Libri, leggende, informazioni sulla città di LuccaBenvenutoWelcome
 
Rivista d'arte Parliamone
La scampanata, il romanzo di Bartolomeo Di Monaco trasformato in testo teatrale, qui per chi volesse rappresentarlo.

LETTERATURA: INCIPIT: Luca Masali: “La balena del cielo”, Sironi, 2008

20 Settembre 2008

La virata Desenzano

Tripolitania, 1926. Campo di volo di Tobruk  

Il vento tiepido e carico di sale del Mediterraneo alleviava per gli uomini la calura già insopportabile nelle prime ore del mattino.
Ma lo iodio, l’umidità, il sale e la sabbia del Sahara non facevano per niente bene ai motori degli aeroplani.
Il meccanico di prima classe Angelo Salnieri chiuse la cappottatura del motore centrale del grosso e sgraziato trimotore da trasporto Caproni. Si pulì le mani sporche di grasso sui pantaloni, ormai tanto luridi che nessuno avrebbe potuto indovinare il loro originario e delicato color sabbia.
«A posto? » chiese l’ufficiale che fumava bello tranquillo, all’ombra dell’ala, con la gamba appoggiata alla carenatura della ruota dell’aeroplano.
Salnieri scosse la testa. «Bisognerebbe smontarlo, pulirlo, cambiare i filtri, rettificare i cilindri e spedirlo in Italia a fare una bella manutenzione ».
L’ufficiale si rabbuiò. «Ho chiesto se è a posto, non cosa faresti tu ».
«Naturalmente, signore. Diciamo che per andare in moto andrà in moto, però… ».
L’ufficiale gettò la sigaretta sulla pista di terra battuta, una semplice striscia di sabbia dura come il cemento, delimitata da bidoni di benzina vuoti. Il vento fece saltellare la cicca tra i solchi scavati dalle ruote degli aeroplani da trasporto.
«Se va in moto, è abbastanza. Il carico sta arrivando ».
Sulla spianata sabbiosa e riarsa che divideva la pista dalle baracche dell’aeroporto arrancavano dei muli dall’aria infelice, aggiogati a carretti di legno stracarichi di casse su cui erano state dipinte le parole MINISTERO DELL’AERONAUTICA e una croce rossa in campo bianco.
Anche il trimotore Caproni era tutto bianco. Sulle ali e sui timoni invece dei fasci littori aveva delle grandi croci rosse.
I muli non avevano granché voglia di muoversi, li convincevano solo le frustate e le bestemmie dei mulattieri libici, a loro volta guardati a vista dagli zaptié, la polizia militare indigena, dall’alto dei loro dromedari. Pure questi ultimi avevano uno sguardo altezzoso.
L’ufficiale si rivolse a Salnieri: «Tu pensa allo stivaggio. Io vado a vedere se il pilota ha smaltito la sbornia ».
Quando l’ufficiale gli voltò le spalle, il meccanico si deterse il sudore dalla fronte. «Se non fosse ubriaco, col cavolo che volerebbe su questa carretta » sentenziò.
Parecchio tempo dopo, quando anche l’ultima cassa era stata fissata all’interno della stiva, arrivò il pilota. Un tipo alto e magro come un chiodo, dai lineamenti delicati. Aristocratici, quasi; almeno, molto aristocratico era la linea della bocca, che sembrava perennemente imbronciata. E pure i baffetti curati e il taglio di capelli impeccabile sotto la brillantina non contribuivano granché a rendergli l’aspetto meno antipatico.
Appena giunto, il pilota osservò distrattamente le casse assicurate in modo un po’ approssimativo alle reti di contenimento della stiva.
«Che portiamo di bello? » chiese, come se la cosa non lo riguardasse affatto.
Salnieri gli allungò la bolla di carico e il piano di volo. Il pilota li siglò con una stilografica d’oro senza neppure dargli un’occhiata.
«Medicinali, signore » rispose il meccanico.
Il pilota alzò un sopracciglio. «Per la guarnigione di Al Giarabub?
Ma se ci saranno sì e no un migliaio di cristiani! A che gli serva un intero aereo di medicine! Che fanno, mangiano pesante? ».
«Per i bambini arabi, signore » rispose Salnieri. «La guerriglia dei ribelli senussi ha taglieggiato le tribù della Cirenaica, c’è la carestia e la dissenteria… ».
Il pilota storse il naso. «Risparmiami i dettagli schifosi, ho appena fatto colazione. Io ai senussi porterei bombe incendiarie, altro che medicine per i loro mocciosi. Noi li curiamo e questi, quando diventano grandi, ci sparano addosso. Sarebbe meglio che crepassero annegati nella loro merda, non trovi? ».
Salnieri non trovava, ma ritenne prudente tenere il becco chiuso.
«Vabbè, togliamoci il pensiero. Tappi per il culo di arabetti merdosi in arrivo » disse il pilota, e si arrampicò sulla scaletta che portava alla cabina.
Il meccanico invece salì a bordo passando dalla stiva, per controllare come i libici avessero fissato il carico. Abbastanza bene, tutto sommato: anche loro ci tenevano a farlo arrivare integro a destinazione.
“Purché il motore tenga” pensò il meccanico arrivando in cabina.
L’altro stava completando le ultime ispezioni pre-volo. Salnieri si legò con la cintura di sicurezza al sediolino vuoto del secondo pilota.
«Tutto bene il carico? » chiese il pilota, mentre metteva nella tasca laterale il libretto della check list.
«A posto, comandante ».
«E allora facciamoci questa gita. Il tempo è splendido, in un’oretta ce la caveremo ». Spinse in avanti le manette del gas e i tre motori Alfa Romeo ruggirono all’unisono.
Anche il propulsore centrale girava come un orologio. Forse con un leggero ticchettio: “Saranno le puntine” rifletté il meccanico.
L’aereo si avviò pesantemente verso la mezzeria della pista, sobbalzando sulle innumerevoli asperità sul terreno. Poi accelerò sollevando la coda, lasciandosi dietro una pestilenziale nube di sabbia che travolse libici, muli e dromedari. Il pilota staccò le ruote dalla pista esattamente alle 9.14’37” del 2 settembre 1926.
Nemmeno dieci minuti dopo, il capo meccanico Angelo Salnieri, 32 anni, moglie e figlia neonata a carico si sarebbe trasformato nel famigerato protocollo numero 13222/bis del ministero dell’Aeronautica.
L’incubo di ogni burocrate, la patata bollente. Una rogna da rimbalzare tra un ufficio e l’altro.
Per quel che riguardava il comandante, pratica ministeriale protocollo 13222, sarebbe andata molto meglio. Gli fu assegnata una bella medaglia di bronzo alla memoria e un assegno vitalizio annuale di lire millesettecentotrenta e centesimi venti. Nei corridoi del Ministero si mormorava che la sua prebenda avesse cercato di ritirarla un atletico ragazzone imboscato e abbronzato, con la erre moscia, che si spacciava per il parente più prossimo.  

SCHEDA DEL LIBRO
Titolo: La balena del cielo
Autore: Luca Masali
Editore: Sironi
Collana: Questo e altri mondi
Pagine: 160
Prezzo: Euro 14  

CONTENUTO
Tra i ghiacci senza fine del Polo Nord in compagnia del generale Nobile, e a bordo dell’angusta calringa degli idrovolanti della coppa Schneider: due racconti lunghi dove la tensione narrativa e la verve avventurosa di Luca Masali trovano una perfetta alchimia.
L’ultimo capitolo della trilogia dell’aviatore Matteo Campini.
Più avventuroso di Salgari, più epico di Jack London, più veggente di Jules Verne: Luca Masali è l’ultimo grande narratore di avventura italiano.  

La trilogia
La balena del cielo è il terzo e ultimo volume della trilogia dedicata a Matteo Campini, aviatore triestino e viaggiatore del tempo. Un ciclo narrativo in cui Luca Masali reinventa con assoluta originalità il genere del racconto fantastico.  

L’AUTORE
Luca Masali ha pubblicato per Sironi L’inglesina in soffitta (premio Azzeccagarbugli 2005), I biplani di D’Annunzio (premio Urania) e La perla alla fine del mondo (premio Fantascienza Italia). Il suo sito personale è www.masali.com


Letto 2539 volte.


1 commento

  1. Pingback by Fontan Blog » LETTERATURA: INCIPIT: Luca Masali: “La balena del cielo”, Sironi, 2008 - Il blog degli studenti. — 20 Settembre 2008 @ 08:33

    […] Redazione: […]

RSS feed for comments on this post.

Sorry, the comment form is closed at this time.

A chi dovesse inviarmi propri libri, non ne assicuro la lettura e la recensione, anche per mancanza di tempo. Così pure vi prego di non invitarmi a convegni o presentazioni di libri. Ho problemi di sordità. Chiedo scusa.
Bart