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LETTERATURA: I MAESTRI: Le recensioni

14 Maggio 2011

di Roberto Ridolfi
[dal “Corriere della Sera”, venerdì 4 luglio 1969]

Ero ancor molto giovane e piuttosto acerbo per gli studi ai quali attendevo, sebbene allora mi riputarsi più che maturo: si principia quasi sempre così. E mi trovavo anche quella sera in una stanza dell’Archivio di Stato fiorentino, dove mi veniva graziosamen ­te concesso di continuare a studiare quando la sala di stu ­dio chiudeva i battenti. Un archivista di qualche fama, che dirigeva allora la più glo ­riosa rivista storica nostra e stava per convolare a giuste nozze con una cattedra uni ­versitaria, era seduto a un’al ­tra tavola con un tagliacarte in pugno, avendo dinanzi una pila di libri; accanto a lui, pronto a raccoglierne il verbo, un amanuense meccanizzato. Con piglio napoleonico, il no ­stro uomo agguantava uno dopo l’altro gl’intonsi volumi, ne apriva le pagine col taglia ­carte dove gli pareva meglio, leggeva la prefazione, leggiucchiava qua e là qualche pas ­so, andava a vedere la fine come si fa coi romanzi gial ­li, dettava le sue inappellabi ­li sentenze. Anche se non gli si vedeva coda, mi ricordava il Minosse dantesco: giudica e manda secondo che avvin ­ghia.

Eccettuati certi casi parti ­colari, nei quali riteneva op ­portuno conformarsi all’esem ­pio illustre del Giovio e tem ­prar la penna d’oro per gli amici, di ferro per i nemici, la formula era sempre la stes ­sa: brevi cenni sul contenuto del libro, cavati dalla prefa ­zione o dalla introduzione; poi, una giusta dose di lodi (« opera pregevole per questo e quest’altro ») e una, ben commisurata, di riserve e di appunti (« si sarebbe deside ­rato tuttavia… » eccetera ecce ­tera). In un’ora o poco più, giustizia era fatta: i volumi giacevano sparsi sul tavolo co ­me giocattoli strapazzati da un bambino bizzoso.

Io, che me ne stavo curvo sulle mie filze, a decifrare let ­tere di ambasciatori e di com ­missari, di prìncipi e di con ­dottieri, che da due lunghi mesi lavoravo su quei carteg ­gi per recensire l’opera di Ce ­cil Roth, The last Fiorentine Republic, ero pieno d’invidia per tanta speditezza e sicume ­ra: costui riusciva a buttar giù una dozzina di recensioni in sessanta minuti, mentre io faticavo già da sessanta gior ­ni per metterne insieme una sola. Però la parallela espe ­rienza non fu in me senza ef ­fetti: da allora in poi recen ­sioni non volli più farne e mi restò una diffidenza, invincibi ­le per tutte quelle che mi ca ­pitava di leggere.

*

Guardate un poco quanto può un’impressione ricevuta negli anni verdi. Anche quel ­la fu per me la ceffata che Benvenuto Cellini toccò da suo padre perché gli rima ­nesse impresso per tutta la vita lo spettacolo della sala ­mandra che « si gioiva » in mezzo alle fiamme. Nessuno può levarmi dal capo, dopo tanto tempo, che la formula più in uso sia sempre la stes ­sa. Mi piacerebbe leggere, al ­meno una volta, una recen ­sione che giudicasse un libro tutto buono o tutto cattivo o tutto mediocre: avrò torto marcio, sarà una fissazione la mia, ma quel bene e quel ma ­le così sapientemente dosati da bilanciarsi, mi ricordano troppo i rai fulminei di costui, le napoleoniche recensioni dettate a tamburo battente.

Ma che volete farci? Questi nostri critici non sono poi così crudeli da procurare a un povero scribacchino un travaso di bile, e meno che mai un dispiacere al suo editore, specie se è un pesce grosso: per contrario, a giudicar belli da cima a fondo anche i li ­bri che veramente lo sono, hanno paura che gli scrittori si avvezzino male. Eppoi, sol ­tanto con qualche biasimo be ­ne assestato il critico può riaf ­fermare la sua autorità, sta ­bilire la propria necessaria su ­premazia sugli scrittori che giudica: anche se lui scrive da far compassione e non si capisce cosa voglia dire. Anzi, proprio l’oscurità, com’era la forza di quegli antichi oraco ­li, così è di questi moderni: un instrumentum regni tra i più formidabili nella critica storica o letteraria (perché della critica artistica e di tut ­to il resto non io devo occu ­parmi) .

Ci sono tuttavia anche al ­tre formule di recensioni: c’è quella, tanto poco compromet ­tente quanto poco soddisfa ­cente per tutti, di dar soltan ­to un riassunto del libro; c’è quella di sproloquiare sulla materia per proprio conto, senza occuparsi né punto né poco di ciò che ne ha scritto il malcapitato autore, né per lodarlo né per biasimarlo, né per consentire né per dissen ­tire, e senza neppur degnarsi di farci sapere se le idee sfog ­giate sono prese pari pari dal libro, o sono idee personali del critico. Ammesso, s’intende, ch’egli ne abbia: altrimenti figureranno come tali lo stesso, e le avrà invece accat ­tate in un’enciclopedia o in qualche opera specializzata. Quanto al volume così recensito, basta ed avanza che, in cima o in fondo allo sproloquio, ci siano il nome dell’autore, il titolo, l’editore e il prezzo. Tali formule e l’altra delle dosi bilanciate, di cui, giovincello e in esperto, appresi il segreto in quell’officina dove le recensioni si fabbricavano in grosso, sono il prodotto di una tecnica suggerita dal progresso industriale della nostra era: bisogna produrre in quantità sempre maggiore, col minor costo possibile. Altro che le recensioni di un tempo, che costavano mesi di ricer ­che e di pensamenti, e spesso importavano più del libro re ­censito!

A proposito di progresso in ­dustriale, io sono, come ognun sa, molto progressista: né, in questo nostro mondo tutto pro ­teso verso le conquiste socia ­li, troverei materia di scan ­dalo in certe recensioni ispi ­rate a concetti cooperativisti ­ci e mutualistici, che mi ricor ­dano un poco il giochetto: « Io do un bacino a te, tu dai un bacino a me ».

Ma, appunto su scala indu ­striale, siamo arrivati addirit ­tura al ciclo continuo, a una « lavorazione a catena ». In questo caso, la recensione non è che il primo meccanismo di tutto il procedimento: dal ta ­volo di Tizio, consigliere lau ­tamente stipendiato della casa editrice Caia, il libro di Sem ­pronio passa a un altro tavo ­lo dello stesso Tizio, autore ­volissimo critico, che lo recen ­sisce facendoci vedere la luna nel pozzo, e di lì al tavolo del ­la giuria di un grande premio letterario, della quale sempre lo stesso Tizio è influentissimo membro (come di quasi tutte le altre felicemente ope ­ranti in Italia). Sic datur glo ­ria mundi. A farla transire, se ­condo l’antico detto liturgico, provvederà il tempo che, lui sì, è galantuomo.

Questi miracoli può farli soltanto la grande industria, s’intende: la piccola e l’artigia ­nato devono ingegnarsi come possono. Dove non c’è il mac ­chinone che funziona, tutto è rimesso all’estro, alla perseve ­ranza, alla petulanza, alla sot ­tile diplomazia dello scrittore E fa piacere veder che finalmente anche gli scrittori si adeguano alla qualità dei tem ­pi, affinano in modo mirabile le loro capacità competitive e commerciali per procurarsi delle recensioni autorevoli.

Un bell’esempio di moder ­na efficienza ho potuto ammirarlo ai giorni passati in una lettera circolare, che pressap ­poco diceva: « Illustre scrittore, è uscito or ora un mio li ­bro intitolato così e così, di cui le mando a parte una co ­pia. Spero bene che vorrà re ­censirlo sul giornale cui Ella autorevolmente collabora. La prego frattanto di volermi rimandare debitamente riempita e munita della Sua firma, la cartolina che qui le acclu ­do già affrancata ». Nella car ­tolina c’erano, da una parte, l’indirizzo dell’intraprendente autore e ben 40 lire di fran ­cobolli; dall’altra, il « questio ­nario » seguente:

Il libro m’è piaciuto molto, così così, non m’è piaciuto.
E’ interessante, non m’inte ­ressa.
L’ho letto d’un fiato, a fa ­tica.
Ne farò una recensione sul mio giornale.
Non voglio, non posso far ­ne la recensione.

Stupendo, anzi, con buona licenza, stupendissimo! Rimasi sospeso per un momento, sen ­tendomi in debito di una ri ­sposta qualsiasi a causa di quei benedetti francobolli. Ma poi, avendo letto in calce l’avvertimento Cancellare quanto non interessa, cancellai tutto con un patente crocione. E man ­dai ad impostare.


Letto 1719 volte.


6 Comments

  1. Commento by Carlo Capone — 14 Maggio 2011 @ 12:53

    Ci sarebbe poi da esamniare il tipo di recensione usato nelle tue Letture, Bart. Qui il lettore -recensore disseziona il libro e lascia trasparire solo in filigrana il suo giuduizio,   operazione  sottile e direi benemerita.

    Cari saluti  

     

  2. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 14 Maggio 2011 @ 13:38

    Grazie Carlo,
    in questi giorni è uscita la mia ultima raccolta (ne parlerò qui il 17), dico ultima perché non ne farò più di letture. Ho poco tempo e desidero dedicarmi alla ricerca nel mio archivio degli anni 1967/1970.

    Non so se conoscevi Roberto Ridolfi, studioso insigne di Machiavelli. Come vedi un elzevirista sopraffino. Sto raccogliendo molti suoi articoli. Per me è stata una delizia ritrovarli. Non puoi immaginare quanta gioia provo nel riscoprire articoli del passato scritti con gusto e genialità.

    Per me è come proseguire le letture, ma in un altro campo.

  3. Commento by Carlo Capone — 15 Maggio 2011 @ 01:05

    Elzeviro,  un suono che   sempre mi suscita l’immagine di qualcosa o qualcuno che si avvita e sale   leggero.  Se ben  ricordo   l’elzevirista  era ospite fisso  della Terza Pagina del Corriere, ma a volte capitava di trovarlo direttamente in prima.

  4. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 15 Maggio 2011 @ 08:56

    Poteva capitare. Ma era la terza pagina che costituiva l’ossatura di una scrittura e di una analisi da lasciare col fiato sospeso.
    Cose scomparse, come tante altre…

  5. Commento by Giuseppe Cantele — 16 Settembre 2011 @ 18:22

    Gentili lettori (o si dice blogger?), non sapete con quale gioioso stupore leggo di Ridolfi, e addirittura un intero, straordinario elzeviro del mio Ridolfi.
    Dico “mio” perché gli ho dedicato quindici anni di studi, e l’anno scorso, per i tipi gloriosi di Olschki ha visto la luce la Bibliografia di Roberto Ridolfi, che ho scritto a quattro mani con l’amico Roberto Sbiroli. Circa la bibliografia, potete trovare ogni informazione utile nel sito che ho dedicato al maestro fiorentino: http://www.roberotridolfi.com, mentre nella bibliografia troverete, per chi li vorrà leggere, tutti i riferimenti dei circa 190 elzeviri che il marchese ha pubblicato sul Corriere: dal 1960 (Il Savonarola e gli altari, del 28 febbraio), al 1988 (La mia magnolia senza più profumo, del 20 novembre).  
    Io li possiedo tutti (per averli scovati nelle emeroteche in lunghi anni di ricerca): e posso anche inviarne qualcuno tramite e-mail a chi ne fosse interessato: ovviamente, nulla è gratis: in cambio mi dovrete scrivere tutto ciò che sapete su Ridolfi!! (magari scoviamo qualche articolo, qualche rigo che mi è sfuggito e con il quale potremmo integrare la Bibliografia.
    Un cordiale saluto a tutti,
    Beppe Cantele
     

  6. Commento by Bartolomeo Di Monaco — 16 Settembre 2011 @ 19:52

    Gentile Giuseppe,
    ho già pubblicato 3 elzeviri di Ridolfi, che ho molto ammirato in gioventù. Ancora oggi la lettura dei suoi scritti delizia l’anima. Nelle ricerche che sto facendo nel mio archivio, ho rintracciato altri 15 suoi elzeviri, che pubblicherò a poco a poco  (ho molti autori da pubblicare nello spazio I MAESTRI).
    Le mie ricerche continuano (sono gli anni 1969/1970) e spero di rintracciarne altri suoi.
    Grazie delle informazioni.

    Bello il sito la cui url riscrivo: http://www.robertoridolfi.com/

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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart