Libri, leggende, informazioni sulla città di LuccaBenvenutoWelcome
 
Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: I MAESTRI: Pampaloni indaga la vocazione tragica di Moravia

12 Gennaio 2016

di Cesare Garboli
[da “La fiera letteraria”, numero 1, giovedì, 4 gennaio 1968]

ALBERTO MORAVIA
Opere
Bompiani, vol. I, pagine 910, lire 6.000.

E’ una lieta sorpresa di questa ma ­gra invernata letteraria la ristampa nella nuova collezione dei Classici Bompiani dei due primi romanzi di Alberto Moravia, Gli indifferenti (1929), e Le ambizioni sbagliate -(1935), riuniti insieme nel primo volume di una nuova e lussuosa serie di Opere complete. A parte il piacere di rileg ­gersi Moravia, e di constatare quan ­to poco sia invecchiata la sensaziona ­le giovinezza di quel ventenne pro ­digio, che nel frattempo è diventato un classico. La costosa ristampa of ­fre un secondo motivo di interesse: la prefazione di Geno Pampaloni, po ­co più di trenta pagine di introdu ­zione a tutta l’opera narrativa moraviana. Si vorrebbe definirla un pezzo d’arte, questa inaspettata prefazione: più che un « ritratto » di Moravia, anche se questo è poi l’intento ultimo di Pampaloni, una composizione a sé stante, la « toccata » di un solista vir ­tuoso, che si cimenta con un tema e sta tutto assorto alla fuga dei motivi, tutto concentrato sui suoi strumenti, incurante di scena e di platea.

Può essere che alla perfetta riusci ­ta del ritratto pampaloniano abbia contribuito anche la sede tecnica del saggio, a metà tra la ricerca e l’affa ­bile e colloquiale presentazione. Ma quello che colpisce, di queste pagine, con la forza di un bene irrimediabil ­mente, e, chi sa, forse giustamente perduto, è la pulizia della meditazio ­ne critica, il disinteresse intellettua ­le della ricerca, il gusto della verifi ­ca morale dei metodi d’indagine: la risonanza di una tradizione, in una parola, l’accento del passato. Sia come volete, sembra dirci Pampaloni, sen ­za nemmeno troppa voglia di persua ­dere, ma questa, che voi vedete, la religione delle lettere, questa è la « critica ».

A prima vista, si ha l’impressione che Moravia sia affrontato da Pampaloni a tu per tu, frontalmente. Poi, ci si accorge a poco a poco del pre ­meditato effetto ottico. Il critico ingag ­gia col suo autore, come se si trattas ­se di un avversario, un duello a di ­stanza, spiandolo nei punti indifesi, variando di volta in volta gli appo ­stamenti storici, ideologici, psicologi ­ci, e lasciando che ai lunghi insegui ­menti si avvicendino improvvise, im ­pazienti zuffe di idee. Spesso, duettando con Moravia, Pampaloni canta a sua volta, o sottintende ipotesi che vanno oltre la loro immediata verbalizzazione. Eccitato dalla fantasia del ­lo scrittore, non può fare a meno di prestargli un ordine di pensieri che gli sonnecchiano in corpo, come a pro ­posito dell’ultimo Moravia: « L’uomo moderno è uno strumento sempre più perfetto di indagine; ma l’oggetto di tanta dovizia di ricerca è, per defini ­zione, l’inconoscibile. La crisi, questa è l’intuizione del “terzo” Moravia, è innanzi tutto crisi del male. La gran ­de prigione non è più il vizio, la col ­pa, ma la tautologia, l’inerzia della dialettica morale. L’utopia non è più la bontà, o la giustizia, ma l’inter ­pretazione ».

E’ questo un bell’esempio del pun ­to « caldo » nel quale un critico si tra ­sforma in saggista. E a mio parere, anche un esempio di quanto un letto ­re possa inventare quello che uno scrit ­tore è, citando se stesso e centrando con precisione il bersaglio altrui. Nel ­lo spazio di poche battute, una raffi ­ca di luce investe la personalità moraviana nel suo arco. Superiore capa ­cità di immedesimazione, eterna vir ­tù mimetica del « critico »? Non ha poi troppa importanza che attraver ­so il tracciato pampaloniano ci si tro ­vi tra le mani, alla fine, un Moravia perfettamente ridipinto, messo insie ­me musivamente con elementi tutti probabili. Si tratta di un Moravia ve ­ro? Di un Moravia finto? Ai veri cri ­tici, Pampaloni lo sa benissimo, non piace la verità, ma il mistero.

C’è piuttosto da segnalare il singo ­lare manierismo, non esente da vezzi arcaizzanti, con il quale Pampaloni ha costruito la sua prefazione. A Pampaloni interessava ambientare il Mo ­ravia artista, riguadagnandolo al grande realismo dei classici e sottraendolo, sia pure in parte, ai parametri del Novecento. Ma nello stesso tempo gli premeva qualche cosa di più, cioè attrarre lo scrittore verso il polo di una problematica che mentre sem ­bra appartenere strettamente a Moravia, in realtà è una problematica tout court, insomma la « problematica del ­la verità ». In una luce appena fuori del tempo, simili a spiriti magni rac ­colti in un vivido cerchio assediato da tenebre, il « critico » e lo « scrit ­tore », diverse incarnazioni dello spi ­rito, ci vengono incontro e colloquia ­no di noi, della vita, della storia, del ­la società, del futuro, con gesti ampi e solenni. Facce di una stessa meda ­glia, personaggi di uno stesso copione, figure di un gioco che trascende noi e loro. Ecco la ragione per la quale Pampaloni manierizza se stesso e in ­tanto lascia volentieri Moravia al suo mistero. Mentre il critico fa mostra di riallacciarsi a modelli di scuola psi ­cologica (Sainte-Beuve) e idealistica (De Sanctis), appena corretti dal suo Pancrazi, egli ci nasconde invece la sua vera, religiosa, ascendenza.

Come tutti i critici di formazione idealistica, Pampaloni mette in evi ­denza, di Moravia, in primo luogo un aspetto dialettico. « Coesistono in Mo ­ravia due moralismi, due flussi di tensione nel giudizio sulla realtà. Il primo è un giudizio, e un’acuta vo ­lontà di giudizio, sulla società. Il se ­condo è un giudizio, e una così fatale conoscenza del male che è qua ­si sospensione del giudizio, sull’uomo.

Il primo moralismo è di carattere sto ­rico, e si appunta contro la società borghese decadente. Ecco allora lo scrittore battere contro i tabù, le ipocrisie, la corruzione intellettuale e morale della società… L’altro morali ­smo si apparenta al primo perché sembra avere l’identico bersaglio, che è l’uomo contemporaneo italiano, figlio di codesta società borghese invecchia ­ta. Ma trascorre di colpo alla corru ­zione dei sentimenti, alle stigmate nere del personaggio-uomo. Qui sono in primo piano gli antichi vizi, l’ava ­rizia, la libidine, la vanità, la fro ­de, che costituiscono l’oggetto della psicologia morale. Il poeta di questo secondo moralismo è il narratore rea ­lista, che lavora su una materia anti ­ca quanto il mondo. A lui appartiene quella vena “religiosa”, cupa, senza speranza, che il Moravia si riconosce e che per molti è difficile da ritro ­vare ».

Personalmente avrei messo i due modi d’essere moraviani, più che non abbia fatto Pampaloni, in forte, irri ­solvibile opposizione e conflitto. Per essere autentico, dialetticamente com ­plementare, il Moravia ribelle alla so ­cietà borghese, contestatore e anticon ­formista, esigerebbe a contrasto una visione in progresso della storia e del ­l’uomo, un’idea « sartriana », per co ­sì dire, della vita, che il Moravia nero e giansenista non possiede. Il mondo, per Moravia, è quello che è. Esiste tuttavia una dialettica tra le opposi ­zioni moraviane, ma esiste soltanto in riferimento alla vocazione tecnica del ­lo scrivere, ed è questo un punto da sottolineare due volte in rosso. Esse ­re scrittore, per Moravia, è il solo mo ­do di tollerare in se stesso una con ­vivenza schiacciante di opposti, poi ­ché gli opposti non appartengono a lui, ma alla struttura della realtà, che non è divenire ma ritmo di distruzione. E’ come dire che Moravia è un gran ­de scrittore, e lo è.

Un grande scrittore che « vede » la vita e la rifiuta in blocco, che c’è e non c’è, che è sempre dentro e sem ­pre fuori. E’ anche come dire che Moravia coincide con la fatalità del suo pseudonimo. La sua vita, dopo Gli indifferenti, non è stata altro che la funzione di scrivere. E’ naturale che questo scrittore senta oggi come problema essenziale, da cui non si può uscire, la tautologia. Moravia vi ­ve solo quando si esprime come « scrittore ». Quello che annientereb ­be chiunque altro, la tensione delle opposizioni, lo fa essere. Non vorrei essere irriverente, ma la definizione più pertinente di Moravia è quella di uno schizofrenico che funziona per ­fettamente. Esempi della radicalità delle opposizioni moraviane? Moravia è scrittore tragico, e nello stesso tem ­po nessuno come lui percepisce la falsità dei fatti, la teatralità delle azioni.

La sua vocazione tragica, di tipo am ­letico, si ritorce contro se stessa. Mo ­ravia sa pensare, possiede il dono del ­l’ingegneria mentale, ma si annoia a connettere idee, si angoscia a concate ­nare i pensieri, come chi ritiene che non vale la pena di costruire case, quando la vita esige la loro demoli ­zione. Terzo esempio: quando usciro ­no Gli indifferenti, Moravia si ribel ­lava, si sa, al fascismo, alla borghe ­sia, alla « realtà ». Ma nello stesso tempo rifiutava anche la contropartita della « poesia », quello che era a por ­tata di mano: la poesia come figura del Bene, come sguardo supremo e abbracciante, come visione telescopica (diceva Proust) della vita.

La poesia, in una parola, come som ­ma di valori « romantici ». Già allora, fin da quel libro pieno di pianto, Mo ­ravia imparava ad asciugarsi le lacrime. Non ha mai parlato, questo scrit ­tore, in nome dell’identità della Vita e della Poesia. L’aridità che gli è sta ­ta rimproverata era istintiva diffiden ­za verso valori astratti dal « male », dalla corrotta ma vitale matrice del ­le cose.

Più che della poesia, Moravia si in ­namorava, fin dagli Indifferenti, della realtà. La poesia, il vero « altro » è qui, per Moravia. Sia detto una volta per tutte, è stata questa la sua grandezza, poiché c’è voluto dell’eroismo, credo, a percorrere fino in fondo questa stra ­da anti-decadente, stretta e difficile. Era necessaria quella capacità di «solitudine continuamente rinnegata », che Pampaloni ha riconosciuto, in un passante ritratto dal vero, in una spe ­cie di nobile istantanea fisica incor ­porata nel diverso contesto della sua introduzione, sul volto « irrequieto, in ­sieme asciutto e apprensivo » dello scrittore.

 


Letto 1308 volte.


Nessun commento

No comments yet.

RSS feed for comments on this post.

Sorry, the comment form is closed at this time.

A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart