LETTERATURA: I MAESTRI: Mao sì, Manzoni no16 Novembre 2011 di Carlo Laurenzi Ci sono state offerte nei giorni scorsi le occasioni per documentarci sul fatto che « ha riportato il nome di Tennessee Williams alla ri balta internazionale » (così, crudamente, è stato scritto), vale a dire sulla conversio ne del drammaturgo ameri cano al cattolicesimo. Sem bra che Williams « anche se partecipe fin da ragazzo del la chiesa episcopale, si sia sempre sentito in un certo qual modo cattolico ». Ades so, a Key West, Tennessee ha ricevuto il battesimo. Do po anni di un silenzio non equo, si riparla, si riscrive di lui. * Il personaggio è in veri tà poco amabile. Un testi mone ricorda uno dei sog giorni italiani di Williams: « Mi ricevette in abbiglia mento intimo, un pigiama di seta non proprio lindo dal quale traspariva il suo ven tre prominente, in una came ra da letto disfatta e ingom bra di libri pornografici, e parlava agitando le mani cor te e gonfie, scosse da una specie di nevrosi repressa ». Buon quadro. Da molti anni Tennessee era un narcisista alla deriva, un rottame iper sensibile. La crudeltà dei giu dizi sulla sua opera, il di sprezzo del pubblico erano (e sono) da ritenersi ingiusti, o forse segnati da una rivalsa e quindi da un’ingiustizia solo apparente, giacché la specu lazione si paga. Il primo Williams aveva goduto di un successo sproporzionato ai meriti, prevaricando sulla morbosità di una moda; su perfluo aggiungere che gli esaltatori del Tram chiamato desiderio erano corresponsabili dell’equivoco. Ma il se condo Williams, l’attuale, è solo; o magari dovrei scrive re che era solo, se la rasse gnazione predicata dalla mo rale cattolica, l’umiltà, la mansuetudine, la certezza che si vince militando nella coorte degli sconfitti, se tutto ciò (lo spirito del Discorso della Montagna) finalmente lo per vade. Certo, che un intellettuale anglosassone e protestante, oggi, si converta al cattolice simo non può non stupire. Fino a qualche anno fa l’ope razione appariva comprensi bile: costituiva la fuga dal l’aridità verso la sorgente del l’amore, dalla gravità respon sabile verso l’ebrezza. La di mensione estetica aveva un peso rilevante, spesso deter minante: la pompa della no stra liturgia, il fulgore della lingua latina. Poi, c’era l’a bisso dei dogmi, per annul larvisi nella pace. Nessuna fede dona agli adepti un pro digio paragonabile alla tran sustanziazione o alla dolcez za di una Vergine Madre. Questi prodigi venivano so stenuti con inflessibilità nean che fanatica tanto era tran quilla: nulla era vero se non nell’ambito di una dottrina indimostrabile; tutto il resto (tutto il « reale ») era illu sorio o senza importanza.La Chiesacattolica chiedeva l’uo mo intero, in cambio dell’Eternità. Il concetto di Eter nità ci sfugge; il suo signifi cato empirico è l’affranca mento dell’uomo dalla Storia o, in parole più semplici, il suo abbandono al mistero della speranza. Oggi la Chiesadi Roma è assai meno inflessibile; la connotazione più vivace di molti cattolici è il loro sen tirsi « immersi nella Storia ». Leggo in Ernesto Balducci: « La lingua latina fu stupen do tramite, adesso è sistema desueto che tiene prigioniera la Parola ». E anche: « Pri ma di denunciare per fabula il cristianesimo inteso come rivoluzione sociale permanen te bisogna aver fatto peni tenza di tutte le altre fabulae ». E anche: « Per l’azione dello Spirito del Signore, il sistema è in crisi ». Un altro scrittore, compiacendosi del fiorire dell’editoria religiosa, nota: « Corrispettivamente il romanzo e la poesia decado no, perché oggi importa la comunione e non la confes sione… Come si può già leg gere tra le righe, tra le pie ghe dell’anima di molti, non è più questione di chiedersi se Dio esiste. Non è davvero questo il problema ». Strano destino, quello di Tennessee Williams. Avremmo giurato che nessun esteta di derivazione puritana si sareb be convertito al cattolicesimo in questo particolare momento così poco propizio al « fasto romano », non solo, ma soprattutto al Sermone della Montagna. * Non credente, aborro nondimeno l’ipocrisia: ammetto di trovare irritanti certa « storicità » e certo spirito cattolico di contestazione, irritanti o pericolosi giacché si volgono (talora consapevoli, talora manovrati) contro la democrazia e in qualche caso con tro la stessa giustizia, alla quale si appellano con fervo re. Chiarito ciò, è doveroso che attesti la mia incompe tenza a giudicare la sincerità e le virtù dei cattolici del dissenso: io son fuori; è possibile che quelle virtù e quella sincerità siano grandi. Però (lasciamo da parte il povero Tennessee Williams!), il « nuovo corso » cattolico genera qua e là documenti tetri. Eccone uno; si tratta della « presa di posizione » di alcuni cattolici vietnamiti re sidenti a Parigi. E’ stata pub blicata in dicembre, ed è ano nima. Una nota avverte che gli autori del testo non l’han no firmato « perché nel Viet nam non esiste la libertà di espressione e perché anche i vietnamiti che risiedono al l’estero sono fatti oggetto di sorveglianza »; da ciò si do vrebbe desumere la nazio nalità nord-vietnamita piutto sto che sud-vietnamita, degli estensori. In ogni caso, que sto conta poco: il Vietnam, tutto intero, è un paese eroi co e inquietante. Ma gli au tori del testo, che è una sor ta di raccomandazione o di ultimatum ai vescovi vietna miti, partono dalla persuasio ne che i comunisti prevarran no anche a Saigon. Come cattolici, vogliono sopravvi vere sotto il comunismo; stil la dalla loro pagina una trista saggezza. Condenso: « I cristiani del Vietnam devono affrontare e comprendere la crisi che si preannuncia. Il cristianesimo è in minoranza nel Vietnam. La Chiesatrae tutte le dovu te conseguenze da questo fat to? Non ci sembra. Giovan ni XXIII ci ha ricordato con grande chiarezza che non dobbiamo identificare dottri ne, le quali possono essere false, con i movimenti storici da esse ispirati. I cristia ni, che rifiutano un’ideologia marxista e atea, non debbono però condannare gli uomini la cui lotta mira ad appor tare una maggiore felicità e giustizia al mondo, anche se essi si richiamano a un’ideo logia del genere. Tocca ai cristiani vietnamiti impegnar si effettivamente, con tutti i loro compatrioti, al servizio del bene comune del loro paese che deve trasformarsi per prendere posto accanto ai popoli moderni. Alla Chiesa del Vietnam non viene chie sto essenzialmente che si pro nunci sul comunismo: essa deve pronunciarsi, nello spi rito della Populorum Progressio, sulla modalità dello sviluppo del paese. Non c’è dubbio che il colpo sarà du ro perla Chiesa del Vietnam, ma siamo convinti che saprà resistere. I cambiamenti che appaiono all’orizzonte la libe reranno dagli ostacoli impo sti da due secoli di storia e le renderanno la libertà di testimoniare la propria auten tica vocazione ». Quale vocazione? Ovvia mente quella di « rendere a Cesare quanto è di Cesare » (la citazione rituale non man ca) , come dovrebbe avvenire dovunque, e come in Italia â— per esempio â— non è ac caduto quasi mai. In Italia e in tutto il mondo libero i cattolici più vivaci, ora, con testano le « strutture arcai che della democrazia, salva guardia della reazione ». Con testano la civiltà dei consu mi, il sistema. Solidarizzano con i comunisti, addirittura li sopravanzano nell’impeto eversivo. I Cesari del mondo democratico sono raziocinan ti, anzi molli: non si rischia molto a negar loro il dovuto. Il Cesare vietnamita è di ferro: « cooperare » con lui significa servirlo, nel modo col quale, da tempo, una chiesa cattolica in Cina coo pera « al servizio del bene comune del paese ». Bisogna rassegnarsi, poiché si tratta di sopravvivere. I nostri cattoli ci del dissenso si dichiarano d’accordo? A noi non creden ti, a noi « reazionari » è de mandato di commuoverci ri leggendo, che so,la Penteco ste di Alessandro Manzoni? Naturalmente, naturalmente. La nostra pseudo-cultura classicoide, il nostro nozionismo, il nostro estetismo borghese sono da contestare. Letto 1186 volte. 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