LETTERATURA: I MAESTRI: Orwell rivisitato26 Maggio 2018 di Roberto Ducci Ai profeti si è tentati di augurare lunga vita: se di continuo si riscrive la storia del passato, sembrerebbe equo che la stessa possibilità fosse assicurata agli scrittori delle cose future. Esploratori di terre emerse di là dal tempo, i pro feti sopravvissuti potrebbero riesaminarle più da vicino; e qui calcando, là sollevando la mano, correggere le mappe, variarne le luci e le ombre: renderle, in una parola, più probabili, riducendo il margi ne dell’inevitabile errore. Ma ne varrebbe la pena? Possia mo convincerci che l’esercizio intellettuale che Aldous Hu xley riuscì a compiere « rivi sitando » il Bravo Nuovo Mondo evocato venti anni pri ma dalla sua cristallina intel ligenza sia stato soddisfacente per lui, e ciò a prescindere dalla constatazione di quanto egli avesse errato nel senso dell’ottimismo? Profetizzare è un atto politico: si fa della profezia perché si vuole che il futuro sia o non sia in un cer to modo, non perché si creda di sapere come il futuro effet tivamente sarà, mestiere di competenza degli astrologi e delle zingare. Così, rileggendo oggi, a vent’anni esatti di distanza dalla sua comparsa, il famoso ro manzo di George Orwell che si intitola all’anno 1984, con viene tener presente che quel libro fu un atto di ardente e disperata passione politica: l’esorcismo, si sarebbe tentati di dire, di un futuro che nel 1949 era tutt’altro che impen sabile ed improbabile: una estrema forma di lotta per im pedire che esso si realizzasse, accompagnata forse dal lace rante dubbio se non fosse già troppo tardi. Tale è la geo metrica lucidità della profezia che essa non sembra lasciare scampo: sicché viene fatto di chiedersi se, accanto alla tu bercolosi, non fosse anche una disperazione totale a condurre Orwell alla morte un anno dopo la pubblicazione del li bro. Ma mentre lo scriveva, ci doveva essere in lui la vo lontà di fare tutto il possibile perché quell’agghiacciante fu turo dell’umanità, che era le cito derivare con tanta esat tezza per extrapolazione quasi aritmetica dalla realtà del trionfante stalinismo modello 1948, perché quel futuro non divenisse mai vero: rivelando appunto agli uomini molti an ni in anticipo quale tremenda abiezione morale (altro che l’alienazione da consumi!) po tesse esservi al termine della strada intrapresa dal tiranno georgiano nel 1927 in nome di un preteso socialismo. * Nel romanzo di Orwell è fra l’altro questione del « Li bro »: misterioso breviario, di cui vengono riprodotti alcuni capitoli, il quale spiega attra verso quali fasi successive e con quali mezzi e a beneficio della lucida follia di quali uomini venga impiantato sulla Terra il potere assolutamente più assoluto, quello che nes suno riuscirà mai ad abbatte re. Il « Libro » si suppone sia opera dell’opposizione clande stina al Regime (a meno che non sia opera del Regime stes so); ed è leggendolo che i due protagonisti, Winston e Julia, vengono arrestati per esser sottoposti alle torture fisiche e morali, allo svuotamento psichico, alla distruzione e ri costruzione della loro perso nalità. E’ da supporre che componendo 1984 Orwell pen sasse di star scrivendo appun to il « Libro », la spiegazione del perché e del come. Non escluderei che, trentacinque anni prima che quel come po tesse avverarsi, e che qualcu no si domandasse perché, Or well abbia fatto con se stesso la pascaliana scommessa che qualche copia sarebbe comun que sfuggita alla sistematica distruzione di ogni memoria del passato. Checché ne fosse, tra il 1949 e il 1955, alla battaglia contro terrore politico, tortu ra fisica, alienazione intellet tuale, oppressione delle nazio nalità: alla battaglia dunque contro Stalin, che fu vinta a Roma a Belgrado a Parigi ma persa a Praga e a Budapest, il libro di Orwell diede un inestimabile contributo. Esso è forse la più grande riuscita della letteratura « impegnata » nel corso del primo decennio del dopoguerra. Vittorioso sul piano della prassi, il capolavoro di Orwell è per conseguenza un falli mento sul piano della profe zia? A quindici anni da ora non esisteranno il Grande Fratello, né la psicopolizia, né la guerra permanente, né la neolingua; e nessuna delle al tre terrificanti istituzioni di una società congelata nelle tre classi chiuse: il partito inter no, il partito esterno, il pro letariato? Per quanto non sia da escludere che la società maoista evolva verso forme del genere, la sua formazione è troppo recente, la nostra co noscenza di essa troppo limi tata per poterlo affermare. Quanto ai nostri paesi, da Kabarovsk a San Francisco, i segni della « rivoluzione che metterà termine a tutte le ri voluzioni » non sembrano nu merosi. Nessun gruppo-politi co appare in possesso di quella lucida coscienza, o meglio di quella controllata pazzia, che sola potrebbe spingerlo a cospirare per distruggere la umana dignità, e fondare sul le rovine di essa il dominio assoluto e incorruttibile dei pochi. I pensatori politici di grido e i loro seguaci, eroi del le barricate di un giorno o di un mese, esaltano al contrario la democrazia spontanea e im mediata, la comunione degli illuminati con la massa infan te e non cosciente, l’agitazio ne che si fa verbo e il verbo che si fa conquista. * Ma attenzione, attenzione. Dalla Convenzione che siede in permanenza, dall’Hotel de Ville occupato nascono il Co mitato di Salute Pubblica, i massacri di settembre, la fe sta dell’Essere supremo, il ri gorismo di Saint Just. Ai so viet degli operai e dei soldati che chiamano ogni cittadino a amministrare lo Stato se guono la cacciata della Co stituente, la Ghepeù, la dit tatura del partito di Lenin e poi di Stalin. Scrivendo nel 1948 Orwell prevede gli at tuali filosofi della distruzio ne: « L’ideale del paradi so terrestre aveva soggiogato l’immaginazione degli uomini per migliaia di anni. Dall’ini zio del secolo ventesimo l’uguaglianza umana era di venuta tecnicamente possibi le… Era questo un pericolo che bisognava scongiurare. Il paradiso terrestre fu dunque definitivamente screditato proprio nel momento in cui era divenuto attuabile ». La conte stazione globale sarebbe dun que guidata da uomini ma scherati che, anatemizzando i consumi di massa, preparano la tirannia sulle masse? L’a narchia elementare e dilettan tesca è pregna di una nuova aristocrazia? Composta, dice Orwell, per la maggior parte « di burocrati, scienziati, tec nici, organizzatori sindacali, venditori di pubblicità, socio logi (ahi, ahi!), giornalisti e politicanti » questa nuova ari stocrazia sarà meno avida e meno tentata dal lusso, ma « più affamata di puro pote re ». Per ottenerlo e mante nerlo essa abolirà la proprie tà privata « concentrandola in un numero di mani assai mi nore che nel passato », e per petuerà se stessa adottando i propri successori al di fuori del vincolo familiare. * Se questo sia per essere lo sbocco dell’epoca di turba menti che viviamo, se in es sa si stiano gettando le basi del Nuovo Impero, è troppo presto per dire: lasciamo alla Storia, che non è logica ma procede per astuzie, l’opzione contraria. Per Orwell il trion fo della nuova aristocrazia sa rebbe stato facilitato dalla guerra nucleare svoltasi ver so la fine degli anni Cinquan ta: qui l’astrologo, grazie a Dio, ha fatto cilecca. Ma di fronte a quest’errore di pre visione (e chi, nel 1948, esclu deva la possibilità di una guerra imminente?) quale pre veggenza, quale intendimen to della realtà futura! Orwell descrive lo stallo nucleare, il rispetto delle linee di fron tiera ove i Superstati vengono a contatto, le guerre limitate da combattersi in territori ri masti al margine delle rispet tive zone d’influenza, l’inces sante ricerca di nuove armi. Il mondo orwelliano del 1984 non conosce più, oltre ad alcune terrae nullius, che tre Stati o Superstati: l’Eurasia, l’Oceania e l’Estasia. L’Europa occidentale è stata assorbita dalla Russia; le Iso le britanniche e il Common wealth si sono congiunti agli Stati Uniti. Il terzo Grande è la Cina, che ha sotto di sé la più gran parte dell’Asia e del Pacifico. Questa prevista tripartizio ne del mondo non è senza farci correre qualche brivido nella schiena. Scompare l’Eu ropa: annegata l’Inghilterra nel mare anglo-sassone, tutto il continente europeo viene unito alla Russia in un im pero dal nuovo nome, in cui il nome dell’Asia figura per intero, mentre quello d’Euro pa è ridotto a una sillaba. Orwell era inglese, e cono sceva i suoi compatrioti. Non credo invece che conoscesse, quando morì, la politica ispi rata allo slogan dell’unifica zione dell’Europa fino agli Urali, e comportante il re spingimento della Gran Bre tagna dal continente o per lomeno l’incoraggiamento a tale sua secolare tentazione. Venti anni dopo la pubbli cazione del romanzo, quindi ci anni prima dell’anno in cui esso si svolge, la tripartizione del mondo non è ancora en trata nei testi di storia e di geografia. Ma ci sentiremmo in coscienza di dire che questa profezia orwelliana è, più delle altre, di improbabile realizzazione? Il tempo corre veloce, politici e diplomatici lo lasciano colare fra le dita. Abbiamo al più qualche an no per far sì che l’Europa non sia ridotta a una sillaba.
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