LETTERATURA: I MAESTRI: Pollicino e la psicanalisi5 Ottobre 2017 di Giovanni Macchia Il Seicento, alla sua fine quando la stagione dei protagonisti era già passata, conobbe in Francia una moda non meno contagiosa delle precedenti: i racconti di fate. Nelle grandi civiltà un fatto letterario non resta fenomeno isolato. E’ un prodotto cultura che vive grazie alla società cui esso è destinato. I Contes de ma mère l’Oye di Charles Perrault (pubbli cati sotto il nome del figlio diciannovenne Pierre Darmancourt che forse collaborò al l’opera) sono meritamente tra i più famosi di un tal genere di letteratura. Ma intorno a Perrault, personaggio autore vole che guardava all’avvenire, uomo enciclopedico che mise il naso un po’ dapper tutto, nelle scienze, nelle let tere e nelle arti, si dispone a corona un forte nucleo di don ne scrittrici di fiabe. Ancora una volta, nella storia del se colo, le donne sono in primo piano. Il loro impero conti nua. Di buona o modesta no biltà, la vita di alcune di es se fu illustrata da più di uno scandalo, eppure effondevano nelle loro pagine un delicato virginale candore, creando una letteratura popolare in prosa non destinata al popolo. Ma dame d’Aulnoy, Mademoiselle Bernard (nipote di Pierre Corneille), Mademoiselle de La Force, Mademoiselle L’Héritier, Madame de Murat. Tra esse si aggira qualche raro gen tiluomo, come lo Chevalier de Mailly. * L’irreale, il meraviglioso e l’imaginaire, la natura artifi ciale, splendida per definizio ne, erano già apparsi, agli oc chi delle aristocratiche dame nelle scenografie, negli spetta coli di feste e balletti, ove la grazia e la pomposità baroc ca, in travestimenti e muta menti, celebravano entro for me mitologiche e preziose e una rara grandiosità d’appa rati, il regno di Luigi XIV. Ma le fate non comparivano nel balletto di corte che in ge nere preferiva la maga. Esse ritroveranno il loro tempo ideale nel balletto romantico, nei balletti del Novecento, in Diaghilev, in Ravel. L’incan tesimo, la magìa, il féisme, il fatismo, hanno una base po polare che lo spettacolo ari stocratico barocco respinge. Le carrozze che volano, le me tamorfosi degli uomini in og getti e in animali fanno del la fiaba un piccolo spettacolo in prosa da leggere o da ascol tare. Ma le radici di questa tradizione affondano nel fol clore. Perché dunque nell’immen so repertorio dalle moltissime fonti (e tra quelle italiane lo Straparola e forse il Basile) l’adattatore Perrault â— si do manda un suo recente agguer rito studioso, Marc Soriano â— non ha scelto che pochi temi? E quale fu il criterio che lo guidò nella scelta? Con siderando il racconto come un crittogramma la cui soluzione può essere avviata approfon dendo l’ambiente famigliare (il padre, la condizione dei due fratelli gemelli, Charles e Fran í§ois) e definendo casa Per rault un mondo dove Freud è esistito, egli tenta una defini zione psicanalitica dei Contes. Nella Introduzione alla psi canalisi Freud, pur senza ci tare Perrault, dette alla fiaba in versi intitolata Souhaits ridicules un valore d’esempio: il sogno è la realizzazione ve lata di un desiderio represso. E alcuni anni fa un medico, il dottor Lauzier-Desprez, aveva preparato anche lui un sag gio su una lettura psico-pato logica di questi racconti di fate. Il Soriano si mette sulla stessa strada ma la attraversa, in omaggio al suo nome, con fare sospettoso e guardingo. E’ uno storico. Sa che la com plessità dei temi e dei motivi, quali s’intrecciano in questi racconti, che appartengono al folclore prima che a Perrault, gl’impedisce di riconoscere in ogni peripezia l’esatto riflesso di un avvenimento della vita dell’autore. La « storia » di es si s’inserisce in una storia più generale che appartiene a un gruppo sociale e a un’epoca. La psicanalisi può solo impie gare ipotesi di lavoro e metodi di investigazione. * La lettura di una sola fia ba può farci misurare la di stanza che nella comprensio ne psicanalitica delle opere letterarie separa un medico da uno storico. Nella fiaba di Pe tit Poucet, ad esempio, altri riconobbero elementi di una leggenda: quella del piccolo bovaro celeste e identificarono il suo protagonista con l’Orsa Maggiore. Anche Rimbaud, quando s’identifica con il « Pe tit Poucet ríªveur » ricorda l’Orsa Maggiore: «Mon auberge était à la Grande-Ourse » (e non intenderei come si fa di solito, banalmente: « Je couchais à la belle étoile »). Il dottor Lauzier-Desprez è in vece colpito dal bianco dei sassolini con cui Pollicino ri trova facilmente la strada di casa. Cosa significano quelle pietruzze bianche? Esse sim boleggiano i denti di latte del minuscolo personaggio, quei denti che i bambini perdono fino all’età di sette anni. Qui cioè si stabilisce un rapporto diretto con la vita che lo sto rico non può condividere. Altro esempio. Perché Per rault ha soppresso nel Petit Chaperon rouge il particolare tradizionale dei resti della nonna mangiata offerti dal lu po al bambino? Il medico pro pone una interpretazione psi canalitica assai complessa. Lo storico pensa invece alla so cietà aristocratica cui quei rac conti erano destinati, costretta nelle leggi delle bienséances. Le ricerche contemporanee sul folclore dimostrano che tali particolari, derivati da un lon tano passato in cui l’antropo fagia era ancora praticata, fi niscono a poco a poco per ra refarsi in un ambiente colto. Così il medico e lo storico dinanzi alla psicanalisi hanno rare possibilità di mettersi d’accordo. Lo psicanalista ri chiede una forte carica d’in venzione su dati spesso oscu ri, incerti o addirittura labili, invenzione che lo storico, alla ricerca di una propria certez za, non può accettare. Per sciogliere il crittogramma di queste fiabe egli ha bisogno di chiavi più sottili che ser vano più agevolmente allo sco po e che il Soriano sa adope rare. E su quali dati allora, ripetiamo, Perrault operò la sua scelta? E questa scelta può accordarsi con elementi nati dall’osservazione diretta della sua vita? * Boileau disse una volta a Perrault: « C’è qualcosa di strano nella vostra famiglia », e aveva colto nel segno, dan do prova di acuto intuito. A giudicare dalla sua secca ri sposta, Perrault ne fu quasi ferito. Difendendosi, egli fini va con l’associare ad una no zione d’indegnità la situazione di essere l’ultimo della sua fa miglia. Considerando il racconto come fantasioso risultato di una libera fantasticheria, si possono facilmente rintraccia re e seguire, come fa il Soria no, alcune piste. Tra le più importanti: la condizione ge mellare che Perrault ha co nosciuto direttamente, e l’in cidenza di tale condizione nel la struttura incosciente delle fiabe. (Un’abbondanza di in siemi gemellari è riscontrabile in Cendrillon, Barbe-bleu, nel Petit Poucet ove appare ad dirittura una coppia gemellare a quattordici teste). Una se conda pista: l’indegnità dei ge nitori, serie sinistra in cui ci s’imbatte più volte. Un ele mento costante deriva dalla prima ipotesi: l’insicurezza. «L’universo di questi raccon ti è impregnato di una pro fonda angoscia » (Soriano): crudeltà, follia, orchi armati di coltello, insicurezza centra ta sulla sessualità, un’angoscia che concerne la virilità. La lotta per il possesso e l’ango scia del sesso contestato si as sociano per presentare nel Chat botté variazioni di una rara complessità, insieme tri viali e raffinate. Quanto al l’incubo da cui questi raccon ti sono pervasi, esso ci dà la chiave segreta del racconto. In effetti, oscuramente, quest’incubo è desiderato. Il bam bino nel fondo di se stesso de sidera essere mangiato. * « Ah! Il n’y a plus d’enfants », dice amaramente Argan, il màlade imaginaire di Molière nella scena che Goe the ammirava. La Francia di Luigi XIV è un paese senza innocenza ove i bambini non sono più bambini. Pensava mo che le fiabe riportassero nell’atmosfera sublime e pom posa del classicismo questa in nocenza perduta, e l’amore del semplice e del misterioso. Cre devamo che provocassero una distensione della fantasia, la quale conduceva fuori della storia esseri gravati dal pro blema delle passioni, dal de siderio di conoscersi, di osser varsi, come nei riflessi freddi e taglienti di uno specchio: una docile via di scampo per una letteratura alleata al pec cato e al dolore. Non era in vece difficile scoprire un fon do torbido, oscuro, angoscio so anche in quelle affascinan ti avventure di uomini mutati in cavalli, in tutto quel filo ne di sognante medievalismo che percorre in forme più o meno sotterranee il Seicento francese, medievalismo cui Perrault aderiva e lo dichia rava nella dedica a Madame de Murat. Passati nelle mani degli psicanalisti questi personaggi che non conoscono mez zi termini, incantati, paurosi, orribili o bellissimi, incredi bilmente furbi o di un’irritan te bontà, riacquistano una lo ro attualità: anche nella no stra epoca, in cui i bambini non sono più bambini. Letto 1346 volte. Nessun commentoNo comments yet. 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