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LETTERATURA: I MAESTRI: Russell alle prese con Lawrence: Due rivoluzionari individualisti

24 Maggio 2018

di Piero Nardi
[dal “Corriere della Sera”, giovedì 12 marzo 1970]

Nel 1925, William Gerhardi, andato a trovare D.H. Lawrence, gli aveva riferito che Bertrand Russell, richiesto di una opinione sulle dottrine lawrenciane, aveva risposto infastidito: « Lawrence non ha cervello ». E Lawrence a Gerhardi: «Dite un po’, avete visto mai Russell in costume da bagno? Poveraccio! E’ un cervello sen ­za corpo ».

Al   tempo   dell’incontro   con Lawrence,   Russell,   insegnante a Cambridge,  stava affermandosi non solo nell’ambito strettamente speculativo, ma anche in quello sociale. Lawrence, di dieci anni più giovane, vagheggiava giusto  allora  un  rinnovamento appunto sociale di cui farsi   promotore   con   altri,   e guardava a Russell, che gli era stato  presentato  nel  febbraio del 1915 da Ottoline Morrell, la quale  poteva  diventare   parti ­colarmente preziosa, se guada ­gnata alla causa, come moglie d’un membro del Parlamento,  ricca    di    relazioni    cospicue, aperta all’entusiasmo e quindi pronta   a   far   scattare,   dalla scatola a sorpresa del suo riserbo d’aristocratica un po’ eccentrica, un compiaciuto fer ­vore propagandistico. « Voglio che voi formiate il nodo d’una comunità che sarà per noi il punto di partenza d’una vita nuova », le aveva scritto Law ­rence poco prima ch’ella gli portasse in visita Russell.

Infieriva da più d’un anno quella che doveva poi chiamar ­si prima guerra mondiale, e dai giorni che l’avevano scatenata, Lawrence s’era messo a un li ­bro su Thomas Hardy, in cui trovava luogo il seguente dio ­rama: «L’uomo, come mem ­bro della comunità, deve, sul suo onore, non far movimen ­to di sorta il quale porti a di ­sintegrare la comunità; ma il conformismo della comunità contrasta con il desiderio in ­dividuale, naturale, che spinge l’uomo a rompere i legami del ­la comunità, a uscire dalla stac ­cionata ». Diorama carico della passione di Lawrence romanticamente animato dal deside ­rio individuale, naturale, e drammaticamente in rotta con la convenzione d’una comunità la quale aveva potuto partori ­re la guerra.

Come continuava la lettera alla Morrell? « Lotteremo per la libertà individuale, trovan ­do la gioia suprema della par ­tecipazione di tutti allo sforzo comune ». Senonché dall’antinomia tra libertà individuale e concordia in un punto di vista comune per attuarla nasceva la difficoltà.

Un solo capo

Ora che anche Russell è scomparso dalla scena del mondo, ho voluto rileggere le lettere inviategli da Lawrence. Nella prima, del 12 febbraio 1915, s’incontra: «Occorre an ­zitutto una rivoluzione. Essa deve avere principio col nazio ­nalizzare tutte le industrie e i mezzi di comunicazione e la proprietà della terra… Poi de ­ve essere ben chiaro che ognu ­no deve ricevere un salario; anche se non è in grado di la ­vorare. Bisogna che la gente sia affrancata dalla paura del bisogno… Che vergogna, la condizione dell’uomo moderno in ­catenato sulla roccia del siste ­ma capitalistico! ».

Fin qui, sul piano sociale Ma sul piano politico? Contra ­riamente a quanto ci saremmo aspettati, Lawrence si dichia ­rava â— in altre di queste let ­tere â— contro la democrazia: « L’idea di mettere il potere nelle mani della classe lavoratrice è sbagliata ». E in evi ­dente contrasto con Russell: « La vostra lettera mi sembra press’a poco detestabile… Io non voglio tiranni. Ma non credo nel controllo democrati ­co…  Il  lavoratore  dovrà  eleggersi i suoi capi o dirigenti per suoi fini immediati, e niente altro. Dalle altre classi che so ­no in stato ascensionale do ­vranno essere eletti i capi maggiori. Tutto ciò deve far perno e culminare in un solo capo, come del resto ogni vero organismo ».

In vista di un’azione concre ­ta, Lawrence progettava delle letture e convegni : « Russell è qui », scriveva alla Morrell, nel giugno del 15, da Greatham, nel Sussex, dov’era ospite in un cottage messogli a disposizione dalla scrittrice Viola Meynell. « Ci proponiamo di avere una sala a Londra, nell’autunno, e di tenervi delle letture…: pen ­siamo inoltre a dei raduni, al ­la creazione di una piccola so ­cietà o gruppo. Voi dovete es ­sere presidente. E alcuni dei nostri raduni dovrebbero aver luogo a Garsington ».

Garsington era la casa di campagna dei Morrell. « Un luogo â— continuava la lettera ora citata â— come la villa do ­ve il Boccaccio faceva narrare le novelle del Decamerone ». Quella del Boccaccio era una brigata fuggita da Firen ­ze per sottrarsi alla pestilen ­za che con la dissoluzione dei corpi portava la dissoluzione dei costumi e della società di allora. Adesso la dissoluzione veniva dalla guerra. E la nuo ­va brigata di Garsington avrebbe dovuto studiare i modi di una costituzione nuova, da da ­re all’umanità destinata a sopravvivere alla generale rovi ­na. « Garsington è luogo stu ­pendamente adatto allo scopo. Debbono venire anche i Murry (John Middleton, il critico e giornalista, e la compagna sua Katherine Mansfield). Pos ­siamo tenere tutti lezioni, di quand’in quando. Murry ha un lato genuino nella sua natura; e così la Mansfield… Russell e io stiamo  gettando  delle  fon ­damenta ». Russell gli sottopo ­neva,  infatti  l’abbozzo  di  una specie   di   programma   (Filoso ­ fia della ricostruzione sociale), che Lawrence però gli restitui ­va  con  una  selva  di  osservazioni   cariche   di   dissenso. Nasceva nel contempo anche il progetto  di  una  piccola  rivista da pubblicare in connes ­sione alle letture, le quali pe ­rò dovevano, di là a non mol ­to,   anche   per   il   fallito   ac ­cordo   di   vedute   con   Russell, attuarsi   come   giro  di   letture fatte  solo   da  Russell   e   risol ­versi   nient’altro   che   in   una predicazione   pacifista,   con   la conseguenza, per Russell, d’eso ­nero  dall’insegnamento,

Percettività

La rivista doveva intitolarsi The Signature, nel senso che «segnatura » ha nel linguag ­gio tipografico, secondo una di queste lettere a Russell. In real ­tà, meglio intendere « La fir ­ma », visto che Murry, ideato ­re del titolo, aveva l’aria d’in ­sinuare l’indipendenza di ognu ­no dei collaboratori. Lawrence aveva un punto di vista? Ciò non escludeva che Murry po ­tesse averne un altro.

Dove andava a finire, allo ­ra, il piano d’un gruppo unito in una fede e in un’azio ­ne? La verità era che Murry e Russell e tutti gli altri che Lawrence si sforzava di riunì re in servizio di un’idea di so ­ciale rivoluzione, erano degli individualisti irriducibili, ognu ­no aspirando a esprimere nien ­t’altro che se stesso. L’antino ­mia fra individuo e comunità restava insanabile.

Limitando l’attenzione a La ­wrence e Russell, pur concor ­dando entrambi nell’opposizio ­ne alla guerra, era opinione del primo che non di predicazio ­ne pacifista dovesse trattarsi ma di attesa che la dissoluzione prodotta dalla guerra si compisse in pieno, così che ne fosse favorito l’avvento d’un mondo nuovo. La rottura con Russell avveniva il 14 settembre, sempre del 15, data della lettera di Lawrence a Russell la quale si chiudeva così: «E facciamola finita fra noi: credo sia molto meglio.”

Rottura non definitiva, se vo ­gliamo. Ma ogni tentativo, da parte di Lawrence, di ripresa di rapporti, si risolveva in sem ­pre più deciso distacco. Quello che continuava a operare, sot ­to sotto, e forse aveva comin ­ciato a operare fin dai primi dissensi, era il divario tra la « percettività mentale » che La ­wrence rimproverava a Russell, e una diversa « percettività per cui Lawrence si trovava a scrivere in una di queste let ­tere (una delle ultime): «E’ molto importante, per la no ­stra vita, sapere di aver un essere sanguigno, una percetti ­vità del sangue, completa e in ­dipendente dalla percettività mentale ». Un esempio della ra ­zionalità di Lawrence ce l’ha offerto la scarsa congruenza delle due citazioni relative al modo di vedere di lui sul piano sociale e poi sul piano po ­litico. In un certo senso Rus ­sell â— che doveva finire con l’incolpare Lawrence di fasci ­smo non riuscendo a veder chiaro nelle contraddizioni per cui l’intera produzione lawrenciana aveva anche impennate non infrequenti d’antifascismo – poteva trovar legittimo af ­fermare: « Lawrence non ha cervello ». E forse proprio per il credito fatto piuttosto all’impulso legato alla carne, al sangue, che al puro razioci ­nio, Lawrence poteva avere avuta con Gerhardi la battu ­ta: «Dite un po’, avete visto mai Russell in costume da ba ­gno? Poveraccio! E’ un cervello senza corpo ».

 


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A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart