LETTERATURA: I MAESTRI: Noiosi13 Marzo 2018 di Alberto Moravia Siamo in macchina, fermi, tra cento altre macchine, fer me anch’esse, mentre il sema foro, ozioso come un occhio che ammicchi a vuoto, passa dal verde al giallo e poi al rosso e poi di nuovo al verde senza, per questo, che la co lonna delle automobili si muova. Stiamo fermi e liti ghiamo. O meglio, ci rinfac ciamo tutte le verità che, a casa, per non scandalizzare i nostri figli, non ci diciamo mai. « Sei un bugiardo. Secondo te, adesso, andresti dal tuo socio, eh? E invece vai da quella tua sgrinfia. E, per giunta, vuoi che ti ci porti io ». « E tu dove vai, di grazia quando vai dal parrucchiere? Già, da un parrucchiere che però fa anche l’architetto e abita all’Aventino in un ap partamento di dieci stanze ». « Io non ti dico che questa bugia. Ma tu menti come respiri » Mentire è il tuo hobby preferito ». « Ognuno il suo, no? Io le bugie e tu il furto ». « Ora mi dai anche della ladra ». « No, ma è pur vero che fai la cresta sulle spese di casa. Una cresta gigante ». « Per forza. Debbo pensare al mio avvenire, a quello dei miei figli. Uno di questi gior ni tu e il tuo socio finite in galera, di certo. Metto da par te i soldi per quel giorno ». « In galera ci starò meglio che a casa. Lo sai perché? Perché non vedrò più quella tua triste faccia di donna tra dita ». « Guarda, ne ho abbastan za. Scendi e cercati un tassì ». * Con violenza, spalanca la portiera, salta giù e si allon tana tra le macchine, girando intorno i cofani che sbuffano, i portabagagli che sussulta no. Un uomo sui quarant’an ni, visto di spalle, con la giacca a quadri e, in cima al la testa, una calvizie tonda come una chierica di prete. Lo guardo mentre se ne va, con odio e con rabbia: e pensare, cretina! che per alcuni anni l’ho amato. Poi, d’im provviso, ecco, la mandria ferma delle automobili rico mincia a muoversi e io mi ac corgo che non ho più alcuna voglia di girare per i negozi, come era stata mia intenzione. Mi sento irritata e fru strata; meglio tornare a casa. Oltretutto lì, almeno, ho i miei figli: Eliana, dieci anni, Oliviero, nove anni. E, per male che vada, la televisione. Dopo pochi minuti sono di nuovo ai Parioli, a parcheg giare la macchina nello stes so luogo in cui stava quando sono uscita. Entro nel palaz zo, mi chiudo nell’ascensore salgo all’attico. Ma, nell’anticamera, la por ta del soggiorno è socchiusa e si sente parlare. Sono le voci di Eliana e di Oliviero. Elia na dice: « Adesso tu fai mamà io faccio papà ». Mi viene la curiosità di ve dere, non veduta, quello che stanno combinando. Rapida mente, per un’altra porta, pas so nel tinello, poi in cucina e di qui mi affaccio nel sog giorno, dietro un paravento. I miei due figli stanno in piedi, nello spazio di fronte al camino, come nel mezzo di una ribalta. Eliana indossa una giubba di mio marito che le arriva alle ginocchia e por ta, calcato sul naso, un ber retto che lui si mette quando va a caccia; Oliviero, più semplicemente, ha sulla te sta una mia parrucca bionda Oliviero obbietta: « La so la cosa che non capisco è perché io che sono maschio debbo fare mamà e tu che sei femmina devi fare papà. Non sarebbe meglio il contra rio? ». Eliana ribatte con impa zienza: « Lo vedi che non capisci niente. Se tu fai una parte da uomo e io una parte da donna, allora non possiamo più recitare ». « Perché? ». « Perché saremmo noi stessi ». « Ho capito. Ma che cosa debbo fare per rifare ma mà? ». « Ecco il punto. Non so come andare avanti ». « Perché non sai come an dare avanti? ». « Stupido. Ne abbiamo par lato finora. Perché papà e mamà sono perfetti ». « E allora? ». « Allora una commedia si recita prendendo in giro i difetti. Per esempio, se recitassi una commedia su di te, prenderei in giro il tuo difet to principale che è di aver paura di tutto, specie dei ca ni senza museruola ». « Anche tu sei piena di di fetti. Per esempio, sei golosa. Se facessi una commedia su di te, prenderei in giro la tua golosaggine ». « Sì, ma questi sono i ‘ no stri ‘ difetti. Invece, siccome papà e mamà sono senza di fetti, addio commedia. L’hai capito adesso? ». « Sì, hai ragione. Non ci avevo pensato. Un’idea: per ché non inventiamo i loro difetti? » Stupido, se li inventiamo perché allora fare papà e mamà invece di chiunque al tro ? ». Per un momento stanno zitti. Poi la bambina dice: « Penso che bisogna rimanda re ogni cosa. Non ci siamo abbastanza preparati. Prima di recitare, dobbiamo osser vare ben bene papà e mamà. Allora vedrai che i difetti salteranno fuori e così po tremo prenderli in giro ». « E invece no. Non osserve remo un bel nulla ». « Perché? ». « Perché papà e mamà so no davvero perfetti. Figurati che l’altra sera, dopo che ma mà è venuta a darmi la buo nanotte, quasi mi è sembrata che avesse intorno la testa un cerchio di luce, come le sante dipinte nelle chiese ». « Anch’io considero papà un santo, si capisce, è così buono. Ma anche i santi han no i loro difettucci ». * Nuovo silenzio. Poi la bam bina esclama: « D’accordo, li osserveremo. Ma intanto sai che facciamo? Invece di pren derli in giro, li imitiamo nel la loro perfezione ». « E in che modo? ». « Io mi metto a sedere nel la poltrona, con la pipa tra i denti e un giornale tra le mani, come papà. Tu che sei mamà siedi nella poltrona di fronte e leggi una rivista il lustrata. Ogni tanto io e te, esattamente come papà e mamà, sospendiamo di leggere e parliamo ». « E che diciamo? ». « Quello che dicono lo ro ». Ecco che eseguono. La bam bina prende una pipa tra le tante di mio marito, se la stringe tra i denti, si cala nel la poltrona. Di fronte a lei, il bambino sfoglia una rivista di mode. Poi la bambina di ce: « Cara, che giorno è og gi? ». « Caro, è giovedì ». « Cara, lo sai, questo vesti to ti sta tanto bene ». « Caro, stavo per dire lo stesso della tua cravatta ». « Cara, che ne pensi del film che abbiamo visto ieri sera? Non era forse molto in teressante? ». « Assolutamente d’accordo. Interessantissimo, caro ». « Cara, comincia a far freddo. Bisognerà accendere il termosifone ». « Caro, ci ho già pensato. Trappoco farà più caldo ». « Beh, me ne vado, cara, vado al mio ufficio. E tu che cosa fai questo pomeriggio? ». « Andrò dalla mia sarta, caro, è già venti giorni che mi prova un vestito e non l’ha ancora finito ». Tutto ad un tratto la bam bina dà in un grande scoppio di risa. Quindi si alza in pie di, comincia a ballare nel mezzo del salone: « Ho tro vato, ho trovato, ho trova to ». « Ma che cosa hai trova to? ». « Ho trovato il difetto di papà e mamà ». « E qual è questo difetto? ». « Il difetto è questo: papà e mamà sono ‘noiosi’! ».
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