Libri, leggende, informazioni sulla città di LuccaBenvenutoWelcome
 
Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: I MAESTRI: Una storia frivola

20 Luglio 2017

di Carlo Laurenzi
[dal “Corriere della Sera”, giovedì 2 aprile 1970]

In un vecchio appunto â— lo schema per una deplora ­zione dei play boys negli anni Cinquanta, sotto la specie tutta romana di « accompa ­gnatori di dive » â— trovo il ritrattino, appena schizzato, di un tale che detestavo non pro ­prio come uomo ma come modello. (I nostri rapporti erano superficiali e corretti, talvolta cordiali.) Scrivevo:

« Incontro di quando in quando, in compagnia medio ­cre, un play boy che ha var ­cato forse la sessantina, azzi ­mato, dai capelli lucidi e neri, di breve e assettatuzza per ­sona, con occhietti mongolici nel viso bolso: è un uomo tut ­tora in vista nella nostra café-society. Penso a lui come all’incarnazione di un monito della Bibbia ». Possibile che fossi così esasperato e setta ­rio? Qualcosa che somiglia più alla tenerezza che alla giu ­stizia mi spinge a una rettifica senza scopo. Quell’uomo, che brillò nell’Italia festaiola, è morto da vari anni. Era sulla cresta dell’onda; non ha la ­sciato traccia di sé.

*

Se continuassero a esistere i romanzieri e io fossi roman ­ziere, cercherei di scavare nel ­la memoria o piuttosto di af ­fidarmi alla fantasia per giun ­gere a una « verità » sosteni ­bile nel mettere a fuoco il « personaggio » di lui. Invece non ho intenzione di mettere a fuoco alcun personaggio; obbedisco a una punta di ri ­morso. La mia frase « penso a lui come all’incarnazione di un monito della Bibbia » è iniqua e retorica. Quando la scrissi, oltre tutto, non avevo letto la Bibbia. Adesso, aven ­dola letta, l’autocritica mi sembra doverosa. Sarebbe molto bello che mi cospargessi non invano il capo di cenere, cioè che potessi rovesciare il quadro e applicarmi all’apologia dell’offeso. Purtroppo un’apologia di costui, anche a distanza di tempo, lederebbe la verità. Era un uomo; un uomo vanitoso: ed è morto. Non farò il suo nome, giac ­ché temo che sveglierebbe me ­morie pettegole in persone pet ­tegole: gli altri hanno dimen ­ticato. Eccoci di fronte, una volta di più, all’inesorabile oblio dal quale saremo tra ­volti.

Comunque non verrò meno all’obbligo delle rettifiche. In primo luogo, non penso affat ­to che il play boy, a quell’epo ­ca avesse varcato la sessan ­tina: però la notazione nasce ­va stranamente da un abba ­glio quasi adolescenziale, non da una volontà di calunnia. Diciamo che l’uomo aveva varcato la cinquantina: a me pareva stagionatissimo; in real ­tà era giovanile, come dimostravano i suoi « capelli neri e lucidi ». Usava una formida ­bile brillantina chiamata Mastix, forte come la pece e schernita dalla mia generazio ­ne, che fu la prima a odiare la brillantina. L’uomo era ef ­fettivamente di « breve e assettatuzza persona », al pari di ser Ciappelletto, ma saldo e agile altresì, da buon gioca ­tore di polo. Può darsi che il suo viso fosse (leggermente) bolso; nulla di meno esatto che i suoi occhietti fossero mongolici. Erano piccoli, ma grigi ed energici, simili forse a quelli della madre, che credo fosse inglese.

La sua giornata era frivola e intensa. Molte donne lo amavano o cercavano la sua compagnia. Fumava con osti ­nazione sigarette di tabacco Virginia, le più prestigiose e dannose. Trascorreva lunghe ore dal sarto, imponendogli un taglio meticoloso, assai stretto, assai criticato: posse ­deva cento vestiti, le cui stof ­fe erano sempre sobrie cosic ­ché non risultava facile distin ­guere un abito dall’altro. Il ta ­gliatore, rammento, non ave ­va simpatia per lui. Poi, oltre i cento vestiti, possedeva una automobile americana e una moglie â— biondissima, adun ­ca e regale â— che un anno, se non erro, figurò tra le dieci donne meglio vestite del mon ­do, in quella famosa classifica: ad ogni modo vi aspirava. Ho l’impressione che il play boy e la moglie fossero separati e, naturalmente, buoni amici. Ap ­partenevano entrambi a quel ­la che più tardi sarebbe stata definita la jet society. Non è da escludere che lei, soprav ­vissuta, ne faccia parte tuttora.

Mi sbigottì del play boy (una sera, in un albergo di Venezia, quando per errore portarono i suoi bagagli nella mia camera) l’imponenza del ­le cassette, borse di cuoio grasso, flaconi di cristallo e d’argento che contenevano le sue lozioni e creme di bellez ­za. Tuttavia, l’uomo aveva an ­che un job, alcunché fra l’edi ­toria e la pubblicità, aleatorio secondo alcuni, ottimamente retribuito a giudicare dalla sua quotazione mondana. Attorno al suo grande tavolo di lavoro (su cui vidi soltanto una car ­tella di marocchino, un vaso con un mazzo di rose e una copia di Life) due giovani del bel mondo, soci o visitatori che fossero, erano chini a con ­templare certe foto nella rivi ­sta. Il loro aspetto contrastava con la bassa statura del prin ­cipale: erano sottili e altissi ­mi; ricordo che uno aveva i capelli a spazzola e una faccia da pesce; il loro abbigliamento, in quegli anni compassati, veniva giudicato vistoso, addirittura non tollerabile.

Tutti e tre, il principale e i compari, ridacchiavano, si scambiavano gomitate e striz ­zate d’occhi; apparivano ecci ­tati o deliziati; mi invitarono a unirmi a loro nell’ammira ­zione di Life. La rivista Life pubblicava un servizio, con immagini sostanzialmente pu ­diche, su una ragazza sorpresa nuda in un bosco del Vermont. Ignoro perché la ragazza si aggirasse nuda in campagna, né giurerei che fosse stata pro ­prio «sorpresa » dall’obbiettivo. Certo era goffa e graziosa; deb ­bo aggiungere che l’obbietti ­vo, nel chiaroscuro del foglia ­me, aveva svelato soltanto la nudità delle spalle, su cui scen ­devano i capelli chiari, e il dorso, e le gambe in fuga, come una ninfa. Tuttavia il servizio ci sembrò altamente libertino: ciò sia detto a ri ­prova della resa o liberazione che sta segnando questi ultimi anni.

Ma il turbamento dei tre era decuplicato dal fatto che ciascuno si dichiarava sicuro di avere identificato la ninfa: « E’ Marjorie, ci scommetto l’osso del collo, è Marjorie » ripeteva il play boy con ac ­cento romanesco. Marjorie ave ­va diciotto anni, era dello smart set, era stata in collegio a Poggio Imperiale, aveva uno zio miliardario, qualche mese avanti era stata corteggiata a Fregene. Il giovane dalla fac ­cia di pesce ammise di aver visto qualcuno baciarla sulla bocca, una sera.

*

Questa è una relazione fa ­tua, l’avevo premesso. Le ret ­tifiche sono state compiute, ma temo che non intacchino il giudizio globale, almeno se ci atteniamo alle apparenze. Magari anche sulla base di queste apparenze taluni po ­trebbero sostenere la superio ­rità degli anni Cinquanta sui nostri anni: gli uomini ave ­vano i capelli più corti, le donnine portavano sottane più decorose, gli amori serbavano qualche mistero, la galanteria non era spenta del tutto, le canzoni erano sussurrate e me ­lodiche, prendevamo abbastan ­za sul serio i film passionali, una Marjorie nuda offriva scandalo e brivido (ma io so ­spetto che non si trattasse di Marjorie), altri valori meno insignificanti non venivano, come si dice con gallicismo contestatario, messi in que ­stione. Se la civiltà occiden ­tale è in coma dal 1914, non ci si stupirà che di decennio in decennio, di anno in anno, si precipiti verso la fine. Do ­mani, fra una notte, sarà peg ­gio di stasera. Ma noi moriamo; e questo ci rende uguali a coloro che verranno.

Ci scordiamo l’uno dell’al ­tro, è come se nessuno aves ­se incontrato nessuno. L’anno scorso o tre anni fa o forse cinque anni fa il play boy è spirato nel sonno: la sua me ­moria è già polvere: io non ebbi che la sua parvenza. Al ­tri hanno la mia, rassegnati a dimenticarmi senza rancore né pena.


Letto 1152 volte.


Nessun commento

No comments yet.

RSS feed for comments on this post.

Sorry, the comment form is closed at this time.

A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart