LETTERATURA: I MAESTRI: Prezzolini – Boine #4/29
9 Giugno 2008
[da: Il tempo della Voce”, Longanesi & C. – Vallecchi, 1960]
11 aprile 1908
Caro Prezzolini,
la sua lettera pare il vivaio di tutte le quistioni insolute ed insolubili che hanno agitato gli uomini da Adamo in poi, e ci vorrebbero per risponderle tutti i libri di sant’Agostino. Ma son contento di essere su questo terreno del peccato, della corruzione e del do Âlore, piuttosto che altrove perché entriamo così senz’altro nel pieno della vita religiosa.
Vediamo: divido in due parti ciò che lei mi obbietta; 1) quel che dice intorno alla corruzione etc.; 2) intorno alla funzione redimitrice della filosofia a pre Âferenza di quella della religione, dato che la funzione d’entrambe sia la conoscitiva.
Ora qui non si tratta di speculare sulla natura della corruzione etc. etc. ma si tratta di dar orecchio ad una quantità di gente che ha intensamente vissuto la sua vita e che ci va ripetendo con san Paolo: « Io mi trovo adunque sotto questa legge, che, volendo fare il bene, il male è con me. Perciò che io mi diletto nella legge di Dio, secondo l’uomo di dentro; ma io vedo un’altra legge nelle mie membra che combatte contro la legge della mia mente e mi trae in schiavitù sotto la legge del peccato che è nelle mie membra » (Romani, VII 21, etc.).
Lei mi dice una cosa giusta quando afferma « che non v’è corruzione se non v’è conoscenza del meglio »; san Paolo difatti nel passo di sopra ha coscienza del peccato perché « si diletta nella legge di Dio » ed in un altro passo dice che è la legge che ha prodotto il peccato. Ma ecco cosa insegna san Paolo: aver la co Ânoscenza di meglio non è cosa sufficiente per posse Âderlo, realizzarlo in noi, esserne interamente compenetrati così che ogni nostra azione sia secondo il me Âglio, poiché un’altra legge vi si oppone costringendoci al male o per lo meno impedendoci il bene. Su tutto ciò non v’è da far disquisizioni: è un fatto che atte Âstano tutti gli uomini che hanno nel modo più pieno vissuta la vita (più pienamente di noi che ci limitiamo in cento maniere) e che si chiamano uomini religiosi.
Ed eccole qui ora una sua frase perché la ricordi: « ciò che è naturale come potrebbe essere corrotto? Un pazzo etc., un ubbriaco etc. ». Che cosa dunque secondo lei è naturale, il male od il bene? Pare, piut Âtosto, la coesistenza d’entrambi e la lotta d’entrambi e badi che questa lotta, logicamente necessaria, psicologicamente poi è un fatto, un’esperienza. Non lo dimentichi più.
Ma è pure un fatto che molti uomini lo dimenti Âcano. Gli uomini si acquetano. Gli uomini dormono e mentre camminano ed operano sono morti : sono nel Âl’incoscienza. Come gli uomini non filosofeggiano tutti, così non tutti vivono religiosamente. Io non so dirle in modo preciso come questo avvenga, ma questo so che pressoché nessun uomo ha potuto godere senz’altro il suo affacciarsi, né dormire tranquillo il suo sonno. Pare che il dolore vi si opponga: e gli uomini che hanno urtato nel dolore (che piglia tutte le forme pensabili dallo spasimo di una ferita, all’angoscia inconfessata di chi sente molto vuoto nel mondo) hanno almeno una volta avuto coscienza che il loro era un sonno e che la realtà è tutt’altra di questa dolciastra maschera che tentiamo di adattarci ma che il dolore ci scuote di dosso. Io non so dirle la natura metafisica del dolore ma so di esso che è quella cosa che mi toglie dinanzi i veli dell’abitudine, mi fa raccogliere in me stesso e mi da coscienza della mia natura vera e sen Âsibilità così lucida e viva da avvertirne i minimi moti e la costituzione dualistica.
È difficile comprendere tutta in una formula l’es Âsenza del dolore: io non sono ancora riuscito a tro Âvarla e sono giunto a credere che molte cose se ne possono predicare perché molti sono gli aspetti da cui può essere considerato. Vedo che anche lei ne da in fila parecchie possibili definizioni: pigliamo que Âsta che posso accettare : « è travaglio per la creazione del migliore ». Badi al «travaglio »: non è un’idea troppo semplice; implica lotta; implica appassionamento etc. etc. Ora è verissimo, l’uomo che in un modo o nell’altro ha pigliato coscienza di sé, in questa lotta di due opposti, dentro di sé, egli chissà perché s’appassiona per un termine, per « la legge di Dio » dice san Paolo. Da questo appassionamento nello svol Âgersi della lotta nasce il travaglio ed il travaglio (vuoi aggiungere: dal travaglio nasce il dolore?) ed il do Âlore tiene desta e viva la coscienza del cosa ci sia in noi. È il dolore dunque che ci avverte della lotta che è in noi e ci fa quindi consapevoli del fatto che non possiamo essere soddisfatti e che siamo terribilmente imperfetti ed impotenti, ed è il dolore che mantiene ed acuisce questa consapevolezza.
Io per conto mio ne ho concluso che il primo uf Âficio di chi non voglia vivere nell’illusione, e voglia avviarsi verso il reale, è di cercare il dolore. Perché è della realtà che gli uomini hanno bisogno: gli uomi Âni hanno troppo discusso sull’essenza metafisica del bene, del perfetto, della vita, etc.; ma non son stati felici che quando hanno sperato il solido bene, l’han Âno sentito incarnato in ogni loro azione ed hanno perfettamente vissuto. Ora secondo l’attestazione degli uomini che hanno tentato di essere buoni e di perfet Âtamente vivere, pare che la cosa non sia troppo facile. Pare che non basti, come mostra san Paolo e mille altri con lui, sapere che v’è un bene e v’è un male e che v’è anche la possibilità di distruggere l’antagonismo: poiché una tale conoscenza giova poco e poco ci turba. Questi tali uomini dicono invece d’essere stati terribilmente turbati e sbatacchiati fra un opposto e l’altro nell’impossibilità di conciliarli dentro di sé o di abbatterne uno colle loro proprie forze.
Ed è entrato in loro un enorme sconforto: talvolta la disperazione, la reale, la esperimentata disperazione.
Per ora basta. Se vorrà riscrivermi, vedremo. Le pro Âmetto che sarò più sollecito di questa volta: avevo parecchie cose da fare e rimandavo di giorno in giorno. La prego di non fare altrettanto lei. Del che le sarò grato. Saluti agli amici se li vede…
Via Bonaventura Cavalieri, 4
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Suo affezionato
G. Boine
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