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LETTERATURA: I MAESTRI: Orwell rivisitato

26 Maggio 2018

di Roberto Ducci
[dal “Corriere della Sera”, giovedì 31 luglio 1969]

Ai profeti si è tentati di augurare lunga vita: se di continuo si riscrive la storia del passato, sembrerebbe equo che la stessa possibilità fosse assicurata agli scrittori delle cose future. Esploratori di terre emerse di là dal tempo, i pro ­feti sopravvissuti potrebbero riesaminarle più da vicino; e qui calcando, là sollevando la mano, correggere le mappe, variarne le luci e le ombre: renderle, in una parola, più probabili, riducendo il margi ­ne dell’inevitabile errore. Ma ne varrebbe la pena? Possia ­mo convincerci che l’esercizio intellettuale che Aldous Hu ­xley riuscì a compiere « rivi ­sitando » il Bravo Nuovo Mondo evocato venti anni pri ­ma dalla sua cristallina intel ­ligenza sia stato soddisfacente per lui, e ciò a prescindere dalla constatazione di quanto egli avesse errato nel senso dell’ottimismo? Profetizzare è un atto politico: si fa della profezia perché si vuole che il futuro sia o non sia in un cer ­to modo, non perché si creda di sapere come il futuro effet ­tivamente sarà, mestiere di competenza degli astrologi e delle zingare.

Così, rileggendo oggi, a vent’anni esatti di distanza dalla sua comparsa, il famoso ro ­manzo di George Orwell che si intitola all’anno 1984, con ­viene tener presente che quel libro fu un atto di ardente e disperata passione politica: l’esorcismo, si sarebbe tentati di dire, di un futuro che nel 1949 era tutt’altro che impen ­sabile ed improbabile: una estrema forma di lotta per im ­pedire che esso si realizzasse, accompagnata forse dal lace ­rante dubbio se non fosse già troppo tardi. Tale è la geo ­metrica lucidità della profezia che essa non sembra lasciare scampo: sicché viene fatto di chiedersi se, accanto alla tu ­bercolosi, non fosse anche una disperazione totale a condurre Orwell alla morte un anno dopo la pubblicazione del li ­bro. Ma mentre lo scriveva, ci doveva essere in lui la vo ­lontà di fare tutto il possibile perché quell’agghiacciante fu ­turo dell’umanità, che era le ­cito derivare con tanta esat ­tezza per extrapolazione quasi aritmetica dalla realtà del trionfante stalinismo modello 1948, perché quel futuro non divenisse mai vero: rivelando appunto agli uomini molti an ­ni in anticipo quale tremenda abiezione morale (altro che l’alienazione da consumi!) po ­tesse esservi al termine della strada intrapresa dal tiranno georgiano nel 1927 in nome di un preteso socialismo.

*

Nel romanzo di Orwell è fra l’altro questione del « Li ­bro »: misterioso breviario, di cui vengono riprodotti alcuni capitoli, il quale spiega attra ­verso quali fasi successive e con quali mezzi e a beneficio della lucida follia di quali uomini venga impiantato sulla Terra il potere assolutamente più assoluto, quello che nes ­suno riuscirà mai ad abbatte ­re. Il « Libro » si suppone sia opera dell’opposizione clande ­stina al Regime (a meno che non sia opera del Regime stes ­so); ed è leggendolo che i due protagonisti, Winston e Julia, vengono arrestati per esser sottoposti alle torture fisiche e morali, allo svuotamento psichico, alla distruzione e ri ­costruzione della loro perso ­nalità. E’ da supporre che componendo 1984 Orwell pen ­sasse di star scrivendo appun ­to il « Libro », la spiegazione del perché e del come. Non escluderei che, trentacinque anni prima che quel come po ­tesse avverarsi, e che qualcu ­no si domandasse perché, Or ­well abbia fatto con se stesso la pascaliana scommessa che qualche copia sarebbe comun ­que sfuggita alla sistematica distruzione di ogni memoria del passato.

Checché ne fosse, tra il 1949 e il 1955, alla battaglia contro terrore politico, tortu ­ra fisica, alienazione intellet ­tuale, oppressione delle nazio ­nalità: alla battaglia dunque contro Stalin, che fu vinta a Roma a Belgrado a Parigi ma persa a Praga e a Budapest, il libro di Orwell diede un inestimabile contributo. Esso è forse la più grande riuscita della letteratura « impegnata » nel corso del primo decennio del dopoguerra.

Vittorioso sul piano della prassi, il capolavoro di Orwell è per conseguenza un falli ­mento sul piano della profe ­zia? A quindici anni da ora non esisteranno il Grande Fratello, né la psicopolizia, né la guerra permanente, né la neolingua; e nessuna delle al ­tre terrificanti istituzioni di una società congelata nelle tre classi chiuse: il partito inter ­no, il partito esterno, il pro ­letariato? Per quanto non sia da escludere che la società maoista evolva verso forme del genere, la sua formazione è troppo recente, la nostra co ­noscenza di essa troppo limi ­tata per poterlo affermare. Quanto ai nostri paesi, da Kabarovsk a San Francisco, i segni della « rivoluzione che metterà termine a tutte le ri ­voluzioni » non sembrano nu ­merosi. Nessun gruppo-politi ­co appare in possesso di quella lucida coscienza, o meglio di quella controllata pazzia, che sola potrebbe spingerlo a cospirare per distruggere la umana dignità, e fondare sul ­le rovine di essa il dominio assoluto e incorruttibile dei pochi. I pensatori politici di grido e i loro seguaci, eroi del ­le barricate di un giorno o di un mese, esaltano al contrario la democrazia spontanea e im ­mediata, la comunione degli illuminati con la massa infan ­te e non cosciente, l’agitazio ­ne che si fa verbo e il verbo che si fa conquista.

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Ma attenzione, attenzione. Dalla Convenzione che siede in permanenza, dall’Hotel de Ville occupato nascono il Co ­mitato di Salute Pubblica, i massacri di settembre, la fe ­sta dell’Essere supremo, il ri ­gorismo di Saint Just. Ai so ­viet degli operai e dei soldati che chiamano ogni cittadino a amministrare lo Stato se ­guono la cacciata della Co ­stituente, la Ghepeù, la dit ­tatura del partito di Lenin e poi di Stalin. Scrivendo nel 1948 Orwell prevede gli at ­tuali filosofi della distruzio ­ne: « L’ideale del paradi ­so terrestre aveva soggiogato l’immaginazione degli uomini per migliaia di anni. Dall’ini ­zio del secolo ventesimo l’uguaglianza umana era di ­venuta tecnicamente possibi ­le… Era questo un pericolo che bisognava scongiurare. Il paradiso terrestre fu dunque definitivamente screditato proprio nel momento in cui era divenuto attuabile ». La conte ­stazione globale sarebbe dun ­que guidata da uomini ma ­scherati che, anatemizzando i consumi di massa, preparano la tirannia sulle masse? L’a ­narchia elementare e dilettan ­tesca è pregna di una nuova aristocrazia? Composta, dice Orwell, per la maggior parte « di burocrati, scienziati, tec ­nici, organizzatori sindacali, venditori di pubblicità, socio ­logi (ahi, ahi!), giornalisti e politicanti » questa nuova ari ­stocrazia sarà meno avida e meno tentata dal lusso, ma « più affamata di puro pote ­re ». Per ottenerlo e mante ­nerlo essa abolirà la proprie ­tà privata « concentrandola in un numero di mani assai mi ­nore che nel passato », e per ­petuerà se stessa adottando i propri successori al di fuori del vincolo familiare.

*

Se questo sia per essere lo sbocco dell’epoca di turba ­menti che viviamo, se in es ­sa si stiano gettando le basi del Nuovo Impero, è troppo presto per dire: lasciamo alla Storia, che non è logica ma procede per astuzie, l’opzione contraria. Per Orwell il trion ­fo della nuova aristocrazia sa ­rebbe stato facilitato dalla guerra nucleare svoltasi ver ­so la fine degli anni Cinquan ­ta: qui l’astrologo, grazie a Dio, ha fatto cilecca. Ma di fronte a quest’errore di pre ­visione (e chi, nel 1948, esclu ­deva la possibilità di una guerra imminente?) quale pre ­veggenza, quale intendimen ­to della realtà futura! Orwell descrive lo stallo nucleare, il rispetto delle linee di fron ­tiera ove i Superstati vengono a contatto, le guerre limitate da combattersi in territori ri ­masti al margine delle rispet ­tive zone d’influenza, l’inces ­sante ricerca di nuove armi.

Il mondo orwelliano del 1984 non conosce più, oltre ad alcune terrae nullius, che tre Stati o Superstati: l’Eurasia, l’Oceania e l’Estasia. L’Europa occidentale è stata assorbita dalla Russia; le Iso ­le britanniche e il Common ­wealth si sono congiunti agli Stati Uniti. Il terzo Grande è la Cina, che ha sotto di sé la più gran parte dell’Asia e del Pacifico.

Questa prevista tripartizio ­ne del mondo non è senza farci correre qualche brivido nella schiena. Scompare l’Eu ­ropa: annegata l’Inghilterra nel mare anglo-sassone, tutto il continente europeo viene unito alla Russia in un im ­pero dal nuovo nome, in cui il nome dell’Asia figura per intero, mentre quello d’Euro ­pa è ridotto a una sillaba. Orwell era inglese, e cono ­sceva i suoi compatrioti. Non credo invece che conoscesse, quando morì, la politica ispi ­rata allo slogan dell’unifica ­zione dell’Europa fino agli Urali, e comportante il re ­spingimento della Gran Bre ­tagna dal continente o per ­lomeno l’incoraggiamento a tale sua secolare tentazione.

Venti anni dopo la pubbli ­cazione del romanzo, quindi ­ci anni prima dell’anno in cui esso si svolge, la tripartizione del mondo non è ancora en ­trata nei testi di storia e di geografia. Ma ci sentiremmo in coscienza di dire che questa profezia orwelliana è, più delle altre, di improbabile realizzazione? Il tempo corre veloce, politici e diplomatici lo lasciano colare fra le dita. Abbiamo al più qualche an ­no per far sì che l’Europa non sia ridotta a una sillaba.

 


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Bart