LETTERATURA: I MAESTRI: Renato Serra e il Manzoni24 Ottobre 2011 di Cesare Angelini Cosa pensava Serra del Manzoni? C’è, di lui, una de finizione di sapore bonghiano (d’un Bonghi che sta vol tando Platone): « La gran mente serena di Manzoni ». Ma, per sua stessa testi monianza, ci dovrebbero es sere delle note sul poeta. Il 29 dicembre 1914 scriveva a Giuseppe De Robertis: « Ho delle note sul Manzoni (…) da pubblicare proprio così, come note ». Erano i giorni in cui De Robertis prendeva la direzio ne della Voce lasciata da Prezzolini, e all’amico cesenate chiedeva articoli, note, « consigli del libraio » per una rubrica che, ereditata dalla Voce gialla (quella di Prez zolini) , la continuava nella sua, detta la Voce bianca. E’ risaputo che le pagine del Serra, le maggiori e le minori, nascevan tutte così, dietro le sollecitazioni degli amici, amorevolmente inco raggiati da lui stesso: « Se vuoi, scrivimi. Una lettera per me è un divertimento ». Un divertimento che gli scioglie va la mano, e ne veniva fuo ri il quadro di una età o d’un intero periodo letterario. Ma quelle note sul Man zoni, chi le ha viste mai? come sono andate a finire? Non comparvero allora sulla rivista, né, più tardi, nella raccolta degli scritti fatta dal Le Monnier. E noi finiamo per credere che il Serra, quel le note, le avesse promesse per illusione d’amicizia ma non le avesse mai scritte Quelle, e altre e altre. Fervido e germogliante nei propositi e nelle proposte, era poi pigro, alla pratica; anche per ché finiva per credere che non ne valesse la pena, e scrivere non è necessario. Del Manzoni, il Serra non scrisse mai di proposito. Bisogna anche tener presente che in quegli anni 1909-1915 che erano quelli della sua at tività, il clima letterario in Italia era ancora segnato dalla superstizione e dalla « po lemica » carducciana; in Ro magna poi, il carduccismo era l’aria di casa (« il Carducci, romagnolo di cuore e di ado zione »). Non c’era dunque tempo per il Manzoni, del quale il Carducci era ancor più diverso che avverso. E non erano anni favore voli nemmeno al genere nar rativo, anzi, il contrario; da veder sacrificato un roman ziere come il Verga, che, so lo dieci anni dopo, con la comparsa della Ronda (1918) riprenderà il posto che gli spettava, entrando terzo nella considerazione, dopo il Leo pardi delle Operette morali e il Manzoni del romanzo. Anche l’animo dello scola ro di Bologna, tutto volto al la « religione delle lettere », alla tradizione classica vista attraverso il Maestro, era lon tano dal Manzoni e dal suo genere. Del quale non si oc cupò se non per accenni e di sfuggita; e, quelle poche volte, più per rendere servigi ad amici che per un bisogno intimo e suo.
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Nel giugno del 1911, Prez zolini, in cui è sempre rima sta una certa natura pedago gica, gli aveva chiesto un pa rere per una guida di lettu re da consigliare a un gio vane. E, in data 16 giugno, il Serra gli rispondeva: « Og gi come oggi, io direi a un giovane di prender le mosse dal Carducci e, soprattutto, dal Carducci minore, il pro fessore, l’erudito… Il Carduc ci lo trasporta di peso in mez zo ai classici, con quel tanto di notizie e di splendida aspettazione che è utile per accostarli; il Leopardi, il Fo scolo, il Poliziano, il Petrar ca, questi sono i fondamenti dell’esperienza letteraria. Non ho nominato il Manzoni né ecc., perché la loro lezione è più particolare, e trova po sto nell’animo di ognuno se condo casi che non si pos sono prevedere ». Nel novembre del 1912, al l’Ambrosini che si preparava a un concorso di scuole medie, il Serra suggeriva, per così dire, i ferri del mestiere: « Occorre rinfrescare la me moria dell’Ottocento: Leopar di, Manzoni (le edizioni) ». E, in tempi di critica storica alla Renier e alla D’Ancona, penso volesse proprio indi care le varie edizioni delle « poesie » (liriche e drammi) più che quelle del romanzo, la ventisettana e la definitiva del ’40, intorno alle quali non s’era ancora svegliato l’inte resse. Il 21 giugno del ’14, inuna lettera al De Robertis, ritornando su « un cataloghetto di libri da leggere e di cui un giovane profitterà », parla degli epistolari; e, di stinguendo scrittore da scrit tore, dice che « nature ferme, economiche, come il Manzoni, scrivono a tutti con una me diocrità indifferente ed esa sperante; mentre le nature sottili come Renan, non han no voglia di concedersi a uno solo, ma conservano la loro conversazione per il pubblico, che è l’eternità ». E nella stessa lettera: « Non parlerò né dell’Ariosto né del Boiardo, né delle poesie del Manzoni. Ma non licenzi la sua lista senza aver fatto un profondo e serio esame di co scienza, senza essersi assicu rato che i libri consigliati son proprio quelli che lei ha letto e che vorrebbe leggere per bisogno e per contentezza ve ra del suo spirito ». Con più pronta cordialità gusto ed effusione, parla del Manzoni con Carlo Linati in una lettera del 21 agosto 14; del Manzoni e del suo pudore: « Conosco in me stesso i pericoli dei temperamen ti selvatici, e li perdono con difficoltà; massime nell’arte dove, per il pudore, che è il gastigo della forza vera, sono sempre col nostro (oh, come nostro!) don Lisander ». Toc cata dentro la più schiva qua lità del Manzoni, che era an che la sua, poteva essere la buona occasione di continua re il discorso, abbandonando si alla vena aperta, e pagare il suo debito al poeta. E’ man cata la voglia. Il 20 marzo del ’15 (i gior ni della stesura dell’Esame di coscienza, 20-25 marzo), ancora al De Robertis che insi steva per aver pagine prima che partisse per le armi (e per impietosirlo, s’era dato ammalato) il Serra scriveva: « Ho quel Carducci da finire; e ho quegli appunti in margi ne alla tua collaborazione, a cui non voglio rinunciare: Po liziano, Ariosto, Manzoni ». Anche qui potremmo giurare che egli parla del lirico più che del romanziere. A ogni modo, il nome del Manzoni, e l’idea di scriverne, è sempre lì come una bella tentazione, come una voglia di fare i con ti, una volta o l’altra, anche con lui. Ma la volta buona non è mai venuta. Nel giugno del ’15, da Ce sena, in licenza di convale scenza per il ribaltamento da un’auto con conseguente rot tura del cranio scriveva al di rettore della Voce: « Stando a letto, mi tornava a mente quel che avrei dovuto dire sull’Ariosto e sul Manzoni… Mi pareva che avrei scritto queste cose con facilità e con piacere, non per aggiunger nulla di nuovo alla mia vita, ma per passar questi giorni, e anche per dispensarmi dal tentare con l’animo certi pro blemi supremi a cui è bene rinunciare quando si è sul punto di affrontarli non col pensiero soltanto ma con tut to l’essere ». Il nome di uno scrittore, o di due, o una considerazione letteraria avviano spesso l’animo suo e del lettore a pensieri virili, e esami di coscienza. E nella Commemorazione del Carducci che il Serra ten ne nel Teatro Comunale di Cesena la sera del 22 marzo del ’14 (tutta la città s’era mossa come per una festa un po’ triste di famiglia; con la gente della scuola e dello stu dio, c’era quella dell’officina e dei campi, scesa dalla colli na sui lenti birocci o venuta dai paesi lungo il Savio e il Rubicone, con le bandiere e i fiori e i cuori dei bimbi, e le donne). Serra apparve, pal lidissimo, sul palco, nell’abito nero. Diceva: « Noi abbia mo ragione per dire di lui in un modo più familiare di mol ti altri. Il Carducci è un poco dei nostri, di Romagna, di Cesena. Voi sapete a che co sa io pensi… »); nella commemorazione del Carducci, il nome del Manzoni ricorre una volta unito al nome d’Italia con un sincero moto di commozione patriottica: « …quel l’Italia ideale e letteraria per cui aveva cantato l’entusia smo giovanile di Leopardi, e s’era commossa la gran men te serena di Manzoni ». Mancando uno scritto o una nota distesa sul poeta, abbia mo voluto contare, non senza qualche pedanteria scolastica, le volte che qua e là lo no mina; un poco pensando che il numero potesse avere qualche peso e forza o almeno indicazione di simpatia letteraria e umana nell’animo del più appassionato e bravo scolaro del Carducci. Letto 1771 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||