Libri, leggende, informazioni sulla città di LuccaBenvenutoWelcome
 
Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: I MAESTRI: Taccuino Notturno: Dei timbri

1 Novembre 2016

di Ennio Flaiano
[dal “Corriere della Sera”, domenica 14 dicembre 1969]

Dopo la calata dei Goti, dei Visigoti, dei Vandali, de ­gli Unni e dei Cimbri, la più rovinosa per l’Italia fu la ca ­lata dei Timbri. Erano costo ­ro barbari di ceppo incerto, alcuni dicono autoctoni, dal ­l’aspetto dimesso e famelico, che ispiravano più pietà che terrore. Invece di assediare le città e passarle, una volta oc ­cupate, a ferro e fuoco, essi usavano introdurvisi a piccole frotte: senza dar nell’occhio. E vi si stabilivano a spese della comunità, rendendo pic ­coli servigi inutili ma che col tempo venivano ritenuti indi ­spensabili. Ben presto ci si ac ­corgeva che era impossibile fare qualcosa senza di loro. Né promettere, né mantene ­re, o andare a nozze o ven ­dere. Portati per natura a di ­scutere di ogni cosa e all’ap ­profondimento implacabile e cavilloso delle più semplici leggi e costumanze, i Timbri si trovarono a possedere le chiavi di tutto. Senza la bene ­volenza di un Timbro non si poteva nemmeno morire; e se questo vi pare assurdo, vi dirò che si poteva sì morire, ma non essere creduto.

Nel tempo furono fatte va ­rie leggi per contenere la lo ­ro preponderanza. Ma tutte erano viziate all’origine dalla necessità che anche per ren ­dere esecutive quelle leggi oc ­corresse un Timbro. La mol ­tiplicazione dei Timbri, estre ­mamente prolifici, era anche favorita dalla pratica che que ­sti barbari affermarono, so ­spettosi com’erano anche dei propri simili, di doversi ap ­provare l’un l’altro. Sicché di ­ventavano necessari in nume ­ro sempre maggiore. E ve n’erano di varia importanza, dai più umili, i Lineari, ai più imponenti, i Tondi, ma nessuno disposto a subire il predominio degli altri. Perciò feroci lotte intestine, che an ­cora oggi perdurano.

Non è infrequente nei pub ­blici uffici, allorché ritenete di aver assolto i vostri ob ­blighi verso i Timbri, che qualcuno vi dica: Manca il Timbro Tondo, o Lineare, o Secco, o Punzone. Bisogna mettersi alla ricerca dell’as ­sente, blandirlo, convincerlo, spesso corromperlo. La vo ­stra identità, la vostra nasci ­ta, la vostra famiglia, i vostri beni, il semplice fatto che sie ­te in vita, tutto è messo in dubbio dall’assenza di un so ­lo timbro; e così essi hanno stabilito che nessun cittadino può dirsi esistente senza il loro totale consenso. Colpita alla radice, la società patriar ­cale e nominale cadde preda di questi barbari, che ancora oggi governano l’Italia con il più semplice e astuto dei mez ­zi: ignorandola, anzi immersi nella continua contemplazio ­ne della loro forza, che nes ­sun mutamento ha mai po ­tuto domare; poiché è dimo ­strato che i mutamenti ecci ­tano i Timbri fino al delirio. Per un po’ scompaiono, ma subito tornano più forti e re ­sistenti di prima, come suc ­cede del resto con certe spe ­cie di insetti. E con nuove idee.

*

Sullo schermo stanno vuo ­tando i sotterranei della ban ­ca. La inesauribile simpatia per i cosidetti ladri sgorga nello spettatore dai dubbi sul ­la sua propria rispettabilità. Non è inutile? L’onestà fa un certo ribrezzo. Si dice ancora di qualche persona povera: è una persona onesta, o di qualche prezzo: prezzi onesti, cioè anormali. La serietà si riferisce invece alla solvibili ­tà. Una persona è seria se paga alle scadenze. Quella ra ­gazza è molto seria, vuol dire che la ragazza ha soldi e non fa debiti. Infine, lo spettatore ama immaginarsi migliore o peggiore di quello che è (cru ­dele, libertino, maniaco ses ­suale, violento), nella pre ­sunzione di divertirsi. Ma si immagina ladro solo per ren ­dersi giustizia.

Nella vita è un altro di ­scorso: ha moglie. Mentre egli è dunque al cinema con la sua Signora, altri ladri si in ­troducono nel suo apparta ­mento e, lasciando tutto in disordine (il che verrà loro aspramente rimproverato dal ­la Signora), portano via le cose più serie. In questo ca ­so serietà vuol dire possibi ­lità di facile smercio. Nel bar di casa si servono un cognac, nel frigorifero trovano mezzo pollo. Lo mangiano, meglio che niente, fa ridere la pla ­tea. Sullo schermo i ladri so ­no simpatici perché mimano alle spalle della Proprietà, che è un furto. Hanno comici so ­prassalti di spavento se nel buio si urtano tra di loro. E ce n’è sempre uno che chia ­mano il Professore, perché è la mente direttiva. Questo vi dice a che punto è il problema della scuola.

Bene, lo spettatore torna a casa e trova che anche lì, come nella banca, sono passati i ladri. Sei giorni prima ave ­vano visitato l’appartamento del vicino, si sentiva al sicu ­ro, protetto dal calcolo delle probabilità. E invece sono tor ­nati. In un certo senso sulle prime ne è lusingato, senten ­dosi inserito nella corrente più viva del nostro cinema. Poi la sua fierezza si tramuta in sor ­presa e rabbia. Diventa in ­giusto e dice cose violente contro quegli ignoti. Li di ­sprezza. Vorrebbe averne uno tra le mani. Chiama la poli ­zia supponendo che dall’altra parte gli rispondano addolora ­ti: Ma no! Inaudito! A lei! Com’è stato? Corriamo! â— Vengono due agenti, consta ­tano e guardano con gentile indifferenza. E’ dall’alba che sono in giro per queste fac ­cende, non riescono più a sof ­frire, né a mescolare le loro lagrime con quelle della Si ­gnora sul cofanetto vuoto.

Ecco, lo spettatore sta fa ­cendo l’elenco di quello che gli manca. Si tratta di og ­getti di un certo valore, ai quali si era abituato. Questo è il suo torto, l’abitudine alle cose. I ladri hanno commesso su di lui un’indiscrezione, lo hanno denudato, costrin ­gendolo ad ammettere che c’e ­rano cose, estranee al suo cor ­po, delle quali non si sarebbe mai liberato, che anzi amava.

Il ladro lo ha colpito con l’a ­forisma di Epitteto, ricordan ­dogli che la libertà comincia dalla rinuncia a ciò che non è nato con noi.

Tutti questi pensieri ama ­reggiano lo spettatore. Qualche sera dopo in un altro cinema, altri ladri stanno vuotando daccapo i sotterranei della Banca d’Inghilterra, che resta la banca preferita, per qual ­cosa di comico che vi aggiun ­gono il contegno e il modo di vestire degli impiegati. La platea che si diverte sembra al nostro spettatore fatta di ladri, e in qualche caso lo è. Un certo bieco conforto gli viene al pensiero che anche coloro che fanno i film sui la ­dri vengono derubati, esatta ­mente come lui; e che l’arte non è argomento discrimina ­torio.

*

Viviamo in un tempo me ­raviglioso, ma si dà troppa importanza alla meteorologia, ai cantanti e ai bambini.

Una volta la pioggia, la ne ­ve e gli uragani erano fatti locali che arrivavano rara ­mente agli onori della crona ­ca. Ho saputo dell’esistenza della neve leggendone in un libro. E quando cadde la pri ­ma volta mi parve esaltante. Anche l’alluvione mi parve buona, dormimmo in casa di amici e fu una festa. Oggi sof ­friamo di tutte le pioggie e di tutti i cicloni o tornados. Ci vergogniamo un po’ se qui fa bel tempo mentre altrove gran ­dina e il mare batte le sco ­gliere. Siamo rattristati ve ­dendo le strade allagate con la gente in barca. Forse i bam ­bini si divertono come allora, ma nessuno ce lo dice e il maltempo altrui diventa la no ­stra cattiva coscienza.

Quanto ai cantanti, non so più che pensarne. Dilagano. E’ chiaro che nascono quattro alla volta, restando d’accordo che a una certa età canteran ­no insieme, in abiti prestigiosi e con un nome inglese. Incom ­prensibile, se non si tiene per buona la teoria di Darwin sul ­la sopravvivenza del più vol ­gare.

I bambini, infine, ce li sia ­mo persi di vista. Sono sotto la protezione dell’industria e del commercio, liberati dall’obbligo di capirli: ci pensano le agenzie di pubblicità. I bam ­bini di una scuoletta mi han ­no inviato una lettera per ave ­re dei libri. Non so che man ­dargli. Ho consultato l’eccel ­lente Guida alla formazione di una biblioteca pubblica e privata, di Einaudi, alla sezio ­ne Letteratura per ragazzi. Favole? Filastrocche? Moby Dick? Moby Dickens? Pinoc ­chio? Cuore? Calvino? Verne? Twain? Non è tutto superato dagli avvenimenti? Io a otto anni leggevo Poe, a dodici Ma ­dame Bovary, ho letto Pinoc ­chio l’anno scorso. Cercherò di cavarmela, ma che leggono i bambini? Dipingono, mi sembra, parlano alla televisio ­ne, a carnevale li vedremo ve ­stiti da astronauti, l’avventura spaziale sembra loro scontata, come una carriera. Sulle linee aeree sono i passeggeri più tranquilli, non guardano nem ­meno il paesaggio sotto di lo ­ro, leggono fumetti. Qualcuno sogna ancora di comandare la spedizione al Polo Nord, di fare il giro del mondo, di ri ­salire il Rio delle Amazzoni o â— e questo è un progresso â— di battersi in un fortino del Sahara? La pubblicità li invita alla raccolta di taglian ­di, la tecnologia a scelte esatte.

Se non facevo i compiti mi mandavano a letto senza cena, oggi non si può mandare a letto un bambino senza vita ­mine. Le farmacie sono depo ­siti di pappe, i giocattoli span ­dono dalle vetrine un freddo sgomento sul futuro. Liberi dalla famiglia patriarcale, a sei anni sono già ometti responsa ­bili e intellettuali e parlano come i giornali. Sentito un bambino che diceva alla ma ­dre già vinta, per via di un certo gelato: « Ma questo è un ricatto inaccettabile! ». E un altro bambino al suo pic ­colo compagno: « Come va l’operazione scuola? ».


Letto 1662 volte.


Nessun commento

No comments yet.

RSS feed for comments on this post.

Sorry, the comment form is closed at this time.

A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart