LETTERATURA: I MAESTRI: Ricordo di Emanuelli19 Marzo 2016 di Giuliano Gramigna Incontrai per la prima volta Enrico Emanuelli subito dopo la fine della guerra, a Milano, nella redazione di Costume: pro prio in quegli anni avevo letto con entusiasmo il suo romanzo La congiura dei sentimenti e, nel periodo più buio dell’occu pazione, il suo Teatro personale e il libriccino verde, da tasca, Dei sentimenti, due diari di di verso tipo ma congeniali a Ema nuelli che non amava affatto mettersi in piazza; erano accu mulati sul ricordo di altre lettu re, di Un’educazione sbagliata, dei molti elzeviri ecc. Quando lo vidi mi sembrò ancora più gio vane di quello che pensavo, as somigliava moltissimo a He mingway, l’Hemingway degli an ni parigini, della Spagna, con la listatura sottile dei baffi. L’altra cosa che mi colpi fu vederlo scri vere con quella calligrafia arro tondata, nitida, chiara come una stampa. Della eleganza proprio materiale dei suoi dattiloscritti molti hanno parlato, se ne è for mata quasi una leggenda: ma la calligrafia così minuziosa e pun tigliosa non mi pareva fin da allora per niente in disaccordo con lo scrittore Emanuelli, con il suo illuminismo discreto, il suo modo di comporre la ragio ne con i sentimenti e poterli di scorrere, una certa attenzione e misura di movimenti, tanto fisi ci che spirituali, da uomo sette centesco. L’abitudine di incontri quasi giornalieri, quando assunse la di rezione della pagina letteraria del Corriere della Sera, mi ripor tò un Emanuelli più grigio, co me in una studiata nuance con gli abiti di ottimo taglio, le spal le appena un po’ curve ma la vitalità di sempre dentro quei modi da gentiluomo piemontese, che qui vorrebbe dire pressappo co ciò che in inglese è stile oxfordiano: un garbo dell’under- statement ma con la punta di malizia del letterato ben dentro alla mischia, la passione e insie me il distacco, il fastidio delle polemiche culturali e insieme il gusto di entrarci e di pungere. Sia ben chiaro infatti che la eleganza di Emanuelli nel trat tare, il suo riserbo forse con una tinta di diffidenza, non ne face vano per niente un personaggio accomodante, morbido. Aveva le sue punte e ci teneva di tanto in tanto a mostrarle. Quando uscì un paio di mesi fa il suo libro Un gran bel viaggio, rac contandomi un po’ come era na to, e con quanti sudori, che co sa voleva significare, disse: « Ci sono dentro anch’io: sono quell’Enema cui si accenna come a un’evanescente gloria locale, di mezza età, ex-giornalista, che di ce di sé stesso: Sono un mite; ma soltanto i miti sanno essere spietati ». Non saprei dire se, di là dalla sua cortesia inappun tabile, la mitezza fosse la sua vera dote: ma quell’autodefìnizione mi convince abbastanza come indizio di temperamento, qualità indispensabile in un ve ro scrittore. Che lui lo fosse, e i critici concordano, non c’è dubbio: ba stano a provarlo due libri come La congiura dei sentimenti e Settimana nera. Che cosa pen sasse Emanuelli di sé stesso co me scrittore, è difficile dirlo: era troppo civile per scoprirsi; ma credo che in lui un dubbio instancabile e un’instancabile fi ducia andassero di pari passo, rendendogli così paziente, fatico so e autentico il lavoro. Proprio entro questo doppio scrupolo si collocava per lui quel giornalismo letterario o si dica meglio: quella letteratura a misura del quotidiano, che vole va realizzare con la pagina dei libri sul Corriere. Allora con i collaboratori, quando lo si an dava a trovare nella stanza che condivideva con Montale, era comprensivo e insieme minuzio so. Preparava menabò pulitissi mi, perfettamente squadrati, che parevano disegni di Mondrian; chiacchierava volentieri, un po’ ingobbito sulla scrivania, mentre lì vicino, dietro il suo tavolo, Montale ascoltava e in terveniva parcamente. Era un ambiente molto tran quillo, da alto techinicien più che da letterato nel senso con venzionale: anche se poi a Ema nuelli la letteratura era pene trata addosso come una radia zione. Non era certo vecchio, ma a differenza di tanti suoi coeta nei s’incuriosiva sinceramente di quanto andavano facendo i più giovani, senza spaventarsi di progetti eversivi, di proclama zioni violente: direi che non gli dispiacevano affatto, anche se poi la sua natura esigeva tutt’altri modi, e se si riservava sempre la libertà di dubitare e di non allinearsi. Forse neanche colleghi che lavoravano vicino a lui possono dire con sicurez za come fosse, fino in fondo: cor tese, pronto ad ascoltare e a par tecipare, si era però conservato l’indispensabile, uno spazio di fuga dove assicurarsi di sé stes so, uomo e scrittore. Letto 1269 volte. Nessun commentoNo comments yet. RSS feed for comments on this post. Sorry, the comment form is closed at this time. | ![]() | ||||||||||