua casa; ed è ricordato nel nome di un’antica viuzza dentro la Cittadella, Triq (strada) tà Milite Bernardo. Letto 1255 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||